domenica, 10 novembre 2024

Condotte inadempienti plurime integrano la giusta causa di licenziamento

Cassazione, sez. civile, sentenza 2.5.2019 n. 11539

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO  

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati ... omissis. ..
 
ha pronunciato la seguente:  SENTENZA ... omissis ...FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 27.04.2017 la corte d'Appello di Milano ha respinto il gravame presentato da ENI spa avverso la sentenza del tribunale di Milano che, accogliendo la domanda di L.E., quadro direttivo della società, aveva escluso la sussistenza dei fatti contestatigli con lettera del 21.9.2011 ed accertato l'illegittimità del licenziamento disciplinare comminatogli dalla società in data 4.10.2011, con ordine di reintegrazione e con condanna al risarcimento del danno.

Anche per la corte di merito gli addebiti rivolti al L. - consistenti a) nell'invio di una polemica ed irrispettosa lettera a cinque superiori prima della formalizzazione dell'incarico poi affidatogli per un progetto da sviluppare in Ungheria, b) nell'aver frapposto svariate difficoltà di ordine personale e professionale durante l'intero corso della missione e nell'aver presentato in ritardo un testo progettuale del tutto carente, c) nella recidiva in cui il dipendente era incorso per la sanzione della sospensione di 8 giorni irrogatagli nel 2011 -, non potevano ritenersi sussistenti, tanto in termini di giusta causa o di giustificato motivo soggettivo, quanto in termini di giustificato motivo oggettivo, pure eccepito in via subordinata dalla datrice di lavoro.

In particolare secondo la sentenza impugnata non potevano rinvenirsi nella lettera inviata ai superiori in data 26.7.2011 dal L. espressioni sgarbate o offensive nei confronti dei dirigenti destinatari, atteso che tale comunicazione conteneva essenzialmente perplessità in merito al nuovo incarico affidatogli - consistente nell'organizzazione in Ungheria di un progetto di cross selling con la società ungherese di distribuzione di gas, Tigaz, avente ad oggetto l'implementazione di servizi contrattuali offerti dall'ENI all'utenza, nell'ambito degli insediamenti pubblici connessi alla commercializzazione del gas.

La corte territoriale ha poi rilevato che "scetticismo e ostilità" aveva espresso la società anche nei primi giorni di avvio della missione del L. in Ungheria, impartendo un incarico con scarsa definizione del preciso oggetto, in assenza di preliminari colloqui con il dipendente diretti a chiarire le sue mansioni.

Per la corte di merito vi era stata da parte aziendale una condotta non improntata a correttezza e buona fede, che si era concretizzata a) nella tardiva reprimenda a fini disciplinari fatta al L. per la lettera da lui inviata ai superiori in data 26.7.2011;

b) nel non aver considerato che, sin dal 11.8.2011, il dipendente aveva inviato al suo diretto superiore F. un draft - bozza preliminare del suo studio- poi seguito dalla versione più approfondita e completa del 31.8.2011. Per la corte insussistente doveva inoltre ritenersi l'addebito di tardività del deposito di tale progetto, in assenza di una scansione dettagliata, rigida ed ineludibile imposta dalla datrice di lavoro per detto deposito. Come anche andava tenuto in conto che l'addebito disciplinare, contestato come recidiva, era stato posto nel nulla dalla sentenza del tribunale di Milano del 4.10.2011.

Inoltre andava escluso il disvalore disciplinare degli addebiti, atteso che/era stata in realtà ascritta al L. una scadente qualità dell'elaborato- ossia del progetto-, senza svolgere alcuna puntualizzazione quanto agli "errori" tecnici, documentali e formali contestati che risultavano ridursi in concreto a "mancanza di impaginazione e di titoli giusti,all'uso di un programma informatico piuttosto che un altro".

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione ENI spa affidato ad un solo articolato motivo, a cui ha resistito il L. con controricorso.

Sono state depositate memorie ai sensi dell'art. 378 c.p.c..

 RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l'unico motivo di appello Eni spa deduce la violazione dell'art. 2119 c.c. e della L. n. 604 del 1966, art. 3 in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Avrebbe errato la corte nel considerare "atomisticamente "i fatti contestati al L., così contravvenendo ad un pacifico orientamento di questa corte, secondo cui non è necessario ravvisare la giusta causa solo nel complesso inscindibile dei fatti addebitati, pur dovendo questi essere valutati nella loro concatenazione, ma potendo ravvisare il giudice anche soltanto in alcuni di tali fatti il carattere di gravità lesiva del vincolo fiduciario. Ha errato quindi la sentenza impugnata che ha parcellizzato i fatti addebitati i quali, come si deduce dalla lettera di contestazione ed anche dalla corrispondenza intercorsa tra il dipendente e i dirigenti, sarebbero invece strettamente correlati.

La corte avrebbe così svalutato la portata degli addebiti, tra loro concatenati, che denotavano un persistente ostruzionismo e la non volontà di rendersi collaborativo, mentre dalle mail intercorse tra le parti si evinceva che l'incarico era in linea con il suo inquadramento e con le pregresse esperienze maturate.

Il motivo non merita accoglimento. Diversamente da quanto denunciato dalla ricorrente società, la sentenza impugnata non ha effettuato una parcellizzazione dei vari addebiti mossi al ricorrente, così da sottrarsi ad una valutazione necessariamente anche complessiva della loro rilevanza disciplinare.

Deve invero preliminarmente rilevarsi che nell'ipotesi in cui il licenziamento per giusta causa venga intimato a fronte di più condotte inadempienti addebitate, non necessariamente l'esistenza della giusta causa deve essere ritenuta solo con riferimento al complesso dei fatti contestati, potendo ciascuno di essi essere idoneo a giustificare la massima sanzione espulsiva (cfr. tra le tante Cass. n. 1062/2012, Cass. n. 12195/2014). E allo stesso tempo il giudice, sebbene debba esaminare le condotte contestate non "atomisticamente" ma con riferimento anche alla concatenazione tra tutte, ha altresì l'obbligo di valutare la valenza disciplinare di ogni singola inadempienza, sia pure nel contesto complessivo della contestazione.

Tale operazione ha effettuato la corte di merito, esaminando, come era suo onere, i vari comportamenti addebitati al L., ma poi valutandoli nel contesto consequenziale di cui alla lettera di contestazione. Così in relazione all'addebito prima indicato al punto a) la corte ha escluso che la lettera inviata ai superiori contenesse espressioni irriverenti e confidenziali nei confronti dei superiori, trattandosi di una comunicazione sulle difficoltà ad assumere l'incarico proposto, stante il lungo tempo di demansionamento subito. In relazione all'addebito di cui al punto b) la corte di merito ha escluso un intento ostruzionistico contenuto nella lettera del 1.8.2011 del lavoratore, trattandosi di una descrizione delle difficoltà concrete avute nell'organizzare in breve tempo la trasferta ungherese e che infine non poteva ritenersi insufficiente e inadeguato lo studio progettuale presentato dal L. il 31.8.2011, atteso che la comunicazione del 29.7.2011 della società non delineava un programma di lavoro opportunamente dettagliato.

Non ha poi mancato la corte di rilevare che gli addebiti si erano attestati anche su contestazioni di carattere del tutto formale, quali ad esempio le osservazioni sulla veste grafica della relazione, giungendo conclusivamente a ritenere che i comportamenti contestati non avessero alcun carattere di grave inadempimento, non mancando di evidenziare altresì gli antefatti processuali relativi a procedimenti precedenti (il primo passato in giudicato) che avevano accertato la dequalificazione a cui era stato sottoposto il L. sin dal 2003, ritenendo che tale antefatto giustificasse l'atteggiamento sfiducia del dipendente.

Ebbene le doglianze della società in realtà non si concretizzano in rilievi attinenti ad un'erronea ricognizione, da parte della sentenza impugnata, della fattispecie astratta di cui all'art. 2019 c.c., in termini di un' erronea applicazione di detta norma attinente ad un' errata e contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta. Nel caso in esame la società ricorrente finisce per dedurre un' errata applicazione della legge, ma esclusivamente in ragione della non condivisa valutazione delle risultanze di causa, emergenti in particolare dal contenuto della documentazione versata in giudizio, costituita dalle numerose comunicazioni intercorse tra il L. e i suoi superiori, dalle relazioni e dalle mail redatte dal dipendente ed inviate alla società.

La società ricorrente richiede pertanto una nuova valutazione del merito che in questa sede è preclusa.

Il ricorso va pertanto rigettato, con condanna della società, soccombente, alla rifusione della spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo.

 P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite del presente giudizio che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 5000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi delD.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 maggio 2019
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LaPrevidenza.it, 22/05/2019

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