L’odiosità delle molestie sessuali del datore di lavoro
D.ssa Mariagabriella Corbi
La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione con sentenza n. 12318/2010 del 19 maggio 2010 sancisce, per l’ennesima volta, la gravità: le molestie sessuali sul luogo di lavoro e la risarcibilità del danno non patrimoniale.
Non va per il sottile la Corte di Cassazione contro coloro che si rendono artefici di molestie sul lavoro. La vittima di cotante molestie ha diritto ad un maxi risarcimento. Nello specifico, la decisione riguarda “le molestie” subite da una dipendente di una concessionaria di automobili cui è stato riscontrato , come conseguenza delle molestie sessuali perpetrate dal capo, un danno biologico e danno non patrimoniale - quantificato nella misura di 30.000 euro..
La difesa dell’azienda durante il giudizio tendeva al ridimensionamento dei fatti, ma la sezione Lavoro della Corte ha confermato il maxi risarcimento stabilito dai Supremi Giudici di merito per l’ "odiosità” del comportamento lesivo dovuto “dallo stato di soggezione economica della vittima".
Il danno non patrimoniale, spiegano i Giudici, è inerente al "clima di intimidazione creato nell'ambiente lavorativo dal comportamento del datore di lavoro e al peggioramento delle relazioni interne al nucleo familiare della dipendente in conseguenza di esso".
L'importanza della Sentenza è che riconosce l’entità del danno non solo sotto il profilo lavorativo ma anche come ripercussione nella vita sociale della lavoratrice vittima di abusi.
Già aveva, abbondantemente, spiegato la Cassazione (sez. V pen. sentenza n. 9225/2010) nel caso di un Direttore dell’ASL che aveva inflitto sanzioni in caso di rifiuto delle donne.
Anche in quel caso la difesa dell’accusato aveva spiegato agli Ermellini che non c’era alcun collegamento tra i comportamenti persecutori e lo stato....
LaPrevidenza.it, 29/05/2010