Il controllo della correttezza giuridica delle argomentazioni del giudice di merito e sull'esclusione della responsabilità del lavoratore ex art. 1227
Commento dell'Avv. Daniele Iarussi a Cass. Sez. Lav. 9 novembre 2009, n. 23726
La deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale, bensì la sola facoltà di controllo della correttezza giuridica e della coerenza logica delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, non essendo consentito alla Corte di Cassazione di procedere ad una autonoma valutazione delle risultanze probatorie, sicché le censure concernenti il vizio di motivazione non possono risolversi nel sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella accolta dal giudice di merito (cfr. tra le tante Cass. n. 18214/2006, n. 3436/2006, n. 8718/2005).
Nella specie le valutazioni delle risultanze probatorie operate dal giudice di appello sono congruamente motivate e l'iter logico-argomentativo che sorregge la decisione è chiaramente individuabile, non presentando alcun profilo di manifesta illogicità o insanabile contraddizione. Per contro, le censure mosse dal ricorrente si risolvono sostanzialmente nella prospettazione di un diverso apprezzamento delle stesse prove e delle stesse circostanze di fatto già valutate dal giudice di merito in senso contrario alle aspettative del medesimo ricorrente e si traducono nella richiesta di una nuova valutazione del materiale probatorio, del tutto inammissibile in sede di legittimità.
La Corte di Appello ha chiarito che la responsabilità del lavoratore non può essere esclusa o ridotta ex art. 1227 c.c. in base alle asserite carenze organizzative e del sistema dei controlli in vigore presso la Cassa, perché il concorso di colpa presupporrebbe la conoscenza del fatto potenzialmente pregiudizievole da parte del danneggiato, e quindi la comunicazione ai superiori delle operazioni a rischio poste in essere dal dipendente, comunicazioni che il Visentin ha omesso di effettuare nonostante la duplicità delle sue mansioni sopra evidenziata. Le affermazioni del giudice di appello sono pienamente condivisibili in punto di diritto, in quanto la mancata predisposizione da parte della Cassa di adeguati sistemi di controllo interno sull'operato dei propri dipendenti non esclude né riduce il dovere di questi ultimi di agire con diligenza e fedeltà nell'interesse del datore di lavoro, sicché i danni patrimoniali cagionati al datore per effetto di comportamenti in contrasto con i predetti doveri sono riconducibili esclusivamente al comportamento colpevole del dipendente e non possono essere imputati, neppure in parte, a colpevoli omissioni di controllo da parte del datore di lavoro.
LaPrevidenza.it, 24/12/2009