Disastro ferroviario di Viareggio, accertata e motivata la sussistenza di una serie di cause nonché le plurime responsabilità personali che hanno determinato il drammatico evento
Tribunale di Lucca, sentenza 31.7.2017 n. 222 - Valter Marchetti
La ricostruzione del fatto
Il giorno 29 giugno 2009, pochi secondi dopo le ore 23:48, il treno merci 50325 composto dalla locomotiva E 655.175 e da 14 carri cisterna trasportanti GPL era in transito, alla velocità di 100 Km/h, sul quarto binario della stazione di Viareggio, proveniente da Trecate ( Novara) e diretto a Gricignano ( Caserta).
Alla progressiva chilometrica 120+265 il treno in questione, che procedeva con la regolare disposizione a via libera del segnale di protezione e del segnale di partenza, sviava con il primo carro cisterna ( il n. 33807818210-6) e, successivamente, con altri quattro carri.
In particolare, a sviare era un asse del primo carrello del primo carro, nel momento in cui transitava in adiacenza del marciapiede fra il terzo ed il quarto binario, il cui cordolo veniva colpito dal carrello sviato.
Nella sua corsa, il treno incontrava un attraversamento a raso, subito dopo il quale si verificava lo svio anche dell'altro asse del primo carrello, che urtava in modo violent o il cordolo del marciapiede, causando il ribaltamento del primo carro cisterna sul fianco sinistro e a seguire di altri quattro carri. Nella fase di strisciamento sulla sede ferroviaria sul suo fianco sinistro, il primo carro impattava con un elemento di acciaio, che provocava uno squarcio sulla cisterna, con conseguente fuoriuscita del gas trasportato, che invadeva la sede ferroviaria e le aree circostanti, in particolare la zona lato monti e, in misura minore, la zona lato mare della stazione di Viareggio.
Dopo pochi minuti dallo svio, alle ore 23:51 si verificava una potente deflagrazione che interessava una vasta area circostante, comprendente non solo l'area ferroviaria ma anche le aree abitate limitrofe di Via Porta Pietrasanta e Via Ponchielli, sul lato est, e Via Burlamacchi, sul lato ovest.
L'incendio che ne derivava provocava trentadue morti, lesioni gravi e gravissime ai danni di numerose persone, la distruzione totale o il grave danneggiamento di innumerevoli veicoli e molteplici abitazioni adiacenti la stazione di Viareggio, oltre al danneggiamento delle infrastrutture ferroviarie.
La causa principale degli eventi: la rottura " per fatica " dell'assile 98331
Nelle 1.021 pagine della sentenza del Tribunale di Lucca, vengono ripercorsi i momenti salienti del processo penale nonché tutte le questioni fattuali e di diritto che i giudici hanno dovuto sviscerare per addivenire alla decisione di primo grado.
Le valutazioni conclusive del Collegio del Tribunale di Lucca richiamano la rottura " per fatica " dell'assile 98331, intendendosi con tale espressione le modalità di cedimento degli assili in esercizio a causa di continue sollecitazioni di vario tipo che, ripetendosi per un numero elevato di cicli, finiscono per stancare il materiale fino a provocarne, appunto, la rottura.
La causa principale e diretta del deragliamento, circostanza che è stata condivisa da tutti gli esperti ascoltati nel corso del dibattimento, è stata proprio la rottura per la fatica dell'assile, verificatasi a causa dell'innesco di una " cricca" in corrispondenza del c.d. collarino, e cioè nella zona di raccordo esterna alle ruote posta tra la portata di calettamento ed il cd fusello ( la zona cioè dove viene montata la boccola, ossia il cuscinetto che permette la rotazione dell'assile rispetto al carrello). Lo svio di un convoglio causato dalla rottura di un assile è fatto noto: l'esempio di scuola della stringa delle scarpe.
Dalla sentenza in esame, emerge chiaramente come le relazioni tecniche, nel corso del dibattimento, abbiano messo in evidenza che lo svio di un convoglio causato dalla rottura di un assile è un fatto pacificamente noto, più volte manifestatosi nel passato, distinguendosi appunto 5 casi su 35 di rottura nel piano di frattura interna alle ruote e 4 casi su 35 nel piano di frattura oltre le due ruote, nella zona del fuscello/collarino. A supporto di quanto appena descritto, nel corso del dibattimento vengono richiamati i seguenti incidenti ferroviari:
- 26 marzo 2004, incidente di Albate Camerlata: qui la frattura rilevata era da imputarsi al fenomeno del " fretting fatgue ";
- 26 marzo 2008, incidente di Firenze Castello;
- 4 gennaio 2001, incidente Stein Saeekingen -Svizzera; qui vi fu la perdita di una boccola per l'incidenza di più fattori negativi come le crepe di affaticamento di un elemento di sicurezza. Alla fine il pezzo di sicurezza si spezzò, sollecitato dalle crepe di affaticamento, per cui il dado di sicurezza si è potuto allentare
- 25 agosto 2007, incidente di Tiehborne Canada; l'ispezione dell'assile ha rilevato che il fusello dell'assile R-4 si era rotto nell'area del raggio del fusello. Caso, questo, che coincide perfettamente con quello di Viareggio.
- 24 ottobre 2004, incidente di Floods Canada; l'assile si è fratturato nell'area del raggio del fusello L-3, approssimativamente a tre pollici dalla faccia esterna del mozzo della ruota. Anche questo un caso simile a quello in esame seppur l'origine della frattura sia da ricercarsi come evidenziato da un consulente tecnico in un meccanismo di danno legato alle specificità progettuali;
- 15 febbraio 2001, incidente di Trudel; l'assile si è rotto in conseguenza di una frattura a fatica che ha avuto origine nel raggio del fusello;
- 8 marzo 1996, incidente di Rickerscote nello Syafford ( Regno Unito); cedimento di schianto di un assile di un carro cisterna contenente anidride carbonica allo stato liquido, benché la superficie fosse andata distrutta, gli investigatori hanno concluso per un cedimento per fatica dell'assile evidenziando anche la presenza di div ersi crateri di corrosione;
- 29 gennaio 1998 a Shield Junction in Scozia; cedimento di schianto di un assile di un carro merci spargi-sale. L'esame della superficie di frattura ha permesso agli investigatori di associare l'innesco della rottura alla presenza di crateri di corrosione nella parte centrale dell'assile. Sono sati osservati anche crateri di corrosione al di sotto del rivestimento bituminoso di protezione dell'assile. Oltre alla cricca principale sono state trovate cricche multiple non propagate con profondità di 12 mm.
Il consulente tecnico del Pubblico Ministero, nel corso del dibattimento precisa che il collarino esterno è una zona certamente critica trattandosi di aree dell'assile maggiormente sollecitate meccanicamente, perché ci sono delle variazioni di sezione. " un esempio che faccio spesso ai miei ragazzi...aggiungerei corretto...della stringa delle scarpe: perché in corrispondenza dell'occhiello io ho dei fenomeni di usura, di abrasione, legati al fatto che io allaccio le scarpe in corrispondenza di quel punto, lì io ho la rottura " ( ct Boniardi, pag. 9 e 225 ud 15 luglio 2015).
La presenza di alveoli di corrosione sull'assile, circostanza confermata con l'apposizione della sigla " W1" dalla stessa officina Junghental
Un particolare importante emerso nel corso del processo riguarda il fatto che l'assile 98331 era stato consegnato dall'officina Junghental con la sigla "W1" con presenza, cioè di alveoli di corrosione, quindi tutt'altro che una superficie liscia senza difetti, tanto che a detta del consulente tecnico del Pubblico Ministero, detto assile, avrebbe dovuto essere sicuramente eliminato dalla circolazione: " un oggetto così vecchio, cioè un assile del 1974, affetto da fenomeni di corrosione conclamati , perché questi sono fenomeni di corrosione conclamati, mah, forse sarebbe il caso di prenderlo e di buttarlo via...cioè qui noi abbiamo un assile che porta in giro un carro con merci pericolose ed è un assile vecchio di trentacinque anni...non c'è una normativa specifica che dica che un assile deve essere preso e buttato via, ma il buon senso dice che un oggetto che ha trentacinque anni e soprattutto che evidenzia problemi di corrosione forse sarebbe il caso di eliminarlo " ( ct Boniardi pag.38 verb. Ud. 15 luglio 2015).
E' altresì emerso, dalla relazione dei Periti, che all'esito dei loro accertamenti è stata evidenziata la presenza di una ampia zona abrasa sul corpo dell'assile, caratterizzata dall'esistenza di diversi prodotti di corrosione, rifioriti appunto sulla superficie. Ed infatti, all'esito delle operazioni di sverniciatura effettuate sul corpo dell'assile, " veniva messa in luce la presenza di un'area pressoché rettangolare dove il metallo è ben visibile perché brillante ma con all'interno tracce evidenti di alveoli di corrosione " ( ct D'Errico rel. 26 maggio 2015, pag.40)
La condotta colposa del proprietario dei carri e delle officine
Nella sentenza in esame, i giudici osservano che la sicurezza ferroviaria non può essere concepita come frutto di scelte individuali frammentate, in quanto richiede per la sua realizzazione " un sistema ad interazione complessa ove tutti i soggetti coinvolti collaborino al fine di garantire che il trasporto ferroviario avvenga nel modo più sicuro, cercando così di contenere gli effetti dannosi che possono derivare dai rischi connessi a tale tipo di attività " ( pag. 130 della sentenza n 222, terzultimo cpv).
Il punto di partenza, al fine di individuare le condotte colpose che hanno contribuito alla determinazione del tragico evento, è l'art.2.31 del RIV ( 2000) cioè la normativa pattizia elaborata dagli organismi internazionali in materia di sicurezza dei trasporti e circolazione ferroviaria: " l'impresa proprietaria ( distinta appunto dalla impresa utilizzatrice) è tenuta, in occasione della revisione, a mettere i carri in condizioni tali da assicurare un normale esercizio fino alla prossima revisione, sia per quanto riguarda la sicurezza dell'esercizio che la conservazione dei carichi. Questa revisione deve inserirsi nel sistema di manutenzione a tempo o lavoro ".
Affermano i giudici che le società che hanno controllato e fornito il carro n.33807818210-6 ( macchinario impiegato nell'attività ferroviaria), erano certamente tenute agli obblighi specifici previsti per la sicurezza dei lavora tori di cui all'art.23 D.lvo n.81 del 2008, ciò in ragione di una forma di tutela anticipata che impone anche ai fabbricanti, venditori, noleggiatori e concedenti in uso ( soggetti tutti diversi dal datore di lavoro) di " neutralizzare le eventuali fonti di pericolo che possono derivare dalla cessione di beni non perfettamente funzionanti , fino al loro definitivo utilizzo, come nel caso del noleggio di cui ci si occupa, che possono costituire una serie minaccia alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori " ( pag.132 sentenza n 222, penultimo cpv).
Il profilo della colpa relativo a tutti coloro che hanno concretamente eseguito la manutenzione dell'assile a cui è stato contestato di:
1) avere effettuato la manutenzione in violazione della normativa VPI04 ed UNI EN 583, EN 473, in mancanza del disegno dell'assile;
2) avere omesso di valutare la presenza di segnali quali la evidente ossidazione della superficie del colletto, che avrebbero dovuto imporre un esame di durata superiore ai 12 minuti e la dotazione di istruzioni dettagliate scritte in funzione dei controlli degli assili;
3) avere omesso di constatare che l'esame ad ultrasuoni aveva dato un rumore di fondo superiore al 10%;
4) avere omesso di procedere ad esame magnetoscopico in presenza di un rumore di fondo superiore al 10% della scala e di segnali evidenti; 5) avere effettuato i controlli attraverso strumentazione scaduta di validità in violazione della EN 473;
6) avere omesso di scartare la sala.
Il profilo della colpa relativo alla violazione dei doveri di controllo e dell'omessa adozione di cautele idonee a prevenire gli eventi di cui si discute, ed in particolare:
1) avere omesso di impartire specifiche istruzioni operative per i diversi tipi di assile e formazione del personale, così consentendo che venisse effettuato un esame in un tempo di 12 minuti anziché 30, rendendo ineseguibile la valutazione della prova;
2) avere omesso di predisporre i piani di prova per ogni tipo di assile;
3) avere omesso di verificare che fosse disposto il rispetto delle istruzioni e che fosse eseguito da un tecnico di 2° livello che a sua volta avrebbe dovuto ricevere disposizioni da un tecnico di 3° livello, istruzioni del tutto emesse;
4) avere omesso di esercitare i propri compiti di gestione e controllo;
5) avere omesso di effettuare il collaudo finale della sala revisionata, nonostante i segni di ossidazione presenti proprio sul colletto dell'assile.
In pratica si contesta agli imputati che hanno operato per conto dell'Officina Jungenthal di avere male effettuato il controllo di manutenzione in un assile gravemente danneggiato da preesistenti alveoli di corrosione e di avere omesso di dare disposizioni specifiche affinché i controlli venissero svolti nel rispetto delle regole di settore che, se correttamente applicate, avrebbero consentito di individuare la presenza della cricca, così eliminando il rischio della rottura dell'asse 98331.
Nella fattispecie, vengono sollevati dalla pubblica accusa tre gruppi di contestazioni:
a) carenze organizzative dell'officina Jungenthal;
b) mancanza di un sistema di tracciabilità; c) violazione dell'ordinanza emessa dall'Agenzia Federale Tedesca (EBA), che costituiva un importante segnale d'allarme, del tutto ignorato dagli imputati e rispetto al quale hanno avuto ampio spazio di difesa nel corso dell'istruttoria dibattimentale.
La responsabilità dell'officina italiana Cima: non è stato posto in essere il controllo visivo sulle due sale.
All'officina Cima viene contestato dalla pubblica accusa il fatto di avere proceduto al montaggio delle due sale (85890 e 98331) inviategli dal proprietario senza avere eseguito su di esse l'esame visivo, che avrebbe permesso all'operatore di rilevare una serie di anomalie sulla condizione della superficie dell'assile e di contrastare il pericolo che era già in atto in quel momento per la presenza di una cricca sulla zona del collarino.
Ciò anche in considerazione del contenuto dell'ordinanza tedesca EBA 10 luglio 2007 che aveva sollecitato tutti coloro che operano nel settore ferroviario, e quindi anche le officine, a disporre controlli visivi più penetranti ad un certo tipo di assili.
Osserva il Collegio che " la sostituzione di un componente è un momento di fondamentale importanza nella manutenzione dei veicoli ferroviari, che non può essere sottovalutato come è stato fatto dal personale di Cima" , in quanto al momento della immatricolazione di un carro viene compiuta una particolare verifica, che riguarda non solo la cisterna, ma anche la sottostruttura, con indicazione di tutti gli elementi che la compongono ( sale, tipo di sale, carrello, boccole ed altro) per la messa in servizio del veicolo.
Le contestazioni del Pubblico Ministero nei confronti di F.S. Logistica S.p.a.
Ad alcuni responsabili di F.S. Logistica S.p.a., la pubblica accusa contesta una centrale e prevalente componente omissiva nella condotta di questa ultima società che ha omesso qualsiasi controllo documentale in ordine alla sussistenza dei requisiti di sicurezza che avrebbero dovuto possedere i carri dapprima noleggiati e successivamente forniti all'impresa ferroviaria. Ecco le contestazioni nel dettaglio:
a) aver noleggiato il carro cisterna n 33807818210-6, trasportante gas di petrolio liquefatto riammesso alla circolazione in Italia, nel mese di marzo del 2009, dopo il montaggio ad opera della Cima Riparazioni Spa nel carrello del carro medesimo, dell'assile 98331 attrezzatura di lavoro non correttamente manutenuta, poiché il carro cisterna n.33807818210-6 montava, nella seconda sala del carrello anteriore tenendo conto, nell'occorso, del senso di marcia del citato treno merci n.50325 l'assile n 98331 gravemente criccato, la cui conseguente rottura ha determinato l'indicato deragliamento;
b) aver omesso, in conseguenza del precisato noleggio e con particolare riferimento alla riammissione del carro alla circolazione in Italia, nel mese di marzo del 2009, dopo il montaggio, ad opera della Cima Riparazioni Spa, nel carrello del carro medesimo, dell'assile 98331 di far verificare l'avvenuta esecuzione ( almeno in conformità alle norme VPI) dei controlli necessari ad evitare la messa in esercizio di un prodotto gravemente difettoso, quale l'assile 98331, portatore di gravissima cricca e/o di pretendere la prova dell'effettiva realizzazione dei predetti controlli;
c) aver omesso comunque di far verificare l'adeguatezza o meno dei controlli effettivamente eseguiti sull'assile n 98331, affidati dalla noleggiante Gatx Rail Austria GmbH Rail GmbH all'officina Jungenthal Waggon GmbH di Hannover ( a novembre del 2008), come pure l'esecuzione dei cont rolli da eseguire in sede di montaggio dell'assile citato nell'indicato carrello del carro cisterna n.33807818210-6 ad opera dell'azienda Cima Riparazioni Spa;
d) non avere previsto nel contratto di noleggio e, comunque, per non aver preteso dalla società noleggiante l'adozione di standard di manutenzione, per il carro cisterna n.33807818210-6, equivalenti a quelli stabiliti per i carri immatricolati in Italia, anche se non di proprietà di Trenitalia, trattandosi, comunque, di un carro circolante in Italia; e) aver fornito il carro cisterna n.33807818210-6 a Trenitalia Spa, vettore del trasporto eseguito con treno merci n.50325 deragliato a Viareggio il 29/6/2009, trainante detto carro.
In sostanza, l'aver prima noleggiato e, successivamente, fornito all'impre sa ferroviaria per l'esecuzione del trasporto il materiale rotabile sopra descritto, senza acquisire le informazioni necessarie per verificare la bontà delle regole e delle procedura applicate nel corso della manutenzione, costituisce la condotta addebitabile ai dirigenti di FS Logistica Spa.
Assenza delle necessarie informazioni in capo a Trenitalia in ordine ai processi manutentivi riferiti al carro in oggetto.
Nel corso dell'istruttoria dibattimentale, vengono esaminate le plurime e -mail intercorse tra i diversi soggetto imputati ed in particolare tra i dirigenti di Trenitalia, di FS Logistica Spa e di Gatx.
Dal contenuto di dette e-mail è emerso che anche Impresa Ferroviaria Trenitalia Spa non aveva disponibilità di alcuna informazione riguardante i carri coinvolti nel disastro: le loro specifiche, le registrazioni di manutenzione, l'ultima ispezione che avevano ricevuto, l'officina autorizzata presso la quale le manutenzioni avevano avuto luogo, il tipo di controlli e verifiche effettuate durante l'ultima ispezione, la data di quella successivamente prevista, i costruttori del carro, l'anno di costruzione del rotabile e dei suoi componenti, il soggetto che aveva proceduto alla immatricolazione e alla omologazione.
In sintesi, è assolutamente pacifico il dato relativo alla totale assenza di acquisizione documentale da parte di Trenitalia in ordine alle manutenzioni effettuate sul carro estero ( e sull'assile 98331) ad opera del proprietario Gatx Austria.
Art.8 del D.lvo n 162 del 2007
Il Tribunale di Lucca richiama l'art.8 del D.lvo n 162 del 2007, emanato in attuazione delle direttive 2004/49/CE e 2004/51/CE relative alla sicurezza e allo sviluppo delle ferrovie comunitarie secondo il quale ciascuna impresa ferroviaria è responsabile della propria parte di sistema e del relativo funzionamento sicuro, compresa la fornitura di materiale e l'appalto di servizi nei confronti di utenti, clienti, lavoratori interessati e terzi.
Quindi il dettato normativo e la natura stessa del Sistema di Gestione della Sicurezza di Trenitalia assegnano alla impresa ferroviaria un ruolo centrale nel sistema della sicurezza della circolazione di tutti i rotabili che essa utilizzi, qualunque sia la loro provenienza.
Violazione delle prescrizioni cautelari di cui agli artt.69,70 e 71 co.1 del T.U. 81/2008
La violazione degli obblighi gravanti sulla impresa ferroviaria in materia di manutenzione si è tradotta inevitabilmente nel fornire al lavoratore una attrezzatura di lavoro non sicura ( ovvero un carro sotto il quale era montato un assile gravemente criccato, poi fratturatosi in data 29.6.2009).
Deve evidenziarsi che tra i compiti di prevenzione che fanno capo al datore di lavoro vi è l'obbligo di mettere a disposizione del lavoratore mezzi, macchinari e strumenti di lavoro del tutto sicuri e affidabili, in modo che egli sia posto nelle condizioni di operare in assoluta sicurezza.
Violazione della Procedura operativa RFI in materia di cabotaggio
La violazione della norma cautelare configurata dalla procedura operativa RFI TGCS PR PO 02 002 A dell'8 luglio 2003 in materia di cabotaggio - dettata dalla necessità di rendere più pregnante il generale dovere di controllo della impresa ferroviaria in materia di circolazione ove si tratti di veicoli che trasportano merce pericolosa, in considerazione degli ulteriori rischi che la attività comporta e con la finalità di eliminare o ridurre gli stessi, nella necessaria prospettiva di tutela dei lavoratori, dei terzi e della collettività tutta ha indubbiamente determinato la concretizzazione del rischio specifico che quella norma mirava ad evitare. Le responsabilità penali degli imputati facenti parte di R.F.I. Spa
La centralità, anche per quanto riguarda R.F.I. Spa, di un Sistema di Gestione della Sicurezza, è stata peraltro nel te mpo ribadita anche all'interno della medesima società che sin dal 2001 si è dotata , con la disposizione RFI 13/AD, di un Sostema di Gestione della Sicurezza ( Safety Management System) finalizzato a costituire e mantenere organizzazioni in grado di " presidiare il processo di gestione della sicurezza del trasporto ferroviario, al fine di ottenere servizi di trasporto sicuri e affidabili ".
Detta disposizione individuava peraltro una articolata procedura di analisi del rischio attraverso la " identificazione dei pericoli", la "stima e classificazione dei rischi", la individuazione delle misure e delle cautele idonee a consentire la minimizzazione del rischio di incorrere in eventi incidentali e le relative conseguenze; nella dichiarata prospettiva di poter giungere ad un rischio residuo del tutto "trascurabile" o "tollerabile", ovvero a conseguenze "insignificanti".
In sintesi, dalla complessiva analisi della normativa tecnica, delle consolidate metodologie di valutazione dei rischi, delle procedure e disposizioni di RFI e degli esiti degli studi commissionati o effettuati da detta società emerge quale elemento assolutamente consolidato la indicazione del deragliamento, dell'incendio e dell'esplosione come eventi tipici della circolazione ferroviaria, nella specie di merci pericolose.
Ciò detto, i fattori da prendere in considerazione per una corretta ed adeguata valutazione dei rischi, andavano individuati proprio nelle caratteristiche dei convogli e del materiale rotabile, nella natura della merce trasportata, nelle peculiarità della infrastruttura, nelle caratteristiche della linea, nella topografia dei luoghi - con specifico riferimento all'attraversamento di zone residenziali ovvero alla densità della popolazione nel tipo di immobili circostanti e nella distanza di questi ultimi dalla sede ferroviaria.
Mancata attuazione pratica da parte di RFI spa di una adeguata e dettagliata analisi del rischio.
L'istruttoria dibattimentale ha messo in luce che, nonostante la doverosità di una concreta e attenta valutazione dei rischi connessi al trasporto ferroviario di una sostanza altamente infiammabile come il GPL, e benché fossero certamente prevedibili i possibili scenari incidentali e le loro catastrofiche conseguenze, in concreto tuttavia nessuna adeguata e dettagliata analisi del rischio veniva effettuata dal Gestore dell'Infrastruttura, un uno specifico documento di valutazione dei rischi ovvero nell'ambito del Sistema di Gestione della Sicurezza di RFI.
Anzi, la varie prescrizioni del S.I.G.S. e delle allegate procedure non hanno trovato una pratica applicazione e non hanno condotto alla configurazione dei possibili concreti scenari incidentali, né alla valutazione del tipo e livello di rischio nello specifico sussistente, ovvero alla conseguente individuazione e predisposizione di puntuali misure preventive protettive.
La riduzione della velocità di transito del treno merci come misura preventiva/riduttiva del rischio.
Da quanto emerso nel corso del dibattimento dalle diverse perizie tecniche, il Collegio ha ritenuto che la riduzione della velocità si configura come una misura di natura preventiva/protettiva rispetto al deragliamento di un carro ferroviario e, quindi, alle sue potenziali conseguenze, compresi i danni anche gravissimi e catastrofici.
RFI aveva quindi l'obbligo di procedere ad una completa, attenta e concreta valutazione dei rischi, all'esito della quale avrebbe dovuto individuare la riduzione della velocità come valida misura per eliminare o sensibilmente ridurre i rischi connessi allo specifico tipo di trasporto ferroviario di GPL effettuato dalla impresa Trenitalia sulla tratta Trecate-Gricignano.
L'abbassamento della velocità di transito ( rispetto a quella massima, pari a circa 100 Km/h stabilita da RFI in quanto consentita dalle caratteristiche della infrastruttura e del rotabile), prevista quale misura di cautela all'esito della concreta valutazione dei rischi esistenti - che RFI doveva effettuare ex ante, con la conseguente predisposizione delle opportune misure preventive/protettiva avrebbe già in ipotesi ridotto, in caso di svio, il rischio connesso al percorso incontrollato del treno, alla violenza di un eventuale impatto contro un qualsiasi elemento dell'infrastruttura e alla conseguente probabilità di perforazione della cisterna e fuoriuscita della sostanza pericolosa.
Ipotesi dell'accusa: la costruzione di "muri pieni" di contenimento avrebbe impedito o fortemente ridotto le gravissime conseguenze derivanti dall'incendio e dalle esplosioni.
Sulla base delle risultanze dibattimentali, anche a voler ritenere che una adeguata valutazione dei rischi imponesse la adozione di muri del tipo di quelli ipotizzati dai consulenti della pubblica accusa, secondo il Tribunale di Lucca non vi sarebbero idonei elementi per ritenere che la esistenza di detti elementi di separazione avrebbe quantomeno in termini di significativa probabilità scongiurato l'evento in questione.
Ad avviso del Collegio, la ricostruzione dei consulenti, secondo la quale l'esistenza di " muri pieni " di co ntenimento avrebbe comportato, nel caso di specie, una considerevole riduzione del passaggio della nube di GPL oltre la barriera, presenta alcuni elementi di criticità che non consentono di ritenere adeguatamente provata l'ipotesi di accusa sotto il dirimente profilo della dimostrazione cd " controfattuale".
La posizione dell'amministratore delegato di FSI Spa e quale amministratore di fatto delle Società controllate
L'esame del materiale probatorio offerto dall'accusa, dichiara il Tribunale di Lucca nella sentenza in esame, non consente di attribuire all'imputato amministratore delegato di FSI Spa un ruolo ulteriore e diverso da quello di amministratore delegato della holding di gruppo, non essendo gli elementi addotti, e sopra considerati nel dettaglio, sufficienti a trasformarlo in amministratore di fatto delle singole società controllate, in assenza non solo di un esercizio continuativo dei poteri tipici dell'amministratore, ma anche di un singolo, sebbene significativo, esercizio degli stessi. Deve invece ritenersi affermata la responsabilità dell'Amministratore Delegato in ordine ai reati ascritti dalla pubblica accusa, dal momento che i fatti del 29.6.2009 sono il risultato di violazioni direttamente connesse all'organizzazione dell'impresa e dell'attività lavorativa nel suo complesso e non adeguatamente considerate nell'ambito della doverosa, generale e corretta attività di analisi dei rischi.
Anche per quanto riguarda RFI, analogamente a quanto già evidenziato per Trenitalia, gli eventi dannosi per cui è processo non derivano da una contingente disfunzione del sistema di presidi e garanzie predisposto dall'imprenditore e per esso dall'Amministratore Delegato a tutela della sicurezza ferroviaria e in materia antinfortunistica ma, al contrario, si ricollegano in tutta evidenza a difetti strutturali e permanenti della complessa e articolata organizzazione predisposta dall'Amministratore Delegato.
LaPrevidenza.it, 14/12/2017