martedì, 10 settembre 2024

Il calcolo del punteggio di invalidità per le vittime del terrorismo, della criminalità organizzata e del dovere. Nota a commento del parere del Consiglio di Stato 2881/15

Avv. Andrea Bava

 

IL CALCOLO DEL PUNTEGGIO DI INVALIDITA' PER LE VITTIME DEL TERRORISMO, DELLA CRIMINALITA' ORGANIZZATA E DEL DOVERE. NOTA A COMMENTO DEL PARERE DEL CONSIGLIO DI STATO 2881/15

 

La problematica del calcolo del punteggio di invalidità, ossia del parametro dal quale dipende l'importo dei benefici assistenziali previsti per le vittime del dovere, del terrorismo e della criminalità organizzata, da luogo da anni a grandi problemi applicativi, in particolare a seguito dell'entrata in vigore del d.p.r. 181/09 "Regolamento recante i criteri medico-legali per l'accertamento e la determinazione dell'invalidita' e del danno biologico e morale a carico delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice, a norma dell'articolo 6 della legge 3 agosto 2004, n. 206".

 

Tale normativa fa seguito all'art. 6 comma 1 l. 206/04 ("Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice"), norma dal dato testuale non tra i più felici, espressasi come segue:

 

Articolo 6 

1. Le percentuali di invalidità già riconosciute e indennizzate in base ai criteri e alle disposizioni della normativa vigente alla data di entrata in vigore della presente legge sono rivalutate tenendo conto dell'eventuale intercorso aggravamento fisico e del riconoscimento del danno biologico e morale.

 

Con il DPR 181/09, ad onta della intitolazione che si riferisce solo alle Vittime del terrorismo (1), nelle premesse si riferisce però anche alle Vittime del dovere, richiamando le varie norme di estensione dei benefici delle vittime del terrorismo e della criminalità alle Vittime del dovere, dando luogo all'evidente considerazione che i criteri di punteggio valgano dunque anche per tale categoria (sul punto si veda Appello Genova, sez. lav., 274/14).

 

Stante l'esistenza di diversità interpretative sulle modalità di calcolo del punteggio di invalidità a tutti tali fini tra il Ministero dell'Interno (che ha sempre ritenuto ammissibile l'impiego integrale del Dpr 181/09 anche per le vittime del dovere, ed ha sempre ammesso la revisione dei punteggi) e il Ministero della Difesa (che invece ha sempre osteggiato tali pratiche, intervenendo anche con propria circolare IGESAN 9.12.2013 per imporre alle CMO di non ammettere revisioni e di non considerare neppure l'evoluzione peggiorativa), il Ministero dell'Interno ha chiesto l'intervento interpretativo del Consiglio di Stato, enucleando i seguenti quesiti:

 

il Ministero dell'interno chiede che il Consiglio di Stato si pronunci sulle seguenti questioni: 

  1. necessità che le valutazioni medico-legali dell'invalidità permanente siano espresse con un'unica percentuale, anche nel caso dell'art. 5 del d.P.R. n. 243 del 2006;
  2. possibilità di conteggiare il danno morale per tutte le categorie di vittime, anche in sede di prima valutazione dell'invalidità permanente; 
  3. possibilità di valutare per le vittime del dovere e soggetti equiparati, nonché per le vittime della criminalità organizzata gli aggravamenti dell'invalidità permanete;
  4. possibilità di restituire alle commissioni mediche ospedaliere dei verbali non conformi alle valutazioni del Consiglio di Stato per i procedimenti in itinere.

 

Il parere si è così espresso:

 

Va innanzitutto osservato che i quesiti posti dal Ministero dell'interno investono una materia caratterizzata da una stratificazione legislativa sviluppatasi nell'arco di più decenni con l'effetto che, anche sulla spinta di fattori contingenti, sono stati normativamente previsti trattamenti differenziati nei confronti delle diverse categorie di vittime e sono aumentati i soggetti destinatari delle provvidenze. La necessità di un coordinamento tra le diposizioni legislative succedutesi nel tempo, vòlto a conferire un maggiore equilibrio al sistema delle tutele di carattere solidaristico ed assistenziale nei confronti degli aventi titolo, è stata avvertita anche dal legislatore, che nella legge finanziaria 2006 ha manifestato l'intendimento di procedere alla progressiva estensione dei benefici, già previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo, delle vittime del dovere e soggetti equiparati, demandando ad un successivo regolamento termini e modalità per la corresponsione delle provvidenze entro il limite di spesa annua di 10 milioni di euro a decorrere dal 2006 (art.1, commi 562, 563, 564e 565 della legge 23 dicembre 2005 n. 266). Tuttavia non possono sfuggire la natura solo in parte precettiva e per il resto programmatica delle disposizioni espresse nei commi appena richiamati, né l'assenza in prosieguo di provvedimenti legislativi volti a riassettare in modo organico, anche attraverso un eventuale intervento delegificatorio, la complessa materia dei benefici in un'ottica di maggiore equità tra le diverse categorie interessate. Per quanto un'iniziativa nel senso sia auspicabile anche sotto il profilo etico, all'interprete non è permesso di sostituirsi al legislatore, applicando in via analogica o estensiva la più favorevole disciplina prevista per una categoria di vittime ad altre categorie destinatarie di trattamenti meno premianti, regolati da specifiche disposizioni di legge: l'analogia, infatti, presuppone una lacuna normativa a cui si sopperisce estendendo una conseguenza giuridica ad una fattispecie non prevista sulla base di una somiglianza rilevante con altra fattispecie regolata da una norma; quanto poi all'interpretazione estensiva essa può ampliare il significato precedentemente attribuito ad una formulazione normativa, purché risulti compatibile con il suo tenore letterale. Nel descritto variegato quadro normativo di riferimento una costante è rappresentata dalla circostanza che alle C.M.O. compete l'accertamento del nesso di causalità e la valutazione del danno, aspetto quest'ultimo al quale attengono i profili di criticità oggetto dei quesiti all'esame. 8. Quanto al primo quesitol'esigenza prospettata dal Ministero dell'interno, affinché le commissioni mediche ospedaliere esprimano in un'unica percentuale l'invalidità permanente e il danno biologico, è stata condivisa dal Ministero della difesa e risulta recepita nelle direttive tecniche impartite agli organi di valutazione della sanità militare. In proposito si considera che la possibilità di conglobare in un unico indice percentuale sia l'invalidità permanente (IP), riferita alla capacità lavorativa, sia il danno biologico (DB), inteso come lesione permanente dell'integrità psico-fisica, sia il danno morale (DM), quale pregiudizio non patrimoniale espressivo dello stato di sofferenza soggettivo indotto dall'evento lesivo, è un dato acquisito dall'ordinamento positivo. Infatti, il d.P.R. n. 181 del 2009, nel dettare i criteri medico- legali per l'accertamento e la determinazione dell'invalidità e del danno biologico e morale a carico delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice a norma dell'art. 6 della legge 3 agosto 2004, n. 206, fa rientrare nelle competenze delle commissioni mediche ospedaliere la definizione della percentuale unica di invalidità complessiva (IC), corrispondente alla "somma delle percentuali del danno biologico, del danno morale e del valore, se positivo, risultante dalla differenza tra la percentuale di invalidità riferita alla capacità lavorativa e la percentuale del danno biologico: IC = DB + DM + (IP - DB)" (art. 4). Detta formula, come convenuto dal Ministero della difesa, si presta ad essere utilizzata anche per il calcolo dell'invalidità complessiva nel caso in cui non ricorrano i presupposti per la valutazione del danno morale e consente di corrispondere le elargizioni e altre provvidenze previste per le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata e per le vittime del dovere ed equiparati in proporzione alla percentuale di invalidità permanente riconosciuta, con riferimento alla capacità lavorativa, come previsto dall'art. 1 della legge 20 ottobre 1990, n. 302 e successive modificazioni e integrazioni. Pertanto, relativamente al quesito in esame non resta che concludere che le valutazioni finali delle C.M.O. devono esprimere con un'unica percentuale le poste di danno considerate. 9. Le posizioni del Ministero dell'interno e del Ministero della difesa divergono sensibilmente a cominciare dal secondo quesito. In particolare, per ciò che concerne il danno morale di cui all'art. 4 del d.P.R. n. 181 del 2009, il Ministero dell'interno ritiene che tale posta di danno: 

  • debba essere riconosciuta a tutte le vittime del terrorismo, sia in sede di prima valutazione, sia in sede di aggravamento in quanto l'art. 6 della legge n. 206 del 2004, conformandosi all'evoluzione della giurisprudenza della corte di cassazione, ha disposto la rivalutazione delle invalidità già riconosciute al momento dell'entrata in vigore della legge suddetta, contemplando anche il parametro del danno morale; 
  • debba essere presa in esame dalla C.M.O. anche in sede del primo accertamento dell'invalidità successivo all'entrata in vigore della suddetta legge, per evitare discriminazioni tra valutazioni anteriori e posteriori alla legge n. 206 del 2004.

Per le stesse ragioni il Ministero dell'interno esprime l'avviso che la posta del danno morale debba applicarsi anche alle vittime del dovere e ai loro equiparati per effetto dell'art. 4 del regolamento di cui al d.P.R. n. 243 del 2006, che ha esteso a dette categorie il beneficio di cui all'art. 6 della legge n. 206 del 2004; sostiene, altresì, che ragioni di equità suggerirebbero di estendere lo stesso beneficio d anche le vittime della criminalità organizzata sulla base di una interpretazione logico- sistematica della predetta disposizione di legge. Di contro il Ministero della difesa, ritenendo chiaro e tassativo il disposto dell'art. 6 della legge 206 del 2004, ne postula un'interpretazione letterale in base alla quale la valutazione del danno morale e dell'aggravamento sono consentite esclusivamente nei confronti delle vittime del terrorismo, già indennizzate prima dell'entrata in vigore della legge n. 206 del 2004, nonché alla vittime del dovere di cui alla legge 27 ottobre 1973 n. 628 (appartenenti ai corpi di polizia deceduti in attività di servizio per diretto effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza ad azioni terroristiche o criminose o in servizio di ordine pubblico), e della legge 13 agosto 1980, n. 466 (magistrati,vigili del fuoco e militari delle Forze armate dello Stato in servizio di ordine pubblico o di soccorso e cittadini vittime del dovere e di azioni terroristiche), in quanto uniche indennizzate prima del 1° gennaio 2006, data di estensione alle vittime del dovere del benefico in esame ai sensi dell'art. 4 del d.P.R. n. 243 del 2006. La Sezione osserva che la legge 3 agosto 2004, n. 206, come si legge nella relazione illustrativa al relativo disegno di legge di iniziativa parlamentare (atto Camera n. 2725 della XIV legislatura), "riguarda una cerchia di soggetti relativamente ristretta sotto il profilo numerico, tenendo conto del fatto che per vittime del terrorismo devono intendersi esclusivamente le vittime (ed i superstiti) di attività criminose, che presentano peculiari caratteristiche, tali da consentire di distinguere

nettamente l'atto terroristico ed eversivo da altri atti criminali (criminalità organizzata) o da altri penalmente illeciti". Infatti la legge n. 206/2004, proposta ed approvata nel clima dei tragici attentati dell'11 settembre 2001, persegue lo scopo di estendere alle vittime del terrorismo di cui alla legge n. 302 del 1990 e successive modifiche e integrazioni alcune delle norme applicate a favore degli "ex combattenti" e dei dipendenti militari soprattutto con riferimento al trattamento di pensione privilegiata e ai benefici fiscali. La stessa legge, al fine di riequilibrare trattamenti estremamente differenziati di cui avevano beneficiato sino allora le vittime del terrorismo per effetto delle disposizioni di legge precedenti, all'art. 6, comma 1, ha previsto la valutazione del danno complessivo, tenendo conto dell'eventuale intercorso aggravamento fisico incluso il danno morale, la rivalutazione delle singole invalidità, l'elevazione del punto percentuale d'invalidità con effetto retroattivo, nonché il ricalcolo delle indennità già erogate dalle precedenti leggi. Si tratta di un'operazione di riequilibrio di carattere eccezionale subordinata a ben definite condizioni soggettive e oggettive, in quanto rivolta soltanto alle vittime del terrorismo riconosciute antecedentemente all'entrata in vigore della legge n. 206 del 2004, individuate in complessive 10 unità, a beneficio delle quali la legge ha autorizzato per il solo anno 2004 la spesa di 300.000 euro per la rivalutazione delle percentuali di invalidità già corrisposte. Nel contesto descritto non si ritiene che l'art. 6, comma 1, della legge n. 206 del 2004 abbia espresso un principio di carattere generale applicabile all'intero corpo normativo delle vittime del terrorismo e del dovere, con l'effetto di estendere il riconoscimento del danno morale a soggetti ulteriori rispetto a quelli indicati nella suddetta diposizione legislativa. Né, invero, stanti i vincoli posti dalla norma di rango primario, il d.P.R. n. 181 del 2009 che regolamenta l'applicazione dell'art. 6 detto e dètta i criteri medico-legali per l'accertamento e la determinazione dell'invalidità e delle diverse tipologie di danno, può operare oltre i limiti fissati dalla fonte sovraordinata. In definitiva il decreto n. 181 integra le disposizioni contenute nel d.P.R. 28 luglio 1999 n. 510, che disciplina il procedimento per il riconoscimento dei benefici previsti per le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, per dare attuazione all'art. 6 della legge n. 206 del 2004, e a tal fine: - all'art. 3 detta i criteri medico-legali per l'accertamento dell'invalidità permanente, con la specifica - evidentemente riferita alla prime visite - che le C.M.O. devono procedere tenendo conto esclusivamente della percentuale d'invalidità permanente (IP), riferita alla capacità lavorativa; - al successivo art. 4, fornisce i criteri medico legali per la rivalutazione dell'invalidità permanente e per la determinazione - esclusivamente in tale sede - del danno biologico e del danno morale. Analoghi confini oggettivi e soggettivi sono stati fissati nel caso dell'estensione alle vittime del dovere ed equiparati dei benefici previsti per le vittime del terrorismo, disposta dai commi 562, 563, 564 e 565 dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005 (finanziaria 2006) e regolamentata dal d.P.R. 7 luglio 2006 n. 243, che tra l'altro all'art. 4, comma 1, lettera c), n. 1) ha previsto la possibilità di rivalutazione delle infermità permanenti invalidanti o alle quali è conseguito il decesso per effetto delle particolari condizioni ambientali od operative di missione, limitatamente a quelle riconosciute e indennizzate prima dell'entrata in vigore della legge finanziaria 2006. Per quanto sin qui considerato, la Sezione condivide l'obiezione del Ministero della Difesa che ha evidenziato come l'allargamento dell'ambito di applicazione dell'art. 6 della legge n. 206 del 2004 provocherebbe un considerevole ampliamento dei destinatari dei benefici, non previsto dalla legislazione sulle vittime, e una dilatazione della spesa pubblica priva di copertura finanziaria, con particolare riguardo all'assegno e allo speciale assegno vitalizio (che sono attribuiti soltanto per le invalidità permanenti pari o superiori al 25%). 

La Sezione conviene, altresì, che i benefici introdotti dall'art .6 della legge n. 206 del 2004, in mancanza di una disposizione di legge che lo preveda, non possono essere attribuiti in via interpretativa alle vittime della criminalità organizzata, del racket e dell'usura. 10. In merito al terzo quesito, concernente la possibilità di richiedere ed effettuare la valutazione di eventuali aggravamenti per le vittime del dovere e soggetti equiparati, nonché per le vittime della criminalità organizzata, si registrano due posizioni contrapposte. Quanto alla prima, il Ministero dell'interno sostiene che, pur in assenza di norma primaria, il sopravvenuto aggravamento fisico potrebbe essere ammesso con un'interpretazione estensiva dell'art. 5, comma 1, del d.P.R. n. 510 del 1999, il quale prevede che la C.M.O. "...esprime il giudizio sanitario sulle cause delle ferite o lesioni che hanno determinato il decesso o la invalidità, accerta il grado dell'eventuale invalidità riscontrata, stabilisce la percentuale dell'invalidità e dell'eventuale aggravamento, ed accerta comunque se l'invalidità riportata comporti la cessazione la cessazione dell'attività lavorativa o del rapporto d'impiego...". Di avviso diverso è il Ministero della difesa, il quale sostiene che l'art. 5, comma 1, del d.P.R. n. 510 del 1999 non ha inteso introdurre un procedimento "a regime" di rivalutazione delle invalidità, sulla falsariga di quello previsto in materia di pensione privilegiata ordinaria o di pensioni di guerra, bensì, in attuazione dell'art. 5 della legge 23 novembre 1998, n. 407, è volto a disciplinare le modalità di attuazione della legge suddetta, che ha introdotto per le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata alcuni benefici, quali l'assegno vitalizio di 500.000 lire, le due annualità di pensione, il collocamento obbligatorio, le borse di studio, la riliquidazione della speciale elargizione di cui alla legge n. 466 del 1980, come modificata dall'art. 12 dalla legge n. 302 del 1990. Anche in questo caso, secondo la Difesa, la valutazione dell'aggravamento costituisce una misura "una tantum", resa necessaria per evitare disparità di trattamento tra i destinatari delle provvidenze, posto che per espressa previsione dell'art. 5, comma 1, della legge n. 407 del 1998 i benefici dalla stessa prevista possono applicarsi agli eventi verificatisi a decorrere dal 1° gennaio 1969. La Sezione ritiene condivisibile l'avviso del Ministero della Difesa, in quanto, a differenza della normativa pensionistica, privilegiata e di guerra, che consente la rivalutazione del trattamento per effetto dell'aggravamento dell'invalidità, i benefici previsti dalle disposizioni di legge a favore delle diverse categorie di vittime hanno carattere indennitario, sono previsti a vita in misura predeterminata purché l'interessato abbia riportato un'invalidità uguale o superiore al 25%, e non prevedono la possibilità di riliquidazione a seguito di aggravamento. Tuttavia non può sfuggire che la revisione conseguente all'eventuale aggravamento delle patologie potrebbe ingenerare un flusso non facilmente quantificabile di istanze di aggravamento (originato da coloro che abbiano avuta riconosciuta una percentuale di invalidità inferiore al 25%) certamente non coerente con il sistema indennitario "una tantum" e più oneroso di quest''ultimo sul piano finanziario. E' consequenziale, pertanto, che qualsiasi variazione al sistema indennitario debba essere riservata all'apprezzamento discrezionale del legislatore anche per i prevedibili e non trascurabili riflessi sulla spesa pubblica 11. Quanto, infine, al quarto quesito, è ragionevole che possano essere rinviate alla C.M.O. con richiesta di riesame soltanto i giudizi relativi a pratiche ancora pendenti, per le quali detti organi collegiali non abbiano espresso una percentuale unica d'invalidità, nei casi in cui la stessa sia normativamente prescritta.

12. A conclusione del presente parere, la Sezione non può astenersi dal ribadire che le incertezze applicative, alla base dei quesiti esaminati, discendono dalla stratificazione delle norme che regolano la specifica materia, le quali risultano nel complesso confuse e imperfette. Avuto riguardo, pertanto, alle aspettative dei destinatari dei benefici e considerata la complessità del quadro normativo di riferimento, che necessita di un intervento volto a coordinare, semplificare e rendere verificabili da chiunque i parametri da prendere in considerazione per i diversi trattamenti previsti, la Sezione ritiene che ricorra l'ipotesi di cui all'art. 58 del regio decreto 21 aprile 1944 n. 444 ("[q]uando dall'esame degli affari discussi dal Consiglio di Stato risulti che la legislazione vigente è in parte oscura, imperfetta od incompleta, il Consiglio ne fa rapporto al Capo del Governo"), sicché va disposta la trasmissione del presente parere al Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Le motivazioni di tale orientamento non appaiono invero assolutamente convincenti, adeguandosi quasi acriticamente sulla posizione del Ministero Della Difesa, in particolare (ma non solo) nell'attribuire all'art. 6 comma 1 legge 206/04 un riferimento alle sole situazioni già indennizzate (pur incoerentemente riferendosi... ai fatti dell'11 settembre 2001, che in realtà non coinvolsero italiani) che, come si vedrà tramite una disamina approfondita del dato normativo, non gli è in realtà proprio, e assumendo comunque posizioni ingiustamente rigide che non appaiono conformi alle norme applicabili, per lo più giustificando tali scelte con argomentazioni generali, anche economiche, poco condivisibili.

 

Esaminando punto per punto il parere del Consiglio di Stato in realtà sarà ben possibile giungere, dati giuridici alla mano, a considerazioni completamente opposte.

 

Sul primo quesito

 

il Ministero dell'interno chiede che il Consiglio di Stato si pronunci sulle seguenti questioni: 

a) necessità che le valutazioni medico-legali dell'invalidità permanente siano espresse con un'unica percentuale, anche nel caso dell'art. 5 del d.P.R. n. 243 del 2006.

 

La risposta al primo quesito appare positiva

 

Quanto al primo quesito, l'esigenza prospettata dal Ministero dell'interno, affinché le commissioni mediche ospedaliere esprimano in un'unica percentuale l'invalidità permanente e il danno biologico, è stata condivisa dal Ministero della difesa e risulta recepita nelle direttive tecniche impartite agli organi di valutazione della sanità militare. In proposito si considera che la possibilità di conglobare in un unico indice percentuale sia l'invalidità permanente (IP), riferita alla capacità lavorativa, sia il danno biologico (DB), inteso come lesione permanente dell'integrità psico-fisica, sia il danno morale (DM), quale pregiudizio non patrimoniale espressivo dello stato di sofferenza soggettivo indotto dall'evento lesivo, è un dato acquisito dall'ordinamento positivo.

 

In realtà in questa fase il parere quasi inconsapevolmente affermerebbe un principio epocale, in particolare per le Vittime del dovere (se non fosse poi quello che si leggerà di seguito).

 

Anche il prosieguo della trattazione è solo apparentemente neutro:

 

Infatti, il d.P.R. n. 181 del 2009, nel dettare i criteri medico-legali per l'accertamento e la determinazione dell'invalidità e del danno biologico e morale a carico delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice a norma dell'art. 6 della legge 3 agosto 2004, n. 206, fa rientrare nelle competenze delle commissioni mediche ospedaliere la definizione della percentuale unica di invalidità complessiva (IC), corrispondente alla "somma delle percentuali del danno biologico, del danno morale e del valore, se positivo, risultante dalla differenza tra la percentuale di invalidità riferita alla capacità lavorativa e la percentuale del danno biologico: IC = DB + DM + (IP - DB)" (art. 4). Detta formula, come convenuto dal Ministero della difesa, si presta ad essere utilizzata anche per il calcolo dell'invalidità complessiva nel caso in cui non ricorrano i presupposti per la valutazione del danno morale e consente di corrispondere le elargizioni e altre provvidenze previste per le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata e per le vittime del dovere ed equiparati in proporzione alla percentuale di invalidità permanente riconosciuta, con riferimento alla capacità lavorativa, come previsto dall'art. 1 della legge 20 ottobre 1990, n. 302 e successive modificazioni e integrazioni. Pertanto, relativamente al quesito in esame non resta che concludere che le valutazioni finali delle C.M.O. devono esprimere con un'unica percentuale le poste di danno considerate.

 

Le conseguenze dell'inserimento delle sole due voci di IP e DB nella formula verranno esaminate in seguito, dovendosi prima procedere a ulteriori considerazioni esplicative legate anche alle risposte agli altri quesiti.

 

Come si anticipava, affermare che per le Vittime del dovere competa un valore dato dalla somma di invalidità permanente e danno biologico sarebbe una grande svolta, proprio poiché fino a oggi la prassi ha escluso tale beneficio.

 

Il caso dell'art. 5 dpr 243/06 cui si faceva cenno nel quesito del Ministero dell'Interno era quello della regolamentazione della percentuale di invalidità contenuta nel dpr 243/06, ossia nel Regolamento concernente termini e modalità di corresponsione delle provvidenze alle vittime del dovere ed ai soggetti equiparati, ai fini della progressiva estensione dei benefici già previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo, a norma dell'articolo 1, comma 565, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.

 

Tale norma si occupa proprio di invalidità permanente e danno biologico, e recita:

 

Percentualizzazione della invalidità permanente

  1. La percentualizzazione della invalidità permanente, viene valutata in base alle tabelle per i gradi di invalidità e relative modalità d'uso, approvate con il decreto del Ministro della sanità in data DM 5 febbraio 1992, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 47 del 26 febbraio 1992, e successive modificazioni. 
  2. La percentualizzazione del danno biologico viene valutata in base alla tabella delle menomazioni e relativi criteri applicativi, approvata con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale in data 12 luglio 2000, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 172 del 25 luglio 2000, e successive modificazioni.

 

 

 

Tale norma è sempre stata applicata dalle CMO della Sanità Militare, cui sono demandate le valutazioni medico legali in via amministrativa per le varie categorie di Vittime, nel senso di applicare il punteggio maggiore tra i due (invalidità permanente e danno biologico) , anche se, oggettivamente, non vi è ragione alcuna alla base di tale interpretazione.

 

Dunque, stando alla risposta al primo quesito, parrebbe acquisito che non solo si dovessero sommare già le due voci IP e DB del dpr. 243/06, ma che lo stesso dovrebbe farsi per le tre voci DB, DM e IP del dpr 181/09.

 

Quale sia la volontà vera del Consiglio di Stato a riguardo è però svelata subito dopo, nella risposta al secondo quesito, che, si ricordi, era:

 

b) possibilità di conteggiare il danno morale per tutte le categorie di vittime, anche in sede di prima valutazione dell'invalidità permanente;

 

La risposta è la seguente:

 

Le posizioni del Ministero dell'interno e del Ministero della difesa divergono sensibilmente a cominciare dal secondo quesito. In particolare, per ciò che concerne il danno morale di cui all'art. 4 del d.P.R. n. 181 del 2009, il Ministero dell'interno ritiene che tale posta di danno: 

  • debba essere riconosciuta a tutte le vittime del terrorismo, sia in sede di prima valutazione, sia in sede di aggravamento in quanto l'art. 6 della legge n. 206 del 2004, conformandosi all'evoluzione della giurisprudenza della corte di cassazione, ha disposto la rivalutazione delle invalidità già riconosciute al momento dell'entrata in vigore della legge suddetta, contemplando anche il parametro del danno morale; 
  • debba essere presa in esame dalla C.M.O. anche in sede del primo accertamento dell'invalidità successivo all'entrata in vigore della suddetta legge, per evitare discriminazioni tra valutazioni anteriori e posteriori alla legge n. 206 del 2004. Per le stesse ragioni il Ministero dell'interno esprime l'avviso che la posta del danno morale debba applicarsi anche alle vittime del dovere e ai loro equiparati per effetto dell'art. 4 del regolamento di cui al d.P.R. n. 243 del 2006, che ha esteso a dette categorie il beneficio di cui all'art. 6 della legge n. 206 del 2004; sostiene, altresì, che ragioni di equità suggerirebbero di estendere lo stesso beneficio d anche le vittime della criminalità organizzata sulla base di una interpretazione logico- sistematica della predetta disposizione di legge. Di contro il Ministero della difesa, ritenendo chiaro e tassativo il disposto dell'art. 6 della legge 206 del 2004, ne postula un'interpretazione letterale in base alla quale la valutazione del danno morale e dell'aggravamento sono consentite esclusivamente nei confronti delle vittime del terrorismo, già indennizzate prima dell'entrata in vigore della legge n. 206 del 2004, nonché alla vittime del dovere di cui alla legge 27 ottobre 1973 n. 628 (appartenenti ai corpi di polizia deceduti in attività di servizio per diretto effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza ad azioni terroristiche o criminose o in servizio di ordine pubblico), e della legge 13 agosto 1980, n. 466 (magistrati, vigili del fuoco e militari delle Forze armate dello Stato in servizio di ordine pubblico o di soccorso e cittadini vittime del dovere e di azioni terroristiche), in quanto uniche indennizzate prima del 1° gennaio 2006, data di estensione alle vittime del dovere del benefico in esame ai sensi dell'art. 4 del d.P.R. n. 243 del 2006.

 

La Sezione osserva che la legge 3 agosto 2004, n. 206, come si legge nella relazione illustrativa al relativo disegno di legge di iniziativa parlamentare (atto Camera n. 2725 della XIV legislatura), "riguarda una cerchia di soggetti relativamente ristretta sotto il profilo numerico, tenendo conto del fatto che per vittime del terrorismo devono intendersi esclusivamente le vittime (ed i superstiti) di attività criminose, che presentano peculiari caratteristiche, tali da consentire di distinguere nettamente l'atto terroristico ed eversivo da altri atti criminali (criminalità organizzata) o da altri penalmente illeciti". Infatti la legge n. 206/2004, proposta ed approvata nel clima dei tragici attentati dell'11 settembre 2001, persegue lo scopo di estendere alle vittime del terrorismo di cui alla legge n. 302 del 1990 e successive modifiche e integrazioni alcune delle norme applicate a favore degli "ex combattenti" e dei dipendenti militari soprattutto con riferimento al trattamento di pensione privilegiata e ai benefici fiscali. La stessa legge, al fine di riequilibrare trattamenti estremamente differenziati di cui avevano beneficiato sino allora le vittime del terrorismo per effetto delle disposizioni di legge precedenti, all'art. 6, comma 1, ha previsto la valutazione del danno complessivo, tenendo conto dell'eventuale intercorso aggravamento fisico incluso il danno morale, la rivalutazione delle singole invalidità, l'elevazione del punto percentuale d'invalidità con effetto retroattivo, nonché il ricalcolo delle indennità già erogate dalle precedenti leggi. Si tratta di un'operazione di riequilibrio di carattere eccezionale subordinata a ben definite condizioni soggettive e oggettive, in quanto rivolta soltanto alle vittime del terrorismo riconosciute antecedentemente all'entrata in vigore della legge n. 206 del 2004, individuate in complessive 10 unità, a beneficio delle quali la legge ha autorizzato per il solo anno 2004 la spesa di 300.000 euro per la rivalutazione delle percentuali di invalidità già corrisposte. Nel contesto descritto non si ritiene che l'art. 6, comma 1, della legge n. 206 del 2004 abbia espresso un principio di carattere generale applicabile all'intero corpo normativo delle vittime del terrorismo e del dovere, con l'effetto di estendere il riconoscimento del danno morale a soggetti ulteriori rispetto a quelli indicati nella suddetta diposizione legislativa. Né, invero, stanti i vincoli posti dalla norma di rango primario, il d.P.R. n. 181 del 2009 che regolamenta l'applicazione dell'art. 6 detto e dètta i criteri medico-legali per l'accertamento e la determinazione dell'invalidità e delle diverse tipologie di danno, può operare oltre i limiti fissati dalla fonte sovraordinata. In definitiva il decreto n. 181 integra le disposizioni contenute nel d.P.R. 28 luglio 1999 n. 510, che disciplina il procedimento per il riconoscimento dei benefici previsti per le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, per dare attuazione all'art. 6 della legge n. 206 del 2004, e a tal fine:

  • all'art. 3 detta i criteri medico-legali per l'accertamento dell'invalidità permanente, con la specifica - evidentemente riferita alla prime visite - che le C.M.O. devono procedere tenendo conto esclusivamente della percentuale d'invalidità permanente (IP), riferita alla capacità lavorativa; 
  • al successivo art. 4, fornisce i criteri medico legali per la rivalutazione dell'invalidità permanente e per la determinazione - esclusivamente in tale sede - del danno biologico e del danno morale. 

Analoghi confini oggettivi e soggettivi sono stati fissati nel caso dell'estensione alle vittime del dovere ed equiparati dei benefici previsti per le vittime del terrorismo, disposta dai commi 562, 563, 564 e 565 dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005 (finanziaria 2006) e regolamentata dal d.P.R. 7 luglio 2006 n. 243, che tra l'altro all'art. 4, comma 1, lettera c), n. 1) ha previsto la possibilità di rivalutazione delle infermità permanenti invalidanti o alle quali è conseguito il decesso per effetto delle particolari condizioni ambientali od operative di missione, limitatamente a quelle riconosciute e indennizzate prima dell'entrata in vigore della legge finanziaria 2006.

Per quanto sin qui considerato, la Sezione condivide l'obiezione del Ministero della Difesa che ha evidenziato come l'allargamento dell'ambito di applicazione dell'art. 6 della legge n. 206 del 2004 provocherebbe un considerevole ampliamento dei destinatari dei benefici, non previsto dalla legislazione sulle vittime, e una dilatazione della spesa pubblica priva di copertura finanziaria, con particolare riguardo all'assegno e allo speciale assegno vitalizio (che sono attribuiti soltanto per le invalidità permanenti pari o superiori al 25%). La Sezione conviene, altresì, che i benefici introdotti dall'art .6 della legge n. 206 del 2004, in mancanza di una disposizione di legge che lo preveda, non possono essere attribuiti in via interpretativa alle vittime della criminalità organizzata, del racket e dell'usura.

 

In sostanza, il parere sostiene che non solo il Danno Morale non varrebbe per le vittime del Dovere (2) e della Criminalità Organizzata, ma addirittura che il calcolo ex art. 6 comma 1 l. 206/04 per le Vittime del terrorismo stesse si applicherebbe in realtà solo a 10 soggetti in tutta Italia...

 

Dunque, stando a tale conclusione, per le tre categorie beneficiarie dei medesimi benefici si avrebbe una applicazione diversa dello stesso dpr 181/09 che porterebbe a distinguere:

 

  1. Da una parte le vittime del terrorismo (asseritamente 10) già valutate prima della legge 206/04, cui si applicherebbe per intero il dpr 181/09, e dunque la quantificazione dei benefici con la formula dell'art. 4.
  2. Poi le vittime del dovere, cui competerebbe una valutazione data dalla somma di invalidità permanente e danno biologico IP + DB (calcolate ex dpr 181/09), come apparentemente avrebbe spiegato la risposta al primo quesito; c. le vittime della criminalità organizzata, di cui non è dato sapere il destino. 
  3. Ed infine 
  • le vittime del terrorismo divenute tali per eventi successivi alla legge 206/04 nonché
  • quelle divenute tali per eventi anteriori al 1967 (neo-tutelati dalla legge 206/04, e dunque non valutabili prima) nonché ancora
  • quelle cui occorsero eventi terroristici prima della legge 206/04 ma frattanto non valutate per ritardi, o omissioni, o anche per non avere ancora avanzato richieste

Tre sub-categorie cui competerebbe ... solo la invalidità permanente IP.

 

La tesi del Consiglio di Stato (e della Avvocatura, che in questo caso si è anch'essa appoggiata al volere del Ministero della Difesa) è però giuridicamente sbagliata per definizione contrastando in realtà con la espressa volontà del legislatore.

 

Infatti, non è concepibile che la possibilità di far valutare il danno biologico e morale possa riferirsi solo ai 10 fortunati cui il parere farebbe riferimento.

 

Si ricordi che l'attenzione in senso positivo per tutta la categoria è attestata dalla stessa DIRETTIVA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 27 luglio 2007 (in Gazz. Uff., 2 agosto, n. 178). - Disposizioni in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi, a norma della legge 3 agosto 2004, n. 206.", che espressamente ha affermato:

 

Il Parlamento, rendendosi interprete delle giuste aspettative di riconoscimento di quanti, vittime e familiari, hanno pagato un tributo altissimo in termini di sofferenza fisica e morale per fatti di terrorismo, durante una lunga e sanguinosa stagione che ha visto uniti, nello stesso tragico destino, rappresentanti delle Istituzioni, soggetti aventi ruoli di responsabilita' nell'ambito del sistema produttivo, sociale e culturale del Paese e comuni cittadini, e' intervenuto, da ultimo, con la legge 3 agosto 2004, n. 206, di seguito denominata: "legge n. 206 del 2004" nell'intento di offrire alle vittime ed ai loro familiari, anche superstiti, strumenti piu' adeguati di tutela e sostegno. E' in forza del legame di appartenenza alla comunita' democraticamente fondata, contro cui e' stata portata una vera e propria guerra, che le vittime del terrorismo e delle stragi e i loro familiari sono resi destinatari dalla legge n. 206 del 2004 di una normativa affatto speciale, caratterizzata da istituti particolarissimi che postulano, in eguaglianza di posizioni tra gli appartenenti alla medesima categoria, benefici economici, fiscali, assistenziali, pensionistici e previdenziali, anche in deroga alle norme previste dai singoli ordinamenti. Si tratta di misure, talune gia' note alla precedente legislazione, altre di nuova concezione, ma tutte finalizzate ad apprestare un sistema di provvidenze non meramente simbolico, a favore delle vittime del terrorismo e dei loro familiari.

 

Già da ciò si capisce come ben fondata fosse la tesi del Ministero dell'Interno che aveva suggerito la piena applicazione dei criteri più favorevoli a tutte le vittime del terrorismo ("In particolare, per ciò che concerne il danno morale di cui all'art. 4 del d.P.R. n. 181 del 2009, il Ministero dell'interno ritiene che tale posta di danno: 

  • debba essere riconosciuta a tutte le vittime del terrorismo, sia in sede di prima valutazione, sia in sede di aggravamento in quanto l'art. 6 della legge n. 206 del 2004, conformandosi all'evoluzione della giurisprudenza della corte di cassazione, ha disposto la rivalutazione delle invalidità già riconosciute al momento dell'entrata in vigore della legge suddetta, contemplando anche il parametro del danno morale;). 

Ma ciò non basta: il Consiglio di Stato con il parere in esame non ha neppure considerato l'intervento della Corte di Cassazione esplicito sul dpr 181/09:

 

In materia di trattamenti previdenziali e assistenziali spettanti alle vittime di atti terroristici, dopo la sentenza del Tribunale è sopravvenuto il D.P.R. 30 ottobre 2009, n. 181, Regolamento recante i criteri medico-legali per l'accertamento e la determinazione dell'invalidità e del danno biologico e morale a carico delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice, a norma della L. 3 agosto 2004, n. 206, art. 6. Il suddetto Regolamento si propone di dettare una disciplina univoca e generale che consenta l'applicazione pratica della L. n. 206 del 2004, art. 6, norma che impone la rivalutazione delle indennità tenendo conto anche del danno biologico e morale, senza tuttavia individuarne i criteri. La portata applicativa del provvedimento si desume dalle premesse, ove si esplicita che i provvedimenti previgenti in tema di riconoscimento delle invalidità (DPR 510/1999 e 243/2006) "necessitano di integrazioni al fine dell'applicazione" del citato art. 6 ed ove si chiarisce che le disposizioni ivi contenute hanno carattere generale e che ad esse debbono attenersi le commissioni mediche competenti ai fini della concessione dei benefici in favore delle vittime civili del terrorismo e della criminalità organizzata. Nelle disposizioni finali inoltre si prevede che le valutazioni dell'invalidità operate in difformità rispetto alle disposizioni del regolamento possono formare oggetto di revisione da parte dei competenti organismi sanitari previa domanda degli interessati; si aggiunge che la determinazione della nuova percentuale di invalidità si applica anche alle domande presentate a partire dalla data di entrata in vigore della L. n. 206, citata cui non sia seguito l'accertamento medico-legale da parte delle commissioni mediche per sopravvenuto decesso del danneggiato. Tutto quanto riportato manifesta come solo agli accertamenti compiuti in applicazione dei suddetti criteri possa attribuirsi carattere di definitività e che solo l'applicazione di tali criteri realizza compiutamente l'intento sotteso alla previsione della L. n. 206 del 2004, art. 6. In tal senso quindi alla normativa richiamata è stata assegnata la funzione di integrare ab origine la previsione della L. n. 206, art. 6, e portata interpretativa per la sua applicazione, sicchè deve operare anche nei procedimenti giurisdizionali non conclusi con sentenza definitiva alla data della sua entrata in vigore. Lo ius superveniens opera quindi nel rapporto controverso anche nel presente giudizio di legittimità, essendo la normativa sopraggiunta pertinente rispetto alle questioni agitate nel ricorso (sull'individuazione delle condizioni necessarie per l'applicazione dello ius superveniens nel giudizio di Cassazione così da ultimo Cass. Sez. L, Sentenza n. 16266 del 26/07/2011, Sez. L, Sentenza n. 16642 del 01/10/2012).

 

Cassazione civile, sez. lav. 27/05/2014 n. 11834

Diritto & Giustizia 2014 (nota TONETTI)

Giustizia Civile Massimario 2014, rv 630968

 

Il Parere del Consiglio di Stato cui tanto l'amministrazione fa riferimento non cita neppure la decisione della Cassazione appena citata, la quale a sua volta esprime pienamente la assoluta volontà del legislatore del d.p.r. 181/09 di attribuire tutela piena e totale a tutti i soggetti nella stessa situazione, tanto che

 

  • ­essa definisce il relativo regime giuridico "disciplina univoca e generale che consenta  l'applicazione pratica della L. n. 206 del 2004, art. 6" (con buona pace del parere che la  riferirebbe solo a 10 soggetti);
  • precisa la funzione generalizzata anche ai fini della valutazione ai fini delle Vittime del  dovere (cui si riferisce esplicitamente il d.p.r. 243/06) laddove precisa che i provvedimenti  previgenti in tema di riconoscimento delle invalidità (DPR 510/1999 e 243/2006)  "necessitano di integrazioni al fine dell'applicazione" del citato art. 6;
  • precisa l'applicazione anche alle Vittime della Criminalità organizzata : "ad esse debbono  attenersi le commissioni mediche competenti ai fini della concessione dei benefici in favore  delle vittime civili del terrorismo e della criminalità organizzata.  ­ 
  • Riconferma anche la possibilità di revisione delle già intervenute valutazioni ("prevede che  le valutazioni dell'invalidità operate in difformità rispetto alle disposizioni del  regolamento possono formare oggetto di revisione da parte dei competenti organismi  sanitari previa domanda degli interessati")

 

Riguardo a quest'ultima problematica entra in gioco la risposta al terzo quesito, laddove il Parere fornisce risposta negativa proprio alla possibilità di impiegare il sistema ex art. 6 comma 1 in sede di seconda valutazione:

 

10. In merito al terzo quesito, concernente la possibilità di richiedere ed effettuare la valutazione di eventuali aggravamenti per le vittime del dovere e soggetti equiparati, nonché per le vittime della criminalità organizzata, si registrano due posizioni contrapposte. Quanto alla prima, il Ministero dell'interno sostiene che, pur in assenza di norma primaria, il sopravvenuto aggravamento fisico potrebbe essere ammesso con un'interpretazione estensiva dell'art. 5, comma 1, del d.P.R. n. 510 del 1999, il quale prevede che la C.M.O. "...esprime il giudizio sanitario sulle cause delle ferite o lesioni che hanno determinato il decesso o la invalidità,  12 accerta il grado dell'eventuale invalidità riscontrata, stabilisce la percentuale dell'invalidità e dell'eventuale aggravamento, ed accerta comunque se l'invalidità riportata comporti la cessazione la cessazione dell'attività lavorativa o del rapporto d'impiego...". Di avviso diverso è il Ministero della difesa, il quale sostiene che l'art. 5, comma 1, del d.P.R. n. 510 del 1999 non ha inteso introdurre un procedimento "a regime" di rivalutazione delle invalidità, sulla falsariga di quello previsto in materia di pensione privilegiata ordinaria o di pensioni di guerra, bensì, in attuazione dell'art. 5 della legge 23 novembre 1998, n. 407, è volto a disciplinare le modalità di attuazione della legge suddetta, che ha introdotto per le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata alcuni benefici, quali l'assegno vitalizio di 500.000 lire, le due annualità di pensione, il collocamento obbligatorio, le borse di studio, la riliquidazione della speciale elargizione di cui alla legge n. 466 del 1980, come modificata dall'art. 12 dalla legge n. 302 del 1990. Anche in questo caso, secondo la Difesa, la valutazione dell'aggravamento costituisce una misura "una tantum", resa necessaria per evitare disparità di trattamento tra i destinatari delle provvidenze, posto che per espressa previsione dell'art. 5, comma 1, della legge n. 407 del 1998 i benefici dalla stessa prevista possono applicarsi agli eventi verificatisi a decorrere dal 1° gennaio 1969. La Sezione ritiene condivisibile l'avviso del Ministero della Difesa, in quanto, a differenza della normativa pensionistica, privilegiata e di guerra, che consente la rivalutazione del trattamento per effetto dell'aggravamento dell'invalidità, i benefici previsti dalle disposizioni di legge a favore delle diverse categorie di vittime hanno carattere indennitario, sono previsti a vita in misura predeterminata purché l'interessato abbia riportato un'invalidità uguale o superiore al 25%, e non prevedono la possibilità di riliquidazione a seguito di aggravamento. 

Tuttavia non può sfuggire che la revisione conseguente all'eventuale aggravamento delle patologie potrebbe ingenerare un flusso non facilmente quantificabile di istanze di aggravamento (originato da coloro che abbiano avuta riconosciuta una percentuale di invalidità inferiore al 25%) certamente non coerente con il sistema indennitario "una tantum" e più oneroso di quest''ultimo sul piano finanziario. 

E' consequenziale, pertanto, che qualsiasi variazione al sistema indennitario debba essere riservata all'apprezzamento discrezionale del legislatore anche per i prevedibili e non trascurabili riflessi sulla spesa pubblica.

 

Dunque secondo il parere in questione non sarebbe possibile procedersi a revisioni anche a fini dei valutazione di aggravamenti poiché... non sarebbe disciplinata tale possibilità.

 

In realtà abbiamo appena visto che la Corte di Cassazione ha opinato esattamente il contrario, desumendo tale possibilità direttamente dal dpr:

 

Nelle disposizioni finali inoltre si prevede che le valutazioni dell'invalidità operate in difformità rispetto alle disposizioni del regolamento possono formare oggetto di revisione da parte dei competenti organismi sanitari previa domanda degli interessati;

 

In effetti, l'art. 6 d.p.r. 181/09 prevede:  

 

Disposizioni finali 

 

1. A fare data dall'entrata in vigore del presente regolamento le commissioni mediche provvedono all'accertamento delle invalidita' secondo quanto previsto agli articoli 3 e 4. 2. Nei casi di applicazione dell'articolo 6, comma 1, della legge 3 agosto 2004, n. 206, le valutazioni delle invalidita' operate in difformita' alle disposizioni del presente regolamento, possono formare oggetto di revisione da parte dei competenti organismi sanitari, previa domanda degli interessati agli uffici delle amministrazioni competenti. In ogni caso, la percentuale d'invalidita' non puo' essere rideterminata in misura inferiore a quella per la quale si e' gia' provveduto all'attribuzione dei benefici richiesti, ovvero a quella stabilita in sede giudiziale. Le domande, presentate a partire dalla data di entrata in vigore della legge n. 206 del 2004, cui non sia seguito l'accertamento medico-legale da parte delle commissioni di cui all'articolo 2, comma 2, per sopravvenuto decesso del danneggiato, sono da considerare utilmente prodotte per la determinazione della nuova percentuale di invalidita', comprensiva del danno biologico e morale. 

 

In sostanza la Cassazione ha rimarcato la piena applicabilità per tutti del nuovo regime (che comprende anche il calcolo del danno biologico e morale) a far data dall'entrata in vigore del nuovo dpr 181/09, occupandosi poi delle rivalutazioni di chi fosse stato già valutato al fine dio ottenere identico trattamento di quello che spetterebbe alle vittime valutate per la prima volta già con i nuovi criteri.

 

Potrebbe forse obiettarsi che la Cassazione abbia desunto tale possibilità di valutare tutti con le stesse regole anche in sede di riesame senza tenere conto del fatto che essa è disciplinata da un Regolamento, come il d.p.r. 181/09, e non dalla legge.

 

Per la verità anche a ragionare in termini generali la possibilità di ottenere la valutazione dell'intervenuto aggravamento è immanente nel nostro ordinamento pensionistico (3) e assistenziale (4), e dunque l'argomentazione secondo la quale l'eccezionalità della normativa assistenziale in materia di vittime del terrorismo imporrebbe una interpretazione restrittiva milita in senso totalmente opposto alla attenzione eccezionale non in senso limitativo, bensì in senso positivo del legislatore verso la categoria (che è considerata in sé meritevole di ogni possibile attenzione, e non certo solo ove gli eventi terroristici fossero stati valutati prima della legge stessa).

 

Parrebbe dunque già concettualmente assurdo negare la possibilità di una revisione del punteggio per le Vittime del terrorismo in generale anche se non esistessero norme di legge esplicite sul punto.

 

In realtà però tale problema non si pone, visto che il Legislatore ha esplicitamente previsto la revisione, dandola per scontata con un successivo intervento sulla l.: intervenuto sulla stessa legge con la aggiunta all'art. 4 del comma 2 bis ha introdotto una norma come segue:

 

 

Art. 4 comma 2-bis. Per i soggetti che abbiano proseguito l'attività lavorativa ancorché l'evento dannoso sia avvenuto anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge, inclusi i casi di revisione o prima valutazione, purché l'invalidità permanente riconosciuta non risulti inferiore ad un quarto della capacità lavorativa o della rivalutazione dell'invalidità con percentuale omnicomprensiva anche del danno biologico e morale come indicato all'articolo 6, comma 1, al raggiungimento del periodo massimo pensionabile, anche con il concorso degli anni di contribuzione previsti dall'articolo 3, comma 1, la misura del trattamento di quiescenza è pari all'ultima retribuzione annua integralmente percepita e maturata, rideterminata secondo le previsioni di cui all'articolo 2, comma 1 (2). 

3. I criteri di cui al comma 2 si applicano per la determinazione della misura della pensione di reversibilità o indiretta in favore dei superstiti in caso di morte della vittima di atti di terrorismo e delle stragi di tale matrice; tali pensioni non sono decurtabili ad ogni effetto di legge. 

4. Ai trattamenti pensionistici di cui ai commi 2 e 3 si applicano i benefici fiscali di cui all'articolo 2, commi 5 e 6, della legge 23 novembre 1998, n. 407, in materia di esenzione dall'IRPEF. 

(2) Comma inserito dall'articolo 1, comma 792, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

 

 Come si vede, introducendo retroattivamente un nuovo beneficio nella stessa legge 206, il legislatore ha precisato che questo spetta anche (ma non certo solamente) a chi sia stato leso anteriormente alla legge 206/04 medesima, dunque esplicitamente prevedendo (anzi, principalmente riguardando) la situazione di soggetti lesi posteriormente alla legge 206/04, ("inclusi i casi di ... prima valutazione"), ossia quelli che, stando alla "interpretazione" (che altro non è che vuota petizione di principio, poiché priva di riscontri) del Ministero e dello stesso parere del Consiglio di Stato, non sarebbero coperti, esattamente come coloro che (come il ricorrente) pur lesi prima della legge 206/04, non fossero stati ancora valutati.

 

Se fosse vero che i criteri dell'art. 6 l. 206/04 che prevedono la valorizzazione del danno biologico e morale valessero solo per i soggetti lesi e valutati percentualmente prima della legge 206/04, certo la legge medesima sarebbe stata coerente e avrebbe limitato il beneficio solo ad essi: al contrario, nel trattare di un istituto che spetta anche alle vittime del terrorismo divenute tali (o anche solo valutate) dopo la legge stessa, essa non prevederebbe che per valutare la spettanza di tali benefici sia necessario calcolare l'invalidità con percentuale omnicomprensiva anche del danno biologico e morale come indicato all'articolo 6, comma 1.

 

Del resto, a ben vedere non esiste alcun ostacolo testuale anche nell'art. 6 comma 1 l. 206/04 in sé al fatto che il danno biologico e morale venga valutato, eventualmente anche in sede di seconda visita.

 

L'art. 6 comma 1 recita: "Le percentuali di invalidità già riconosciute e indennizzate in base ai criteri e alle disposizioni della normativa vigente alla data di entrata in vigore della presente legge sono rivalutate tenendo conto dell'eventuale intercorso aggravamento fisico e del riconoscimento del danno biologico e morale".

 

Ebbene, è per niente vero che l'art. 6 comma 1 l. 206/04 abbia previsto la possibilità di valutare anche il danno biologico e morale solo per coloro che fossero stati già valutati prima dell'entrata in vigore di tale legge (come sostiene il Parere del Consiglio di Stato): la norma prevede invece tale possibilità per il ben diverso caso di già operata valutazione in base ai criteri e alle disposizioni della normativa vigente alla data di entrata in vigore della presente legge, il che vuol dire che essa si riferisce ben alla possibilità di rivalutazione di prime valutazioni anche posteriori alla legge medesima, se effettuati con i criteri (non comprensivi del danno biologico e morale) della legge previgente, il che vuole anche dire che non necessariamente la prima valutazione posteriore alla legge 206/04 debba utilizzare criteri diversi da quelli che, al più, potranno essere applicati chiedendo appunto la revisione.

 

In sostanza per l'art. 6 comma 1 è irrilevante la datazione dell'evento o della visita: semplicemente, per tutti coloro che, anche dopo la legge medesima, siano titolari di un punteggio attribuito sulla base dei criteri e disposizioni di cui alla normativa vigente al momento dell'entrata in vigore della legge 206/04 spetterà la possibilità di una rivalutazione, che riguardi sia l'intervenuto aggravamento, sia il danno biologico, sia il danno morale.

 

Per contro è infatti chiaro che, se il legislatore avesse voluto riferire la possibilità di far valutare il punteggio anche con il danno biologico e morale, nonché anche con riferimento all'intervenuto aggravamento, alle solo valutazioni effettuate anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge, si sarebbe espresso diversamente.

 

La conclusione cui si giunge si desume anche dal D.P.R. 181/09, il cui art. 2 ­ "Disposizioni generali" ­indicativamente recita: 

 

1. La valutazione della percentuale d'invalidita' di cui all'articolo 6, comma 1, della legge 3 agosto 2004, n. 206, e' espressa in una percentuale unica d'invalidita', comprensiva del riconoscimento del danno biologico e morale

 

Orbene, se fosse stato vero che il Legislatore avesse voluto prevedere l'attribuzione di un trattamento speciale che consenta la valutazione anche del danno biologico e morale, oltre che dell'intervenuto aggravamento, ai soli (10 casi, sostiene il parere del Consiglio di Stato) di valutazioni effettuate prima della legge 206/04, finalizzato a consentire solo a questi la rivalutazione del punteggio già attribuito con l'intervenuto aggravamento e l'aggiunta di danno biologico e morale, ovviamente non avrebbe inserito tale particolarissima forma di attribuzione del punteggio nelle "disposizioni generali": dunque se le disposizioni generali portano a individuare un concetto oggi appunto generale di "percentuale unica di invalidità" che sia comprensiva anche del danno biologico e morale, questa deve ritenersi essere il parametro di riferimento per tutte le vittime del terrorismo (nonché della criminalità e del dovere).

 

Resta ora da risolvere il problema del punteggio, ossia di come materialmente debbano (o, in caso di contenzioso, ai fini del rimedio giurisdizionale dovessero) comportarsi le Commissioni Mediche, nonché conseguentemente debbano comportarsi i Consulenti Tecnici d'Ufficio chiamati in sede giudiziale dal Giudice a rimediare al rifiuto delle Commissioni Mediche di effettuare il calcolo con le regole generali desumibili dal d.p.r. 181/09.

 

Sul punto occorre ora soffermarsi sulla formula portata nell'art. 4 dpr 181/09, formula che dovrebbe portare al valore IC che evidentemente corrisponde alla "percentuale unica di invalidità" che a livello generale è delineata dall'art. 2 e che dovrebbe appunto essere comprensiva anche del danno biologico e morale.

 

A rigore, tale formula in effetti non corrisponde per niente a una norma di legge come quella dell'art. 6 comma 1 che prevedeva prima ancora dell'art. 2 d.p.r. 181/09 (la rivalutazione di valutazioni fatte sulla base di criteri anteriori alla l. 206/04, e comunque il calcolo) con il danno "biologico e morale": per come la formula è stata congegnata non si può infatti dire che sia stata rispettato il criterio di legge.

 

Ciò, perché la formula in questione, così come riportata all'art. 4 comma D, in realtà consente la valutazione del danno biologico solo se superiore alla percentuale di invalidità permanente: 

 

d) la percentuale unica di invalidita' indicante l'invalidita' complessiva (IC), di cui all'articolo 6 della legge 3 agosto 2004, n. 206, che in ogni caso non puo' superare la misura del cento per cento, e' data dalla somma delle percentuali del danno biologico, del danno morale e del valore, se positivo, risultante dalla differenza tra la percentuale di invalidita' riferita alla capacita' lavorativa e la percentuale del danno biologico: IC= DB+DM+ (IP-DB)

 

Come è facile intuire con un semplice esempio, ove il valore DB sia inferiore al valore IP (come di fatto è sempre) di fatto il valore DB non viene attribuito

 

Es.: IC = DB 10% + DM 5% + (IP% 12 ­ DB% 10) = 17

 

Solo ove ipoteticamente il valore DB fosse superiore al valore IP il punteggio aumenterebbe di quel tanto che appunto DB superi IP

 

Es.: IC = DB 13% + DM 5% + (IP 12% - DB 13%) = 18%

 

In questo caso il fatto che DB sia superiore dell'1% rispetto a IP porta a un aumento della percentuale IC appunto dell'1%.

 

Anche in tale residuale ipotesi comunque il calcolo non sarà raggiunto con l'aggiunta alla invalidità permanente del danno biologico e morale, poiché comunque al più sarà il risultato della somma dei solo danno morale e biologico (venendo "assorbita" in quest'ultima la percentuale di invalidità permanente).

 

Tale criterio però non corrisponde alla norma di legge che doveva essere applicata, e che voleva appunto la maggiorazione di danno biologico e morale, e non di danno biologico solo se e per quanto superiore alle invalidità permanente oltre a danno morale.

 

E'dunque chiaro che la formula dell'art. 4 comma D, contrastando con il criterio della legge alla sua base, debba essere disapplicata per come costruita ed adeguare alla legge, tanto da divenire:

 

IC = IP + DB + DM

 

Tale situazione servirebbe anche a rimediare a un altro problema che il parere del Consiglio di Stato ha sollevato senza volerlo (e qui si ritorna al problema della soluzione solo apparente al problema data al primo quesito da parte del Consiglio di Stato).

 

Si è visto che nella risposta a tale primo quesito il Consiglio di Stato ha sostenuto che per le Vittime del dovere sarebbe necessario sommare invalidità permanente e danno biologico:

 

l'esigenza prospettata dal Ministero dell'interno, affinché le commissioni mediche ospedaliere esprimano in un'unica percentuale l'invalidità permanente e il danno biologico, è stata condivisa dal Ministero della difesa e risulta recepita nelle direttive tecniche impartite agli organi di valutazione della sanità militare.

 

Tuttavia, subito dopo il Parere invita a ottenere tale somma utilizzando la formula del DPR 181/09 "mondata" del valore DM:

 

In proposito si considera che la possibilità di conglobare in un unico indice percentuale sia l'invalidità permanente (IP), riferita alla capacità lavorativa, sia il danno biologico (DB), inteso come lesione permanente dell'integrità psico-fisica, sia il danno morale (DM), quale pregiudizio non patrimoniale espressivo dello stato di sofferenza soggettivo indotto dall'evento lesivo, è un dato acquisito dall'ordinamento positivo. Infatti, il d.P.R. n. 181 del 2009, nel dettare i criteri medico- legali per l'accertamento e la determinazione dell'invalidità e del danno biologico e morale a carico delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice a norma dell'art. 6 della legge 3 agosto 2004, n. 206, fa rientrare nelle competenze delle commissioni mediche ospedaliere la definizione della percentuale unica di invalidità complessiva (IC), corrispondente alla "somma delle percentuali del danno biologico, del danno morale e del valore, se positivo, risultante dalla differenza tra la percentuale di invalidità riferita alla capacità lavorativa e la percentuale del danno biologico: IC = DB + DM + (IP - DB)" (art. 4). 

Detta formula, come convenuto dal Ministero della difesa, si presta ad essere utilizzata anche per il calcolo dell'invalidità complessiva nel caso in cui non ricorrano i presupposti per la valutazione del danno morale e consente di corrispondere le elargizioni e altre provvidenze previste per le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata e per le vittime del dovere ed equiparati in proporzione alla percentuale di invalidità permanente riconosciuta, con riferimento alla capacità lavorativa, come previsto dall'art. 1 della legge 20 ottobre 1990, n. 302 e successive modificazioni e integrazioni.

In questo modo però il Consiglio di Stato, ancora una volta dimostrando un approccio poco approfondito a tale complessa ma importante materia, non si è avveduto del fatto che, proprio per il fenomeno "matematico" appena esaminato, frutto dell'allontanamento dell'art. 4 comma d) d.p.r. 181/09 dal criterio che la legge aveva previsto, togliendo il valore DM dalla formula, di fatto quello che dovrebbe essere la somma dei valori di DB e IP rimane si riduce in realtà al solo valore IP

 

IC = DB + (IP-DB) è infatti come dire IC = IP

 

Nell'esempio di prima, di un DB 10% e IP 12%

 

Es.: IC = DB 10% + (IP% 12 ­ DB% 10) = IP 12%

 

Dunque, anche se il Consiglio di Stato non si è reso conto che utilizzando la formula così come essa è stata creata dall'art. 4 comma D dpr 181/09, ed adattandola alle Vittime del dovere con l'eliminazione della voce danno biologico (se e in quanto sia corretto attribuire alle vittime del dovere un punteggio privo di tale valore) essa non consente la somma tra i due valori che invece il parere voleva ottenere, è chiaro che il fine che il Consiglio di Stato voleva ottenere, ossia attribuire appunto alla categoria delle Vittime del dovere il punteggio di invalidità complessiva frutto della somma di IP e DB, potrà essere conservato solo utilizzandosi la formula corretta (5) ai sensi dell'art. 6 comma 1 l. 206/04 (che non può che essere IC = IP + DB + DM) tanto che, eliminando la voce DM, essa sarà appunto IC = IP + DB che era quello che il Consiglio di Stato sostiene essere il sistema corretto.

Va poi considerato che comunque la tesi del Consiglio di Stato che vorrebbe attribuire alle Vittime del dovere solo la somma di invalidità permanente e danno biologico, ma non il danno morale è poggiata su una petizione di principio, poiché anche prima della legge 206/04 l'art. 5 del regolamento di attuazione dell'art. 1 commi 562 e ss. L. 266/05, il d.p.r. 243/06, aveva creato i due concetti di percentuale invalidità permanente richiamando (comma 1) le tabelle del decreto del Ministro della sanità in data DM 5 febbraio 1992 (ossia quelle di quantificazione della Invalidità Civile) e di danno biologico richiamando (comma 2) la tabella delle menomazioni e relativi criteri applicativi, approvata con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale in data 12 luglio 2000, e se ciò era avvenuto senza alcun supporto legislativo alla sua base che non fosse quello della legge di riformulazione integrale della categoria delle Vittime del dovere finalizzata alla progressiva estensione a tale categoria dei benefici già previsti per le Vittime del terrorismo e della criminalità (art. 1 commi 562 e ss. L. 266/05) non si vede perché, nel momento in cui la legge 206/04 ha trovato la sua attuazione dell'art. 6 comma 1 che prevedeva la valutazione del danno biologico e morale fosse precluso al D.P.R. 181/09 disciplinare univocamente anche le vittime del dovere.

 

***

 

Per concludere la disamina del parere, vale richiamare la risposta al quarto ed ultimo quesito, che così era formulato:

d) possibilità di restituire alle commissioni mediche ospedaliere dei verbali non conformi alle valutazioni del Consiglio di Stato per i procedimenti in itinere.

La risposta è ovviamente legata alla risposta al terzo quesito, che negava in radice la possibilità di rivedere punteggi:

11. Quanto, infine, al quarto quesito, è ragionevole che possano essere rinviate alla C.M.O. con richiesta di riesame soltanto i giudizi relativi a pratiche ancora pendenti, per le quali detti organi collegiali non abbiano espresso una percentuale unica d'invalidità, nei casi in cui la stessa sia normativamente prescritta.

E'ovvio invece, alla luce di quanto sopra esposto, che in realtà le Commissioni Mediche della sanità militare debbano riesaminare tutti i verbali di attribuzione di punteggio legati all'utilizzo di criteri difformi da quelli preordinati dall'art. 6 comma 1 l. 206/04.

La chiusura del Parere è poi quasi una giustificazione alla lettura invero parziale della normativa che è alla base della singolare risposta ai quattro quesiti.

12. A conclusione del presente parere, la Sezione non può astenersi dal ribadire che le incertezze applicative, alla base dei quesiti esaminati, discendono dalla stratificazione delle norme che regolano la specifica materia, le quali risultano nel complesso confuse e imperfette. Avuto riguardo, pertanto, alle aspettative dei destinatari dei benefici e considerata la complessità del quadro normativo di riferimento, che necessita di un intervento volto a coordinare, semplificare e rendere verificabili da chiunque i parametri da prendere in considerazione per i diversi trattamenti previsti, la Sezione ritiene che ricorra l'ipotesi di cui all'art. 58 del regio decreto 21 aprile 1944 n. 444 ("[q]uando dall'esame degli affari discussi dal Consiglio di Stato risulti che la legislazione vigente è in parte oscura, imperfetta od incompleta, il Consiglio ne fa rapporto al Capo del Governo"), sicché va disposta la trasmissione del presente parere al Presidente del Consiglio dei ministri.

In realtà, come si è appena evidenziato, la oggettiva complessità della materia non è una valida ragione per creare una disparità di trattamento così evidente non solo tra Vittime del terrorismo, della Criminalità organizzata, e del dovere, ma addirittura tra le stesse Vittime del terrorismo, a seconda se già valutate prima o dopo il 26.08.2004, data di entrata in vigore della legge 206/04, discrimen assurdo, se si legge attentamente l'art. 6 comma 1 che non fa parola di valutazioni effettuate prima o dopo la legge stessa, bensì si riferisce solo a valutazioni effettuate con criteri diversi da quelli prefigurati dalla norma stessa, le quali dovranno ben essere riformulate con i nuovi criteri che valorizzino anche danno biologico e morale (fermo il fatto che sarebbe assurdo imporre poi una prima valutazione con i criteri previgenti, e dunque prevedere automaticamente una richiesta di riesame con quelli nuovi: lo spirito della riforma è quello di prevedere per ogni nuova valutazione l'utilizzo dei criteri nuovi, nel contempo prevedendo l'adeguamento ad essi anche delle valutazioni effettuate con quelli previgenti, a loro volta spesso effettuate anche dopo l'entrata in vigore della l. 206/04 atteso il trascorrere di anni prima della emanazione della normativa regolamentare relativa, espressa appunto con il d.p.r 181/09).

Per quanto riguarda la situazione delle Vittime del dovere, fa sinceramente impressione che sia stata affermata nel Parere in esame una semplice e mera programmaticità del processo di equiparazione alle Vittime del terrorismo da parte di quello stesso Consiglio di Stato, che, in altra recente occasione, aveva affermato invece la necessità, per quanto riguarda i benefici già estesi, di conservare sempre il principio di piena parità di trattamento.

Sul punto, si veda la sentenza 6156/13 (6) del medesimo Consiglio di Stato, Sezione IV, che, in sede di ottemperanza, ha spiegato come correttamente il beneficio dell'art. 2 l. 407/98 (esteso dall'art. 1 comma a) dpr 243/06 con la decorrenza del 2006, ex art. 4 stesso d.p.r.) non possa che essere stato esteso esattamente nella stessa misura cui esso compete alle Vittime del terrorismo e della Criminalità:

L'art. 2 della legge n.407 del 1998 ha previsto la concessione, oltre ad altre elargizioni, di un assegno vitalizio non reversibile di lire 500.000 mensili , soggetto alla perequazione automatica di cui all'art.11 del dlgs n.503/92, in favore dei soggetti di cui ai commi 1,2, 3 e 4 della legge n. 302/90, di coloro cioè che hanno subito una invalidità permanente in conseguenza di ferite riportate per atti terroristici , per fatti di criminalità organizzata e per azioni di repressione e prevenzione dei fenomeni di terrorismo e di criminalità organizzata.

Quindi la legge n.350 del 2004, all'art. 4 comma 238, ha previsto che con effetto dal 1 gennaio 2004 i trattamenti mensili de soggetti destinatari dell'assegno vitalizio di cui all'art.2 della legge 23 novembre 1998 n.407 sono elevati a 500 euro mensili. Ora in base al tenore letterale di tali disposizioni si rileva:

  1. che l'assegno vitalizio fissato nella misura 500.000 lire corrispondenti ad euro 258,23 è stato riconosciuto in favore sia delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata sia dei soggetti che hanno avuto conseguenze fisiche in occasione di azione volte a reprimere o prevenire azioni delittuose del genere di quelle sopra evidenziate, con una equiparazione quindi delle vittime del dovere come indicate ai commi 1,2,3 e 4 della legge n.302/1990; 
  2. che il legislatore, con la norma di cui al comma 238 dell'art.4 della legge n.350/2004, ha inteso unicamente elevare l'importo dell'assegno vitalizio de quo, originariamente fissato in 500.000 lire, ( pari ad euro 258,23 ) portandolo ad euro 500,00 , esattamente il doppio della misura in origine prevista e determinata ( secondo il regime monetario della lira all'epoca vigente). 

E' intervenuto quindi il DPR n.243 del 2006, emanato in attuazione del coma 565 dell'art.1 della legge 23/12/2005 n.266, che ha disciplinato i tempi e le modalità di erogazione delle provvidenze in parola , con la previsione di una graduatoria unica nazionale delle posizioni. Detto regolamento, contrariamente a quanto sostenuto dalla parte appellante, non va a modificare in senso restrittivo l'ambito dei soggetti destinatari dei benefici in questione, se è vero che all'art.1 fa riferimento alle vittime del dovere e alle categorie a queste equiparate , con ciò estendendo la elargizione dei benefici già riconosciuti alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata a tutte le vittime che hanno riportate menomazioni e ferite nell'adempimento del dovere. Per quanto attiene poi all'aspetto oggettivo, il successivo art.4 dello stesso DPR, relativamente alla corresponsione dell'assegno vitalizio mensile menziona direttamente l'importo originariamente previsto dalla legge n.407/98 (euro 258,23 pari a lire cinquecentomila), ai soli fini della individuazione del beneficio in questione, senza cristallizzare la misura dell'assegno stesso In base a siffatto quadro normativo di riferimento, non v' è quindi motivo per escludere l'adeguamento in euro 500 dell'importo dell'assegno in questione disposto dall'art.4 comma 238 della legge n.359/2002 nei confronti di alcuni soggetti che sono già stati in precedenza equiparati agli originari assegnatari delle provvidenze spettanti alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata. Se così non fosse, si verrebbe a creare una ingiustificata disparità di trattamento tra categorie di soggetti posti sullo stesso piano in relazione alle conseguenze fisiche di tipo negativo riportate in occasione di eventi di violenza comune e terroristica.

Ad escludere sul punto ogni distinguo sia soggettivo che oggettivo depone, infine, il fatto che anche alla luce delle successive modifiche intervenute nella normativa di settore è evincibile un intento perequativo del legislatore (cfr. Cons. Stato Sez. IV ordinanza 4843 del 6/11/2012).

Lo stridente contrasto tra tali affermazioni e quelle portate nel parere in commento si fa ancor più evidente ove si richiami anche la parte di parere in cui si sostiene la impossibilità di rivalutare le invalidità calcolate con criteri previgenti.

La parte di parere sul punto è la seguente:

Analoghi confini oggettivi e soggettivi sono stati fissati nel caso dell'estensione alle vittime del dovere ed equiparati dei benefici previsti per le vittime del terrorismo, disposta dai commi 562, 563, 564 e 565 dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005 (finanziaria 2006) e regolamentata dal d.P.R. 7 luglio 2006 n. 243, che tra l'altro all'art. 4, comma 1, lettera c), n. 1) ha previsto la possibilità di rivalutazione delle infermità permanenti invalidanti o alle quali è conseguito il decesso per effetto delle particolari condizioni ambientali od operative di missione, limitatamente a quelle riconosciute e indennizzate prima dell'entrata in vigore della legge finanziaria 2006.

In realtà il dpr 243/06 all'art. 4 (che si occupa solo dell'ordine di corresponsione di benefici) ha fissato tra quelli validi anche per le vittime del dovere a decorrere dal 2006 :

c) in relazione alla legge 3 agosto 2004, n. 206: 1) possibilità di rivalutazione delle percentuali di invalidità, già riconosciute ed indennizzate, di cui all'articolo 6, comma 1;

Tale possibilità di rivalutazione di cui all'art. 6 comma 1 l. 206 in realtà è quella relativa a percentuali di invalidità già riconosciute e indennizzate in base ai criteri e alle disposizioni della normativa vigente alla data di entrata in vigore della presente legge senza legittimare la possibilità di insistere per sempre nella applicazione dei criteri previgenti in sede di prima valutazione (imponendone una seconda con i criteri nuovi).

Sarebbe dunque assurdo sostenere che tre categorie abbiano diritto a identici benefici, tutti legati a una percentuale di invalidità che però sarebbe soggetta a diversi criteri di calcolo.

In realtà proprio il dpr 181/09 (come opportunamente osservato dalla sentenza della Cassazione, Sez. Lav., 27/05/2014 n. 11834) contiene in sé una serie di principi che non potranno che essere applicati in forma generale (pur con l'adeguamento della formula dell'art. 4 comma D al principio della aggiunta del danno biologico e morale alla invalidità permanente) sia alle Vittime del terrorismo, tutte, che a quelle della criminalità organizzata (che godono della clausola di rinvio dell'art. 82 comma 6 l. 388/2000 disattivata sostanzialmente solo per i benefici pensionistici della legge 206/04 (7) dovere) che infine a quelle del dovere, cui neppure il parere del Consiglio di Stato intenderebbe in generale negare l'applicazione del dpr 181/09.

Del resto, anche prima di tale normativa regolamentare la disciplina del calcolo della invalidità per le Vittime del dovere era legata ad altra norma regolamentare (l'art. 5 d.p.r. 243/06) e non si vede il motivo per cui fosse precluso, nel momento in cui si procedeva a dare attuazione all'art. 6 comma 1 l. 206/04, fornire identica disciplina alla categoria ormai "sorella" delle Vittime del dovere, destinatarie del medesimo trattamento in virtù di una legge che prevede solo la progressiva (ma non parziale o difforme) estensione dei benefici, e che è successiva alla l. 206/04.

Dunque è ben conforme alla norma di legge principale, ossia l'art. 1 comma 562 l. 266/05 ("562. Al fine della progressiva estensione dei benefici gia' previsti in favore delle vittime della criminalita' e del terrorismo a tutte le vittime del dovere individuate ai sensi dei commi 563 e 564, e' autorizzata la spesa annua nel limite massimo di 10 milioni di euro a decorrere dal 2006") che l'estensione sia stata progressiva, con le tappe principali che sono state il DPR 243/06 che ha esteso i benefici di cui all'art. 1 comma a) con la decorrenza dell'art. 4 (vedasi la ricostruzione di Consiglio di Stato, sez. IV, 6156/13, cit.) e successivamente l'art. 34 d.l. 159/17 conv. In l. 222/07 (estensivo della speciale elargizione ex art. 5 commi 1 e 5 l. 206/04), e l'art. 2 commi 105 e 106 l. 244/07 (estensivi a decorrere dal 01.01.2008 dello speciale assegno vitalizio ex art. 5 comma 3 l. 206/04, e dell'assegno vitalizio ai figli maggiorenni e non a carico delle vittime decedute).

 

Anche a livello di diritto positivo l'unicità delle tre categorie è simboleggiata dall'esistenza di una norma unica nel D.Lgs 66/2010 (cd. "Nuovo Ordinamento Militare") che all'art. 1904 prevede:

 

Articolo 1904  

Vittime del terrorismo, della criminalità e del dovere

 

1. Al personale militare spettano le provvidenze in favore delle vittime del terrorismo, della criminalità e del dovere, previste dalle seguenti disposizioni: 

  1. legge 13 agosto 1980, n. 466; 
  2. legge 20 ottobre 1990, n. 302; 
  3. legge 23 novembre 1998, n. 407; 
  4. legge 3 agosto 2004, n. 206; 
  5. legge 10 ottobre 2005, n. 207.

Prevedere diversi criteri di quantificazione della invalidità al fine dell'ottenimento dei medesimi benefici oggi comuni alle tre categorie vorrebbe dire sostanzialmente vanificare l'intento perequativo del legislatore, che, laddove ha esteso gli stessi benefici ovviamente non può discriminare tra una categoria e l'altra l'utilizzo dei criteri medico legali alla base della relativa attribuzione.

Poiché sicuramente la conclusione del Consiglio di Stato sul punto con il parere in commento è frutto di una lettura parziale e poco coerente del dato normativo, nonché della inspiegabile mancata valutazione dell'intervento della Cassazione sul medesimo d.p.r. 181/09, si ritiene che il realtà con un lavoro neppure troppo complesso da parte dell'interprete possa giungersi ad evitare discriminazioni, e ad attribuire i medesimi benefici ai loro destinatari sulla base di criteri omogenei, che contemplino, per tutte e tre le categorie di Vittime, Danno Biologico, Danno Morale e Invalidità permanente (o, al più, ove si volesse rimanere nell'orbita dell'art. 5 dpr 243/06, conservando per le Vittime del dovere il principi della somma di Invalidità Permanente e Danno Biologico, ma non mai la valutazione della sola Invalidità Permanente).

Avv. Andrea Bava - Genova

 

 

Note:

(1) Nonché automaticamente, ex art. 82 comma 6 l. 388/2000, per le vittime della Criminalità organizzata “6. Per la concessione di benefici alle vittime della criminalità organizzata si applicano le norme vigenti in materia per le vittime del terrorismo, qualora più favorevoli. 

 

(2) Ancorchè il DPR 181/08 nelle premesse si riferisca espressamente anche a tale categoria, richiamando le varie norme che hanno esteso ad essa gli identici benefici per le vittime del terrorismo, e che prima 

ancora spettavano anche alle vittime della criminalità organizzata ex art. 82 comma 6 l. 388/2000.

(3) Cfr. art. 70 d.p.r. 1092/73: “Aggravamento”. Nei casi di aggravamento delle infermità o delle lesioni per le quali sia già stato attribuito il trattamento privilegiato, l'invalido può far valere i suoi maggiori diritti chiedendone la revisione senza limiti di tempo. L'interessato può altresì in ogni tempo far valere i suoi diritti, nei casi di aggravamento, qualora sia stato emesso provvedimento negativo di trattamento privilegiato perché le infermità o le lesioni non erano valutabili ai fini della classificazione ovvero quando, ai sensi delle norme concernenti lo stato giuridico del personale, le infermità o le lesioni siano state riconosciute dipendenti da fatti di servizio, ma non invalidanti. Se, eseguiti i prescritti accertamenti sanitari, la domanda è respinta, essa può essere rinnovata non più di due volte per la stessa infermità o lesione; a tal fine non si tiene conto delle domande presentate prima del 12 giugno 1965. È ammessa tuttavia una ulteriore istanza trascorsi dieci anni dalla data in cui è stata presentata la domanda definitiva con il terzo provvedimento negativo per non riscontrato aggravamento (1).

Si considera che sia sopravvenuto aggravamento anche quando si accerti che l'invalidità, sebbene non aggravata, sia tuttavia da ascrivere ad una categoria superiore a quella a cui venne prima assegnata.

La pensione o l'assegno rinnovabile spettanti in caso di aggravamento o di rivalutazione decorrono dal primo giorno del mese successivo a quello della presentazione della domanda oppure, qualora risulti più favorevole, dalla data della visita medica e sono corrisposti con deduzione delle quote di pensione o di assegno già riscosse dall'interessato dopo la decorrenza stabilita.

 

Nel caso di nuova liquidazione di indennità per una volta tanto, quest'ultima è attribuita in aggiunta a quella precedentemente goduta e con effetto dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda, fermo restando il limite massimo di cui al primo comma dell'art. 69.
Qualora spetti, per aggravamento o rivalutazione, pensione o assegno rinnovabile per periodi in cui sia stata già liquidata indennità per una volta tanto, l'importo dell'indennità stessa, limitatamente a detti periodi, viene recuperato mediante trattenuta sui ratei arretrati. Ove residuino altre somme a debito dell'interessato, il recupero è effettuato sui ratei successivi, in misura non superiore a un quinto dell'importo dei ratei stessi.
Per gli invalidi provvisti di assegno di incollocabilità di cui al successivo art. 104, resta impregiudicata la facoltà di richiedere la revisione della pensione o dell'assegno per aggravamento dell'invalidità di servizio ai sensi delle norme contenute nel presente articolo.
Nei confronti dei titolari di pensione privilegiata non si applica, in caso di aggravamento, l'art. 68; il nuovo trattamento spettante è attribuito nella forma della pensione.
Per le denunce di aggravamento di infermità o lesioni delle quali in precedenza non sia stato chiesto l'accertamento si applica l'art. 169. 

 

(1) Comma così modificato dall'art. 5, l. 25 luglio 1975, n. 361. 

(4) Disposizioni per l'attuazione del Codice di procedura civile e disposizioni transitorie. Articolo 149

 

Controversie in materia di invalidità pensionabile
[I]. Nelle controversie in materia di invalidità pensionabile deve essere valutato dal giudice anche l'aggravamento della malattia, nonché tutte le infermità comunque incidenti sul complesso invalidante che si siano verificate nel corso tanto del procedimento amministrativo che di quello giudiziario.

 

(5) Corretta, in quanto l’art. 6 comma 1 l. 206/04 non prevede la somma del danno morale con il valore eventualmente superiore del danno biologico a quello di invalidità permanente, bensì l’aggiunta alla invalidità permanente del danno 

biologico e morale.

(6) Inedita. 

(7) Art. 1 comma 2 l. 206/04: “2. Per quanto non espressamente previsto dalla presente legge si applicano le disposizioni contenute nelle leggi 20 ottobre 1990, n. 302, 23 novembre 1998, n. 407, e successive modificazioni, nonché l'articolo 82 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, ad eccezione del comma 6”.



 

Allegato: cds parere 2881 15 su 181!.pdf Allegato: Parere CdS 565 2006.pdf Allegato: parere cds 2775 2009.pdf Allegato: Proposta_di_Legge 206 04.pdf Allegato: Piccioni Cons Stato 6156 2013.pdf Allegato: cds parere 2881 15 su 181!.pdf

(Andrea Bava)

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LaPrevidenza.it, 17/03/2016

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