Handicap, congedi e familiari legittimati
Interpello n. 43 del 21.12.2012 della Direzione Gen. per attività Ispettiva del Ministero del Lavoro - Daniela Carbone
Con interpello n. 43 del 21 dicembre 2012, la Direzione generale per l’attività ispettiva si è pronunciata su un parere richiesto dall’ANCI circa la portata applicativa dell’art. 42, comma 5, d.lgs. n. 151/2001 (Testo unico sulla maternità e paternità) nella nuova formulazione, a seguito dell’entrata in vigore del decreto legislativo 18 luglio 2011, n. 119 (Attuazione dell'art. 23 della legge 4 novembre 2010, n. 183, recante delega al Governo per il riordino della normativa in materia di congedi,aspettative e permessi).
Il decreto e' entrato in vigore l'11 agosto 2011.
Gli articoli 3, 4 e 6 del citato decreto hanno modificato il regime del prolungamento del congedo parentale, dei permessi e del congedo straordinario per l'assistenza delle persone in situazione di handicap grave.
In particolare l'art. 4 del decreto legislativo n. 119 del 2011 ha modificato la disciplina del congedo straordinario contenuta nell'art. 42, comma 5, del decreto legislativo n. 151 del 2001. L'attuale disciplina del congedo e' pertanto contenuta nei commi da 5 a 5-quinquies del menzionato art. 42.
Con circolare del 3 febbraio 2012 n. 1, il Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha fornito i primi chiarimenti sui soggetti legittimati alla fruizione del congedo. Dopo l'entrata in vigore della legge n. 388 del 2000, con la quale e' stato introdotto il congedo per l'assistenza alle persone in situazione di handicap grave, la Corte costituzionale in più occasioni ha avuto modo di pronunciarsi sulla disposizione in esame, da ultimo estendendo, con la sentenza n. 19 del 2009, la possibilità di fruire del congedo anche in favore dei figli conviventi di persone con handicap grave in caso di mancanza di altri soggetti idonei. Con il recente intervento normativo e' stato individuato un elenco di persone legittimate alla fruizione del congedo, stabilendo un ordine di priorità e prevedendo in particolare che esso spetta ai seguenti soggetti:
1) coniuge convivente della persona in situazione di handicap grave;
2) padre o madre, anche adottivi o affidatari, della persona in situazione di handicap grave, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente;
3) uno dei figli conviventi della persona in situazione di handicap grave, nel caso in cui il coniuge convivente ed entrambi i genitori del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti. Si segnala che la possibilità di concedere il beneficio ai figli conviventi si verifica nel caso in cui tutti i soggetti menzionati (coniuge convivente ed entrambi i genitori) si trovino in una delle descritte situazioni (mancanza, decesso, patologie invalidanti);
4) uno dei fratelli o sorelle conviventi nel caso in cui il coniuge convivente, entrambi i genitori ed i figli conviventi della persona in situazione di handicap grave siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti. Anche in tale ipotesi, la possibilità di concedere il beneficio ai fratelli conviventi si verifica solo nel caso in cui tutti i soggetti menzionati (coniuge convivente, entrambi i genitori e tutti i figli conviventi) si trovino in una delle descritte situazioni (mancanza, decesso, patologie invalidanti).
Per quanto riguarda i concetti di «mancanza» e «patologie invalidanti», la citata circolare rinviava a sua volta alle indicazioni fornite nella citata circolare n. 13 del 2010 (par. 2). Precisava sul punto altresì che, l'ordine dei soggetti possibili beneficiari essendo stato indicato direttamente ed espressamente dalla legge, la quale ha pure stabilito le condizioni in cui si può «scorrere» in favore del legittimato di ordine successivo, tale ordine non si ritiene derogabile. Pertanto, per l'individuazione dei legittimati non pare possibile accogliere dichiarazioni di rinuncia alla fruizione al fine di far «scattare» la legittimazione del soggetto successivo, ne' dare rilievo a situazioni di fatto o di diritto che non siano state esplicitamente considerate nella norma (come, ad esempio, la circostanza che il coniuge convivente sia lavoratore autonomo o imprenditore).
L’interpello n. 43 del 2012 interviene nuovamente a chiarire l’ambito applicativo e la portata del concetto di “patologie invalidanti”, evidenziando che per quanto concerne la nozione di patologie invalidanti, in presenza delle quali risulta possibile accordare il congedo, occorre attenersi alla casistica indicata dall’art. 2, comma 1, lett. d), del decreto interministeriale n. 278/2000.
Si può, pertanto, affermare che la legge consente l’ampliamento della platea dei familiari legittimati a fruire del congedo di cui all’art. 42, comma 5, solo in presenza di una delle situazioni individuate dal medesimo decreto, comprovate da idonea documentazione medica. Ciò in quanto si ritiene che i soggetti affetti da tali patologie non siano in grado di prestare un’adeguata assistenza alla persona in condizioni di handicap grave (cfr. circ. 1/2012, par. 3; circ. 28/2012, par. 1.1. citate).
In base a quanto sopra è possibile dunque sostenere che il diritto a fruire dei congedi in questione possa essere goduto da un soggetto diverso dal precedente “titolare” solo in ragione delle ipotesi tassativamente indicate dal Legislatore, fra le quali rientra quella legata alla presenza di “patologie invalidanti”. In tal senso, pertanto, l’età avanzata del titolare del diritto non costituisce un requisito sufficiente per legittimare il godimento del congedo da parte di altri soggetti titolati.
Tale orientamento è del resto confermato dalla circostanza secondo cui, laddove il Legislatore ha inteso individuare il requisito anagrafico quale elemento utile al riconoscimento del diritto alla fruizione di permessi per assistere disabili, lo ha fatto espressamente.
In tal senso è possibile richiamare l’art. 33 della L. n.104/1992 – da ultimo modificato dall’art. 24, L. n. 183/2010 – che assegna il diritto a fruire dei 3 giorni di permesso mensile in primo luogo al “lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado”, per individuare solo in un secondo momento il terzo grado di parentela qualora, tra l’altro, “i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età (…)”
Avv. Daniela Carbone
(Daniela Carbone)
LaPrevidenza.it, 11/01/2013