venerdì, 06 dicembre 2024

Indennità di accompagnamento, il diritto alle prestazioni si può reclamare entro 10 anni

Tribunale di Roma, sentenza 31.12.2018 n. 9930

 

TRIBUNALE DI ROMA

Ragioni di fatto e di diritto

Con ricorso proposto ai sensi dell'art. 442 c.p.c. depositato il giorno 11 ottobre 2018 i sig.ri C.L., nato a Monteverde (AV) il (omissis) e C.L., nata a Monteverde (AV) il (omissis), nella qualità di eredi di V.B., nata a Monteverde (AV) il (omissis) e deceduta il (omissis), hanno chiamato in causa l'Inps ed hanno sostenuto che la de cuius aveva presentato domanda amministrativa il 16 febbraio 2016, che ad esito della visita della commissione medica competente effettuata il 27 ottobre 2016 era stata riconosciuta nelle condizioni sanitarie previste dall'art. 1 delle legge n. 18/1980 con decorrenza dal momento della proposizione della domanda, in quanto nell'impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore, che aveva quindi inoltrato all'INPS la documentazione necessaria per ottenere la prestazione riconosciutale, che non aveva ricevuto risposta sino al momento del decesso.

Hanno quindi presentato l'odierna domanda chiedendo che l'Inps fosse condannato al pagamento della somma di euro 7.450,43 per le somme loro dovute, nella qualità dichiarata, a titolo di prestazione ex art. 1 della legge n. 18/1980 per il periodo dal 1 marzo 2016 al 15 maggio 2017.

Si è costituito in giudizio l'Inps proponendo preliminare eccezione di inammissibilità del ricorso per sopravvenuta decadenza, in subordine e nel merito il rigetto dello stesso per infondatezza della domanda.

Nell' udienza del 14 dicembre 2018 la causa è stata discussa e decisa.

Osserva questo giudice quanto segue.

Con l'eccezione preliminare l'istituto previdenziale chiede venga dichiarata inammissibile l'azione in quanto proposta oltre il termine semestrale previsto dall'art. 42 co.3 della legge n. 326 del 2003, a fronte della reiezione della domanda comunicata con atto del 16 febbraio 2016.

La questione non è fondata in quanto in questo caso dal verbale della commissione medica risulta accertata l'esistenza del requisito sanitario e solo per incompletezza della documentazione, dunque per un vizio certamente sanabile e senza che sia mai stata posta in discussione la validità dell'accertamento già effettuato, l'Inps ha rigettato la domanda di liquidazione della prestazione stessa.

Questo atto quindi, oltre a non incidere sull'accertamento già effettuato e mai revocato dall'istituto previdenziale, neppure comporta la decorrenza del termine indicato dall'istituto resistente per la proposizione di azioni giudiziali finalizzate piuttosto a contrastare le conseguenze di accertamenti negativi dei presupposti sanitari.

Trova applicazione invece in questa vicenda il principio, anche di recente richiamato dall'istituto previdenziale, secondo il quale in caso di accertamento favorevole alla parte ricorrente, permane il diritto di questa di avvalersi degli effetti favorevoli dell'accertamento, con l'unico limite dell'ordinario termine di prescrizione decennale ai sensi dell'art. 2946 c.c. (messaggio Inps n. 1217 del 20 marzo 2018).

Ciò chiarito sull'eccezione preliminare, risulta accertato in questo giudizio il diritto dei ricorrenti a ricevere le somme da loro richieste nella qualità di eredi di V.B., anche in ragione della documentazione attestante la concorrenza dei requisiti ulteriori, oltre quello sanitario, da loro tempestivamente depositata.

Seguono la soccombenza le spese di lite.

Il Giudice dott. Claudio Cottatellucci
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LaPrevidenza.it, 26/04/2019

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