L’assenza di affectio coniugalis esclude l'addebito della separazione
Corte di Cassazione - Prima Sezione Civile, Sentenza 20 aprile 2011, n. 9074 - Mariagabriella Corbi
Condurre vita autonoma nell’ambito della coppia preclude la separazione con addebito perché denota assenza di “affectio coniugalis”. I Giudici della Prima Sezione Civile, sentenza n. 9074/2011, hanno respinto il ricorso di un uomo che chiedeva l’addebito della separazione alla condotta infedele della moglie.
Dal procedimento è emerso che entrambi i coniugi, durante la vita matrimoniale, non avevano osservato il vincolo della fedeltà, alloggiavano in piani diversi nella stessa casa, non avevano interessi, abitudini e svaghi in comune: in sintesi i due conducevano un “regime coniugale improntato a reciproca autonomia e libertà sentimentale”.
Già i Giudici della Corte d’Appello avevano espresso giudizio di non addebito della separazione. Stesso parere anche gli Ermellini, nella cui sentenza hanno sottolineato che“Le valutazioni e conclusioni espresse dalla Corte distrettuale appaiono, infatti, aderenti al dettato normativo ed alla relativa elaborazione giurisprudenziale nonché assistite da congrue e logiche argomentazioni in ordine a tutti gli aspetti che le parti hanno posto in discussione in questa sede. In particolare l'acquisizione e la valutazione, nel complesso dell'emerse risultanze istruttorie, dei dati posti dai giudici d'appello a fondamento del loro giudizio in punto di non addebitabilità della separazione personale a nessuno dei due coniugi, si rivela irreprensibile, alla luce anche del principio per cui l'esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniate. Il giudizio sull'attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata”
In ogni momento della vita matrimoniale può instaurarsi una crisi di coppia. I fattori scatenanti possono essere molteplici, ma influisce in maniera predominante il tipo di relazione che si è instaurato.
Lo schema comportamentale-relazionale tra coniugi, come in qualsiasi altro tipo d’interazione, può essere:
Complementare, Simmetrico, disimpegnato, normale e invischiato.
1) Nella relazione simmetrica si palesa una sorta di uguaglianza - o tendente a non essere da meno - all'altro. La reciprocità del riconoscimento: equivalenza nella bravura e nei varie sfumature della quotidianità: io sono ok – tu sei ok etc.
La relazione è paritaria e nel contempo si condividono i vari obiettivi in maniera simbiotica.
2) Nella relazione complementare invece si evidenzia un completamento reciproco che dona ad entrambe le parti l'autonomia finalizzata al partner, viene valorizzata la comunicazione e l'assertività: ad es. io mi dedico alla cucina mentre tu sistemi il cavo dell'antenna.
Entrambe le relazioni sono frutto di un equilibrio nell'ambito della coppia e varia da coppia a coppia.
3) Nella relazione disimpegnata siamo in presenza di confini eccessivamente rigidi, nella quale deficita il senso di appartenenza e di interdipendenza si è incapaci di dare sostegno o aiutare gli altri, scarsamente avvertita la genitorialità. Spesso sono famiglie multiproblematiche
4) Nella relazione normale dove è chiaro il limite del proprio confine.
5) Nella relazione invischiata troviamo un forte coinvolgimento tra i vari membri della famiglia, dove ogni tentativo di differenzazione è bloccato e dove ogni separazione è avvertita come una sorta di tradimento. Molto forte il senso di appartenenza rispetto alla conservazione dell’identità. Minuchin definì queste famiglie come “famiglie con le porte aperte”( Minuchin S. (1980), Famiglie e terapia della famiglia, Astrolabio, Roma).
D.ssa Mariagabriella Corbi
LaPrevidenza.it, 27/05/2011