domenica, 16 marzo 2025

Vittime del dovere: giurisdizione e presuppostidi applicazione dell'art. 1 commi 563 e 564 della legge 266/05

Avv. Andrea Bava - Nota a commento Tar Lazio, sez. I ter, 3.2.2014 n. 1300

 

VITTIME DEL DOVERE: GIURISDIZIONE E PRESUPPOSTI DI APPLICAZIONE DELL'ART. 1 COMMI 563 E 564 L. 266/05

(Nota a commento di Tar Lazio, Sez I ter, 3 febbraio 2014, n. 1300)

La tematica delle Vittime del dovere è combattutissima sotto molti profili.

Uno di quelli più dibattuti è quello relativo alla giurisdizione.

Da una parte, il Consiglio di Stato ha più volte affermato esplicitamente la giurisdizione AGO per le controversie inerenti la concessione dei benefici per le Vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, benefici oggi estesi alle Vittime del dovere .

Secondo l'orientamento giurisprudenziale delle sezioni unite della Corte di cassazione e del Consiglio di Stato, i familiari superstiti delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata sono titolari, in presenza delle condizioni di legge, di un vero e proprio diritto soggettivo all'erogazione della speciale elargizione prevista dalla relativa normativa, essendo la p.a. priva di ogni potestà discrezionale sia con riguardo all'entità della somma da erogare, prefissata dalla legge, sia con riguardo ai presupposti dell'erogabilità, circoscritti alla qualificazione dell'evento criminoso come riconducibile ad atti di terrorismo o di criminalità organizzata e dovendo considerarsi, peraltro, che nell'accertamento del requisito previsto dall'art. 1 punto b) l. n. 302 del 1990, l'amministrazione si limita ad attuare un accertamento di natura costitutiva; pertanto, il giudice amministrativo difetta di giurisdizione sulla relativa controversia.

(Annulla Tar Calabria, Catanzaro, 14 luglio 2003 n. 2328).

Consiglio di Stato, sez. VI, 14/03/2006, n. 1338 Foro amm. CDS 2006, 3, 992 (s.m.)

Le controversie relative alla concessione dei benefici di cui alla l. 20 ottobre 1990 n. 302, come modificata dalla l. 23 novembre 1998 n. 407(recante norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata), ponendo capo ad un diritto soggettivo perfetto degli interessati, anche nel caso di familiari superstiti della vittima, spettano al g.o.; tuttavia, nel caso di specie, stante il mancato rilievo d'ufficio da parte del giudice di primo grado e l'eccezione delle parti (e la successiva proposizione del relativo motivo di appello, anche in via incidentale), deve ravvisarsi il giudicato implicito sulla giurisdizione, preclusivo del rilievo d'ufficio in sede di appello.

Consiglio di Stato, sez. VI, 15/07/2010, n. 4568 Foro amm. CDS 2010, 7-8, 1605

In relazione a ciò, moltissime sentenze in materia sono state definite dal Giudice Ordinario, e nello specifico dal Giudice del Lavoro, previdenza e assistenza pubblica (es., Corte Appello Sez. Lav., Brescia, 60/13, in giudicato, Corte Appello Milano 323/11, in giudicato, ecc.).

Dall'altra esiste tutt'ora giurisprudenza del Giudice amministrativo che si sente tutt'ora legittimato a giudicare in merito.

Una recentissima sentenza di questo tipo è quella oggetto della presente trattazione.

La decisione in oggetto tratta il punto della giurisdizione come segue:

Il Collegio ritiene che la giurisdizione spetti al giudice amministrativo ­ non tanto e non solo perché il ricorso è stato proposto da un ricorrente (Carabiniere) che è stato legato all'Amministrazione di appartenenza da un rapporto di lavoro non contrattualizzato (cfr. artt. 3, comma 1, e 63, comma 3, del d.lgs. n. 165/2001), quanto -, perché il riconoscimento del beneficio richiesto comporta valutazioni discrezionali inerenti la natura della condotta tenuta dall'interessato (nella fattispecie, `di soccorso') e l'eccezionalità del rischio corso dallo stesso (che deve oltrepassare quello ordinario connesso all'attività di istituto), che, se contestate, vanno portate all'attenzione del giudice amministrativo (ai sensi dell'art. 7, del d.lgs. n. 104/2010).

Tar Lazio, I^ ter, 1400/2014

In realtà, esaminando attentamente la materia potrà certamente giungersi alla conclusione che (quanto alla prima argomentazione utilizzata dalla sentenza) quella in discorso non è una materia di pubblico impiego.

La disciplina in merito, innanzitutto, non è contenuta in un contratto collettivo, e, pur avendo valore generalizzato, valendo anche per coloro che lavorino nel pubblico impiego privatizzato (come gli agenti di polizia municipale e i pubblici dipendenti in genere, art. 1 comma 563 l. 266/05) non contiene alcuna precisazione atta a spiegare come una simile normativa (se pertinente al rapporto di lavoro, e se dunque a quel punto finalizzata ad attribuire trattamenti retributivi) potrebbe conciliarsi con il principio ex art. 2 comma 3 d.Lgs 165/01 che consente l'attribuzione di trattamenti economici solo tramite contratto collettivo:

3. I rapporti individuali di lavoro di cui al comma 2 sono regolati contrattualmente. I contratti collettivi sono stipulati secondo i criteri e le modalità previste nel titolo III del presente decreto; i contratti individuali devono conformarsi ai principi di cui all'articolo 45, comma 2. L'attribuzione di trattamenti economici può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi e salvo i casi previsti dal comma 3-ter e 3-quater dell'articolo 40 e le ipotesi di tutela delle retribuzioni di cui all'articolo 47-bis, o, alle condizioni previste, mediante contratti individuali. Le disposizioni di legge, regolamenti o atti amministrativi che attribuiscono incrementi retributivi non previsti da contratti cessano di avere efficacia a far data dall'entrata in vigore dal relativo rinnovo contrattuale. I trattamenti economici più favorevoli in godimento sono riassorbiti con le modalità e nelle misure previste dai contratti collettivi e i risparmi di spesa che ne conseguono incrementano le risorse disponibili per la contrattazione collettiva

La generalizzazione della tutela a tutti i pubblici dipendenti (ma, come si vedrà, in determinati casi addirittura anche ai "privati cittadini", che possono essere anch'essi dichiarati Vittime del dovere) implica l'evidente estraneità della materia al rapporto di impiego, privatizzato o non privatizzato, altrimenti le norme si sarebbero preoccupate di limitare l'operatività a pubblici dipendenti non privatizzati.

La materia in questione è in realtà di assistenza pubblica, ex art. 2 e 38 Cost., rimessa ex lege al Giudice Ordinario (art. 442 c.p.c.).

Come si è detto sopra, riconoscere la natura di causa di pubblico impiego in quella in esame vorrebbe dire invece ricondurre tale tutela a un istituto di natura contrattuale, appunto facente capo al rapporto contrattuale di pubblico impiego.

Ma, fosse così, visto che i benefici sono stati previsti (art. 2 comma 2 dpr 243/06, esattamente come per le Vittime del terrorismo, art. 15 l. 206/04 e della criminalità organizzata, grazie alla norma di estensione dell'art. 82 comma 6 l. 388/2000), per eventi successivi al 1.1.1961, ci si chiede come sarebbe possibile concepire l'introduzione ex post di diritti e obbligazioni contrattuali proprie del rapporto di pubblico impiego dopo anche trenta o quarant'anni dai fatti.

Per converso, tali diritti potranno solo sotto il profilo assistenziale, come appunto li qualifica un seguitissimo orientamento del Giudice Ordinario (Ad esempio Corte di Appello di Brescia, 60/13).

Del resto, per configurare la giurisdizione amministrativa in tema di pubblico impiego sarebbe necessario che la relativa obbligazione facesse capo alle obbligazioni contrattuali del rapporto in sé, non bastando un generico riferimento al rapporto: è la natura della prestazione che comanda la giurisdizione, tanto è vero che, ad esempio, nel pubblico impiego la materia pensionistica, pur essendo legata al fatto che il pubblico dipendente lavorasse per una P.A., non rientra nella giurisdizione TAR (come sarebbe se la giurisdizione esclusiva fosse propria di tutto ciò che genericamente abbia attinenza con la prestazione del servizio), ma in quella della Corte dei Conti, ex artt. 13 e 63 del R.D. 12 luglio 1934, n. 1214.

Analogamente, per i benefici assistenziali il giudice naturale anche per il personale non privatizzato deve essere il Tribunale del Lavoro, ex art. 442 c.p.c.

Il fatto che i benefici in questione non siano legati al rapporto di lavoro è dimostrato poi anche dal fatto che non necessariamente la relativa erogazione è rimessa al datore di lavoro (come invece sarebbe se si trattasse di benefici contrattuali o retributivi, come ad esempio è l'equo indennizzo, che tra l'altro spetta in una percentuale della retribuzione).

Infatti, per quanto riguarda la competenza al riconoscimento dello status ed alla erogazione dei benefici per le Vittime del dovere, opera tutt'ora il sistema sancito dal dpr 510/99 (cui il DPR 243/04 si riferisce per tutto quanto non diversamente previsto) che individua le amministrazioni competenti in modo autonomo, spesso indipendente dalla dipendenza gerarchica e dunque dalla esistenza di un rapporto di servizio.

Art. 2 Amministrazioni competenti.

1. All'attribuzione delle speciali elargizioni e dell'assegno vitalizio previsti dalle leggi 13 agosto 1980, n. 466, 20 ottobre 1990, n. 302, e 23 novembre 1998, n. 407, in favore dei superstiti di dipendenti pubblici vittime del dovere o in favore degli stessi dipendenti pubblici che abbiano riportato le invalidità indicate dalle citate leggi nell'adempimento del dovere, provvedono le seguenti amministrazioni:  a) il Ministero dell'interno - Dipartimento della pubblica sicurezza - per gli appartenenti alla Polizia di Stato, all'Arma dei carabinieri, al Corpo della guardia di finanza, al Corpo forestale dello Stato, al Corpo di polizia penitenziaria, alle polizie municipali; il Ministero dell'interno - Direzione generale della protezione civile e dei servizi antincendi - per gli appartenenti al Corpo nazionale dei vigili del fuoco;  b) il Ministero di grazia e giustizia per i magistrati ordinari, i giudici di pace, i giudici onorari di tribunale, i giudici popolari ed il personale civile dell'amministrazione penitenziaria non appartenente al Corpo di polizia penitenziaria;  c) il Ministero della difesa per gli appartenenti alle Forze armate dello Stato.  2. Il Ministero dell'interno - Dipartimento della pubblica sicurezza è, altresì, competente in ordine all'attribuzione dei benefici previsti dalle predette leggi in favore delle persone che, legalmente richieste, abbiano prestato assistenza ad ufficiali e agenti di polizia giudiziaria o ad autorità, ufficiali e agenti di pubblica sicurezza.  3. All'attribuzione dei benefici previsti in favore dei cittadini italiani che non rientrano in alcuna delle categorie per le quali è determinata l'amministrazione competente, nonchè degli stranieri e degli apolidi, ovvero dei loro superstiti, provvede il Ministero dell'interno - Direzione generale dei servizi civili.  4. Per i benefici correlati al trattamento pensionistico, per le esenzioni fiscali e per i benefici di guerra, provvedono per i dipendenti pubblici le amministrazioni di appartenenza.  5. Per i restanti benefici provvedono le amministrazioni competenti.

Come si vede, esiste una norma che individua, categoria per categoria, il soggetto pubblico che deve curare il procedimento, circostanza che già di per se stessa prova che la questione esula dal rapporto di impiego in senso stretto (altrimenti, perché prevedere una competenza ad hoc?).

Vi è di più: esaminando la norma in tema di competenza per la trattazione delle pratica e concessione dei benefici, si potrà notare, ad esempio, che per gli appartenenti all'Arma dei Carabinieri (che dipendono lavorativamente dal Ministero della Difesa) della Guardia di Finanza (che dipendono dal Ministero delle Finanze) e per gli appartenenti alle Polizie Municipali (dipendenti comunali), ecc. la competenza alla erogazione dei benefici spetta a tutt'altra amministrazione, il Ministero dell'Interno.

Tale ministero è addirittura competente ...per i privati cittadini, che, comma 2, possono anch'essi essere dichiarati Vittime del dovere (ciò nasce dalla norma speciale dell'art. 1 comma 4 l. 302/90, che fa rientrare nelle Vittime del dovere "chiunque, fuori dai casi di cui al comma 3, subisca un'invalidità permanente, per effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza dell'assistenza prestata, e legalmente richiesta per iscritto ovvero verbalmente nei casi di flagranza di reato o di prestazione di soccorso, ad ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria o ad autorità, ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza, nel corso di azioni od operazioni di cui al presente articolo, svoltesi nel territorio dello Stato").

Nella graduatoria cronologica delle Vittime del dovere pubblicata ex lege sono infatti presenti (grazie appunto alla norma di richiamo citata) anche non pubblici dipendenti, come guardie giurate e privati cittadini, a conferma del fatto che la normativa non ha alcuna attinenza con obbligazioni proprie del rapporto di pubblico impiego, ma è legata a una causa che, per usare il lessico della Cassazione (Sez. Unite 18480/10) descrive la materia assistenziale come quella "intesa alla tutela dei diritti sociali dei cittadini (art. 38 Cost.) e, piu' in generale, all'adempimento dei doveri inderogabili di solidarieta' sociale finalizzati, ai sensi dell'art. 2 Cost., alla garanzia dei diritti inviolabili di ogni persona".

Esempio di soggetti estranei a rapporti di pubblico impiego, ma egualmente dichiarati Vittime del dovere in virtù del comune adempimento a doveri di solidarietà sociale si rinvengono nella graduatoria cronologica delle Vittime del dovere:

3 DECEDUTO 21/07/1961 Guardia Giurata REALE Giuseppe 72 10^ grad. marzo. 2011 434 DECEDUTO 28/01/1977 Privato Cittadino SILIBERTO Giuseppe 253 1^ grad. ott. 2006 471 DECEDUTO 03/11/1977 Privato Cittadino DE ANGELIS Biagio 10 2^ grad. marzo 2007

705 DECEDUTO 24/07/1983 Privato Cittadino PUDDU Michele 374 1^ grad. ott. 2006 706 FERITO 28/07/1983 Privato Cittadino AZARA Francescantonio 70 1^ grad. ott. 2006 707 FERITO 28/07/1983 Privato Cittadino BISSON Giovanni Battista 71 1^ grad. ott. 2006 708 DECEDUTO 28/07/1983 Privato Cittadino FARA Antonio 376 1^ grad. ott. 2006 709 FERITO 28/07/1983 Privato Cittadino FORTELEONI Antonello 72 1^ grad. ott. 2006 710 DECEDUTO 28/07/1983 Privato Cittadino GHISU Mario 377 1^ grad. ott. 2006 711 DECEDUTO 28/07/1983 Privato Cittadino MANCONI G.Antonio 378 1^ grad. ott. 2006 712 DECEDUTO 28/07/1983 Privato Cittadino MANCONI Silvestro 379 1^ grad. ott. 2006 713 FERITO 28/07/1983 Privato Cittadino MARCHESI Mario 73 1^ grad. ott. 2006

 714 FERITO 28/07/1983 Privato Cittadino MAZZA Giovanni M. 8 7^ grad. sett 2009

 716 FERITO 28/07/1983 Privato Cittadino SOTGIU Giuseppe 74 1^ grad. ott. 2006 718 DECEDUTO 29/07/1983 Vigili Urbani MIGALI Claudio 381 1^ grad. ott. 2006 719 DECEDUTO 06/08/1983 Privato Cittadino MAISTO Luigi 382 1^ grad. ott. 2006 720 DECEDUTO 29/08/1983 Guardia Giurata FEDELE Leoluca 51 13^ grad.Sett. 2012

Si ricordi, poi, che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno poi espressamente attribuito alla giurisdizione AGO le controversie in subiecta materia sia riferendosi alle Vittime del dovere (Cass., 4942/1989) che alle Vittime del terrorismo e della criminalità:

Le vittime di terrorismo e della criminalità organizzata sono titolari, in presenza delle condizioni di legge, di un vero e proprio diritto soggettivo all'erogazione della speciale elargizione prevista dalla normativa in materia, essendo la p.a. priva di ogni potestà discrezionale sia con riguardo all'entità della somma da erogare, prefissata dalla legge, sia con riguardo ai presupposti della derogabilità, rispetto ai quali l'Amministrazione svolge un accertamento che, ove dovesse avere carattere non semplicemente ricognitivo, ma valutativo, è estraneo al concetto di discrezionalità amministrativa; pertanto nelle controversie concernenti il contributo previsto dalla l. 20 ottobre 1990 n. 302 va dichiarata la giurisdizione dell'A.G.O.

Cassazione civile, sez. un., 18/12/2007, n. 26627 C.A. c. Min. Int. Diritto & Giustizia 2007

Le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata sono titolari, in presenza delle condizioni di legge, di un vero e proprio diritto soggettivo all'erogazione della speciale elargizione prevista dalla l. 20 ottobre 1990 n. 302, essendo al riguardo la p.a. priva di ogni potestà discrezionale, sia con riguardo all'entità della somma che con riguardo ai presupposti per la erogabilità; ne consegue che le relative controversie sono devolute alla giurisdizione del g.o.

Cassazione civile, sez. un., 18/12/2007, n. 26626 Giust. civ. Mass. 2007, 12 Foro amm. CDS 2008, 2, 355 (s.m.)

Le citate sentenze non sono andate a distinguere tra vittime appartenenti a categorie privatizzate o meno, laddove, a causa dell'elevato numero di Magistrati, Carabinieri, Poliziotti, e appartenenti alle varie categorie non privatizzate che siano Vittime del terrorismo e della Criminalità organizzata, ovviamente tale punto sarebbe stato trattato se rilevante.

Indiscutibile è dunque che la giurisdizione sia ordinaria per le vittime del terrorismo e della criminalità anche in relazione a vittime non privatizzate.

Visto che la giurisdizione nelle predette sentenze è stata affermata ragionando sul titolo giuridico (diritto soggettivo perfetto) alla base delle erogazioni, a prescindere dal fatto che la giurisdizione esclusiva del pubblico impiego non privatizzato concerne anche i diritti soggettivi perfetti, ciò vuol dire che tale diritto soggettivo non trova la causa nel rapporto di impiego, ma solo l'occasione, avendo il predetto diritto il contenuto di diritto a beneficio assistenziale.

Ma, se ciò vale per le Vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, ovviamente non può non valere anche per le vittime del dovere, anche in ragione del fatto che recentissimamente il Consiglio di Stato (in sede di giudizio di ottemperanza a sentenza del Giudice Ordinario che aveva riconosciuto famiglia di un caduto lo status di Vittima del dovere e i conseguenti benefici ) ha ribadito che le Vittime del dovere hanno esattamente gli stessi diritti delle Vittime del terrorismo e della criminalità, poiché questo è stato disposto con l'art. 1 comma 562 l. 266/05 e dal dpr 243/06 che ne è il regolamento di attuazione:

E' intervenuto quindi il DPR n.243 del 2006, emanato in attuazione del comma 565 dell'art.1 della legge 23/12/2005 n.266, che ha disciplinato i tempi e le modalità di erogazione delle provvidenze in parola , con la previsione di una graduatoria unica nazionale delle posizioni. Detto regolamento, contrariamente a quanto sostenuto dalla parte appellante, non va a modificare in senso restrittivo l'ambito dei soggetti destinatari dei benefici in questione, se è vero che all'art.1 fa riferimento alle vittime del dovere e alle categorie a queste equiparate , con ciò estendendo la elargizione dei benefici già riconosciuti alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata a tutte le vittime che hanno riportate menomazioni e ferite nell'adempimento del dovere . Per quanto attiene poi all'aspetto oggettivo, il successivo art.4 dello stesso DPR, relativamente alla corresponsione dell'assegno vitalizio mensile menziona direttamente l'importo originariamente previsto dalla legge n.407/98 ( euro 258,23 pari a lire cinquecentomila ), ai soli fini della individuazione del beneficio in questione, senza cristallizzare la misura dell'assegno stesso  In base a siffatto quadro normativo di riferimento, non v' è quindi motivo per escludere l'adeguamento in euro 500 dell'importo dell'assegno in questione disposto dall'art.4 comma 238 della legge n.359/2002 nei confronti di alcuni soggetti che sono già stati in precedenza equiparati agli originari assegnatari delle provvidenze spettanti alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata. Se così non fosse, si verrebbe a creare una ingiustificata disparità di trattamento tra categorie di soggetti posti sullo stesso piano in relazione alle conseguenze fisiche di tipo negativo riportate in occasione di eventi di violenza comune e terroristica  Ad escludere sul punto ogni distinguo sia soggettivo che oggettivo depone, infine, il fatto che anche alla luce delle successive modifiche intervenute nella normativa di settore è evincibile un intento perequativo del legislatore (cfr. Cons. Stato Sez. IV ordinanza 4843 del 6/11/2012). Consiglio di Stato, Sez. IV, 6156/13,

Si rammenti, del resto che anche il Nuovo Ordinamento Militare (D.Lgs 66/2010) ha sancito tale perfetto parallelismo tra le Vittime del Terrorismo, della criminalità, e del Dovere, tanto che all'art. 1906 è così statuito:

Articolo 1904 Vittime del terrorismo, della criminalità e del dovere

1. Al personale militare spettano le provvidenze in favore delle vittime del terrorismo, della criminalità e del dovere, previste dalle seguenti disposizioni: a) legge 13 agosto 1980, n. 466; b) legge 20 ottobre 1990, n. 302; c) legge 23 novembre 1998, n. 407; d) legge 3 agosto 2004, n. 206; e) legge 10 ottobre 2005, n. 207.

D'altronde, sarebbe inconcepibile un trattamento diverso tra vittime del dovere da una parte, e vittime del terrorismo e della criminalità dell'altra, dato che nella nozione di Vittime del dovere ex comma 563 sono comprese anche le vittime della criminalità e del terrorismo:

563. Per vittime del dovere devono intendersi i soggetti di cui all'articolo 3 della legge 13 agosto 1980, n. 466, e, in genere, gli altri dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subito un'invalidita' permanente in attivita' di servizio o nell'espletamento delle funzioni di istituto per effetto diretto di lesioni riportate in conseguenza di eventi verificatisi:  a) nel contrasto ad ogni tipo di criminalità; (dunque, anche quella terroristica e organizzata, n.d.r.) b) nello svolgimento di servizi di ordine pubblico;  c) nella vigilanza ad infrastrutture civili e militari;  d) in operazioni di soccorso;  e) in attivita' di tutela della pubblica incolumità;  f) a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteristiche di ostilità.

Ma, se così è, cade ovviamente anche la seconda argomentazione utilizzata nella sentenza del TAR Lazio in commento, che configurava nella decisione di riconoscere o meno la sussistenza dei presupposti un margine di discrezionalità amministrativa rimessa al Giudice Amministrativo.

Invece anche per le vittime del dovere dovrà considerarsi come da Cassazione civile, sez. un., 18/12/2007, n. 26627, che rispetto ai presupposti di erogabilità "l'Amministrazione svolge un accertamento che, ove dovesse avere carattere non semplicemente ricognitivo, ma valutativo, è estraneo al concetto di discrezionalità amministrativa": se ciò vale per decidere se un evento rientri nella normativa del terrorismo o meno (laddove è necessario un accertamento sulla dinamica dei fatti) egualmente si dovrà dire anche per le Vittime del dovere

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, del resto, hanno spiegato bene che il meccanismo di valutazione dei requisiti per la erogazione dei benefici assistenziali non ha nulla che riguardi la discrezionalità amministrativa, e dunque la giurisdizione amministrativa:

Si veda come è stato spiegato il fenomeno giuridico in esame in relazione ad altra vicenda, il reddito di cittadinanza sancito dalla Legge Regionale Campania 328/2000:

4. I motivi riguardanti la giurisdizione (primo motivo del ricorso principale e di quello incidentale) non sono fondati. 4.1. La L. 8 novembre 2000, n. 328 (legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali) all'art. 1, comma 1, nel fissare i principi generali e la finalita' della legge, ha affermato che "la Repubblica assicura alle persone e alle famiglie un sistema integrato di interventi e servizi sociali, promuove interventi per garantire la qualita' della vita, pari opportunita', non discriminazione e diritti di cittadinanza, previene, elimina o riduce le condizioni di disabilita, di bisogno e di disagio individuale e familiare, derivanti da inadeguatezza di reddito, difficolta' sociali e condizioni di non autonomia, in coerenza con gli artt. 2, 3 e 38 Cost.". Il comma 2 del medesimo articolo dispone, inoltre, che per "interventi e servizi sociali si intendono tutte le attivita' previste dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, art. 128" (conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni e agli enti locali, in attuazione del capo 1 della L. 15 marzo 1997, n. 59). Il richiamato D.Lgs. n. 112 del 1998, artt. da 128 a 134, disciplina le funzioni e i compiti amministrativi relativi alla materia dei servizi sociali. In particolare, l'art. 128, comma 2 dispone che con tale nozione si intendono tutte le attivita' relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti e a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno o di difficolta' che la persona umana incontra nel corso della sua vita, escluse soltanto quelle assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario, nonche' quelle assicurate in sede di amministrazione della giustizia. 4.2. In tale sistema integrato l'intervento dello Stato, dapprima inteso come sussidiario rispetto all'intervento delle regioni e degli enti locali nella politica di contrasto delle situazioni di indigenza, diviene meramente concorrente, secondo una evoluzione che ha infine comportato la competenza legislativa delle regioni nella materia dei servizi sociali, salva la potesta' legislativa dello Stato per la materia della previdenza e per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale - ex art. 117 Cost., comma 2, lett. m), - (cfr. Corte cost. n. 287 del 2004; n. 423 del 2004). 4.3. Analogamente ad altre regioni, in applicazione del sistema integrato delineato dalla L. n. 328 del 2000, la regione Campania, con la L. 19 febbraio 2004, n. 2 (istituzione in via sperimentale del reddito di cittadinanza), ha previsto che ai residenti comunitari ed extracomunitari da almeno sessanta mesi nella regione, con reddito annuo inferiore ad Euro 5000,00, e' assicurato il reddito di cittadinanza come misura di contrasto alla poverta' e all'esclusione e come strumento teso a favorire condizioni efficaci di inserimento lavorativo e sociale; tale reddito, che fa riferimento alle persone nel contesto del nucleo familiare, consiste in una erogazione monetaria che non supera i 350,00 Euro mensili per nucleo familiare e in specifici interventi mirati all'inserimento scolastico, formativo e lavorativo dei singoli componenti (art. 2, commi 1 e 2; art. 3, comma 1). 4.4. La legge regionale prevede esplicitamente che si tratta di una prestazione concernente un diritto sociale fondamentale l'art. 1, comma 1) e che, in particolare, hanno diritto all'erogazione monetaria, nei limiti delle risorse disponibili, i soggetti che, ricorrendo le condizioni previste, "ne fanno richiesta" (art. 3, comma 1). Si configura, dunque, un diritto soggettivo che trova la sua fonte direttamente nella legge e non presuppone alcun potere discrezionale della pubblica amministrazione, alla quale si richiede, esclusivamente, la verifica delle condizioni reddituali - in base a modalita' generali di calcolo del reddito fissate da apposito regolamento del Consiglio regionale, su proposta della Giunta -e la selezione degli aventi diritto, da parte dei Comuni, sulla base delle domande ricevute (art. 3, comma 3, e art. 6, comma 1). E cio' comporta, di conseguenza, che sono devolute alla cognizione del giudice ordinario le controversie -- come quella in esame -- sulla esistenza del diritto e sulla spettanza del beneficio, cosi' come esattamente ritenuto dal Tribunale. 5. Parimenti infondati sono i motivi riguardanti la competenza e la censura di nullita' della sentenza impugnata per la mancata rimessione al giudice a quo, o comunque per avere il Tribunale pronunciato nel merito anziche' limitarsi a confermare la pronuncia declinatoria della competenza (secondo e terzo motivo del ricorso del Comune). 5.1. La ricognizione normativa, cosi' operata ai fini della giurisdizione, consente di configurare, indubbiamente, il reddito di cittadinanza come una prestazione di natura assistenziale, per la quale trova applicazione l'art. 442 c.p.c., in cio' dovendosi correggere la sentenza impugnata. Ed infatti nell'intento del Legislatore le disposizioni contenute nei provvedimenti legislativi sopra richiamati evidenziano la sussistenza di un nesso funzionale tra i servizi sociali, quali che siano i settori di intervento (famiglia, minori, anziani, disabili, indigenti, emarginati), e la rimozione o il superamento di situazioni di svantaggio o di bisogno, per la promozione del benessere fisico e psichico della persona, a prescindere dalla sua occupazione lavorativa e dalla costituzione di un rapporto assicurativo: questa correlazione e' di per se' idonea alla definizione di una prestazione come di natura assistenziale, intesa alla tutela dei diritti sociali dei cittadini (art. 38 Cost.) e, piu' in generale, all'adempimento dei doveri inderogabili di solidarieta' sociale finalizzati, ai sensi dell'art. 2 Cost., alla garanzia dei diritti inviolabili di ogni persona (cfr. Cass., sez. un., n. 5386 del 1993). Non rileva, invece, il carattere "territoriale" della provvidenza, ne' la sua "temporaneita'": da un lato, il conferimento alle regioni di una potesta' normativa in materia di servizi sociali, esercitata mediante il coordinamento con funzioni e compiti amministrativi attribuiti agli enti locali, completa il decentramento del sistema di sicurezza sociale (cfr. Cass. n. 10248 del 2009, n. 19273 del 2004, n. 8799 del 2001), nel cui ambito le misure dirette alla tutela della persona contro l'emarginazione sociale (reddito di cittadinanza, reddito di ultima istanza), essendo destinate ai nuclei familiari a rischio di esclusione sociale e dunque a favore di soggetti che si trovano in situazione di estremo bisogno, costituiscono una misura assistenziale demandata alle regioni (cfr. Corte cost. n. 423 del 2004, cit.); dall'altro, la necessita' dell'intervento assistenziale anche per la tutela di bisogni temporanei, come quelli connessi alla perdita dell'occupazione lavorativa (indennita' di disoccupazione, cassa integrazione, indennita' di mobilita') e alla precarieta' del lavoro conseguente alla crisi dell'impresa e alla trasformazione delle relazioni industriali (c.d. flexicurity), dimostra che la durata della prestazione non influisce sul suo carattere assistenziale, verificandosi, al contrario, che la tutela debba essere diretta, sempre piu', ad impedire il consolidamento di situazioni di definitiva emarginazione e a favorire l'inserimento sociale.

Cass., SS.UU., 9.08.2010, n. 18480

I benefici per le Vittime del dovere, del terrorismo e della criminalità esulano da reddito e posizione sociale, e sono diretti a ristorare soggetti in una situazione compromessa o limitata siccome lesi da eventi connaturati da una rilevanza sociale che ha condotto il Legislatore a considerarli meritevoli di misure economiche di controbilanciamento, nel pieno adempimento del precetto costituzionale ex art. 2 e 38 della Costituzione.

L'accertamento della dinamica dei fatti e la valutazione della sussistenza dei relativi requisiti (legato a condizioni oggettive, ossia il parametro legislativo che individua quando e a che condizioni si sia Vittime del dovere) non è fattore di discrezionalità amministrativa in questo settore così come non lo è, ad esempio, per altra materia pacificamente assistenziale come quella dei benefici ex l. 210/92 "Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati", laddove occorre valutare situazioni di fatto alla luce del parametro normativo esattamente come nella fattispecie.

Non è discrezionale decidere se l'epatite sia stata contratta in una trasfusione o in un altro contesto, non lo è decidere se un fatto sia da considerare di terrorismo o meno (Cassazione civile, sez. un., 18/12/2007, n. 26627), e dunque non lo è neppure decidere se un soggetto sia stato leso nel contrasto della criminalità, o in attività di soccorso, o comunque in una delle ipotesi contemplata dal comma 563 dell'art. 1 l. 266/05.

Si confida dunque in un ripensamento della giurisprudenza amministrativa e comunque nell'assunzione da parte della giurisprudenza di una posizione omogenea.

La questione della giurisdizione non è importante solo in sé, ma anche per il diverso orientamento che la giurisprudenza del giudice Ordinario ha assunto rispetto alla nuova normativa sulle Vittime del dovere, che si contrappone alla giurisprudenza ben più chiusa conservata dalla giurisprudenza amministrativa che tutt'ora tratta la materia, sulla linea del dato giurisprudenziale sortito in passato.

La sentenza in commento è esemplare del vecchio orientamento, muovendosi nella dinamica della presupposizione (per la copertura dell'evento) di un rischio eccedente quello ordinario connesso alla attività di istituto:

Il Collegio ritiene che il ricorso sia fondato e debba essere accolto in quanto, affinché sorga il diritto alla speciale elargizione prevista dalla legge n. 266 del 2005 per le vittime del dovere, occorre che l'evento dannoso sia dipendente dall'espletamento di attività di soccorso caratterizzate da un rischio che vada oltre quello ordinario connesso all'attività di istituto (T.A.R. Trentino-Alto Adige, Bolzano, sez. I, 26/06/2012, n. 227). Ciò è confermato dalla stessa Amministrazione la quale, nel provvedimento impugnato, ha affermato che per ottenere il beneficio in questione "occorre che il rischio affrontato vada oltre quello ordinario connesso all'attività di istituto" (cfr. pag. 3 del decreto impugnato datato 21 maggio 2010 prot. n. 559/C/3/E/8/CC/961). Ebbene, a parere del Collegio, proprio in tale contesto va inquadrato l'episodio che ha visto protagonista il ricorrente il quale, in data 30 agosto 1999, prima di andare a prendere servizio, resosi conto che un muro stava per crollare addosso al nipote in tenera età (meno di tre anni), non ha esitato ad intervenire ­ malgrado non fosse in servizio -, evitando lesioni al minore, ma riportando gravi danni fisici ­ causati dall'avere affrontato un rischio che andava oltre l'ordinario -, tanto da subire l'amputazione dell'arto inferiore destro (circostanze non contestate in giudizio). Infatti, lo specifico elemento di rischio esulante dalla normalità delle funzioni istituzionali é l'elemento caratterizzante della fattispecie giuridica della vittima del dovere anche con riferimento alla l. n. 266/2005 ed al relativo regolamento di attuazione di cui al d.P.R. n. 243/2006, atteso che la ratio sottesa alla disciplina in materia è, infatti, quella di riconoscere benefici ulteriori, rispetto a quelli attribuiti alle vittime del servizio, soltanto a soggetti che, in circostanze eccezionali e per un gesto che rasenta l'eroicità, al fine di evitare un male oramai imminente, siano deceduti od abbiano riportato delle invalidità di carattere permanente (Cons. Stato, n. 480/2012 e n. 7595/2013).

In effetti il principio utilizzato nella fattispecie nasce dalla applicazione di un orientamento giurisprudenziale tutt'ora seguito dalle sentenze del Giudice amministrativo ove ancora investito della questione, ma in realtà legato al dato testuale della normativa anteriore alla riforma della nozione delle Vittime del dovere intervenuta con l'art. 1 comma 562 e ss. l. 266/05.

A parere dello scrivente non è assolutamente corretto sostenere che, oggi, alla stregua della normativa attuale, così come integrata dall'art. 1 comma 563 l. 266/05, per configurarsi Vittima del Dovere occorra ancora che l'intervento esuli dai compiti istituzionali dell'operatore, tanto che un Poliziotto, un Carabiniere, o un Vigile del fuoco che contraesse una infermità durante una attività di soccorso o di tutela della pubblica incolumità, o un'altra di quelle contemplate nel comma 563) non rientrerebbe nel comma 563 stesso occorrendo un rischio che vada oltre quello istituzionale di contrastare la criminalità, salvare innocenti, eccetera.

La norma vigente così recita:

563. Per vittime del dovere devono intendersi i soggetti di cui all'articolo 3 della legge 13 agosto 1980, n. 466, e, in genere, gli altri dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subito un'invalidita' permanente in attivita' di servizio o nell'espletamento delle funzioni di istituto per effetto diretto di lesioni riportate in conseguenza di eventi verificatisi:  a) nel contrasto ad ogni tipo di criminalità;  b) nello svolgimento di servizi di ordine pubblico;  c) nella vigilanza ad infrastrutture civili e militari;  d) in operazioni di soccorso;  e) in attivita' di tutela della pubblica incolumità;  f) a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteristiche di ostilità.

Laddove la norma richiama "i soggetti di cui all'articolo 3 della legge 13 agosto 1980, n. 466" essa menziona i destinatari originari della normativa riferendosi "Ai magistrati ordinari, ai militari dell'Arma dei carabinieri, del Corpo della guardia di finanza, del Corpo delle guardie di pubblica sicurezza, del Corpo degli agenti di custodia, al personale del Corpo forestale dello Stato, ai funzionari di pubblica sicurezza, al personale del Corpo di polizia femminile, al personale civile dell'Amministrazione degli istituti di prevenzione e di pena, ai vigili del fuoco, agli appartenenti alle Forze armate dello Stato...", ancorchè a tali originari destinatari sia stato ora aggiunto il riferimento che contempla anche "in genere, gli altri dipendenti pubblici".

La disamina di questa disposizione non consente di individuare in alcun modo qualunque riferimento alla necessità di rischi maggiori rispetto quelli ordinari propri del profilo, tanto da imporre appunto che i benefici per l'operatore non competessero a fronte di infermità subita in una delle attività pur considerate dal legislatore.

Per capire da dove nasca il richiamo al "rischio oltre l'ordinario" vale richiamare massime legate al dato normativo anteriore a quello del 2005:

Il concetto di vittima del dovere presenta caratteristiche speciali rispetto al genus della causa di servizio e deve quindi essere tenuto distinto dal decesso in o per causa di servizio, quindi per il sorgere del diritto alla speciale elargizione prevista dalla legge per le vittime del dovere, non basta che l'evento letale sia connesso all'espletamento di funzioni d'istituto, ma occorre pure che sia dipendente "da rischi specificamente attinenti a operazioni di polizia preventiva o repressiva o all'espletamento di attività di soccorso" (art. 3 comma 2 l. 27 ottobre 1973 n. 629, aggiunto dall'art. 1 l. 13 agosto 1980 n. 466), occorrendo in sostanza che il rischio affrontato vada oltre quello ordinario connesso all'attività di istituto.  Consiglio Stato , sez. IV, 12 marzo 2001, n. 1404 Foro Amm. 2001, 373 (s.m.)

La speciale elargizione, prevista dagli art. 1 e 3, l. 13 agosto 1980 n. 466, in favore delle vittime del dovere di azioni terroristiche, può essere erogata allorché l'evento sia dipendente da rischi specifici attinenti ad operazioni di polizia preventiva o repressiva o all'espletamento di attività di soccorso, non essendo sufficiente che i fatti che hanno causato l'evento siano genericamente connessi all'espletamento di funzioni di istituto.  Consiglio Stato , sez. IV, 29 febbraio 1996, n. 227 Foro Amm. 1996, 491 (s.m.)

Tali decisioni si riferivano espressamente alla nozione di Vittima del Terrorismo nata sotto l'egida della sola legge 466/80.

Se si fosse rimasti a tale quadro iniziale si sarebbe potuto comprendere che la giurisprudenza potesse ancora legarsi al dato testuale della norma dell'art. 3 l. 466/80 che richiedeva la dipendenza "da rischi specificamente attinenti a operazioni di polizia preventiva o repressiva o all'espletamento di attività di soccorso" e che faceva desumere alla giuriprudenza (in realtà con un salto logico già allora avvertibile) la precisazione che tale dizione implicasse che il rischio affrontato vada oltre quello ordinario connesso all'attività di istituto.    Per comodità si riporta il testo degli artt. 1 (necessario per l'individuazione dei destinatari della disciplina dell'epoca) e 3 l. 629/73, come modificata dalla legge 466/80, ossia il materiale utilizzato dalla giurisprudenza dell'epoca (e, in qualche caso, come quello in esame, anche attualmente).

Art. 1. Legge 27 ottobre 1973, n. 629 La pensione privilegiata ordinaria spettante, in base alle vigenti disposizioni, alla vedova e agli orfani dei militari dell'Arma dei carabinieri, del Corpo delle guardie di finanza, del Corpo delle guardie di pubblica sicurezza, del Corpo degli agenti di custodia, del Corpo forestale dello Stato, nonché dei funzionari di pubblica sicurezza, compreso il personale del Corpo istituito con la legge 7 dicembre 1959, n. 1083, deceduti in attività di servizio per diretto effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza ad azioni terroristiche o criminose o in servizio di ordine pubblico, è stabilita in misura pari al trattamento complessivo di attività, composto da tutti gli emolumenti pensionabili e dall'intero importo dell'indennità di istituto, che era percepito dal congiunto al momento del decesso, con esclusione delle quote di aggiunta di famiglia e dell'indennità integrativa speciale che sono corrisposte nelle misure stabilite per i pensionati. La pensione privilegiata ordinaria spettante, in mancanza della vedova e degli orfani, ai genitori e ai collaterali è liquidata applicando le percentuali previste dalle norme in vigore sul trattamento complessivo di cui al precedente comma.  Art. 3 Legge 27 ottobre 1973, n. 629 La misura della speciale elargizione a favore delle famiglie degli appartenenti alle forze di polizia, vittime del dovere, di cui alla legge 22 febbraio 1968, n. 101, è elevata a lire 10.000.000 (1) .  Per vittime del dovere ai sensi del precedente comma s'intendono i soggetti di cui all'art. 1 della presente legge deceduti nelle circostanze ivi indicate nonché quelli deceduti in attività di servizio per diretto effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza di eventi connessi all'espletamento di funzioni d'istituto e dipendenti da rischi specificamente attinenti a operazioni di polizia preventiva o repressiva o all'espletamento di attività di soccorso (2).   (1) La misura dell'elargizione, già elevata dall'articolo 2 della legge 13 agosto 1980, n. 466 è stata successivamente elevata ad euro 200.000 dall'articolo 2 del D.L. 28 novembre 2003, n. 337.

 (2) Comma aggiunto dall'articolo 1 della legge 13 agosto 1980, n. 466.

La norma attuale costituisce però dato normativo posteriore, innovativo ed estensivo rispetto a quello contenuto nella sola legge 629/73 in cui si era innestato l'art. 3 l. 466/80 (norma, quest'ultima, che addirittura era stata abrogata esplicitamente dall'art. 2268 n. 678 D-.Lgs 66/2010 con efficacia 9 ottobre 2010, fino alla "abrogazione della abrogazione" intervenuta con D.LGS. 31 dicembre 2012, N. 248, legata alla constatazione della illogicità della abrogazione di una norma comunque richiamata in quella, il comma 563, che la andava a integrare).

La norma che aveva ispirato l'orientamento sopra richiamato va ora coordinata con le due disposizioni dell'art. 1 legge 266/05:

- l'una, il comma 563, che tutela ogni pubblico dipendente (per prime, le forze di Polizia e le altre categorie dell'art. 3 l. 466/80) dagli eventi lesivi occorsi nelle attività tipicamente pericolose menzionate nelle lettere da a) a f),

L'altra, il comma 5642, che (nel creare la nuova categoria di "soggetti equiparati alle vittime del   dovere") si riferisce alle medesime categorie di soggetti (ossia i pubblici dipendenti contemplati nella legge 466/80, nonché tutti gli altri) ma che tutela eventi che intervengano in servizi ("Missioni di ogni natura", dice la norma) di tipo non specificato, che comportino l'insorgenza di infermità dipendenti da causa di servizio "per le particolari condizioni ambientali e di servizio", disposizione quest'ultima che pretende, a differenza del comma 563, per valorizzare situazioni diverse da quelle

! 2  564. Sono equiparati ai soggetti di cui al comma 563 coloro che abbiano contratto infermita' permanentemente invalidanti o alle quali consegua il decesso, in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative";

Si veda poi il d.p.r. 243/06, "Regolamento concernente termini e modalità di corresponsione delle provvidenze alle vittime del dovere ed ai soggetti equiparati, ai fini della progressiva estensione dei benefici già previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo, a norma dell'articolo 1, comma 565, della legge 23 dicembre 2005, n. 266", art. 1 comma c 1. Ai fini del presente regolamento, si intendono:  Art. 1 comma c dpr 243/06: c) per particolari condizioni ambientali od operative, le condizioni comunque implicanti l'esistenza od anche il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto. tipicamente pericolose indicate nello stesso comma 563, che esistesse tale quid pluris, un profilo di rischio non conosciuto o subentrato nel loro svolgimento.

Ebbene, subito dopo l'entrata in vigore di tali disposizioni proprio il Ministero dell'Interno si era preoccupato di chiedere lumi al Consiglio di Stato in sede consultiva sulla portata estensiva del nuovo comma 563 rispetto alla nozione normativa dell'art. 1 l. 466/80, premettendo appunto che in passato, alla stregua della legge 466/80, la giurisprudenza poneva come condizione necessaria la sussistenza di un rischio ulteriore rispetto a quello istituzionale, ponendo dunque il quesito al Consiglio di Stato in sede consultiva se, alla luce della nuova disposizione, tale limitazione esistesse ancora.

Vale richiamare il testo del quesito al Consiglio di Stato per inquadrare il problema (soffermandosi su una delle attività già contemplate nella precedente normativa, i servizi di ordine pubblico, prima soggetti alla limitazione sopra vista:

Il Ministero dell'Interno, con la nota in riferimento, chiede il parere di questo Consesso in ordine ai criteri di applicazione dell'art. 1, comma 563, lettera b), della Legge 23 dicembre 2005 n. 266, che, in sede di estensione dei benefici previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo a tutte le vittime del dovere (ancorché rimaste coinvolte in episodi verificatisi prima del gennaio 1990), individua queste ultime, tra gli altri, nei soggetti di cui all'art. 3 della legge 13 agosto 1980, n. 466, e, in genere, negli altri dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subito un'invalidità permanente in attività di servizio o nell'espletamento delle funzioni di istituto per effetto diretto di lesioni riportate in conseguenza di eventi verificatisi "nello svolgimento di servizi di ordine pubblico".

In particolare, l'Amministrazione richiedente evidenzia difficoltà nell'applicazione della normativa in questione nei casi di lesioni personali subite, anche accidentalmente, dagli operatori delle Forze di Polizia in servizio di ordine pubblico, in occasione di manifestazioni sportive e/o di piazza, nella concitazione degli eventi stessi (ad esempio la caduta dagli spalti di uno stadio nel caso di spostamento da un settore all'altro, o a seguito di colpi sferrati involontariamente da taluno dei compartecipi all'evento di massa), dal momento che il dato normativo non farebbe alcun riferimento specifico alla necessità che l'evento si sia verificato in condizioni di particolare rischio rispetto a quello insito nelle ordinarie funzioni istituzionali.

Ciò si porrebbe in contraddizione con la costante giurisprudenza amministrativa, secondo la quale "vittima del dovere" è da considerarsi solo chi, nell' espletamento di un servizio particolarmente rischioso, cui sia stato adibito in una determinata circostanza, subisca un incidente violento che ne determini la morte o il ferimento; il che permetterebbe di differenziare lo status di "Vittima del Dovere" da quello dell' operatore di Polizia cui sia stata riconosciuta la dipendenza da causa di servizio per patologie contratte nel corso del servizio stesso.

In altri termini, secondo tale giurisprudenza, dovrebbero, ai fini della qualificazione dello status di "vittima del dovere", verificarsi circostanze e condizioni connesse ad una particolare attività di

 3 ! norma che, sostanzialmente, riporta, legandolo a fattispecie non nominate, la limitazione contenuta nella norma dell'80 così come enucleata dalla giurisprudenza che aveva valorizzato le parole "rischi specificamente attinenti" desumendone il requisito del rischio oltre l'ordinario servizio, comportante rischi specificatamente attinenti ad operazioni di Polizia, di gravità e portata superiore all'ordinario grado di pericolosità.

In conclusione, considerate l'elevata aliquota di personale costantemente impiegata nei servizi di Ordine Pubblico e, quindi, la vasta schiera dei potenziali soggetti interessati all'applicazione della normativa e l'eventuale mole di contenzioso che potrebbe scaturirne, il Ministero chiede di voler chiarire se il fatto che il legislatore abbia evidenziato in maniera specifica, alla lettera b), "lo svolgimento di servizi di Ordine Pubblico", sia indicativo della sua volontà di considerare già connaturato al servizio stesso, un coefficiente di rischio superiore a quello tipicamente insito nella funzione istituzionale

Come si vede, la stessa amministrazione qui provvedente si era posta il dubbio se alla luce del nuovo dato normativo possa ancora pretendersi, per le sei attività menzionate nel comma 563, un coefficiente di rischio superiore a quello tipicamente insito nella funzione istituzionale

Vediamo ora come il Consiglio di Stato ha risposto, chiarendo la portata innovativa della nuova normativa (Consiglio di Stato 05011/2010 in data 17/11/2010 ad sez. 29.9.10).

"Ai fini della risoluzione della questione posta dall'Amministrazione nella richiesta di parere, giova ripercorrere la normativa succedutasi nel tempo in ordine ai benefici in favore delle vittime del dovere.

Al riguardo, va sottolineato come, ai sensi del combinato disposto dell'art. 1 della legge 27 ottobre 1973 n. 629 e degli articoli 1, 2 e 3 della legge 13 agosto 1980, n. 466, le "Vittime del dovere", ai fini dell'attribuzione, all'epoca, della speciale elargizione di cui alla legge 22 febbraio 1968, n. 101, in favore delle famiglie degli appartenenti alle forze di polizia, fossero individuate nei soggetti ivi indicati "deceduti in attività di servizio per diretto effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza ad azioni terroristiche o criminose o in servizio di ordine pubblico"; nei vigili del fuoco e nei militari delle Forze armate dello Stato "in servizio di ordine pubblico o di soccorso" e nel personale deceduto "in attività di servizio per diretto effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza di eventi connessi all'espletamento di funzioni d'istituto e dipendenti da rischi specificamente attinenti a operazioni di polizia preventiva o repressiva o all'espletamento di attività di soccorso".

Come può ricavarsi dalle norme testé citate, il legislatore già all'epoca distingueva tra gli eventi pregiudizievoli derivanti da azioni terroristiche o criminose o dal servizio di ordine pubblico e quelli occorsi in occasione di operazioni di polizia preventiva o repressiva o dell'espletamento di attività di soccorso, richiedendo solo per questi ultimi (ad eccezione dei vigili del fuoco e dei militari per i servizi di soccorso) che gli eventi fossero dipendenti da un rischio specifico, diverso quindi da quelli ordinariamente connessi con il servizio.

Tale distinzione poggiava, evidentemente, sull'assunto che le azioni terroristiche o criminose e il servizio di ordine pubblico (e, per alcune categorie, anche i servizi di soccorso) contenessero già in sé un coefficiente di rischio superiore a quello insito nella funzione istituzionale.

Del resto, anche la giurisprudenza cui fa riferimento l'amministrazione, menziona la necessità dell'esistenza di un rischio specifico in fattispecie diverse da quelle riguardanti eventi connessi a servizio di ordine pubblico.

In questo contesto, l'art. 1, comma 563 della legge n. 266 del 2005, nel fornire una più analitica indicazione degli eventi qualificanti la figura delle "Vittime del dovere", innova rispetto al quadro normativo sopra delineato esclusivamente per una più analitica indicazione degli eventi recanti, per loro definizione, un rischio rilevante ai fini della individuazione dei beneficiari delle speciali provvidenze previste per le vittime del dovere. Esso, infatti, nel far riferimento ai "soggetti di cui all'art. 3 della legge 13 agosto 1980, n. 466" (che a sua volta richiama i criteri di cui ai precedenti articoli 1 e 2), mantiene la distinzione innanzi riportata, specificando ulteriormente (e ampliando) le situazioni ritenute fonti di per sé di rischio, per le quali postula esclusivamente un nesso di causalità fra le lesioni riportate e lo svolgimento delle attività ivi indicate, fra le quali conferma lo svolgimento dei servizi di ordine pubblico, senza richiedere, quindi, che sussista anche l'ulteriore condizione che, nell'ambito di detta attività, l'operatore di Polizia sia stato esposto ad un rischio di gravità superiore all'ordinario grado di pericolosità.

Va, peraltro, sottolineato che tra l'attività di ordine pubblico e il decesso o l'invalidità permanente, ai fini dell'applicazione dei benefici previsti per le vittime del dovere, deve sussistere un nesso di causalità diretta e non di mera occasionalità, nel senso che l'evento pregiudizievole deve essere determinato da una azione di polizia diretta, in via immediata, al mantenimento dell'ordine pubblico (o da una reazione ad essa), non essendo sufficiente che il medesimo evento si sia verificato nel periodo di tempo durante il quale il dipendente sia comandato a prestare servizio di ordine pubblico, ma per cause accidentali esulanti da quest'ultimo. Correlativamente, appare opportuno che l'amministrazione curi di disciplinare tassativamente i servizi che debbano propriamente qualificarsi "di ordine pubblico", attesi gli effetti giuridici ed economici che tale qualificazione comporta.

Consiglio di Stato 05011/2010 in data 17/11/2010 ad sez. 29.9.10

In sostanza, come ben spiegato dal parere consultivo del Consiglio di Stato appena riportato, oggi il dato normativo è stato innovato in modo tale da inserire sei nuovi tipi di attività, indicate dalla lettere a) alla lettera f) del comma 563, che non richiedono che il rischio affrontato esulasse da quello proprio dei compiti istituzionali, come invece era previsto (salvo anche in quel caso per un ben più ristretto novero di attività "sensibili", che comunque esisteva anche nella precedente enumerazione), dalla norma preesistente.

La portata innovativa dell'art. 1 commi 563 e 564 l. 266/05 sta dunque nell'aver ampliato il novero delle attività considerate di per sé "a rischio" (prima, solo azioni terroristiche e ordine pubblico, e soccorso per i Vigili del Fuoco) collocando la nuova e più estesa elencazione nel comma 563, tanto che, allo stato attuale della normativa (che copre gli eventi successivi al 1 gennaio 1961, come precisato dal Regolamento di attuazione della nuova legge il d.p.r. 243/06), per tutte le attività contemplate nelle lettere da a) ad f) del comma 563 è sufficiente che l'evento lesivo si sia verificato nel contesto di una di esse, senza che il rischio esulasse quello istituzionale.

Il fattore di rischio ulteriore rispetto alla norma non è richiesto nelle fattispecie governate dal comma 563, ed è stato invece ora mantenuto e posto come condizione nelle situazioni governate dal comma 564 , di attività diverse da quelle tipiche e "sensibili" individuate nel comma 563 , che potranno dare luogo ai benefici (per i cosiddetti "soggetti equiparati alle vittime del dovere") solo ricorrendo il quid pluris di rischio che la nuova norma definisce "particolari condizioni ambientali e operative".

Vi è da dire che la ricostruzione qui proposta non dovrà essere apprezzata solo in quanto fornita dal parere del Consiglio di Stato sopra citato, ma anche per essere stata pienamente recepita dalla giurisprudenza di merito più recente.

Si veda in particolare la sentenza del Tribunale di Venezia occupatasi di un militare ferito durante un turno di sentinella in Somalia (rientrante nella ipotesi della lettera C del comma 563):

... Omissis.... vedasi allegato

Tribunale Venezia, Sez. Lav., 629/12

Si veda poi il caso di una attività di salvataggio (caso rientrante nella lettera d) del comma 563) svolta da Carabiniere, nei confronti dell'occupante di un veicolo in fiamme

Il caso è stato trattato dal Tribunale e poi dalla Corte di Appello di Genova, con esiti (poi passati in giudicato) egualmente favorevoli per l'eroico militare, in un caso di particolare interesse poiché la sentenza di accoglimento fu oggetto di impugnazione da parte del Ministero dell'Interno proprio utilizzandosi la tesi, anche qui utilizzata, della necessità di un rischio ulteriore rispetto ai doveri istituzionali (si riporta il passo della sentenza che riepilogava il motivo di appello):

Così la Corte di Appello di Genova stroncava la medesima tesi qui posta alla base del diniego:

... omissis... vedasi allegato


Appello Genova, Sez. Lav., 8/12

 Più recentemente ha espresso principi identici Tribunale Padova, Sez. Lav., 762/13, e Tribunale Napoli, sez. lav., 19.12.2013.

In conclusione, appare importante ribadire che una approfondita disamina della situazione normativa impone non solo la rimessione della materia assistenziale per le Vittime del Dovere, Terrorismo e Criminalità al Giudice Ordinario, ma anche il superamento di vecchie concettualizzazioni che, se forse potevano avere un fondamento sotto il precedente dettato normativo, oggi non hanno più ragione d'essere.

Il caso trattato nella sentenza in commento fortunatamente ha ottenuto nel merito risposta positiva; ma sono tanti, troppi, i casi di Carabinieri, Poliziotti, militari, e appartenenti alle Forze dell'Ordine divenuti inabili o addirittura deceduti nel contrasto della criminalità e in attività di soccorso di innocenti, che non sono stati riconosciuti Vittime del dovere in virtù del perdurante richiamo a un requisito, quello del "rischio oltre l'ordinario", che non ha più senso.

Genova, 13.03.14

Avv. Andrea Bava

Avv.andrea@studiolegalebava.it 

 

Note:

1 Si ricordi che pacificamente la normativa sulle Vittime del Dovere (cui è stata avvicinata dal comma 564 la nuova categoria, dei "soggetti equiparati alle vittime del dovere") , opera in perfetto parallelismo con la normativa delle Vittime del terrorismo e della criminalità, creando una nuova serie di fattispecie cui attribuire i medesimi benefici assistenziali. Il comma 562 dell'art. 1 l. 266/05 infatti è la norma che ha prefigurato l'avvio del processo di equiparazione, cui ha fatto capo poi la normativa introdotta e qui invocata: "562. Al fine della progressiva estensione dei benefici gia previsti in favore delle vittime della criminalita' e del terrorismo a tutte le vittime del dovere individuate ai sensi dei commi 563 e 564, e' autorizzata la spesa annua nel limite massimo di 10 milioni di euro a decorrere dal 2006"; i commi 563 e 564 hanno individuato ex novo le nozioni di Vittime del Dovere e Soggetti equiparati, il comma 565 prevedeva la normativa estensiva dei benefici per le vittime del terrorismo e della criminalità a tali categorie tramite regolamento, poi intervenuto con il dpr 243/06, che a sua volta all'art. 1 comma a) ha richiamato come benefici gli stessi previsti per le Vittime del terrorismo e della criminalità, all'art. 2 comma 2 ha indicato come eventi tutelabili quelli successivi al 01.01.1961, esattamente come per le Vittime del terrorismo e della criminalità (art. 15 l. 206/04), ed ha esteso all'art. 4 benefici assistenziali per le vittime del terrorismo, tra cui, dal 01.01.2006, l'assegno vitalizio ex art. 2 l. 407/98. Il processo di estensione è proseguito con l'art. 34 l. 222/04, che ha esteso per intero la speciale elargizione, con l'art. 2 comma 105 l. 244/07 che ha esteso per intero (dal 01.01.2008) lo speciale assegno vitalizio;

2 564. Sono equiparati ai soggetti di cui al comma 563 coloro che abbiano contratto infermita' permanentemente invalidanti o alle quali consegua il decesso, in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni
ambientali od operative”;
Si veda poi il d.p.r. 243/06, “Regolamento concernente termini e modalità di corresponsione delle provvidenze alle vittime del dovere ed ai soggetti equiparati, ai fini della progressiva estensione dei benefici già previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo, a norma dell'articolo 1, comma 565, della legge 23 dicembre 2005, n. 266”, art. 1 comma c
1. Ai fini del presente regolamento, si intendono: Art. 1 comma c dpr 243/06: c) per particolari condizioni ambientali od operative, le condizioni comunque implicanti
l'esistenza od anche il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto.

3 - norma che, sostanzialmente, riporta, legandolo a fattispecie non nominate, la limitazione contenuta nella norma dell’80 così come enucleata dalla giurisprudenza che aveva valorizzato le parole “rischi specificamente attinenti” desumendone il requisito del rischio oltre l’ordinario

Allegato: NOTA A COMMENTO TAR LAZIO 1300 2014.pdf Allegato: Tar Lazio - Sentenza 1300 - 2014.pdf
Invia per email

LaPrevidenza.it, 21/03/2014

MARIA GINEVRA PAOLUCCI
mini sito

Via Santo Stefano 43, 40125, Bologna (BO)

Telefono:

051237192

Cellulare:

3356312148

Professione:

Docente Universitario

Aree di attività:

diritto commerciale, diritto societario, crisi di impresa, procedure concorsuali, diritto dell'arbitrato

LUCA MARIANI
mini sito

Cellulare:

3386735495

Professione:

Avvocato

Aree di attività:

Diritto penale - Diritto del lavoro - Diritto costituzionale