Il ruolo dello Stato in Italia (seconda parte)
Prof. Sergio Benedetto Sabetta
Uno Stato si irrobustisce riuscendo a coordinare mondi ed ordinamenti diversi, accogliendo ed esprimendo al contempo le diverse esigenze delle varie realtà in modo differente ma coerente, dando unitarietà all'insieme.
In una realtà quale quella italiana particolarmente frazionata, in cui già nell'Età di Mezzo si era manifestata chiaramente la mancanza di una autorità centrale "stabile nel tempo", il coordinamento si era creato dal basso nell'area centro settentrionale rientrante nel Regno d'Italia parte del Sacro Romano Impero, a fronte di una influenza Bizantina e Normanna al Sud, con una rivendicazione politica universalistica del Papato teorica ma difficile da sostenere pragmaticamente sul terreno.
Diventava quindi difficile equilibrare i vari e diffusi poteri che si formavano, cercando il modus vivendi migliore per esigenze diverse e talora contraddittorie, circostanza che conduceva a sua volta a provvedimenti sempre provvisori e sovrapposti, una circostanza rilevata anche da Dante e motivo di continua polemica, una labilità normativa propria di una struttura contraddittoria.
D'altronde questo permetteva e permette un'ampia manovrabilità o flessibilità che si voglia, una volta che le circostanze esterne lo consentano, anche rifacendosi alla massima romana "necessitas non habet legem", restano comunque i vari condizionamenti esterni sui pubblici poteri, da quelli culturali a quelli sociali, da quelli istituzionali a quelli economico- finanziari, fino a quelli internazionali.
Come nello Stato del tardo Medioevo, anche in quello moderno emergono difficoltà finanziarie e politiche, la complessità dell'ambiente sociale, le incertezze costituzionali, il pluralistico mondo culturale, la contraddittoria ideologia sempre più evidente, anche se di volta in volta negata o sottolineata secondo le convenienze del momento.
Se le istituzioni statali del tardo Medioevo trovarono spazio più che nel disfarsi degli universalismi papale e imperiale nel loro discredito. Attualmente a fronte dello svuotarsi delle istituzioni statali per le pressioni delle organizzazioni sovranazionali sia pubbliche che private, come per i rinascenti localismi, il discredito che l'attuale fase di globalizzazione economico-finanziaria va accumulando presso strati crescenti della popolazione, appare ridare uno spazio alla richiesta di nuovi interventi statali.
Rimane una debolezza del potere pubblico che in vaste aree viene prontamente riempito dal basso, un potere non costante ma saltuario, che ricompare a tratti rivendicando propri diritti in vasti vuoti organizzativi territoriali, una circostanza tipica della storia italiana.
In questa problematica viene ad innestarsi la ambivalenza della struttura ecclesiale, che se da una parte accentua la debolezza strutturale storica tipica dell'Italia, dall'altra nei momenti di crisi ne costituisce l'ossatura portante, l'ancora a cui saldarsi per la ripresa, una doppia struttura formatasi al disfarsi dell'Impero d'Occidente e di cui da allora, attraverso una progressiva gerarchizzazione, ha pervaso comunque la storia della penisola.
Le istituzioni statali vengono quindi a porsi quale collante tra i "poteri" formatisi a livello locale e i "poteri" sovranazionali, con una incapacità nel trovare un proprio equilibrio, stretti nella difficoltà ed urgenza di un rapido ammodernamento, ma al contempo privi di una propria ideologia o complesso di valori unificanti ampiamente riconosciuti, se non in termini puramente economici, una tecnologia con cui riempire un vuoto di motivazioni, circostanza che le rende ulteriormente deboli ed esposte ai vari venti del momento, molte volte incapaci a pilotare gli eventi, piuttosto subendoli.
La perdita di autorità all'esterno e di autorevolezza all'interno è anche conseguenza di un debito pubblico che in parte posseduto all'estero rende lo Stato debole, sottoposto ad attacchi e ricatti, nel quale il succedersi nel giro di un ventennio di ben due crisi finanziarie con rischio di bancarotta, lo hanno costretto a piegarsi a varie richieste estere non sempre esternabili all'opinione pubblica e a trattare con nuovi potentati locali, una riedizione in termini finanziari di una moderna Caporetto.
(Sergio Benedetto Sabetta)
LaPrevidenza.it, 18/02/2018