Inpgi: illegittima la cumulabilità dei redditi lavoro - pensione dei giornalisti
Tribunale di Milano sezione lavoro, sentenza 10 febbraio 2005
“Non è possibile "salvare" l'attuale regime di incumulabilità (neppure invocando l'esigenza del perseguimento dell'obiettivo tendenziale dell'equilibrio di bilancio, che come affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n° 437/02 non può comunque essere assicurato, "con il ricorso ad una normativa che, trattando in modo ingiustificatamente diverso situazioni sostanzialmente uguali, si traduce in una violazione dell'art. 3 della Costituzione" valido per i pensionati dell'Istituto a fronte di quello, opposto, ormai acquisito con riguardo alla generalità dei cittadini”.
FRANCO ABRUZZO: “Una grande sentenza. Vince il principio costituzionale dell’uguaglianza dentro l’Inpgi. Un duro monito per il sindacato dei giornalisti, che ha dimenticato la sua storia”.
Milano, 5 maggio 2005. Non c’è pace per l’Inpgi sul fronte della libertà di cumulo. Da Milano piomba sulla testa dell’Istituto una mazzata inesorabile sotto forma di sentenza. L’Istituto deve osservare le stesse regole dell’Inps in tema di libertà di cumulo, come prescrive l’articolo 76 (punto 4) della legge 23 dicembre 2000 n. 388, in forza del quale “le forme previdenziali gestite dall’Inpgi devono essere coordinate con le norme che regolano il regime delle prestazioni e dei contributi delle forme di previdenza sociale obbligatoria, sia generali che sostitutive”. La controversia, come scrive il giudice, è stata decisa fondamentalmente sulla base di una adeguata valorizzazione dell’articolo 76. Questo è quanto emerge dalla motivazione di una sentenza, firmata dal giudice del lavoro R. Punzo del Tribunale di Milano e depositata ieri in cancelleria, che ha accolto le ragioni del giornalista CK, difeso dall’avvocato Patrizia Sordellini. Il giudice nel dispositivo della sentenza (reso noto il 10 febbraio) ha scritto: “Il tribunale di Milano, disattesa ogni altra domanda ed eccezione, dichiara che il regime di incumulabilità tra pensioni e redditi di lavoro applicato al ricorrente è in contrasto con l’articolo 76 legge n. 388/2000, condanna il convenuto (Inpgi, ndr.) a restituire quanto al periodo pregresso gli importi decurtati dal trattamento pensionistico”. Il giudice ha dichiarato compensate le spese di giudizio (data la novità della causa). I vertici dell’Inpgi dovranno restituire in fretta tutti i quattrini non percepiti da Ck. L’articolo 388 (II comma) del Cp, in caso contrario, li espone a una ritorsione micidiale: il carcere fino a tre anni. Quei quattrini negati formano un credito tutelato dalla legge. Negli anni 70 un amministratore di una grande società venne addirittura arrestato per non aver eseguito una sentenza civile di condanna al pagamento di un credito a favore di un dipendente.
In sintesi, la controversia verteva sulla legittimità del comportamento dell’Inpgi che, a partire dal gennaio 2002, ha applicato nei confronti del giornalista/ricorrente, un trattamento in materia di cumulo oggettivamente peggiorativo rispetto a quello previsto dalla disciplina comune. Più precisamente, anziché applicare per il periodo da gennaio 2002 a dicembre 2002, una trattenuta nella sola misura del 30% sul rateo mensile di pensione dovuto in conformità all’art. 72 (2° comma) della legge 23 dicembre 2000 n. 388 (c.d. Finanziaria 2001) nonché consentire per il periodo successivo il pieno cumulo fra rateo pensionistico e reddito da lavoro dipendente – secondo quanto previsto dall’articolo 44 della legge 27 dicembre 2002 n. 289 (c.d. Finanziaria 2003) - l’ente previdenziale ha operato, all’inizio, una decurtazione del rateo pensionistico spettante al ricorrente nella misura del 50%, applicando l’articolo 15 del proprio Regolamento approvato con D.M. 24 luglio 1995 e, successivamente, ha azzerato l’erogazione del trattamento pensionistico, quando il ricorrente è stato di nuovo assunto...
La svolta è maturata con l’art 44 della legge 289/02 (Finanziaria per il 2003), la quale “ha introdotto il regime della totale cumulabilità tra pensioni di anzianità con redditi di lavoro di qualunque natura, quando i titolari abbiano 37 anni di contributi e 58 anni di età, consentendo inoltre in via transitoria a chi già fruisca alla data del 1.12.2002 di trattamento di anzianità, di accedere (se sprovvisto dei requisiti di età e di anzianità contributiva) alla totale cumulabilità, dietro pagamento di una somma di denaro da calcolare secondo i criteri prefissati dalla norma stessa”. Scrive ancora ilm giudice: ““Non è possibile "salvare" l'attuale regime di incumulabilità (neppure invocando l'esigenza del perseguimento dell'obiettivo tendenziale dell'equilibrio di bilancio, che come affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n° 437/02 non può comunque essere assicurato, "con il ricorso ad una normativa che, trattando in modo ingiustificatamente diverso situazioni sostanzialmente uguali, si traduce in una violazione dell'art. 3 della Costituzione" valido per i pensionati dell'Istituto convenuto a fronte di quello, opposto, ormai acquisito con riguardo alla generalità dei cittadini”. Il giudice in sostanza ha fatto propri tutti gli argomenti giuridici sollevati dal presidente dell’Ordine di Milano. (Nota di Franco Abruzzo presidente Ordine dei Giornalisti della Lombardia)
LaPrevidenza.it, 06/05/2005