sabato, 15 novembre 2025

Sulla configurabilità del reato di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti - art. 612-ter c.p. - nel caso di acquisizione o acquisto di materiale da siti limitati ai soli iscritti

Cassazione Penale, Sezione V, sentenza10.7.2025 n. 25516

 

La sentenza della Corte di Cassazione Penale, Sezione V, n. 25516 del 10 luglio 2025. si inserisce nel dibattito sulla configurabilità del reato di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, comunemente noto come "revenge porn", disciplinato dall'articolo 612-ter del codice penale. L'art. 612-ter c.p. prevede che "Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000". 

La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video di cui al primo comma, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento. La pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa, ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici. La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza. Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. 

La remissione della querela può essere soltanto processuale. Si procede tuttavia d'ufficio nei casi di cui al quarto comma, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio. La Questione Giuridica. Il punto cruciale affrontato dalla Corte è il seguente: il reato di "revenge porn" può essere commesso anche quando le immagini o i video provengono da piattaforme online (come OnlyFans) a cui l'accesso è consentito solo agli iscritti, e non sono quindi "destinate a rimanere private" nel senso più stretto del termine. La difesa dell'imputato sosteneva che, poiché il materiale era stato pubblicato su un sito web dove era liberamente accessibile, seppur a un pubblico ristretto (quello degli iscritti), non si poteva configurare il reato. Secondo questa argomentazione, l'articolo 612-ter c.p. si applicherebbe solo a contenuti originariamente destinati a una sfera di totale privatezza (ad esempio, inviati in una chat privata). La Decisione della Corte. 

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della difesa e ha confermato la condanna dell'imputato, stabilendo un principio di diritto molto importante: integra il reato di revenge porn la condotta di chi, avendo ricevuto o acquisito materiale visivo pubblicato su un sito web di incontri o a pagamento il cui accesso è limitato ai soli iscritti, lo trasmetta a terzi senza il consenso della persona ritratta. Le Motivazioni della Sentenza. La Corte ha chiarito che il consenso della persona offesa alla pubblicazione del materiale su una piattaforma a pagamento o comunque riservata a un pubblico di iscritti non è un consenso illimitato alla sua diffusione. 

Tale consenso è circoscritto esclusivamente all'ambito virtuale per cui è stato espresso, cioè alla comunità di utenti registrati e paganti della specifica piattaforma (ad esempio, OnlyFans). La sentenza ha sottolineato che l'illecito penale si perfeziona nel momento in cui il materiale viene decontestualizzato ed estratto dalla sua sede originaria per essere inviato o pubblicato in un altro "cerchio" o ambito (ad esempio, su una chat privata, in un gruppo social non riservato, a familiari, ecc.) senza un nuovo, esplicito consenso della persona ritratta. La Cassazione ha, in sostanza, ribadito che il consenso alla visione non è mai un consenso automatico alla ridiffusione. Ogni ulteriore passaggio o condivisione richiede un'autonoma autorizzazione. 

Questo principio protegge la persona offesa, riconoscendo la sua "sfera di controllo" sui propri contenuti anche in ambienti che, pur non essendo totalmente privati, sono comunque delimitati e riservati. Punti Chiave della Sentenza:  Ambito di applicazione dell'art. 612-ter c.p.: Il reato si applica anche a contenuti  provenienti da piattaforme a pagamento o a iscrizione.  

La natura del consenso: Il consenso alla pubblicazione su una piattaforma limitata è un  consenso "circoscritto" e non autorizza la diffusione al di fuori di quell'ambito.  

Decontestualizzazione come azione illecita: L'atto criminale non è la creazione o la  pubblicazione del contenuto sulla piattaforma originale, ma l'azione di chi lo preleva e lo  diffonde in un ambito più ampio senza autorizzazione.  

Responsabilità dell'autore del reato: La responsabilità penale ricade interamente su chi,  tradendo la fiducia e il consenso limitato, trasforma una condivisione circoscritta in una diffusione non autorizzata. 

In conclusione, la sentenza 25516/2025 della Corte di Cassazione rappresenta un'importante evoluzione giurisprudenziale, che adatta la legge sul "revenge porn" alle nuove dinamiche di condivisione di contenuti espliciti online, rafforzando la tutela della dignità e della privacy delle persone ritratte. 



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(Vincenzo Mennea)

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LaPrevidenza.it, 05/09/2025

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