Riposi giornalieri, il padre ha facoltà di fruirli anche se la madre, lavoratrice autonoma si trova in maternità
Inps, circolare 18.11.2019 n. 140
Facoltà del padre di fruire dei riposi giornalieri di cui all'articolo 40 del D.lgs 26 marzo 2001, n. 151 (T.U. sulla maternità e paternità) anche durante il teorico periodo di trattamento economico di maternità spettante alla madre lavoratrice autonoma
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La circolare fornisce istruzioni amministrative in materia di diritto alla fruizione dei riposi giornalieri di cui all'articolo 40 del D.lgs 26 marzo 2001, n. 151, nel caso di padre lavoratore dipendente e madre lavoratrice autonoma.
INDICE:
1. Premessa
2. Fruizione dei riposi giornalieri di cui all'articolo 40 del D.lgs n. 151/2001 in caso di padre lavoratore dipendente e madre lavoratrice autonoma
3. Ambito di applicazione
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1. Premessa
In data 12 settembre 2018 la Corte di Cassazione, sezione Lavoro, con la sentenza n. 22177 ha affermato il principio secondo cui l'utilizzo da parte del padre lavoratore dipendente dei riposi giornalieri di cui all'articolo 40 del D.lgs 26 marzo 2001, n. 151 (T.U. sulla maternità e paternità), non è alternativo alla fruizione dell'indennità di maternità della madre lavoratrice autonoma. A tal proposito, la citata sentenza chiarisce che potendo "entrambi i genitori lavorare subito dopo l'evento della maternità risulta maggiormente funzionale affidare agli stessi genitori la facoltà di organizzarsi nel godimento dei medesimi benefici previsti dalla legge per una gestione familiare e lavorativa meglio rispondente alle esigenze di tutela del complessivo assetto di interessi perseguito dalla normativa; consentendo perciò ad essi di decidere le modalità di fruizione dei permessi giornalieri di cui si tratta, salvo i soli limiti temporali previsti dalla normativa". Con la presente circolare si forniscono le seguenti istruzioni.
2. Fruizione dei riposi giornalieri di cui all'articolo 40 del D.lgs n. 151/2001 in caso di padre lavoratore dipendente e madre lavoratrice autonoma
Nel caso in cui la madre sialavoratrice autonoma, il padre lavoratore dipendente può fruire dei riposi di cui all'articolo 40 del D.lgs n. 151/2001 dalla nascita o dall'ingresso in famiglia/Italia in caso di adozioni o affidamenti nazionali o internazionali del minore, a prescindere dalla fruizione dell'indennità di maternità della madre lavoratrice autonoma. Sono, pertanto, da intendersi superate le indicazioni fornite al punto 2), 4° capoverso, della circolare n. 8 del 17 gennaio 2003. Permangono, invece, le seguenti indicazioni fornite nella citata circolare n. 8/2003 in materia di incompatibilità:
il padre lavoratore dipendente non può fruire dei riposi giornalieri nel periodo in cui la madre lavoratrice autonoma si trovi in congedo parentale;
il padre lavoratore dipendente non ha diritto alle ore che l'articolo 41 del citato D.lgs n. 151/2001 riconosce al padre, in caso di parto plurimo, come "aggiuntive" rispetto alle ore previste dall'articolo 39 del medesimo decreto legislativo (vale a dire quelle fruibili dalla madre), per l'evidente impossibilità di "aggiungere" ore quando la madre non ha diritto ai riposi giornalieri.
3. Ambito di applicazione
Le indicazioni fornite con la presente circolare si applicano alle domande pervenute e non ancora definite e, a richiesta dell'interessato, anche agli eventi pregressi per i quali non siano trascorsi i termini di prescrizione ovvero per i quali non sia intervenuta sentenza passata in giudicato. Con successivo messaggio saranno fornite indicazioni di dettaglio relative agli applicativi informatici.
Il Direttore Generale
Gabriella Di Michele
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CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. LAVORO - SENTENZA 12 settembre 2018, n.22177 - Pres. Berrino est. Riverso
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.-
Con l'unico motivo di ricorso l'Inps impugna la sentenza per violazione
e falsa applicazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 151 del 2001,
artt. 39,40,43 e 66, art. 68, comma 2, e art. 69, comma 1, con
riferimento all'art. 12 preleggi (art. 360 c.p.c., n. 3). Secondo
l'Istituto, in base alle norme citate doveva ritenersi che, le pur
esistenti differenze tra le madri lavoratrici autonome e
lavoratrici subordinate, non incidessero sulla sussidiarietà ed
alternatività degli istituti giuridici dei cosiddetti riposi giornalieri
e delle indennità di maternità volti a proteggere lo stesso evento; e
pertanto sulla inammissibilità di un loro cumulo. Sicchè anche con
riferimento ai riposi giornalieri dei padri lavoratori dipendenti al
posto della madre lavoratrice autonoma, i medesimi riposi
giornalieri potevano essere fruiti solo al termine della tutela
apprestata dagli altri istituti posti a presidio dei medesimi bisogni.
Nè sussisteva alcuna valida ragione a giustificazione del cumulo dei due
benefici durante uno stesso periodo per lo stesso evento a favore del
padre quando la lavoratrice madre è autonoma; atteso che entrambi gli
istituti sono comunque finalizzati a favorire i bisogni
affettivi relazionali dal bambino al fine dell'armonico sereno sviluppo
della personalità.
2.- Anzitutto devono essere respinte le varie
eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dalla parte intimata
atteso che nel caso in esame si discute di una questione giuridica
ovvero del cumulo dei benefici in oggetto (facoltà del padre di godere
dei riposi giornalieri anche nel periodo in cui la madre lavoratrice
autonoma gode dell'indennità di maternità); sicchè non è precluso
all'INPS - fermi ed i contestati i fatti di causa - sollevare, anche nel
giudizio di cassazione, nuovi profili e nuove argomentazioni a sostegno
delle proprie eccezioni.
Del pari infondata è l'eccezione della
mancanza di specificità del ricorso per non aver investito una delle
rationes decidendi della pronuncia ritenuta fondata sul fatto che la
lavoratrice madre autonoma benefici di un trattamento di minor favore
rispetto alla lavoratrice madre con rapporto di lavoro dipendente la
quale invece 'gode nel complesso una maggiore tutela sotto il profilo
sia economico sia normativo'. In realtà tale argomentazione non può
essere considerata autonoma ratio decidendi trattandosi piuttosto di una
semplice argomentazione diretta a rafforzare la motivazione fondata
sulle altre decisive ragioni tutte censurate dal ricorso.
3.- Nel
merito il ricorso è infondato. Ed invero il D.Lgs. n. 151 del 2001,
art. 39 prevede: '1. Il datore di lavoro deve consentire alle
lavoratrici madri, durante il primo anno di vita del bambino, due
periodi di riposo, anche cumulabili durante la giornata. Il riposo è uno
solo quando l'orario giornaliero di lavoro è inferiore a sei ore.
2.
I periodi di riposo di cui al comma 1 hanno la durata di un'ora
ciascuno e sono considerati ore lavorative agli effetti della durata e
della retribuzione del lavoro. Essi comportano il diritto della donna ad
uscire dall'azienda.
3. I periodi di riposo sono di mezz'ora
ciascuno quando la lavoratrice fruisca dell'asilo nido o di
altra struttura idonea, istituiti dal datore di lavoro nell'unità
produttiva o nelle immediate vicinanze di essa.
L'art. 40 accorda
i riposi giornalieri al padre stabilendo che: 1. I periodi di riposo di
cui all'articolo 39 sono riconosciuti al padre lavoratore:
a)
nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre; b) in alternativa
alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga;
c) nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente;
d) in caso di morte o di grave infermità della madre.
L'art.
43 stabilisce il trattamento economico e normativo disponendo: '1. Per i
riposi e i permessi di cui al presente Capo è dovuta un'indennità, a
carico dell'ente assicuratore, pari all'intero ammontare della
retribuzione relativa ai riposi e ai permessi medesimi. L'indennità è
anticipata dal datore di lavoro ed è portata a conguaglio con gli
apporti contributivi dovuti all'ente assicuratore. 2. Si applicano le
disposizioni di cui all'art. 34, comma 5'.
4.- Tanto premesso, è
anzitutto evidente sulla scorta della previsione normativa di cui
all'art. 40 cit. che l'alternatività nel godimento dei riposi
giornalieri da parte del padre sia prevista solo in relazione 'alla
madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga'. Laddove invece la
lettera della stessa norma contempli in maniera ampia il diritto del
padre ai permessi 'nel caso in cui la madre non sia
lavoratrice dipendente', senza prevedere alcuna alternatività. Tale
diversa formulazione significa che, in questa seconda ipotesi, il padre
possa fruire dei permessi giornalieri in discorso anche nel periodo
di fruizione dell'indennità di maternità da parte della madre, non
essendo gli stessi permessi legati alla condizione che la madre non se
n'avvalga e che pertanto essi debbano essere fruiti durante il
primo anno di vita del bambino soltanto quando sia decorso un certo
periodo di tempo dal parto.
Tutto ciò non a caso; e non soltanto
in base alla lettera della specifica norma. Si tratta invero di
una modalità di godimento del diritto che trova giustificazione nella
diversa condizione lavorativa della lavoratrice autonoma; tenuta ben
presente dalla complessiva regolamentazione dettata nella materia dalla
legge, la quale, da una parte, prevede una differente tutela economica
per la lavoratrice autonoma rispetto a quella garantita alla lavoratrice
dipendente; e, dall'altra, consente alla stessa lavoratrice di
rientrare al lavoro in ogni momento, subito dopo il parto, e dunque
anche mentre sta fruendo dell'indennità di maternità. Non essendo
previsto per la lavoratrice autonoma alcun periodo di astensione
obbligatoria post partum; non potendo sussistere un obbligo in tal senso
in considerazione delle modalità di svolgimento di tale attività
lavorativa rimesse alla determinazione della donna (cfr. Corte Cost. nn.
181/1993, 3/1998, 197/2002).
La stessa conclusione risulta
altresì funzionale e rispondente allo scopo primario che è posto alla
base di tali riposi giornalieri i quali sono precipuamente diretti a
garantire l'assistenza e la protezione della prole. Talchè, del tutto
coerentemente, la legge prevede nel caso della lavoratrice autonoma, da
una parte, la possibilità della madre di rientrare al lavoro dopo il
parto e, nel contempo, il diritto del padre di fruire dei riposi
giornalieri nel medesimo periodo. Si tratta perciò di previsioni ed
istituti tra loro strettamente correlati.
5.- Nessuna plausibile
ragione si rinviene invece a fondamento della pretesa dell'Inps di
vietare il cumulo tra godimento dell'indennità di maternità e fruizione
dei riposi giornalieri e di costringere il godimento degli stessi
diritti in una condizione di generale alternatività che non è imposta
dalla legge; appare incoerente rispetto alle differenze esistenti tra le
due diverse categorie di madri lavoratrici; penalizza gli interessi
sostanziali protetti dalla normativa.
6.- Non appare invece
pertinente il richiamo effettuato dell'Inps alla sentenza 179/1993 della
Corte Costituzionale con la quale, nell'ambito di un differente regime
normativo, la Corte ha bensì esteso al padre lavoratore dipendente il
diritto ai permessi in luogo della madre pure essa
lavoratrice subordinata. 7. Inoltre se è vero che la sentenza della
Cassazione n. 809/2013 ha richiamato i 'principi di fungibilità e di
alternatività che presiedono alla disciplina' lo ha fatto però,
correttamente, in relazione alla diversa questione del godimento
dell'indennità di maternità ed in una vicenda in cui il
trattamento economico era stato rivendicato dal coniuge di una
lavoratrice che ne aveva però già goduto in qualità di dipendente.
8.
Nella fattispecie in esame va piuttosto affermato il diverso principio
per cui potendo in base alla disciplina di legge entrambi i genitori
lavorare subito dopo l'evento della maternità - risulta maggiormente
funzionale affidare agli stessi genitori la facoltà di organizzarsi nel
godimento dei medesimi benefici previsti dalla legge per una gestione
familiare e lavorativa meglio rispondente alle esigenze di tutela del
complessivo assetto di interessi perseguito dalla normativa; consentendo
perciò ad essi di decidere le modalità di fruizione dei permessi
giornalieri di cui si tratta, salvo i soli limiti temporali previsti
dalla normativa. Ciò che, in relazione all'istituto in discorso, può
essere garantito soltanto accedendo ad una interpretazione della
normativa che consenta la facoltà di utilizzo dei permessi, da parte del
padre lavoratore dipendente, anche nel periodo in cui la madre,
lavoratrice autonoma, goda dell'indennità di maternità; la cui
fruizione, come più volte ricordato, non è per legge incompatibile con
la ripresa dell'attività lavorativa.
Non rileva pertanto sul
piano normativo quando, nel singolo caso concreto, la lavoratrice
autonoma abbia ripreso effettivamente il lavoro, nè se il godimento dei
due benefici in capo ai distinti beneficiari si sia sovrapposto in tutto
o solo in parte nel medesimo periodo previsto dalla legge.
9. In
conclusione, la sentenza impugnata si sottrae alle censure sollevate
col ricorso che va quindi respinto. Le spese seguono la soccombenza come
da dispositivo. Sussistono i presupposti per il raddoppio del
contributo unificato dovuto da parte del ricorrente.
P.Q.M.
La
Corte rigetta il ricorso e condanna l'INPS al pagamento delle spese
processuali liquidate in complessivi Euro 2700 di cui Euro 2500 per
compensi professionali, oltre al 15% di spese generali ed agli accessori
di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater
da atto della sussistenza dei presupposti per versamento da parte del
ricorrente principale dell'ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis
dello stesso art. 13.
LaPrevidenza.it, 21/11/2019