Mobbing: in tema di condanna del datore di lavoro per inerzia decisionale
Cassazione Sezione Lavoro, Sentenza 9.9.2008 n. 22858
Con ricorso al Tribunale di Torino F.E. (che aveva precedentemente esperito in via d'urgenza due ricorsi: per chiedere il ripristino di pregresse mansioni e per impugnare un trasferimento), chiese la condanna della xxx s.p.a., di cui era dipendente, al pagamento della somma di Lire 831.765.996 a titolo di risarcimento dei danni da lei subiti (danno biologico, danno morale, danno patrimoniale, danno esistenziale) per il comportamento del datore di lavoro, nella persona del direttore della sede di lavoro dott. G.P., qualificabile anche come mobbing e costituito da avances sessuali, minacce, ingiurie, sottrazione di responsabilità lavorative, boicottaggio in progetti, demansionamento, illegittimo trasferimento; chiese anche che si accertasse che la sua malattia (causa d'una lunga assenza dal lavoro), determinata del comportamento aziendale, non era idonea a costituire periodo di comporto.
Il Tribunale respinse la domanda della F. e quella della Società (diretta al risarcimento di danni per lite temeraria). Con sentenza del 29 novembre 2004 la Corte d'appello di Torino respinse l'impugnazione proposta dalla F. e l'incidentale impugnazione proposta dalla Società.
Premette il giudicante che i danni richiesti dalla ricorrente sono causalmente connessi al preteso mobbing aziendale; che i fatti successivi al ricorso di primo grado (l'essersi la F. trovata al rientro dalla malattia senza nulla da fare) restano estranei alla controversia; e che le pretese molestie sessuali, che non avevano avuto riscontro nell'istruttoria di primo grado, non sono state poste a fondamento dell'appello.
LaPrevidenza.it, 13/10/2008