Intervento di sterilizzazione e consenso informato della paziente
Nota dell'avv. Valter Marchetti
FATTO. Una paziente nel 1998 cita nanti il Tribunale civile di Ravenna l'ASL locale esponendo quanto segue. Nel 1992 la paziente si sottopose ad un intervento chirurgico di sterilizzazione mediante chiusura delle tube, eseguito dalla ginecologa nella struttura ospedaliera gestita dalla ASL convenuta in giudizio. Nonostante il detto intervento, nel 1994 la signora concepì un figlio e la gravidanza espose a rischio la salute sua e quella del nascituro; qualche mese dopo il parto la paziente patì una flebite all'arto inferiore sinistro. In ultimo, la donna dichiara che in occasione dell'intervento di sterilizzazione non aveva ricevuto una completa ed adeguata informazione sulle sue possibilità di insuccesso.
LA RICHIESTA DELLA PAZIENTE. La paziente chiede la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni tutti patiti sia in conseguenza della gravidanza e delle sue complicanze, ascritte all'imperita esecuzione dell'intervento di sterilizzazione; sia in conseguenza della carente informazione ricevuta sulla natura, sui rischi e sulle alternative dell'intervento di sterilizzazione cui venne sottoposta.
LA DIFESA DEI CONVENUTI, I GIUDICI DI PRIMO E SECONDO GRADO: NESSUNA RESPONSABILITA'. Sia il giudice del Tribunale che quello dell'Appello confe rmano le argomentazioni difensive dei convenuti ( medico ginecologo e Asl chiamata in solido), ritenendo che la paziente fosse stata correttamente informata della natura e delle conseguenze dell'intervento di sterilizzazione, che l'intervento fu eseguito correttamente, che nessuna tecnica di sterilizzazione reversibile esclude completamente il rischio di gravidanza e, da ultimo, che la gravidanza del 1994 non aveva arrecato alcun nocumento permanente alla salute della gestante.
IN PARTICOLARE, LA SENTENZA DEL GIUDICE DELL'APPELLO. Da una serie di elementi raccolti nella fase dell'istruttoria, ritenuti gravi precisi e concordanti, la Corte d'Appello ha ritenuto che la paziente sapesse benissimo quali fossero la natura ed i rischi relativi all'intervento e che, la stessa, vi prestò un consenso pieno ed informato. Questi gli elementi emersi in fase di istruttoria: le dichiarazioni rese dalla stessa paziente al CTU; la narrativa dei fatti contenuta nelle richieste stragiudiziali di risarcimento inviate dall'avvocato della paziente al chirurgo; la qualifica professionale della paziente (...infermiera ostetrica). In definitiva, la Corte d'Appello ha ritenuto in facto che la paziente fosse stata informata e fosse consapevole delle caratteristiche e dei rischi dell'intervento di sterilizzazione, e non ha affermato in iure che l'informazione fosse superflua.
LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE: VIENE RIGETTATO IN TOTO IL RICORSO DELLA PAZIENTE, CONDANNA LA STESSA AL PAGAMENTO DELLE SPESE PROCESSUALI OLTRE CHE AL PAGAMENTO DEL CONTRIBUTO UNIFICATO DOVUTO PER L'IMPUGNAZIONE. La Corte di Cassazione conferma le decisioni emesse nei precedenti giudizi di merito, con inevitabile condanna della paziente - al pagamento delle spese processuali oltre che di quelle relative al versamento del contributo unificato relativo all'impugnazione.
L'INFORMAZIONE DOVUTA DAL MEDICO E' COESSENZIALE ALL'ESERCIZIO DEL DIRITTO ALLA SALUTE. Nella sentenza in esame, a prescindere dal caso concreto e dal conseguente esito del giudizio di legittimità, i giudici sottolineano ancora una volta che l'informazione dovuta dal medico al paziente circa la natura dell'intervento, i suoi rischi, i possibi li benefici ad esso connessi e le possibili alternative terapeutiche, è coessenziale all'esercizio del diritto alla salute. Il paziente, infatti, quale titolare del diritto alla salute, non potrebbe compiere alcuna scelta ( davvero) consapevole, se non fosse a conoscenza delle conseguenze cui si esporrebbe adottando una terapia piuttosto che un'altra.
NON INFORMARE IL PAZIENTE E' UNA CONDOTTA COLPOSA La terza sezione civile della Cassazione ribadisce che non informare il paziente è una condotta colposa che in può produrre un danno giuridicamente rilevante se impedisce al paziente di autodeterminarsi in modo libero e consapevole. Ma se il paziente è perfettamente a conoscenza dei rischi e delle eventuali alternative relative all'intervento chirurgico, l'eventuale inadempimento da parte del medico, dell'obbligo d informarlo, è giuridicamente irrilevante per l'inconcepibilità d'un valido nesso di causa tra esso e le conseguenze dannose del vulnus alla libertà di autodeterminazione. Ciò, a maggior ragione nella fattispecie in esame ove la paziente, addirittura, era una infermiera ostetrica quindi soggetto avente una competenza assolutamente specifica e completa in materia di sterilizzazione. PROVA, ANCHE IN VIA PRESUNTIVA, DELL'AVVENUTA INFORMAZIONE AL PAZIENTE La Cassazione chiarisce che il consenso del paziente all'atto medico non può mai ritenersi presunto ( ad esempio sulla base delle qualità soggettive del paziente), ma che è tuttavia consentito al medico ( o all'ospedale) gravati dall'onere di provare di avere informato il paziente, di fornire tale prova anche in via presuntiva ex art.2727 c.c., come peraltro è avvenuto nella fattispecie in esame dove il giudice di secondo grado ha ritenuto gravi precisi e concordanti gli elementi di prova emersi anche ( ma non solo) dalla narrativa relativa ai contenuti delle missive stragiudiziali redatte dall'avvocato della paziente al fine di richiedere il risarcimento dei danni al medico e all'Asl in q uestione.
Nota a cura dell'Avv. Valter Marchetti, Foro di Imperia e-mail: avvvaltermarchetti@live.it Mobile 349 8844331
LaPrevidenza.it, 22/11/2018