Impiego pubblico privatizzato - lavoro (rapporto di) - retribuzione - mansioni - rilevanza ai fini economici dello svolgimento di mansioni superiori
Corte di Cassazione - Sez. Lavoro - Sent. 17.9.2008 n. 23741 - Avvocato Lorenzo Cuomo
La Suprema Corte ha confermato, con la sentenza che si annota, il suo orientamento riguardo la spettanza, all'impiegato cui sono state assegnate al di fuori dei casi consentiti mansioni superiori, di una retribuzione proporzionata e sufficiente ai sensi dell'art. 36 Cost.; ( in conformità alla giurisprudenza della Corte costituzionale cfr. sentenze n. 908 del 1988; n. 57 del 1989; n. 236 del 1992; n. 296 del 1990); principio che trova integrale applicazione - senza sbarramenti temporali di alcun genere - nel pubblico impiego privatizzato, sempre che le mansioni superiori assegnate siano state svolte, sotto il profilo quantitativo e qualitativo, nella loro pienezza (in questo senso v. anche, tra le tante, Cass. Sez. U n. 25837 del 11/12/2007)
La giurisprudenza costituzionale ha patrocinato la diretta applicabilità al rapporto di pubblico impiego dei principi dettati dall'art. 36 Cost., specificando al riguardo che detta norma "determina l'obbligo di integrare il trattamento economico del dipendente nella misura della quantità del lavoro effettivamente prestato" a prescindere dalla eventuale irregolarità dell'atto o dall'assegnazione o meno dell'impiegato a mansioni superiori ; il Giudice delle leggi ha altresì precisato che "il principio dell'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni mediante pubblico concorso non è incompatibile con il diritto dell'impiegato, assegnato a mansioni superiori alla sua qualifica, di percepire il trattamento economico della qualifica corrispondente, giusta il principio di equa retribuzione sancito dall'art. 36 Cost.)" (Corte Cost. 27 maggio 1992 n. 236); inoltre, il mantenere da parte della pubblica amministrazione l'impiegato a mansioni superiori, oltre i limiti prefissati per legge, determina una mera illegalità, che però non priva il lavoro prestato della tutela collegata al rapporto - ai sensi dell'art. 2126 c.c., e, tramite detta disposizione, dell'ari. 36 Cost. - perché non può ravvisarsi, nella violazione della mera ristretta legalità, quella illiceità che si riscontra, invece, nel contrasto "con norme fondamentali e generali e con i principi basilari pubblicistici dell'ordinamento" e che, alla i stregua della citata norma codicistica, porta alla negazione di ogni tutela del lavoratore
L'estensione della norma costituzionale all'impiego pubblico è condivisa anche dalla dottrina giuslavoristica che evidenzia la piena operatività, anche nel settore del lavoro pubblico, dei principi costituzionali di proporzionalità ed efficienza della retribuzione espressi dall'ari. 36 Cost.. Principio questo che poggia sulla peculiare corrispettività del rapporto lavorativo - qualificato dalla specifica rilevanza sociale che assume in esso la retribuzione volta a compensare "una attività contrassegnata dall'implicazione della stessa persona del lavoratore", il quale ricava da tale attività il mezzo normalmente esclusivo di sostentamento suo e della sua famiglia.
(Avv. Lorenzo Cuomo)
LaPrevidenza.it, 15/11/2008