Sulla configurabilità del reato di diffusione illecita di immagini o
video sessualmente espliciti - art. 612-ter c.p. - nel caso di
acquisizione o acquisto di materiale da siti limitati ai soli iscritti
Cassazione Penale, Sezione V, sentenza10.7.2025 n. 25516
La
sentenza della Corte di Cassazione Penale, Sezione V, n. 25516 del 10
luglio 2025. si inserisce nel dibattito sulla configurabilità del reato
di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti,
comunemente noto come "revenge porn", disciplinato dall'articolo
612-ter del codice penale. L'art. 612-ter c.p. prevede che "Salvo che il
fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o
sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a
contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza
il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da
uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000".
La stessa
pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o
i video di cui al primo comma, li invia, consegna, cede, pubblica o
diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare
loro nocumento. La pena è aumentata se i fatti sono commessi dal
coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata
legata da relazione affettiva alla persona offesa, ovvero se i fatti
sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici. La pena è
aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi in danno di
persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una
donna in stato di gravidanza. Il delitto è punito a querela della
persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei
mesi.
La remissione della querela può essere soltanto processuale. Si
procede tuttavia d'ufficio nei casi di cui al quarto comma, nonché
quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve
procedere d'ufficio. La Questione Giuridica. Il punto cruciale
affrontato dalla Corte è il seguente: il reato di "revenge porn" può
essere commesso anche quando le immagini o i video provengono da
piattaforme online (come OnlyFans) a cui l'accesso è consentito solo
agli iscritti, e non sono quindi "destinate a rimanere private" nel
senso più stretto del termine. La difesa dell'imputato sosteneva che,
poiché il materiale era stato pubblicato su un sito web dove era
liberamente accessibile, seppur a un pubblico ristretto (quello degli
iscritti), non si poteva configurare il reato. Secondo questa
argomentazione, l'articolo 612-ter c.p. si applicherebbe solo a
contenuti originariamente destinati a una sfera di totale privatezza (ad
esempio, inviati in una chat privata). La Decisione della Corte.
La
Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della difesa e ha confermato
la condanna dell'imputato, stabilendo un principio di diritto molto
importante: integra il reato di revenge porn la condotta di chi, avendo
ricevuto o acquisito materiale visivo pubblicato su un sito web
di incontri o a pagamento il cui accesso è limitato ai soli iscritti, lo
trasmetta a terzi senza il consenso della persona ritratta. Le
Motivazioni della Sentenza. La Corte ha chiarito che il consenso della
persona offesa alla pubblicazione del materiale su una piattaforma a
pagamento o comunque riservata a un pubblico di iscritti non è un
consenso illimitato alla sua diffusione.
Tale consenso è circoscritto
esclusivamente all'ambito virtuale per cui è stato espresso, cioè alla
comunità di utenti registrati e paganti della specifica piattaforma (ad
esempio, OnlyFans). La sentenza ha sottolineato che l'illecito penale si
perfeziona nel momento in cui il materiale viene decontestualizzato ed
estratto dalla sua sede originaria per essere inviato o pubblicato in un
altro "cerchio" o ambito (ad esempio, su una chat privata, in un gruppo
social non riservato, a familiari, ecc.) senza un nuovo, esplicito
consenso della persona ritratta. La Cassazione ha, in sostanza, ribadito
che il consenso alla visione non è mai un consenso automatico alla
ridiffusione. Ogni ulteriore passaggio o condivisione richiede
un'autonoma autorizzazione.
Questo principio protegge la persona offesa,
riconoscendo la sua "sfera di controllo" sui propri contenuti anche in
ambienti che, pur non essendo totalmente privati, sono comunque
delimitati e riservati. Punti Chiave della Sentenza: Ambito di
applicazione dell'art. 612-ter c.p.: Il reato si applica anche a
contenuti provenienti da piattaforme a pagamento o a iscrizione.
La natura del consenso: Il consenso alla pubblicazione su una
piattaforma limitata è un consenso "circoscritto" e non autorizza
la diffusione al di fuori di quell'ambito.
Decontestualizzazione
come azione illecita: L'atto criminale non è la creazione o la
pubblicazione del contenuto sulla piattaforma originale, ma l'azione di
chi lo preleva e lo diffonde in un ambito più ampio senza
autorizzazione.
Responsabilità dell'autore del reato: La
responsabilità penale ricade interamente su chi, tradendo la
fiducia e il consenso limitato, trasforma una condivisione circoscritta
in una diffusione non autorizzata.
In conclusione, la sentenza
25516/2025 della Corte di Cassazione rappresenta
un'importante evoluzione giurisprudenziale, che adatta la legge sul
"revenge porn" alle nuove dinamiche di condivisione di contenuti
espliciti online, rafforzando la tutela della dignità e della
privacy delle persone ritratte.
Profilo autore
(Vincenzo Mennea)
LaPrevidenza.it, 05/09/2025