Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 13980 del 2002, proposto da: -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Domenico Bonaiuti, Paolo Bonaiuti, con domicilio eletto presso lo studio Domenico Bonaiuti in Roma, via R. Grazioli Lante, 16; contro Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; per l'annullamento del decreto n. 1887 del Ministero della Difesa datato 19 settembre 2002, notificato il 15 ottobre 2002; di ogni altro provvedimento connesso e/o presupposto a quello impugnato. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 maggio 2017 il dott. Roberto Vitanza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
Fatto
Il ricorrente, al tempo del fatto militare di leva, in occasione della anticipazione della libera uscita, subiva un incidente stradale in qualità di trasportato e si fratturava la gamba destra.
La CMO riconosceva tale evento come dipendente da causa di servizio, ascrivibile alla tabella B), misura massima.
La vicenda, stante la discordanza del parere del Comandante di Corpo, proprio in relazione alla dipendenza dell'infortunio da causa di servizio, veniva trasmessa alla CMO di II istanza che, comunque, confermava la decisione dell'Organo di primo grado.
Con successiva istanza l'attuale ricorrente chiedeva la corresponsione dell'equo indennizzo per l'accertata infermità.
Il Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie con parere n. 1387/96 del 27 giugno 1996, riteneva l'infermità non dipendente da causa di servizio perché l'infortunio occorso al ricorrente non poteva essere collegato al servizio. La Commissione Medico legale del Ministero della Difesa confermava il giudizi espresso dall'Organo consultivo.
Con il provvedimento in questa sede contestato l'amministrazione resistente ha, quindi, respinto, l'istanza di equo indennizzo avanzata dall'attuale ricorrente.
Avverso tale determinazione il sig. Be. ha reagito con ricorso giurisdizionale oggetto del presente scrutinio.
Alla udienza del giorno 17 maggio 2017 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Osserva il Collegio.
Il ricorrente con l'unico motivo di gravame censura la interpretazione, al riguardo fornita dall'amministrazione resistente dell'art. 1 della L. 308/81, all'epoca vigente, nella parte in cui ha escluso il ricorrente dai previsti benefici connessi ad infortuni occorsi ai militari di leva in servizio o in occasione del servizio.
Ritiene la parte ricorrente che nel concetto di servizio deve comprendersi, come nel caso di specie, anche la libera uscita dei militari di leva, atteso che le esclusioni dei benefici richiesti sono testualmente indicati nel secondo comma del citato art. 1 e riguardano i militari in licenza, in permesso ovvero si trovano fuori dal presidio senza permesso.
La censura è fondata.
La ratio della norma è chiara.
Il legislatore ha inteso ricomprendere nel contesto del servizio tutti gli infortuni che, incolpevolmente, attingono il militare accasermato.
Conseguentemente tale nesso causale, per così dire artificiale, si interrompe con la cessazione dell'obbligo di accasermamento del militare, ovvero per violazione delle norme di presidio.
La giurisprudenza sul punto è chiara ed univoca : "In via generale, è da ricordare che deve riconoscersi come dipendente da causa di servizio l'infortunio di cui rimane vittima il dipendente che si rechi alla sua abitazione al termine del servizio, essendo esso ascrivibile alla categoria del c.d. infortunio in itinere, ravvisabile ogni qualvolta che possa ritenersi esistente un nesso di causalità tra l'attività lavorativa in senso ampio e l'evento dannoso: è stato, pertanto, affermato che gli accadimenti che si verificano al momento dell'allontanamento dalla caserma (e quindi al militare che era da considerare per così dire accasermato) per usufruire della libera uscita concretizzano gli estremi dell'infortunio in itinere che sussiste quando il militare sia incorso in incidente stradale mentre stava raggiungendo il luogo di destinazione per fruire del permesso concessogli (Cons. di St., Sez. IV, 14 dicembre 2004, n. 7945; Sez. V, 12 giugno 1984, n. 458).
Negli stessi termini : Cons. di St., Sez. IV, 20 gennaio 2006, n. 144.
Pertanto, il riferito dato fattuale risulta provato dalle concordi rappresentazioni di parte e dell'avvocatura erariale, ciò che costituisce momento dirimente ed essenziale della presente questione riguarda l'aspetto soggettivo dell'infortunio : il militare non deve aver causato l'infortunio neppure per colpa.
Anche su tale questione la giurisprudenza è ferma nell'escludere qualsivoglia relazione causale nel caso di colpa e, a maggior ragione, di dolo, del militare nella dinamica dell'infortunio : "... È stato, tuttavia, precisato che il nesso di causalità tra l'attività lavorativa in senso ampio e l'evento dannoso si interrompe ogni qualvolta quest'ultimo sia determinato dalla stessa condotta del dipendente che abbia agito con dolo o colpa grave (Cons. di St., Sez. IV, 21 novembre 1994, n. 912; 20 maggio 1987, n. 308; Cons. Giust. Amm., 22 luglio 2002, n. 421): in particolare, è stato escluso che sussistano i presupposti del c.d. infortunio in itinere "quando dagli accertamenti dei carabinieri risulti che la causa dell'incidente occorso ad un pubblico dipendente, mentre si recava al posto di lavoro, è da attribuire all'eccessiva velocità dell'auto da lui guidata, nonostante che il fondo stradale fosse reso viscido dalla pioggia" (Cons.di St., Sez. IV, 8 novembre 1996, n. 1546).
Nel caso di specie risulta dagli atti che il ricorrente era trasportato, per cui nessun rilievo può, allo stesso, essere mosso per l'evento dannoso occorsogli.
Per tali ragioni il ricorso deve essere accolto ed annullato il provvedimento censurato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nel dispositivo.
Diritto
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accogli e, per l'effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Condanna la parte resistente al pagamento delle spese di lite che, a mente del D.M. n. 55/2014, complessivamente liquida in euro 1.000,00 ( mille), oltre IVA, CPA e spese generali.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 22, comma 8 D.lg.s. 196/2003, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2017 con l'intervento dei magistrati:
Concetta Anastasi, Presidente
Floriana Rizzetto, Consigliere
Roberto Vitanza, Primo Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 21 AGO. 2017.