La revisione per errore
D.ssa Silvana Toriello
La rettifica per errore era contemplata nel Regio decreto del 1904, che disciplinò la “revisione per errore”. La revisione per errore era applicata, sotto il profilo pratico, come se si trattasse di una vera e propria revisione delle condizioni fisiche del soggetto in relazione all’infortunio patito. Questa posizione istituzionale veniva accolta anche dalla giurisprudenza dell’epoca, che sosteneva trattarsi di una vera e propria revisione. Il successivo Regio decreto del 1935, poi ripreso dal Testo Unico 1124, non parlò più di revisione per errore, per cui la giurisprudenza, ed anche la dottrina, sostennero che l’Istituto non potesse più procedere a revisioni per errore, precluse dall’ordinamento.Sulla stessa posizione si allineò la giurisprudenza.La rettifica dell’errore era lasciata alla discrezionalità del funzionario amministrativo della sede INAIL.fino all’8 marzo 1989, l’argomento è stato oggetto di numerose sentenze della Suprema Corte (n°1347/83; 4368/84; 6244/84 e 837/85) in virtù delle quali non era possibile procedere a revisione per errori concettuali o materiali. Al contrario, si poteva modificare o annullare un provvedimento per errori di fatto o di diritto. In pratica poteva essere rettificato l’errore di valutazione avvenuto per aver utilizzato la tabella dell’industria al posto di quella dell’agricoltura; oppure quello di aver riferito l’esame obiettivo alla parte sinistra del corpo anziché a quella destra. In queste condizioni non era possibile l’operatività del principio di autotutela proprio di ogni Pubblica Amministrazione con ricadute certamente in negativo sul regime delle prestazioni. Si continuò così fino a quando non venne introdotto nel nostro ordinamento il principio affermato dal quinto comma dell’art. 55 della legge “88/89”, in cui venne disciplinata specificamente la rettifica per errore (e non si parlò più di revisione, ma di rettifica per errore)...
LaPrevidenza.it, 11/04/2012