I beni personali nel diritto di famiglia
Terza e ultima parte
Dobbiamo concludere analizzando l'ultimo comma dell'art. 179, la funzione principale di questa disposizione è l'applicazione della surrogazione reale ai beni immobili e mobili registrati.
Ulteriore funzione, di minore rilevanza, è data dalla possibilità dell'acquisto a carattere personale di uno dei beni innanzi citati per uso personale (lett. c) o per esercizio della professione (lett. d), tuttavia affinché non rientrino nella comunione ai sensi dell'art. 177, lett. a) dovrà partecipare all'atto d'acquisto anche l'altro coniuge.
Su questa partecipazione è nata una controversa dottrina, infatti ad esclusione di alcune voci discordanti la maggior parte degli autori riconosce la necessità che tutte e due i coniugi partecipino all'atto, tuttavia non vi è accordo sulla natura della partecipazione del coniuge non acquirente.
Per i Finocchiaro la partecipazione del coniuge dovrà essere attiva, ossia egli dovrà manifestare il proprio consenso perché non operi l'effetto comunione, lo stesso dicasi per Atlante che parla di "consenso -approvazione alla esclusione del bene dalla comunione".
Al contrario per Schlesinger si tratta di un "semplice intervento, senza rili evo negoziale, ed insuscettibile di una autonoma impugnativa, per vizio di volontà o simulazione", essendo ammissibile soltanto una contestazione dell'esistenza dei presupposti per un acquisto personale.
D'altra parte l'intervento del coniuge, se non esis tono elementi che impediscono l'acquisto personale, è un atto dovuto a cui non può sottrarsi, tanto che De Paola e Macrì affermano categoricamente essere la partecipazione dell'altro coniuge "un mero intervento passivo, ossia un atto dovuto"; fino ad arrivare all'estrema conclusione di De Marchi e Fragali, secondo i quali il coniuge è solo un destinatario della dichiarazione dell'altro.
Può accadere che il coniuge si rifiuti di partecipare all'atto, poiché il suo intervento è obbligatorio anche a garanzia della sua posizione nell'ambito della comunione, l'esclusione dalla comunione stessa non può realizzarsi, tanto che la dichiarazione eventualmente inserita in tal senso nella scrittura privata va considerata inesistente ed il notaio dovrà rifiutarsi di riceverla.
E' stato proposto di superare l'ostacolo ricorrendo ad una interpretazione analogica dell'art. 181, tuttavia Schlesinger ha obiettato che la norma è stata ideata per tutelare il superiore interesse della famiglia compromesso da un ingiustificato rifiuto e non tanto per tutelare interessi individuali.
Un argomento che l'autore ritiene decisivo è quello per cui il giudice non deve autorizzare l'atto, bensì accertare l'illegittimità del rifiuto dell'altro coniuge di intervenire o la sua impossibilità a farlo, accertamento possibile solo nell'ambito di un giudizio contenzioso.
Non resta che promuovere un giudizio contenzioso in base al quale il giudice, dopo aver udito entrambe le parti, possa eventualmente dichiarare il carattere personale dell'acquisto.
Corsi esclude senz'altro il ricorso all'art. 181, ma considera con più attenzione la situazione che verrebbe a crearsi con il rifiuto del coniuge.
Rimarrebbe un'incertezza di attribuzione della proprietà del bene che il coniuge, intenzionato all'acquisto surrogatorio, potrebbe evitare notificando all'altro un atto costituente contemporaneamente un invito a comparire dinnanzi al notaio ed una citazione in giudizio per l'accertamento dei presupposti della surrogazione, nel caso di mancato intervento, provvedendo eventualmente a trascrivere contemporaneamente citazione e contratto.
Un ultimo problema è dato dall'impugnazione da parte del coniuge dell'acquirente della dichiarazione che lui stesso ha resa, l'impugnazione potrà avvenire esclusivamente per simulazione, violenza, errore o dolo (Finocchiaro), del resto lo stesso Corsi dubita della possibilità di rimettere in discussione il carattere personale dell'acquisto uno volta intervenuta una regolare dichiarazione.
Non sembra accettabile l'opposta tesi di Schlesinger che riduce la dichiarazione in un semplice rovesciamento a favore del coniuge acquirente dell'onere della prova che verrebbe a gravare sull'a ltro coniuge. Questa è tuttavia una tesi che riduce notevolmente il valore della dichiarazione richiesta dalla norma, determinando il riesame di questioni che dovrebbero essere già risolte una volta per tutte al fine di evitare ripensamenti e liti.
Si era precedentemente accennato alle discordanti opinioni di alcuni autori, in particolare alle tesi di Cian e Villani, per questi il 2° comma dell'art. 179 si deve intendere come riferito al caso in cui i due coniugi acquistino congiuntamente un bene legittimamente cointestabile in comunione ordinaria e come condizionante il sorgere di questa forma di comunione a una espressa dichiarazione di entrambi i coniugi. A tale proposta interpretativa dovrebbe conseguire l'assunto che l`intestazione possa sempre avvenire su dichiarazione unilaterale.
Se poi un coniuge risulti illegittimamente escluso dalla contestazione potrà ottenerla o in virtù di un successivo atto ricognitivo proveniente dal coniuge unico intestatario, oppure in base ad una sentenza di accertamento trascrivibile ex art. 2051 cc. A supporto di questa tesi gli autori portano le conseguenze derivanti per un regolare funzionamento dell'azienda dell'applicazione all'art.178 di una interpretazione più rigida del 2° comma dell'art. 179.
L'impresa vedrebbe compromesso il proprio funzionamento a causa del necessario consenso del coniuge per l'acquisto de i beni in questione, mentre una interpretazione più elastica che consenta al coniuge l'acquisto singolo senza il consenso dell'altro creerebbe una breccia nel sistema garantistico instaurato dal 2° comma.
Tuttavia è il paragone tra le due norme che non è ammissibile, innanzitutto nei casi previsti dall'art. 179 si hanno dei beni personali per sempre esclusi dalla comunione, al contrario dell'art. 178 in cui i beni rientreranno nella comunione seppure de residuo.
Inoltre la stessa distinzione tra queste due ipotesi è chiaro indice della necessità prevista dal legislatore di una loro diversa disciplina, soprattutto nei confronti dell'impresa individuale che è ben distinta dall'esercizio di una professione (art. 179, lett. d).
D'altronde non necessitando il consenso nell'atto di acquisto, ma essendo sufficiente la semplice contestualità non si vede questa eccessiva difficoltà sollevata dagli autori, né si può escludere al limite il consenso mediante procura.
Anche Tanzi si è schierato a sostegno della tesi qui confutata, portando ulteriori argomentazioni a suo favore. Sono argomenti di carattere linguistico il primo dei quali è dato dalla interpretazione del termine "se".
L'autore nega che abbia valore di congiunzione coordinante, essendo una congiunzione condizionale, ma comunque la si voglia mettere il risultato non cambia avendo lo stesso Schlesinger interpretato la congiunzione "se" con i termini "sempre che" ,"purché" .
Per quanto riguarda i dubbi derivanti da un utilizzo non corretto del termine "parte" nella norma in questione, non essendo l'altro coniuge parte del negozio giuridico, si può benissimo ammettere un utilizzo a tecnico del termine ad opera del legislatore.
Viene così chiarita la posizione propria del 2° comma rispetto alla lettera f), in questa è consentito "a ciascun coniuge di creare unilateralmente una situazione ufficiale di titolarità separata, salvo all'altro l'iniziativa di una impugnativa a posteriori" (Schlesinger).
All'opposto nel 2° comma vengono invertite le posizioni, "condizionando alla partecipazione dell'altro coniuge la creazione di una simile intestazione separata" (Schlesinger) costringendo il coniuge interessato, in caso di rifiuto di consenso del partner, ad una fastidiosa iniziativa giudiziaria. Consideriamo per ultimo il problema dei sub acquirenti di un bene illegittimamente considerato personale, occorre preliminarmente distinguere tra beni mobili e beni immobili o mobili registrati.
Si trovano concordi nella risoluzione del problema sia Schlesinger che Corsi, per entrambi dovrà applicarsi, in caso di mancato consenso del coniuge, l'art. 184 e precisamente:
I) Per i beni mobili non iscritti in pubblici registri il 3° comma dell'art. 184, che esclude "l'opponibilità al terzo del difetto del potere di disposizione esclusivo da parte dell'alienante"(Schlesinger);
II) Per i beni immobili o mobili registrati si applicheranno i commi 1° e 2° dell'art. 184, che annulla il successo atto di disposizione compiuto dal coniuge presunto unico titolare, infatti il terzo è in grado di rendersi conto attraverso i registri della particolare situazione.
Nel caso, poi, che si tratti di acquisti stipulati con il consenso dell'altro coniuge, l'eventuale successiva impugnazione dell'esclusione da parte dello stesso non sarà configurabile come azione di annullamento dell'atto d'acquisto del terzo, ma come un'azione che tenda ad una automatica acquisizione del bene a favore della comunione, ossia ad un'azione di "accertamento, in contrasto con la situazione apparente creata dalla dichiarazione di esclusion e" (Schlesinger).
Si possono, pertanto, ritenere applicabili per analogia gli artt. 1415, comma 1° e 2652, n. 4.
Conclusioni
La crisi dell'Istituto del matrimonio quale comunità economica ha condotto ad una sempre maggiore spinta a considerare gli aspetti individuali del patrimonio.
In questa direzione vi è stata una forte spinta sociale che si è risolta in termini legislativi nella perdita di quei benefici che tendevano a consolidarlo rispetto alle altre forme di unioni, rimanendo gli aggravi e riducendone i benefici.
Da struttura portante della società si è risolta in una cerimonia gioiosa in cui esibire il proprio io, magari da potersi ripetere negli anni a venire.
Il prevalere dei diritti sugli obblighi nella ricerca della tutela dell'individuo si è riflesso in una frammentazione patrimoniale, questo a sua volta non più tutelato dal pubblico secondo la nuova logica di fare circolare sempre più velocemente il denaro, senza accumulo, per sostenere consumi e produzione, superando il concetto di facilitare l'acquisto di beni durevoli riducendone notevolmente la loro durata.
Si inserisce in questa ottica di disincentivazione del risparmio, se non diretto ad un prossimo consumo e non quale riserva per investimenti a lungo termine o riserve per eventuali imprevisti, l'aggressione al patrimonio immobiliare esistente effettuato mediante tassazione da enti locali sempre più famelici. Questo in un momento in cui necessitano sempre più costosi interventi di manutenzione, in una contraddizione tra incentivi, molte volte cervelloticamente burocratici secondo un'usanza mediterranea, e disincentivi di imposte, il tutto in un momento di caduta delle rendite e difficoltà nel trovare lavori adeguatamente remunerati.
(Prof. Sergio Benedetto Sabetta)
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NOTE
· Finocchiaro e M. Finocchiaro, citato;
· Atlante Il nuovo regime patrimoniale della famiglia alla luce della prima esperienza professionale notarile (Riv. del Not. 1976);
· De Paola e Macrì, cit. pag. 140;
· Corsi, cit., pag. 117;
· Cian e Villani, cit., pag. 185;
· Tanzi, cit., pag. 47.
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Profilo autore
(Sergio Benedetto Sabetta)
LaPrevidenza.it, 10/04/2021