1. che la Corte d'appello di Milano, con la sentenza n. 687 in data 14.7.2011, ha rigettato l'appello proposto da I.A., nei confronti della sentenza che aveva respinto la domanda volta al riconoscimento del diritto al beneficio assistenziale di cui alla L. n. 210 del 1992, in relazione alla menomazione dell'integrità psico-fisica (malattia neurologica) che assumeva dipendente causalmente dalle vaccinazioni somministrategli;
2. che la Corte territoriale ha rilevato che il CTU nominato nel corso del giudizio di gravame aveva accertato che: dalla documentazione allegata al ricorso di primo grado non risultavano reazioni al vaccino somministrato il (OMISSIS); in data (OMISSIS) era stato diagnosticato un ascesso alla regione occipitale presente da quando lo I. aveva l'età di tre mesi ma non risultavano prescrizioni mediche e assunzioni di farmaci nel 1980; solo il (OMISSIS) (a distanza di 18 anni) il medico di parte aveva riferito che il padre dell'appellante aveva narrato di un episodio notturno (grido ed agitazione motoria), in occasione del quale i genitori avevano osservato un sopore prolungato con "restitutio in integrum" nel corso delle successive due o tre ore, e lo aveva collocato nei primi mesi del dicembre del 1980; la circostanza che si fosse trattato di un episodio comiziale non risultava dalla documentazione allegata al ricorso (libretto sanitario, anamnesi del ricovero ospedaliero del (OMISSIS), certificazione della visita neurologica del (OMISSIS) effettuata presso l'ospedale neurologico (OMISSIS), ricovero presso l'ospedale (OMISSIS) in data (OMISSIS) allorchè venne rilevato un ritardo psicomotorio, elettrocardiogrammi del (OMISSIS) e del (OMISSIS), attestanti una situazione di normalità); dalla documentazione non era emersa alcuna reazione alla somministrazione delle successive vaccinazioni; non era risultato alcun evento di insorgente danno cerebrale nella storia clinica dei primi anni; all'età di 18 mesi era stato accertato un ritardo psicomotorio, per la cura del quale l'appellante era stato sottoposto a trattamenti di psicoanalisi; non era riscontrabile alcun sintomo o segno clinico che rivelasse il tempo di esordio della dedotta encefalopatia e aveva accertato che non v'era traccia nella documentazione sanitaria dell'episodio occorso nei venti giorni successivi alla vaccinazione effettuata nel terzo mese di vita; non era credibile che i genitori dell'appellante particolarmente attenti alla salute del figlio ("il padre è medico") avessero dimenticato di riferire l'episodio a seguito del quale, secondo la ricostruzione del consulente di parte, si sarebbe manifestata la regressione dello sviluppo psicomotorio attribuito ad encefalopatia subacuta post vaccinica;
3. che la Corte territoriale ha ritenuto che: i rilievi formulati nei confronti della CTU, oltrechè tardivi, erano infondati perchè il CTU aveva risposto in modo esauriente alle note e alle osservazioni sollevate prima del deposito della relazione; la mancanza di documentazione medica e di accertamenti medici relativi all' episodio notturno (grida e agitazione motoria), escludeva che alla prova orale, ove ammessa, potessero conseguire utili risultati probatori in ordine alla verificazione di detto evento, lontano nel tempo, non riferito ai medici che curarono l'appellante e solo narrato a distanza di molti anni (nel giugno 2001) al medico curante, che aveva affermato come possibile la sua natura comiziale; il CTU aveva escluso che la encefalopatia, quale esito di encefalite autoimmune, potesse essere conseguenza della vaccinazione antipolio; il riferimento fatto dal CTU alle possibili cause della origine dell'encefalopatia era estraneo al campo delle indagini affidate;
4. che avverso detta sentenza I.A. ha proposto ricorso per cassazione affidato a sette motivi, illustrati da successiva memoria, al quale hanno resistito con controricorso il Ministero della Salute e la Regione Lombardia.
Diritto
5. che il ricorrente con il primo, il secondo, il terzo ed il quarto motivo denuncia, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della CTU, della ordinanza del 31.3.2011 e della sentenza impugnata per violazione dell'art. 195 c.p.c., comma 3, artt. 24 e 111 Cost. e art. 8 della CEDU per il mancato deposito da parte del CTU delle osservazioni di esso ricorrente (primo motivo), degli artt. 61,191,194 e 201 c.p.c., artt. 24 e 111 Cost. e art. 8 della CEDU per essersi avvalso il CTU di consulenza officiosa di medici esperti di neonatologia e neuropsichiatria infantile senza indicarne le generalità, senza autorizzazione del giudice e senza provocare il contraddittorio con le parti (secondo motivo), nullità della sentenza per omessa pronuncia (art. 112 c.p.c.) in ordine alle eccezioni formulate da esso ricorrente con riferimento ai vizi procedurali in cui era incorso il CTU (terzo motivo) e, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 violazione o falsa applicazione degli artt. 156 e 157 c.p.c., artt. 24 e 111 Cost. e art. 8 CEDU (quarto motivo, subordinato al mancato accoglimento dei primi tre motivi) per avere la Corte territoriale ritenuto tardive e infondate le eccezioni formulate da esso ricorrente indicate nei primi tre motivi del ricorso, asserendo che le eccezioni formulate nei confronti della CTU sono "assolute" perchè attengono alla integrità del contraddittorio ed al diritto di difesa e che i vizi della CTU avrebbero condizionato negativamente l'esercizio del suo diritto di difesa;
6. che con il quinto motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla mancata ammissione della richiesta di prova sul fatto decisivo e controverso relativo all'episodio convulsivo notturno accaduto 20 giorni dopo la somministrazione del vaccino antipolio; 7. che con il sesto motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione della L. n. 210 del 1992, art. 1, comma 1 per avere la Corte territoriale formulato il giudizio di causalità tra vaccinazione ed encefalopatia senza considerare che la funzione assistenziale e solidaristica di tale disposizione impone di ricercare il nesso di causalità secondo un criterio di ragionevolezza e di sufficiente probabilità meno rigoroso di quello proprio della tutela risarcitoria;
8. che con il settimo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 omessa insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla ritenuta insussistenza del nesso di causalità tra la vaccinazione antipolio e la encefalopatia;
9. che i primi quattro motivi di ricorso, da trattarsi congiuntamente in quanto correlati alla questione della correttezza, sul piano procedurale, della CTU espletata nel giudizio di gravame ed alle statuizioni adottate sul punto dalla Corte territoriale, sono infondati;
10. che questa Corte ha ripetutamente affermato che la consulenza tecnica d'ufficio non è un mezzo istruttorio in senso proprio, perchè ha la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze (ex plurimis Cass.16840/2016, 28669/2013; Ord. 3130/2011) ed ha precisato che l'Ausiliare nominato dal giudice del merito può compiere tutte le indagini rese necessarie per effettuare accertamenti di determinate situazioni di fatto che richiedano l'ausilio di speciali cognizioni tecniche, e che, in tal caso, è consentito al medesimo anche di acquisire ogni elemento necessario per rispondere ai quesiti, sempre che si tratti di fatti accessori e rientranti nell'ambito strettamente tecnico della consulenza, e non di fatti e situazioni che, essendo posti direttamente a fondamento della domanda o delle eccezioni delle parti, debbano necessariamente essere provati dalle stesse (Cass. 16840/2016, 3191/2006, 9060/2003, 5422/2002);
11. che alla luce dei principi sopra richiamati, ai quali va data continuità, risultano, pertanto, prive di pregio: a) le prospettazioni difensive (primo motivo), che, denunciano violazione delle regole del contraddittorio perchè è irrilevante che le osservazioni formulate dalle parti nell'ambito del procedimento ex artt. 191 e 195 c.p.c., non siano state depositate unitamente alla relazione "finale" depositata dal CTU essendo incontestato, ma ancor prima, accertato dalla Corte territoriale, che il CTU ha rispettato le disposizioni codicistiche innanzi richiamate, espletando l'indagine affidatagli in contraddittorio con i consulenti di parte, trasmettendo loro la sua relazione e consentendo ai medesimi di interloquire con le conclusioni assunte nella relazione trasmessa attraverso la formulazione di osservazioni critiche; b) la doglianza (secondo motivo) che addebita al CTU di avere assunto le sue conclusioni sulla scorta di pareri e di informazioni acquisite "ufficiosamente" da terzi esperti, perchè l'acquisizione di pareri scientifici, avendo la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze (cfr. punto 9 di questa sentenza), rientra nell'ambito delle indagini affidate alle indagini tecniche al CTU ed esula dal campo degli accertamenti di cui all'art. 194 c.p.c. (Cass. 21728/2006, 6338/2004, 1258/2002, 7036/2004) e perchè non è assolutamente messo in discussione che il CTU abbia formulato sue proprie autonome valutazioni di carattere medico legale e nemmeno risulta dedotto che i lamentati pareri di terzi si siano risolti in concreto in una traslazione "tout court" dell'incarico giudiziario dal perito d'ufficio allo specialista; c) i vizi addebitati alla sentenza impugnata (terzo e quarto motivo) non sussistono perchè la Corte territoriale, pur ritenendo tardivi i rilievi formulati nei confronti della relazione del CTU, li ha esaminati e li ha ritenuti infondati e perchè il ricorrente non chiarisce la ragione per la quale i vizi addebitati alla CTU abbiano potuto incidere nel concreto sul suo diritto di difesa, atteso che il ricorrente, come innanzi evidenziato, è stato posto in grado di interloquire con il CTU sia nel corso delle indagini da questi effettuate sia al momento della predisposizione della bozza di relazione trasmessa dal CTU, il quale ha dato conto, come accertato dalla Corte delle osservazioni formulate (Cass. 16441/2011);
12. che il quinto motivo è infondato perchè questa Corte ha ripetutamente affermato che il giudice del merito è libero di scegliere se dare o meno ingresso alle prove richieste dalle parti e che la mancata ammissione di una prova testimoniale non può essere sindacato in sede di legittimità, salvo che le ragioni di tale mancato esercizio siano giustificate in modo palesemente incongruo o contraddittorio (Cass. 12884/20161754/2012, 16997/2002), incongruità e contraddittorietà non rinvenibili nella sentenza impugnata perchè la Corte territoriale ha spiegato in maniera esauriente e lineare le ragioni della inutilità della prova, richiamando sia il quadro probatorio documentale, sia il fatto che il remoto episodio notturno non era stato seguito alcun intervento medico o di ricovero in strutture sanitarie;
13. che il sesto ed il settimo motivo, da trattarsi congiuntamente perchè correlati alla questione del nesso di causalità tra vaccinazione e malattia neurologica, devono essere rigettati;
14. che al riguardo va osservato che le Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 581 del 2008, muovendo dalla considerazione che i principi generali che regolano la causalità materiale (o di fatto) sono anche in materia civile quelli delineati dagli artt. 40 e 41 c.p. e dalla regolarità causale, salva la differente regola probatoria che in sede penale è quella dell'"oltre ogni ragionevole dubbio", mentre in sede civile vale il principio della preponderanza dell'evidenza o "del più probabile che non", hanno precisato che la regola della "certezza probabilistica" non può essere ancorata esclusivamente alla determinazione quantitativa- statistica delle frequenze di classe di eventi (c.d. probabilità quantitativa), ma va verificata riconducendo il grado di fondatezza all'ambito degli elementi di conferma disponibili nel caso concreto (c.d. probabilità logica);
che questa Corte (Cass. 11030/2017, 753/2005; Ord. 27449/2016), anche con riguardo alla materia relativa alla L. n. 210 del 1992, ha affermato che la prova a carico dell'interessato ha ad oggetto, a seconda dei casi, l'effettuazione della terapia trasfusionale o la somministrazione dei vaccini, il verificarsi di danni e il nesso causale tra la prima e i secondi, da valutarsi secondo un criterio di ragionevole probabilità scientifica;
che la Corte territoriale si è attenuta ai principi sopra richiamati e, adempiendo al compito di giudice del merito attribuito dall'ordinamento, ha valutato l'esistenza del nesso causale indicando quale criterio regolatore quello della "ragionevole probabilità scientifica", rilevando che il CTU, anche sulla base delle letteratura medica, aveva escluso che nella fattispecie dedotta in giudizio la encefalite autoimmune potesse derivare dalla vaccinazione antipolio, la quale, in rarissimi casi può indurre una poliomielite, di cui, nella fattispecie concreta non v'era traccia ed ha evidenziato che dell'episodio "comiziale", mai indagato, non v'era alcun riscontro;
che, diversamente da quanto prospettato dal ricorrente nella memoria depositata ai sensi dell'art. 380 bis, comma 1, considerato che la decisione impugnata, come innanzi evidenziato, ha escluso il nesso di causalità e di concausalità tra la patologia denunciata e la somministrazione del vaccino e la presenza di elementi indiziari di segno opposto, non si pone il problema della applicabilità alla fattispecie in esame dei principi enunciati dalla CGUE nella sentenza del 21.6.2017 causa C-621/2015 con riguardo alla Direttiva 85/374/CEE del Consiglio, del 25 luglio 1985, adottata per favorire il ravvicinamento delle legislazioni nazionali in materia di responsabilità del produttore per i danni causati dal carattere difettoso dei suoi prodotti al fine di evitare falsare il gioco della concorrenza e pregiudicare la libera circolazione delle merci all'interno del mercato;
che le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza (non risulta assolto l'onere autocertificativo previsto per l'esonero dall'art. 152 disp. att. c.p.c.).
P.Q.M.
La Corte:
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente a rifondere le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1.500,00 oltre spese prenotate a debito quanto al Ministero ed in Euro 1.500,00 per compensi professionali, Euro duecento per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali forfetarie quanto alla Regione Lombardia.
Così deciso in Roma, il 18 luglio 2017.
Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2017