Bamboccioni? No, grazie. Pratici e realisti
a cura D.ssa Mariagabriella CORBI
Parlando dei giovani non si può prescindere dal collocarli nella società in cui vivono. La famiglia, la scuola e i vari contesti socializzanti trasmettono stereotipi comportamentali, valori, visione del mondo, stili di vita e ridimensionano le varie opportunità economiche, sociali e culturali che influiscono sulla progettualità e le proiezioni nel tempo. E’ indispensabile tener presente, perciò, l’evoluzione del processo di apprendimento ed i suoi contenuti per capire l’ottica, gli atteggiamenti e le scelte giovanili, senza, trascurare la considerevole e delicata fase del ciclo vitale che i giovani vivono e che, fondamentalmente caratterizzata dalla ricerca del proprio “quid” esistenziale e di una propria ubicazione nella comunità che li ospita, genera ed dirige il loro agire. Pertanto la dichiarazione del ministro Brunetta sui “bamboccioni italiani che a 18 anni andrebbero buttati fuori casa per legge" ha sollevato un vespaio. Già in precedenza l’ex ministro dell’economia del governo Prodi, Tommaso Padoa Schioppa, inventò l’”epiteto” per i ragazzi italiani troppo mammoni e reticenti davanti all’opportunità di uscire dalla famiglia, ipotizzando degli incentivi atti a stimolare il distacco dalla famiglia d’origine. Secondo Fara nella Comunità Europea esistono “condizioni obiettivamente diverse e i ragazzi possono contare su un adeguato Welfare”. Come si può pensare di buttare fuori da casa dei giovani sprovvisti di ogni sostentamento o che si barcamenano con lavoretti precari. Diciamo che è deficitaria la politica della casa e/o la possibilità per i giovani di trovare un abitazione (anche monolocale) a prezzi contenuti. E’ giusta l’osservazione del Presidente di Eurispes “E credo purtroppo che siamo di fronte a un impedimento
LaPrevidenza.it, 20/03/2010