Apparire od essere, ovvero il rischio dello svuotamento. Tra UE e regionalismo (prima parte)
Prof. Sergio Benedetto Sabetta
Nel rapportarsi tra due organizzazioni di cui una già esistente ma in crisi di rappresentanza e di ruolo e l'altra nascente e in divenire, vi è il rischio di uno svuotamento progressivo della prima in favore della seconda nel trasferimento di funzioni.
Già all'epoca del IV secolo d.C., con il progressivo affermarsi del Cristianesimo nell'Impero romano, vi fu un'assunzione di funzioni da parte dell'episcopato a cui volentieri si riferiva l'autorità imperiale; ad essa si rifacevano le Chiese ancora impregnate di una diffusa fluidità istituzionale, dovuta agli innumerevoli paritari centri direttivi.
L'Impero garantiva la possibilità di un governo collegiale e paritario tra le varie Chiese, nonché un governo affidato all'élite ecclesiastica, mentre a sua volta nella società tardo antica sul piano politico il Cristianesimo con il suo monoteismo prometteva il rafforzamento della società e delle istituzioni in crisi.
D'altronde la nuova religione di Stato non appariva stravolgere il tessuto politico e sociale, né sembrava esigere particolari mutamenti tali da fare temere l'élite tradizionale, tutte le incongruenze tra società e dottrina furono accettate se non come naturali quali prodotto del Peccato.
Crebbe progressivamente nel basso Impero la centralità dei vescovi che assumevano sempre più caratteristiche imperiali all'interno delle proprie chiese, come una separazione crescente avvenne tra laici e sacerdoti, i quali erano depositari della dottrina e della liturgia e facenti capo al vescovo quale vertice monocratico, come la moderna burocrazia gerarchizzata lo è del diritto e della procedura.
Alla primordiale Chiesa della fede si affianca progressivamente una Chiesa del diritto, che viene a ricomprendere sempre nuovi poteri pubblici, quali il potere di giudicare (episcopalis-aidentia), la nomina del "defensor civitatis", l'intercessio collegata al diritto d'asilo, la moderatio quale generica protezione (defensio) verso le istituzioni pubbliche laiche.
L'impotenza crescente dell'Impero favorisce di fatto la crescita delle Chiese quali istituzioni, queste vengono nel tempo a sostituire giuridicamente ma soprattutto nei fatti le istituzioni imperiali, fino ad imporre la propria visione e la centralità del vescovo di Roma, come affermato con vigore da papa Leone Magno e papa Gelasio, mentre l'Impero si disarticola per le pressioni esterne e gli squilibri socio-economici interni, dove allo scivolare dell'Italia dal centro in periferia emergono al contempo i centri-trainanti concorrenti di Costantinopoli e delle Gallie.
Attualmente il passaggio di competenze al nuovo organismo in formazione dell'U.E., sembra prefigurare un progressivo ridimensionamento degli organismi statali più deboli, meno coesi, una debolezza che da economica diventa culturale e amministrativa, a fronte vi è al contempo una crescente spinta regionalistica o localistica che si voglia, lo Stato risulta quindi sottoposto a due spinte opposte in cui riemergono fortemente in vaste aree tendenze ai "vassi".
Il regionalismo quale problema nazionale si manifestò già al momento dell'unità nazionale, quale reazione al primato piemontese ed alla burocratizzazione della rivoluzione unitaria, con la paura di perdita di potenza nell'assorbimento del Sud, politicamente ed economicamente arretrato, già Marco Minghetti aveva peraltro proposto un indirizzo amministrativo regionalistico approvato dal Cavour, ma prima dell'impresa dei mille e del raffronto fra le due Italie, con vaste aree fuori controllo dei moderati e in preda a rivolta.
Il regionalismo presuppone, come già osservato da Giolitti nel 1893, una forte sicurezza nazionale, se non si vuole frammentare in particolare nei programmi di lavori pubblici nazionali oltre che imporre ulteriori pesi finanziari, vi è quindi un difficile equilibrio tra l'accentramento e il decentramento, ancor più accentuato dall'ulteriore tensione prodotta dal formarsi dell'U.E., dove i meccanismi statali più deboli rischiano di restare schiacciati, ossia più precisamente esautorati in una progressiva subalternità, incapaci di riaffermare il motivo del proprio esistere se non in termini sterilmente rivendicativi, subissati da un fluire dall'alto e dal basso di innumerevoli normative, direttive e regolamenti vari.
LaPrevidenza.it, 17/02/2018