SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MAMMONE Giovanni - Presidente - Dott. BERRINO Umberto - Consigliere - Dott. RIVERSO Roberto - Consigliere - Dott. MANCINO Rossana - rel. Consigliere - Dott. PONTERIO Carla - Consigliere - ha pronunciato la seguente: ORDINANZA sul ricorso 25951/2012 proposto da: I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONINO SGROI, CARLA D'ALOISIO, LELIO MARITATO giusta delega in atti; - ricorrente - contro C.V. O C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.B. VICO 1, presso l studio dell'avvocato LORENZO PROSPERI MANGILI, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato ROBERTO CARLINO, giusta delega in atti; - controricorrente - avverso la sentenza n. 3839/2012 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 14/05/2012 R.G.N. 5686/2011.
1. che, con sentenza in data 14 maggio 2012, la Corte di Appello di Roma ha confermato la sentenza di primo grado, che aveva riconosciuto il diritto dell'attuale intimato al riconoscimento dell'anzianità contributiva, in relazione al rapporto di lavoro alle dipendenze di Alitalia s.p.a., tenuto conto dei periodi di sosta lavorativa in conseguenza del rapporto di lavoro part time verticale ciclico, con tutte le conseguenze di legge in ordine alla data di maturazione del diritto alla pensione;
2. che, avverso tale sentenza, l'INPS ha proposto ricorso affidato ad un articolato motivo, al quale ha opposto difese, con controricorso, C.V. (erroneamente indicato, dalla Corte di merito, come C.V.).
3. che, con unico motivo, l'INPS lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 22 febbraio 2000, n. 61, D.L. 30 ottobre 1984, n. 726, art. 5, comma 11 e del D.L. 12 settembre 1983, n. 463, art. 7, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 1983, n. 638, nonchè vizio di motivazione, per avere la sentenza impugnata ritenuto che il rapporto di lavoro dell'attuale parte intimata, svoltosi alle dipendenze di Alitalia s.p.a., dal 1 gennaio 1992 al 31 gennaio 2000, con le modalità del part time verticale ciclico e poi in part time dal 1 gennaio 2002, consentisse l'accesso al trattamento pensionistico, con riconoscimento dell'anzianità contributiva anche per i periodi dell'anno senza prestazione lavorativa, nè versamento di retribuzione e di contribuzione previdenziale;
4. che, ad avviso dell'Istituto ricorrente, in base alla cit. L. n. 638 del 1983, art. 7, le modalità di calcolo dell'anzianità contributiva, ai fini pensionistici, non possono che riferirsi ai periodi in cui vi sia stato effettivo svolgimento dell'attività lavorativa, con corresponsione della retribuzione e della contribuzione previdenziale, senza possibilità alcuna di spalmare su tutto l'anno, e quindi anche sui periodi non lavorati, i contributi versati per i periodi lavorati;
5. che ritiene il Collegio si debba rigettare il ricorso;
6. che la tesi propugnata dall'INPS non incrina la sentenza della Corte di merito, conforme alla giurisprudenza di legittimità che, con orientamento consolidato, ha riconosciuto, in tema di efficacia a fini pensionistici dei periodi non lavorati in caso di part time verticale, il diritto dei lavoratori, in part time verticale ciclico, all'inclusione anche dei periodi non lavorati nell'anzianità contributiva, incidendo la contribuzione ridotta sulla misura della pensione e non sulla durata del rapporto di lavoro (si rinvia, per la più ampia ed argomentata motivazione, a Cass. 6 luglio 2017, n. 16677, ed anche per il rilievo che dalla disciplina comunitaria si evince la conferma del principio di parità di trattamento, tra lavoratori a tempo pieno e a tempo parziale, pur immanente, nell'ordinamento interno, ai fini previdenziali; v., inoltre, fra le tante, Cass. 24 novembre 2015, nn. 23948, Cass. 2 dicembre 2015, n. 24532, Cass. 22 dicembre 2016, Cass. 24 ottobre 2016, n. 21376, Cass. 19 ottobre 2016, n. 21207, Cass. 29 aprile 2016, n. 8565 del 2016; Cass. 27 febbraio 2017, n. 4968);
7. che le spese seguono la soccombenza e vengono regolate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre quindici per cento spese generali e altri accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 19 dicembre 2017.
Depositato in Cancelleria il 10 aprile 2018