Spina bifida: errata valutazione medico legale con ausilio di specifico esame diagnostico e risarcimento del danno
Cassazione civile sez. III, 22 marzo 2013, n. 7269
Il (OMISSIS) la signora G.M.C., in stato di gravidanza, si rivolse al Dott. C. per un controllo della gestazione. Un nuova visita ebbe luogo il successivo (OMISSIS), allorchè fu eseguita anche una ecografia, senza che venisse rilevata alcuna anomalia. Il (OMISSIS), infine, nacque il piccolo M., che risultò affetto dalla patologia denominata spina bifide.
Con citazione notificata il 30 aprile 1997 P.P. e G. M.C., in proprio e quali esercenti la potestà genitoriale sul figlio M., convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Lucca, il Dott. C., allegando la responsabilità dello stesso per la mancata, tempestiva diagnosi delle malformazioni fetali, la quale aveva impedito alla gestante di esercitare il diritto di chiedere l'interruzione della gravidanza, secondo le prescrizioni della L. n. 194 del 1978, art. 6.
Costituitosi in giudizio, il convenuto contestò le avverse pretese.
Chiese ed ottenne di chiamare in causa l'Azienda USL (OMISSIS), dalla quale dipendevano i medici che avevano espletato gli esami ecografici alla 31, alla 33 e alla 36 settimana, e che nessuna anomalia avevano riscontrato.
Esaurita la fase istruttoria, il giudice adito condannò il ginecologo a pagare agli attori, in proprio, la somma di Euro 600.000,00, con gli interessi legali dalla sentenza al saldo;
rigettò invece la domanda dagli stessi avanzata in nome e per conto del figlio.
Proposto dal C. gravame, la Corte d'appello di Firenze, in data 8 febbraio 2007, ha respinto la domanda di G.M. C., compensando integralmente tra le parti le spese di entrambi i gradi.
Nel motivare il suo convincimento ha rilevato il giudice di merito che il dottor C., in adempimento dell'obbligazione professionale assunta, avrebbe dovuto invitare la gestante ad effettuare l'esame dell'alfa-fetoproteina AFP, dato che proprio attraverso l'indagine ecografica tra la 16 e la 20 settimana era possibile riscontrare anomalie del feto, effettuando, in particolare, la diagnosi prenatale della mielomeningocele. Ha anche aggiunto che, secondo il motivato parere dell'ausiliario, la refertazione del convenuto, in occasione del test eseguito il (OMISSIS), indipendentemente dalla sua qualificazione in termini di ecografia morfologica o di test di mero supporto alla visita medica, non soddisfaceva i requisiti minimi standard per il monitoraggio di una eventuale condizione di idrocefalia.
Ritenuto quindi accertato l'inadempimento del ginecologo, ha poi evidenziato che, a norma della L. n. 194 del 1978, art. 6, lett. b), perchè possa essere praticata l'interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta giorni, non è sufficiente che siano accertati processi patologici, tra i quali quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, ma è necessario che essi determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.
Andando quindi a valutare le risultanze della compiuta istruttoria, ha evidenziato che dalla stessa non erano emersi elementi sicuri per affermare, sia pure attraverso un giudizio ex ante e in termini di pura probabilità, che la notizia della malformazione del feto avrebbe determinato un processo patologico consistente in un grave pericolo per la salute psichica di G.M.C., in difetto di qualunque riscontro, anche indiziario, sul punto. Dal motivato parere dell'ausiliario era infatti emerso che la G. era del tutto esente da pregresse manifestazioni psicopatologiche in epoca anteriore alla gravidanza e che, dopo il parto, la condizione psichica della stessa si inquadrava nell'ambito di una situazione di scompenso psicocomportamentale da ritenersi fisiologico in relazione al verificarsì di un evento fortemente stressante. Ha poi aggiunto che neppure erano emersi elementi indicativi della concreta volontà della gestante di esercitare il diritto alla interruzione della gravidanza, non essendo stata contestata la circostanza, dedotta dal C., che la stessa aveva dichiarato di non volersi sottoporre ad amniocentesi, trattandosi di esame che presentava rischi di aborto. Ha quindi concluso che, pur essendo stato provato l'inadempimento del medico, non era stata fornita, da parte dell'attrice, la prova nè della sussistenza dei presupposti ai quali la L. n. 194 del 1978, art. 6, lett. b), subordina l'esercizio del diritto alla interruzione della gravidanza, nè della volontà di esercitarlo, da parte della gestante.
Per la cassazione di detta pronuncia ricorrono a questa Corte P. P. e G.M.C., formulando cinque motivi.
Resiste con controricorso C.P., che propone altresì ricorso incidentale condizionato, affidato a un solo mezzo...
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LaPrevidenza.it, 26/04/2013