La reintroduzione del contratto di lavoro a chiamata o job on call - Ratio, presupposti ed effetti della fattispecie contrattuale
Articolo dell'Avv. Luigi Modaffari
La riforma sul diritto del lavoro (così detta "Riforma Biagi") aveva introdotto nel nostro ordinamento dall'art. 33 all'art. 40 del D.Lgs. n. 276/03 il contratto di lavoro a chiamata (o job-on-call). Detta figura contrattuale era, ed è tuttora, finalizzata a soddisfare sia specifiche necessità di flessibilità nell'ambito lavorativo sia l'esigenza di regolarizzare i tanti lavoratori irregolari.
Il contratto de quo consiste in un contratto di lavoro mediante il quale il lavoratore si mette a disposizione del datore di lavoro per fornire prestazioni lavorative discontinue. In generale, i contratti collettivi (in mancanza il ministero del Lavoro) stabiliscono le condizioni oggettive che legittimano il ricorso al contratto succitato.
La fattispecie negoziale in esame necessita della forma scritta e si può stipulare sia a tempo indeterminato sia a termine. Inoltre, la figura in questione deve contenere gli elementi essenziali quali previsti dall'articolo 35 del decreto Biagi (le esigenze che giustificano il ricorso al lavoro a chiamata, la sua durata, l'indicazione dei tempi e delle modalità con cui il datore può richiedere la prestazione, il trattamento economico e normativo, i tempi di corresponsione della retribuzione e, se prevista, dell'indennità di chiamata nonchè le misure di sicurezza specifiche per l'attività lavorativa considerata).
Al lavoratore intermittente deve essere garantito il medesimo trattamento normativo, economico e previdenziale riconosciuto ai colleghi di pari livello. L'importo minimo dell'indennità di chiamata è fissato dai contratti collettivi di settore, e non può essere inferiore a circa il 20% della retribuzione mensile prevista..
LaPrevidenza.it, 23/10/2008