Le Sezioni Unite e il danno esistenziale
Cass., Sez. Unite, 11 novembre 2008, n. 26972 - Avv. Luigi Modaffari, Foro di Brescia
Con la Sentenza a Sez. Unite, 11 novembre 2008, n. 26972. la Suprema Corte risolve un contrasto giurisprudenziale riguardante la sussistenza e la risarcibilità della suddetta voce di danno.
Nella suddetta pronuncia, innanzitutto, la Cassazione si è pronunciata sul concetto di danno “non patrimoniale”. Tale fattispecie è risarcibile sia quale conseguenza di un reato sia in altre ipotesi risarcitorie, le quali, anche se non espressamente previste dal legislatore, sono desumibili in base ad una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c.. In seguito, nell'esaminare la categoria del danno “non patrimoniale”, la Suprema Corte ha statuito che questa è una categoria omnicomprensiva e che non è possibile e lecito ritagliare all'interno varie sottocategorie (come quella del danno esistenziale), se non a titolo descrittivo. E, pertanto, ritenuto scorretto e non conforme al dettato normativo pretendere di distinguere il c.d. “danno morale soggettivo”, inteso quale sofferenza psichica transeunte, dagli altri danni non patrimoniali. Infatti, la sofferenza morale non è che uno dei molteplici aspetti di cui il giudice deve tenere conto nella liquidazione dell’unico ed unitario danno non patrimoniale, e non un pregiudizio a sé stante.
Il danno esistenziale può essere oggetto di risarcimento, sussistendone i presupposti, solo se rientrante nella figura generale del danno non patrimoniale ex art 2059 c.c.. Pertanto il risarcimento potrà essere accordato sia nell'ipotesi di danno quale conseguenza di un reato che nel caso di un fatto illecito lesivo di un diritto della persona costituzionalmente garantito, il quale costituisce né più né meno che un “ordinario” danno non patrimoniale, di per sé risarcibile ex art. 2059 c.c., e che non può essere liquidato separatamente sol perché diversamente denominato.
Infine, le SS.UU. hanno tratto spunto dal suddetto ragionamento per negare o comunque limitare fortemente il risarcimento dei danni non patrimoniali c.d. “bagatellari”, ossia quelli futili od irrisori, causati da condotte prive del requisito della gravità. A riguardo, i Giudici hanno statuito che il riconoscimento e la liquidazione di tali danni non patrimoniali non gravi o causati da offese non serie può essere censurabile in sede di gravame per violazione di un principio informatore della materia.
Avv. Luigi Modaffari
Cass., Sez. Unite, 11 novembre 2008, n. 26972, presidente Carbone, relatore Preden – “LE SEZIONI UNITE E IL DANNO ESISTENZIALE”
(…) In conclusione, deve ribadirsi che il danno non patrimoniale è categoria generale non suscettiva di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate.
In particolare, non può farsi riferimento ad una generica sottocategoria denominata danno esistenziale, perché attraverso questa si finisce per portare anche il danno non patrimoniale nell’atipicità, sia pure attraverso l’individuazione della apparente figura categoriale del danno esistenziale, in cui tuttavia confluiscono fattispecie non necessariamente previste dalla norma ai fini della risracibilità di tale tipo di danno, mentre tale situazione non è voluta dal legislatore ordinario né è necessitata dall’interpretazione costituzionale dell’art. 2059 c.c., che rimane soddisfatta dalla tutela risarcitoria di specifici valori della persona presidiati da diritti inviolabili secondo Costituzione (principi enunciati dalle sentenze n. 15022/2005, n. 11761/2006, n. 23918/2006, che queste Sezioni unite fanno propri).
(…)
Nell'ambito della responsabilità contrattuale il risarcimento sarà regolato dalle norme dettate in materia, da leggere in senso costituzionalmente orientato.
L'art. 1218 c.c., nella parte in cui dispone che il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, non può quindi essere riferito al solo danno patrimoniale, ma deve ritenersi comprensivo del danno non patrimoniale, qualora l'inadempimento abbia determinato lesione di diritti inviolabili della persona.
(...)
Il riferimento a determinati tipi di pregiudizio, in vario modo denominati (danno morale, danno biologico, danno da perdita del rapporto parentale), risponde ad esigenze descrittive, ma non implica il riconoscimento di distinte categorie di danno.
E' compito del giudice accertare l'effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, individuando quali ripercussioni negative sul valore uomo si siano verificate e provvedendo alla loro integrale riparazione.
LaPrevidenza.it, 17/11/2008