L’erronea indicazione dell’operazione soggetta ad imposizione rende inammissibile l’atto di appello nel contenzioso tributario?
Nota a Cassazione Civile, 17 luglio 2008, n. 19639 - Daniele Iarussi
In materia di erronea indicazione dell'operazione imponibile nell'atto di appello del processo tributario, si segnala V (conforme a Cass. Civ. n. 11100/1999). La decisione statuisce, premesso che ai sensi dell'articolo 22 Dpr 636/1972, l'atto di appello deve contenere l'indicazione della sentenza impugnata, l'esposizione sommaria dei fatti ed i motivi dell'impugnazione e, ai sensi dell'articolo 15 cui rinvia l'articolo 22, deve indicare l'oggetto della domanda, l'atto cui la controversia si riferisce o l'ufficio tributario da cui promana; che tali requisiti sono soddisfatti e l'appello è ammissibile nell'ipotesi - assimilabile a quella della mancata esposizione dei fatti - in cui, pur essendo stata erroneamente indicata l'operazione assoggettata a imposizione, la sentenza impugnata sia correttamente individuata e i motivi di gravame siano congruenti.
Sulla necessità, più generale, di interpretare l'atto processuale, Sez. V (conforme Cass. Civ. n. 687/2007) afferma che nel processo tributario, come nel rito ordinario, l'atto con cui si propone l'impugnazione deve essere interpretato nel suo complesso, al fine di verificare la presenza di tutti gli elementi della domanda che siano prescritti sotto comminatoria di nullità o di preclusione; ne consegue che la mancata riproduzione, nella parte dell'atto di appello a ciò destinata, delle conclusioni relative ad uno specifico motivo di gravame non può equivalere a difetto di impugnazione o essere causa della nullità di essa, se dal contesto dell'atto risulti, sia pur in termini non formali, una univoca manifestazione di volontà di proporre impugnazione.
(Daniele Iarussi)
LaPrevidenza.it, 13/12/2008