lunedì, 17 febbraio 2025

Infortunio occorso nello spostamento tra due cantieri di lavoro, occorre dimostrare la non disponibilità di mezzi pubblici

Cassazione civile sezione lavoro, sentenza 6.9.2021 n. 24023

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MANNA Antonio - Presidente - Dott. MANCINO Rossana - Consigliere - Dott. CALAFIORE Daniela - Consigliere - Dott. CAVALLARO Luigi - Consigliere - Dott. BUFFA Francesco - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:  ORDINANZA 

sul ricorso 23618-2015 proposto da:  S.P., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati GIOVANNI CAROE'; - ricorrente - 

contro I.N.A.I.L. - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati EMILIA FAVATA, LUCIANA ROMEO che lo rappresentano e difendono; - controricorrente - avverso la sentenza n. 560/2015 della CORTE D'APPELLO di MESSINA, depositata il 16/04/2015 R.G.N. 475/2013;  udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/03/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCO BUFFA.



FATTO E DIRITTO

Con sentenza del 16.4.15 la corte d'appello di Messina, confermando la sentenza del tribunale della stessa sede del 19.2.13, ha rigettato la domanda del sig. S. di costituzione di rendita per infortunio.

In particolare, in relazione all'incidente stradale del (OMISSIS), la corte territoriale ha ritenuto non provato che l'incidente fosse occorso in occasione dello spostamento da un cantiere di lavoro all'altro ed altresì non dimostrata l'assenza di mezzi pubblici utili a coprire il percorso, ed ha conseguentemente rigettato la domanda del lavoratore escludendo la natura di infortunio in itinere dell'incidente; con riferimento a diverso e precedente infortunio, riconosciuto invece come in itinere, la corte territoriale ha accertato una invalidità del 3%, negando così il richiesto indennizzo in capitale.

Avverso tale sentenza ricorre il lavoratore per due motivi, cui resiste l'Inail con controricorso.

Con il primo motivo si deduce - ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - violazione del D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 12 per avere la sentenza impugnata trascurato che l'infortunio non era stato contestato e che la necessità di uso del mezzo privato per spostarsi dai cantieri era evidente trattandosi di artigiano edile.

Il motivo non si parametra alla sentenza che ha escluso non l'incidente stradale ma l'infortunio in itinere, ossia la riconducibilità dell'incidente ad occasione di lavoro, ritenendo non provato che lo spostamento intercorreva tra cantieri ove veniva espletato il lavoro e, per altro verso, che non vi fossero idonei mezzi pubblici utilizzabili dal lavoratore. In difetto di prova di tali elementi, comunque non forniti dal lavoratore che vi era onerato, il motivo va rigettato.

Con il secondo motivo si deduce - ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 - il vizio di motivazione per omessa pronuncia sulla spettanza dell'indennità temporanea che sarebbe stata riconosciuta dal consulente.

Il motivo è inammissibile non solo perché, in violazione del principio di autosufficienza, non riporta la consulenza nella parte in cui avrebbe riconosciuto la indennità, ma soprattutto non indica come e dove la domanda di corresponsione della c.d. temporanea per il primo infortunio era stata formulata, indicazione necessaria tanto più che l'Inail sostiene di aver corrisposto l'indennità e che la stessa non era mai stata chiesta nella domanda introduttiva del giudizio con la debita indicazione del periodo di inabilità.

D'altra parte, non si tratta di vizio di motivazione ma al più di omessa pronuncia, sicché la parte avrebbe dovuto formulare un diverso motivo di ricorso ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Infatti, questa Corte ha già affermato (Sez. L, Sentenza n. 22759 del 27/10/2014, Rv. 633205 - 01; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 6835 del 16/03/2017, Rv. 643679 01) che l'omessa pronuncia su alcuni dei motivi di appello, e, in genere, su una domanda, eccezione o istanza ritualmente introdotta in giudizio, integra una violazione dell'art. 112 c.p.c., che deve essere fatta valere esclusivamente ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4 cit. codice, che consente alla parte di chiedere - e al giudice di legittimità di effettuare - l'esame degli atti del giudizio di merito, nonché, specificamente, dell'atto di appello, mentre è inammissibile ove il vizio sia dedotto come violazione dell'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Il ricorso deve dunque essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

Sussistono invece i requisiti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3000,00 per compensi professionali, oltre spese al 15 % ed accessori di legge.

Ai sensi delD.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell'Adunanza camerale, il 16 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2021
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LaPrevidenza.it, 20/09/2021

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