Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. NAPOLETANO Giuseppe - Presidente - Dott. DORONZO Adriana - Consigliere - Dott. DE GREGORIO Federico - Consigliere - Dott. LORITO Matilde - rel. Consigliere - Dott. ESPOSITO Lucia - Consigliere - ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso 1390-2011 proposto da: P.A. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FRANCESCO DE SANCTIS 4, presso lo studio dell'avvocato TENCHINI GIUSEPPE, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati GIOVANNI ERNESTO PRUNEDDU, VALERIA ATZERI, giusta delega in atti; - ricorrente - contro I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l'AVVOCATURA CENTRALE DELL'ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati PULLI CLEMENTINA, MAURO RICCI, ANTONELLA PATTERI, giusta delega in atti; - controricorrente - e contro MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE C.F. (OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso i cui uffici domicilia in Roma, alla VIA DEI PORTOGHESI 12, ope legis, giusta atto di costituzione del 04/02/2011; - resistente - avverso la sentenza n. 427/2009 della CORTE D'APPELLO di CAGLIARI, depositata il 21/12/2009 R.G.N. 578/2007; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/02/2016 dal Consigliere Dott. MATILDE LORITO; udito l'Avvocato PULLI CLEMENTINA; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELENTANO Carmelo che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
La Corte d'appello di Cagliari confermava la pronuncia emessa dal Tribunale della stessa sede con cui era stata respinta la domanda proposta da P.A., già titolare di rendita INAIL, alla corresponsione dell'assegno di invalidità civile.
La Corte territoriale, nel pervenire a tali conclusioni, faceva richiamo alle risultanze degli accertamenti medico-legali espletati in grado di appello che avevano rimarcato come il giudizio di invalidità dovesse essere limitato alla cardiopatia ipertensiva classe 2^ NHYA ed all'anchilosi metatarsale, giacchè le ulteriori affezioni diagnosticate all'arto inferiore sinistro integravano patologie coesistenti con malattie già indennizzate dall'Inail come menomazione fisica nella misura del 45% osservando, in ogni caso, che il procuratore dell'appellante aveva dichiarato nell'interesse del proprio assistito, di optare per il trattamento erogato dall'Inail.
P.A. chiede la cassazione di questa sentenza con ricorso affidato a un unico motivo.
Resiste con controricorso l'Inps. Il Ministero dell'Economia e delle Finanze non ha svolto attività difensiva.
Diritto
Con unico motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 118 del 1971, artt. 13 e 14 e della L. n. 407 del 1990, art. 3, comma 1 come integrato dalla L. n. 412 del 1991, art. 12 (art. 360 c.p.c., n. 3).
Stigmatizza la sentenza impugnata per aver affermato l'incompatibilità fra le prestazioni dell'assegno di invalidità civile e della rendita INAIL. Osserva per contro che il chiaro dettato normativo di cui alla citata disposizione della L. n. 407 del 1990, consente di ritenere che la situazione di incompatibilità fra le prestazioni non sorge al momento dell'accertamento del diritto bensì solo al momento della erogazione, prevedendosi in tal sede la facoltà dell'interessato, di optare per la prestazione più favorevole.
Il motivo è fondato.
Occorre premettere che la L. 29 dicembre 1990, n. 407, art. 3, comma 1, come integrato dalla L. 30 dicembre 1991, n. 412, art. 12 sancisce testualmente: "Le prestazioni pensionistiche erogate dal Ministero dell'interno, con esclusione di quelle erogate ai ciechi civili, ai sordomuti e agli invalidi totali, non sono compatibili con prestazioni a carattere diretto, concesse a seguito di invalidità contratte per causa di guerra, di lavoro o di servizio, nonchè con le pensioni dirette di invalidità a qualsiasi titolo erogate dall'assicurazione generale obbligatoria per invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti, dalle gestioni pensionistiche per i lavoratori autonomi e da ogni altra gestione pensionistica per i lavoratori dipendenti avente carattere obbligatorio. E' comunque data facoltà all'interessato di optare per il trattamento economico più favorevole".
Nel successivo comma 1 bis - introdotto dalla L. 30 dicembre 1991, n. 412, art. 12 cit. - stabilisce, a sua volta, che: "Sono fatti salvi i diritti acquisiti dai i cittadini che abbiano conseguito le prestazioni pensionistiche per i minorati civili erogate dal Ministero dell'interno alla data del 10 gennaio 1992.
Ritiene la Corte che la formulazione letterale della disposizione in esame e la "ratio" che giustifica le diverse articolazioni in cui essa si struttura non consentano di condividere il risultato interpretativo cui è pervenuta la sentenza impugnata.
Il testo normativo è, invero, inequivoco nell'affermare l'incompatibilità delle prestazioni pensionistiche erogate dal Ministero dell'Interno con prestazioni a carattere diretto, concesse a seguito di invalidità contratte per causa di guerra, ovvero (come nel caso della rendita vitalizia erogata dall'INAIL) contratte per causa di lavoro o di servizio, nonchè con le pensioni dirette di invalidità a qualsiasi titolo erogate dalle gestioni previdenziali obbligatorie dei lavoratori dipendenti ed autonomi. Fanno eccezione alla regola - e sono, dunque, cumulabili - le prestazioni pensionistiche erogate dal Ministero ai ciechi civili, ai sordomuti e agli invalidi totali.
Ne consegue che, mentre vanno senz'altro escluse dal novero delle prestazioni assistenziali incompatibili la pensione di inabilità erogata agli invalidi civili totali ai sensi della L. n. 118 del 1971, art. 12 la pensione non reversibile spettante ai ciechi civili di cui alla L. n. 382 del 1970, nonchè l'assegno mensile di assistenza per i sordomuti di cui alla L. n. 381 del 1970, art. 1 (poi definito pensione non reversibile dal D.L. n. 663 del 1979, art. 14 septies convertito nella L. n. 33 del 1980), ricade, invece, nella previsione di incompatibilità (e, perciò stesso di incumulabilità) l'assegno mensile di assistenza previsto per i soggetti solo parzialmente invalidi, del quale si discute nella presente controversia. Deve, peraltro, rilevarsi che, contrariamente a quanto sostiene la Corte territoriale, il ripetuto regime di incompatibilità non comporta la irriconoscibilità del diritto ai trattamenti assistenziali dichiarati incompatibili, ma soltanto il divieto di beneficiarne in cumulo con le prestazioni dalla legge espressamente e specificamente indicate, tra le quali la rendita INAIL in quanto prestazione a carattere diretto concessa a seguito di invalidità contratte a causa di lavoro (vedi Cass. 10/2/2011 n. 3240).
Detto principio, è stato ribadito in ulteriori approdi di questa Corte secondo cui "in tema di prestazioni per inabilità lavorativa, la norma di cui alla L. n. 407 del 1990, art. 3, comma 1 (nel testo modificato dalla L. n. 412 del 1991, art. 12), che, sancendo l'incompatibilità tra le prestazioni pensionistiche erogate dal ministero dell'interno - con esclusione di quelle erogate ai ciechi civili, ai sordomuti ed agli invalidi totali - e le prestazioni a carattere diretto concesse a seguito di invalidità contratte per cause di guerra, di lavoro o servizio salva comunque la facoltà per l'interessato di optare per il trattamento economico più favorevole, va interpretata nel senso che la legge concede all'interessato il diritto di opzione non fra due diverse prestazioni di previdenza ed assistenza, ma per il trattamento economico più favorevole, sicchè, per poter esercitare la detta opzione, presupposto necessario e sufficiente deve ritenersi la titolarità dei due diversi diritti, che può, conseguentemente, essere accertata in giudizio, senza che possa operare l'eventuale preclusione derivante dall'avvenuto riconoscimento di uno soltanto di essi" (Cass. 21/9/2011 n. 19226).
Orbene, nel caso di specie è pacifico e non contestato in fatto, che il ricorrente sia titolare di rendita Inail connessa ad una menomazione dell'arto inferiore quantificata nella misura del 45%.
Tale trattamento, tuttavia - per quanto detto - non è di per sè ostativo alla valutazione del compendio morboso oggetto di indennizzo, al fine dell'accertamento del diritto alla prestazione di invalidità civile oggetto della pretesa azionata nel presente giudizio, come non ostativa è da ritenersi l'opzione esercitata dal difensore della parte privata in sede di gravame, non sussistendo il diritto ad entrambe le prestazioni in relazione alle quali tale diritto poteva esplicarsi.
Per quanto esposto il ricorso va accolto nei termini suddetti con annullamento della impugnata sentenza e rinvio alla Corte d'appello designata come da dispositivo, che si atterrà, nel decidere, ai principi innanzi enunciati.
La stessa Corte designata provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d'appello di Cagliari in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 10 febbraio 2016.
Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2016