Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. RAIMONDI Guido - Presidente - Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo - Consigliere - Dott. LORITO Matilde - Consigliere - Dott. GARRI Fabrizia - Consigliere - Dott. DE MARINIS Nicola - rel. Consigliere - ha pronunciato la seguente: ORDINANZA sul ricorso 24606-2016 proposto da: B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COLA DI RIENZO, 212, presso lo studio dell'avvocato LEONARDO BRASCA, rappresentato e difeso dall'avvocato GIUSEPPE PURI; - ricorrente -
xxx S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIROLAMO DA CARPI 6, presso lo studio dell'avvocato FURIO TARTAGLIA, che la rappresenta e difende; UNIPOLSAI ASSICURAZIONI S.P.A., (già UGF ASSICURAZIONI S.P.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANDREA FERRARA 12, presso lo studio dell'avvocato ERASMO COLARUOTOLO, rappresentata e difesa dall'avvocato CLAUDIO BISCETTI; - controricorrenti - avverso la sentenza n. 32/2016 della CORTE D'APPELLO di PERUGIA, depositata il 21/04/2016 R.G.N. 85/2015.
RILEVATO
che, con sentenza del 21 aprile 2016, la Corte d'Appello di Perugia, confermava la decisione resa dal Tribunale di Terni che sulle domande proposte da B.A. nei confronti di xxx S.p.A. e UnipolSai Assicurazioni S.p.A. (già UGF Assicurazioni S.p.A.) da quest'ultima chiamata in causa, domande aventi ad oggetto la condanna della Società datrice al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale conseguente all'adibizione del B. a mansioni da accertarsi come incompatibili con la propria condizione di accertata disabilità nonchè all'emanazione di un provvedimento organizzativo che ne consentisse la ricollocazione in una posizione lavorativa idonea e dignitosa, aveva riconosciuto congrua la posizione di "operatore attività ausiliarie sviluppo colore" assegnata al B. dalla Società datrice ove svolta con l'uso di opportuni dispositivi di protezione individuale, segnatamente dei guanti ad alto scorrimento e limitato, pertanto, il danno non patrimoniale derivato al B. dalla sindrome del tunnel carpale di origine professionale con il rigetto della domanda di manleva proposta dalla Società a carico della compagnia assicurativa per essere la malattia professionale sorta in epoca antecedente alla stipula del contratto di assicurazione; che la decisione della Corte territoriale discende dall'aver questa ritenuto infondata l'eccezione di inammissibilità per genericità del ricorso in appello del B. sollevata dalla Società, infondate le eccezioni del B. in ordine alla nullità della sentenza, sia quella sollevata per omessa lettura del dispositivo in udienza, viceversa risultante dal provvedimento impugnato, sia quella sollevata per mancanza di contestualità tra dispositivo e motivazione, contraria al testo della norma nonchè quella relativa all'error in procedendo dato dalla immotivata mancata ammissione della prova testimoniale da parte del primo giudice, viceversa ampiamente argomentata, ed, altresì, infondate o inammissibili le censure nel merito della pronunzia di primo grado date dall'aver il Tribunale omesso di considerare le condizioni di salute del ricorrente ai fini della valutazione della congruità delle mansioni offertegli, viceversa presa in considerazione anche sotto il profilo della peculiare modalità di sicura esecuzione della mansione stessa, dall'adesione acritica alle conclusioni dell'espletata CTU medico-legale che sancivano la compatibilità dell'impiego prospettato dalla Società, dalla conseguente statuita congruità della posizione lavorativa offertagli, dalla mancata liquidazione dei danni rivendicati, esclusa in ragione della mancata prova delle condotte illegittime da cui sarebbero derivate;
che per la cassazione di tale decisione ricorre il B., affidando l'impugnazione a due motivi, cui resistono, con controricorso, sia l'Alcantara S.p.A. sia la UnipolSai S.p.A.;
che tutte le parti hanno poi presentato memoria.
CONSIDERATO
che, con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione della L. n. 482 del 1968, artt. 11 e 20, artt. 2103,2697 e 2729 c.c., imputa alla Corte territoriale l'aver disatteso la regola che assume derivare dalla disciplina posta a tutela del lavoro degli invalidi, nella specie data ratione temporis dall'invocata L. n. 482 del 1968, che impone all'impresa l'inserzione dell'invalido in mansioni non operative, onerando l'impresa stessa della prova dell'impossibilità di adeguarsi ad essa e l'essere incorsa, altresì, nel gravare il ricorrente dell'onere di indicare le posizioni di lavoro disponibili che sarebbero risultate rispettose dell'obbligo prospettato a carico della Società datrice e facendone discendere, in difetto di tale allegazione, l'inammissibilità della pretesa, nel malgoverno della regola sulla distribuzione degli oneri probatori;
che, con il secondo motivo, denunziando la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 432 c.p.c., artt. 1226,2697 e 2729 c.c., il ricorrente, imputa alla Corte territoriale di aver erroneamente rigettato la domanda di risarcimento del danno motivato dal difetto di condotte illegittime, causative del medesimo e ciò sulla base del rilievo per cui tutte le mansioni affidate al ricorrente, siccome ontologicamente diverse e contrastanti con le mansioni "sedentarie" all'invalido riservate per legge, dovrebbero considerarsi illegittime ed espressione di un diffuso inadempimento del datore;
che entrambi i motivi, i quali possono essere qui trattati congiuntamente, in quanto strettamente connessi, per essere parimenti fondati sull'assunto per cui, per legge, il ricorrente avrebbe avuto diritto, sin dalla data della sua assunzione, all'adibizione a mansioni sedentarie, con onere a carico dell'impresa di provarne l'impossibilità, onere nella specie illegittimamente rovesciato a carico del ricorrente gravato dell'allegazione e della prova dell'esistenza di posizioni lavorative di quel tipo, error in procedendo che ha finito per condizionare l'espletata CTU, limitata nell'accertamento della disponibilità nel tempo di quelle posizioni e inibita negli effetti connessi alla verifica dell'attuale disponibilità di quelle posizioni in ragione del difetto di allegazione, devono ritenersi infondati, per essere il richiamato assunto smentito dalla stessa previsione invocata, la L. n. 482 del 1968, art. 20 del resto poi ribadita dalla L. n. 68 del 1999, art. 10 secondo cui è in facoltà al datore di adibire il prestatore invalido a mansioni diverse da quelle per le quali fu assunto purchè compatibili con le condizioni di salute dell'invalido, previsione che legittima le scelte procedurali dei giudici del merito quanto all'accertamento compiuto, incentrato sulla compatibilità delle mansioni offerte con lo stato di invalidità, emersa con chiarezza dall'espletata CTU, legittimazione da cui discende la correttezza della gestione dell'onere probatorio, posto sotto tale profilo a carico della Società datrice, della valutazione circa l'inconfigurabilità di condotte illegittime della Società, della qualificazione in termini di inammissibilità della pretesa all'assegnazione a mansioni diverse a fronte della mancata contestazione della compatibilità di quelle offerte;
che il ricorso va, dunque, rigettato;
che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento in favore di ciascuno dei contro ricorrenti delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.250,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi delD.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 13 luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2020