Gli interessi usurari nel diritto italiano
Il Fenomeno dell'Usura nel Diritto Italiano
Il
fenomeno dell'usura rappresenta, nella storia giuridica ed economica
italiana, un fenomeno di persistente rilevanza, le cui manifestazioni e
la cui percezione legale si sono evolute in stretta relazione con i
contesti economici e sociali. Tradizionalmente, l'usura era considerata
un delitto lesivo principalmente del patrimonio del singolo individuo.
Tuttavia, la dottrina più recente ha ampliato questa prospettiva,
riconoscendo che l'usura lede anche il bene dell'economia pubblica e
la libertà di autodeterminazione contrattuale. Questa espansione della
tutela giuridica riflette una crescente consapevolezza delle
implicazioni sistemiche del fenomeno. La rilevanza dell'usura
è particolarmente acuta in periodi di difficoltà economica, quando il
ricorso a forme di credito non convenzionali può aumentare
significativamente il rischio di sfruttamento per i soggetti
più vulnerabili.
L'evoluzione della materia ha portato all'introduzione
di un nuovo reato di usura, spesso definito "usura bancaria," che si
concretizza nell'attività di concessione del credito da parte di banche
e intermediari finanziari. Questa specificità sottolinea come il reato
di usura, in un contesto moderno, sia ascrivibile alla categoria dei
reati cosiddetti "artificiali" o "convenzionali" (mala quia vetita). La
loro esistenza non deriva da un disvalore intrinseco universalmente
riconosciuto, ma è frutto di scelte legislative che riflettono
specifiche politiche economiche e sociali.
Contesto Storico e Rilevanza
Attuale
La traiettoria storica della legislazione sull'usura in Italia è
caratterizzata da un'alternanza tra periodi di deregolamentazione e
fasi di reintroduzione e inasprimento delle sanzioni. Questa
dinamica rivela una tensione fondamentale tra gli ideali di libertà
economica e la necessità di protezione sociale e stabilità del
mercato.
Nel Regno di Sardegna, la legge del 5 luglio 1857 abolì la
disciplina penale dell'usura, basandosi sul principio che la
determinazione dell'interesse fosse prerogativa dei contraenti.
Questo orientamento liberista fu poi recepito nel Codice Civile del
1865, che all'Art. 1831, comma 3, prevedeva la libertà contrattuale
nella fissazione degli interessi, senza alcun limite legale
massimo. Successivamente, il Codice Zanardelli del 1889 depenalizzò
completamente l'usura, non prevedendo sanzioni né sul piano civilistico
né su quello penalistico. L'esperienza di questa deregolamentazione ebbe
conseguenze significative per la società italiana, portando a un
aumento esponenziale dei tassi di interesse, soprattutto in contesti
economici critici.
Le difficoltà derivanti da tale scenario misero in
luce che la "libertà dei privati nella determinazione degli interessi"
poteva generare effetti socialmente dannosi, compromettendo l'equità dei
rapporti contrattuali e la stabilità economica. Questa consapevolezza
storica fu la causa diretta della "necessità di emanare una legislazione
più restrittiva in materia di prestito ad interesse ed usura".
Di conseguenza, nel 1931, con l'entrata in vigore del Codice Rocco, fu
reintrodotto il delitto di usura, disciplinato dall'Art. 644 c.p..
Negli
anni Novanta, in un contesto di andamento negativo del ciclo economico e
di problemi di risanamento del deficit pubblico, si assistette a una
recrudescenza del fenomeno usurario, che acquisì caratteri inediti. Ciò
portò a un ulteriore inasprimento delle pene e all'introduzione di
nuovi criteri oggettivi con la Legge n. 108 del 7 marzo 1996. Questa
evoluzione normativa non è stata un mero strumento punitivo, ma ha
rappresentato una ricerca continua di un equilibrio dinamico
tra l'efficienza del mercato e la giustizia sociale. Essa evidenzia come
il diritto sia chiamato a rispondere alle disfunzioni
economiche e alle esigenze di tutela dei soggetti più deboli, anche
a costo di limitare la libertà contrattuale. La configurazione del reato
di usura, in questo senso, è una scelta di politica legislativa e
sociale, piuttosto che un'imposizione morale intrinseca.
Definizione e
Evoluzione Normativa dell'Usura
La disciplina dell'usura nel diritto
italiano ha subito trasformazioni profonde, in particolare con l'avvento
della Legge n. 108 del 1996, che ha ridefinito i criteri di
qualificazione e le conseguenze legali degli interessi usurari.
L'Usura
prima della Legge 7 marzo 1996, n. 108
Prima dell'entrata in vigore
della Legge n. 108 del 1996, la definizione del reato di usura, ai
sensi dell'Art. 644 del Codice Penale, era principalmente incentrata su
elementi soggettivi e oggettivi la cui valutazione era rimessa alla
discrezionalità del giudice. Un elemento costitutivo fondamentale era
l'approfittamento dello "stato di bisogno" o di "difficoltà economica o
finanziaria" della vittima da parte del creditore. Lo stato di bisogno
non implicava necessariamente un'assoluta indigenza o una totale
incapacità patrimoniale; poteva consistere anche in una semplice
difficoltà economica o una contingente carenza di liquidità. La prova di
tale stato poteva essere desunta anche dalla sola misura degli
interessi, qualora questi fossero di entità tale da far ragionevolmente
presumere che solo un soggetto in quella condizione potesse contrarre un
prestito a condizioni così inique e onerose. Accanto allo stato di
bisogno, un altro elemento chiave era la "sproporzione degli
interessi pattuiti rispetto alle concrete modalità del fatto". Tuttavia,
in assenza di precisi tassi soglia, la determinazione di tale
sproporzione era lasciata alla valutazione del giudice.
Sul fronte
civilistico, l'Art. 1815, comma 2, del Codice Civile, nella sua
formulazione previgente, stabiliva che se fossero stati convenuti
interessi usurari, la clausola relativa sarebbe stata nulla, ma gli
interessi sarebbero stati dovuti nella misura legale. Questa conseguenza
civilistica, sebbene prevedesse una sanzione, era meno severa rispetto
alla disciplina che sarebbe stata introdotta successivamente.
La Riforma
introdotta dalla Legge 7 marzo 1996, n. 108
La Legge 7 marzo 1996, n.
108, entrata in vigore il 24 marzo 1996, ha segnato un punto di
svolta nella disciplina dell'usura in Italia. La riforma ha introdotto
criteri oggettivi per la quantificazione del tasso usurario, il
cosiddetto "tasso soglia," superato il quale gli interessi sono
considerati "sempre usurari". Le modifiche all'Art. 644 del Codice
Penale hanno delineato due distinte fattispecie di usura penale:
- Usura presunta o oggettiva: Questa è la novità più significativa. Si
configura con il mero superamento del tasso soglia stabilito
dalla legge, rendendo irrilevante l'accertamento dello stato di
bisogno del debitore per la configurazione del reato.
- Usura
concreta o soggettiva: Questa fattispecie mantiene una continuità con la
normativa previgente. Ricorre qualora gli interessi o i
vantaggi pattuiti, pur essendo inferiori al tasso soglia,
risultino comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o
altra utilità, e l'agente abbia approfittato dello stato di
difficoltà economica o finanziaria della vittima. In questo
contesto, lo stato di bisogno non è più un elemento costitutivo del
reato, ma assume la funzione di circostanza
aggravante.
Parallelamente, la Legge 108/1996 ha profondamente
modificato l'Art. 1815, comma 2, del Codice Civile. La nuova
formulazione stabilisce che "Se sono convenuti interessi usurari, la
clausola è nulla e non sono dovuti interessi". Questa disposizione ha
introdotto il principio del "mutuo gratuito," una sanzione civilistica
di gran lunga più severa rispetto alla precedente riduzione
degli interessi al tasso legale, poiché priva il creditore di qualsiasi
remunerazione sul capitale. La riforma ha anche comportato un
inasprimento delle sanzioni penali per il reato di usura, con
l'obiettivo di rafforzare la deterrenza contro tale fenomeno.
Interventi
Normativi Successivi alla L. 108/1996
Dopo la Legge 108/1996, il
legislatore è intervenuto con ulteriori disposizioni per chiarire e
affinare la disciplina anti-usura, in particolare per affrontare
questioni interpretative emerse nella prassi. Un intervento cruciale è
stato il Decreto Legge 29 dicembre 2000, n. 394, convertito con
modificazioni nella Legge 28 febbraio 2001, n. 24. Questa norma ha
fornito un'interpretazione autentica dell'Art. 644 c.p. e dell'Art.
1815, comma 2, c.c., stabilendo che "ai fini dell'applicazione dell'art.
644 c.p. e dell'art. 1815, comma 2, cc, si intendono usurari gli
interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in
cui essi sono stati promessi o comunque convenuti, a qualunque
titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento". Questa
disposizione è stata dirimente per la questione dell' "usura
sopravvenuta," chiarendo che il momento rilevante per la
valutazione dell'usura è quello della pattuizione del contratto, non
quello del pagamento o delle successive variazioni del tasso soglia.
Un
altro significativo intervento è stato il Decreto Legge 13 maggio 2011,
n. 70 (il cosiddetto "decreto sviluppo"), convertito nella Legge 12
luglio 2011, n. 106. Questo decreto ha modificato la modalità di calcolo
del tasso soglia di cui all'Art. 2, comma 4, della Legge 108/1996. Il
precedente criterio, che prevedeva l'aumento del Tasso Effettivo Globale
Medio (TEGM) della metà, è stato sostituito con un aumento di un quarto
(25%), cui si aggiungono ulteriori quattro punti percentuali. È stata
inoltre introdotta una clausola di salvaguardia, secondo cui la
differenza tra il tasso soglia così calcolato e il tasso medio non può
essere superiore a otto punti percentuali. L'obiettivo di questa
modifica era innalzare i tassi soglia, in particolare per i mutui
ipotecari, e rendere il sistema più flessibile, favorendo l'erogazione
del credito in un contesto di aumento del costo del
denaro.
Trasferimento del Rischio e Ruolo degli Intermediari
Finanziari
La transizione da un approccio soggettivo a uno oggettivo
nella definizione dell'usura, culminata con la Legge 108/1996 e i
successivi interventi legislativi, ha comportato un
significativo trasferimento del rischio e della responsabilità di
conformità dal debitore agli intermediari finanziari. Prima della Legge
108/1996, la prova dell'usura era complessa e onerosa per la
vittima, poiché richiedeva la dimostrazione dello "stato di bisogno" e
dell'approfittamento da parte del creditore. Questo rendeva difficile
per i debitori ottenere tutela, e l'onere della prova
ricadeva pesantemente su di essi.
Con l'introduzione del tasso soglia
oggettivo, la situazione è mutata radicalmente. Il superamento di questa
soglia rende gli interessi "sempre usurari" per definizione,
indipendentemente dalla condizione di vulnerabilità del debitore. Questo
cambiamento ha reso l'accertamento dell'usura più semplice e meno
discrezionale, poiché si basa su un dato numerico oggettivo. Di
conseguenza, gli operatori professionali, come banche e intermediari
finanziari, sono stati maggiormente esposti al rischio di incorrere nel
reato di usura o nelle severe sanzioni civilistiche, in quanto la
violazione della soglia è un fatto accertabile matematicamente.
Questa
evoluzione ha trasformato l'usura da un fenomeno prevalentemente
"socio-criminale" a un "white-collar crime". Il focus si è spostato
dall'intenzione predatoria del singolo usuraio alla mera violazione di
un parametro oggettivo da parte di operatori che agiscono in contesti
istituzionali. L'eliminazione della necessità di provare lo stato di
bisogno come elemento costitutivo del reato ha semplificato
l'accertamento, rendendo il sistema più efficace nella protezione dei
debitori. Questo cambiamento normativo riflette una profonda evoluzione
nella filosofia giuridica italiana. Si è passati da un modello che
richiedeva la prova di un intento specifico e di una particolare vulnerabilità
della vittima, a uno che impone una responsabilità oggettiva sui
prestatori professionali di denaro. Tale impostazione mira a promuovere
una maggiore trasparenza e correttezza nel mercato del credito,
riducendo l'asimmetria informativa e di potere che spesso caratterizza i
rapporti tra banche e clienti. In questo modo, il diritto penale e
civile agiscono come strumenti di regolazione economica, non solo di
repressione del dolo individuale, contribuendo a un mercato finanziario
più equo e protettivo per i consumatori.
Criteri Oggettivi per la
Qualificazione dell'Usura.
La Legge 108/1996 ha introdotto un sistema
basato su criteri oggettivi per la qualificazione dell'usura, incentrato
sul concetto di "tasso soglia". Questo approccio ha reso la
determinazione dell'usurarietà più trasparente e meno dipendente da
valutazioni soggettive.
Il Tasso Effettivo Globale Medio (TEGM) e il
Tasso Soglia.
Il tasso soglia rappresenta il limite legale oltre il
quale gli interessi sono considerati usurari per definizione,
configurando la cosiddetta usura presunta o oggettiva. La sua
determinazione si basa sul Tasso Effettivo Globale Medio (TEGM), che è
la media dei tassi effettivi globali applicati dalle banche e dagli
intermediari finanziari a specifiche categorie omogenee di operazioni
creditizie. Il TEGM è calcolato includendo "commissioni, remunerazioni a
qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse,
collegate all'erogazione del credito". Questa inclusione di tutti i
costi è fondamentale per garantire che la valutazione dell'usura tenga
conto dell'onere complessivo effettivo che grava sul debitore,
promuovendo una maggiore trasparenza.
La formula attuale per il calcolo
del tasso soglia, modificata dal D.L. 70/2011, prevede che il TEGM sia
aumentato di un quarto (25%) e che a questo risultato si aggiungano
ulteriori quattro punti percentuali. È inoltre stabilito che la
differenza tra il tasso soglia così calcolato e il tasso medio non possa
superare gli otto punti percentuali. Questi parametri sono rilevati
trimestralmente dalla Banca d'Italia e pubblicati nella Gazzetta
Ufficiale tramite decreti ministeriali, fornendo un riferimento chiaro e
aggiornato per tutti gli operatori e i consumatori.
Metodologia di
Calcolo del TEGM e Ruolo della Banca d'Italia (Istruzioni)
La Banca
d'Italia svolge un ruolo centrale nella definizione e nel monitoraggio
dei tassi di usura, emanando le "Istruzioni per la rilevazione dei tassi
effettivi globali medi". Queste istruzioni forniscono le regole
tecniche dettagliate che banche e intermediari finanziari devono seguire
per la segnalazione periodica dei TEGM. Tali istruzioni sono vincolanti
per gli operatori e fungono da riferimento essenziale per
l'accertamento dell'usura. Le istruzioni specificano quali voci di
costo devono essere incluse nel calcolo del Tasso Effettivo Globale
(TEG) di una singola operazione (e, di conseguenza, nel TEGM aggregato).
Tra queste, figurano interessi, commissioni e spese
connesse all'erogazione del credito, con l'esclusione di imposte e
tasse.
La metodologia di calcolo del TEGM e del tasso soglia è stata
oggetto di continue revisioni, riflettendo una costante dinamica tra i
regolatori e gli operatori finanziari. Inizialmente, voci di costo come
la "commissione di massimo scoperto" (CMS) e alcuni premi assicurativi
erano esclusi dal calcolo del TEGM. Tuttavia, a seguito di modifiche
normative e giurisprudenziali, la CMS è stata inclusa nel calcolo del
TEG a partire dalla Legge n. 2 del 2009. Analogamente, i
premi assicurativi sono ora generalmente inclusi se l'assicurazione è
contestuale all'erogazione del finanziamento o obbligatoria per
ottenerlo. Questa evoluzione nell'inclusione dei costi è stata guidata
dalla necessità di garantire che il TEGM rifletta l'onere economico
effettivo gravante sul debitore, catturando tutti i "costi occulti" o le
"remunerazioni a qualsiasi titolo" che possono essere imposti.
La
complessità e la continua revisione della metodologia di calcolo del
TEGM e del tasso soglia da parte della Banca d'Italia dimostrano una
costante ricerca di equilibrio. Gli operatori finanziari, in un mercato
competitivo e regolamentato, possono essere incentivati a strutturare i
costi del credito in modi che possano eludere i limiti anti-usura.
Questa "ingegneria finanziaria" è la causa diretta della necessità per
la Banca d'Italia e il legislatore di aggiornare e rendere più
stringenti le "Istruzioni" e le normative, assicurando che il TEGM
rappresenti il costo complessivo del credito. Le controversie legali che
ne derivano sono un sintomo di questa tensione e fungono
da catalizzatore per i cambiamenti normativi. Ciò evidenzia che la
trasparenza nel settore finanziario non è un obiettivo statico, ma un
processo dinamico che richiede un monitoraggio continuo
e un'adattabilità normativa per prevenire nuove forme di
sfruttamento.
Inclusione degli Interessi di Mora nel Calcolo dell'Usura :
Dibattito e Orientamenti Giurisprudenziali
Per un lungo periodo, ha
caratterizzato il panorama giuridico italiano un acceso
dibattito sull'inclusione degli interessi di mora nel calcolo
dell'usura. Le tesi per l'esclusione argomentavano che gli interessi di
mora avessero una funzione risarcitoria, volta a compensare il creditore
per il ritardo nell'adempimento, e non una funzione remunerativa per il
godimento del denaro, distinguendoli così dagli interessi
corrispettivi. Si sottolineava inoltre che la Banca d'Italia, nelle
sue rilevazioni del TEGM, escludeva gli interessi di mora. Un'ulteriore
preoccupazione era che l'inclusione potesse portare a una forma di
"usura legale" in presenza di tassi moratori stabiliti per legge che
potessero superare la soglia di usura.
Al contrario, le tesi per
l'inclusione sostenevano che sia gli interessi corrispettivi che quelli
di mora rappresentano un "costo del finanziamento" per il debitore. Si
richiamava la normativa antiusura, che si applica a qualsiasi interesse
"a qualunque titolo" promesso o convenuto. Il contrasto è stato risolto
dalla Sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 19597 del 18
settembre 2020.
Questa pronuncia ha stabilito principi fondamentali:
- La disciplina antiusura si applica sia agli interessi corrispettivi
che a quelli di mora.
- La "ratio" del divieto di usura e le sue
finalità protettive sono state indicate come il criterio guida
per questa interpretazione.
- L'usurarietà degli interessi di mora
si configura se gli interessi effettivamente richiesti e
addebitati superano il tasso soglia, e non solo in astratto al momento
della pattuizione. Questo principio mira a sanzionare
l'effettiva applicazione di tassi usurari.
- In caso di accertata
usurarietà degli interessi di mora, la clausola è nulla ai sensi
dell'Art. 1815, comma 2, c.c., ma con un'interpretazione che
"preservi il prezzo del denaro". Di conseguenza, gli interessi
di mora sono dovuti nella misura degli interessi corrispettivi
lecitamente convenuti, e non si verifica la gratuità totale del
mutuo.
La risoluzione di questo dibattito da parte delle Sezioni Unite
della Cassazione evidenzia il ruolo fondamentale della giurisprudenza di
legittimità nel colmare le lacune normative e nell'adattare i principi
generali a casistiche complesse. L'assenza di una chiara indicazione
legislativa sull'inclusione degli interessi di mora e la loro iniziale
esclusione dalle rilevazioni della Banca d'Italia hanno creato
un'incertezza giuridica che ha richiesto l'intervento della Suprema
Corte. Questo intervento è stato necessario per garantire l'uniformità
interpretativa e per assicurare che la finalità protettiva della
normativa antiusura fosse pienamente realizzata. La decisione ha cercato
un equilibrio tra la protezione del debitore, garantendo che non sia
soggetto a oneri eccessivi anche in caso di inadempimento, e la
necessità di non penalizzare eccessivamente il creditore per il rischio
di mancato pagamento. Questo processo dimostra come il sistema legale
sia dinamico, costantemente impegnato a interpretare e
applicare le norme in modo da garantire equità e coerenza,
adattandosi alle mutevoli realtà economiche e alle pratiche di
mercato.
Applicabilità della Normativa nel Tempo e Conseguenze della
Nullità.
L'applicazione della normativa anti-usura nel tempo,
soprattutto in relazione ai contratti stipulati prima dell'entrata in
vigore della Legge 108/1996, ha rappresentato un campo di intenso
dibattito giurisprudenziale e dottrinale. Le conseguenze della nullità
delle clausole usurarie, in particolare l'Art. 1815, comma 2, c.c., sono
state oggetto di diverse interpretazioni.
Usura Originaria e Usura
Sopravvenuta
La distinzione tra usura originaria e usura sopravvenuta è
cruciale per comprendere l'applicabilità della normativa nel tempo.
- Usura originaria: Si verifica quando il tasso di interesse pattuito
nel contratto è già usurario al momento della stipula,
superando il tasso soglia vigente in quel momento. In questo caso,
la clausola è nulla fin dall'inizio.
- Usura sopravvenuta: Si
riferisce all'ipotesi in cui un tasso di interesse, inizialmente lecito
al momento della pattuizione, divenga usurario in un momento
successivo a causa di variazioni del tasso soglia (ad esempio,
per un abbassamento del tasso soglia o un aumento degli
interessi applicati).
La Legge 108/1996, pur non avendo carattere
retroattivo in senso stretto, è stata ritenuta applicabile agli effetti
dei rapporti ancora in corso alla data della sua entrata in vigore,
limitatamente alla frazione temporale successiva. Tuttavia, la questione
dell'usura sopravvenuta è stata definitivamente risolta dal D.L. 29
dicembre 2000, n. 394, convertito nella Legge 28 febbraio 2001, n. 24,
con una norma di interpretazione autentica. Questa legge ha chiarito che
"ai fini dell'applicazione dell'art. 644 c.p. e dell'art. 1815, comma
2, c.c., si intendono usurari gli interessi che superano il
limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono stati promessi
o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento
del loro pagamento". Questa interpretazione autentica ha avuto un
impatto dirimente: il momento rilevante per valutare l'usurarietà è
quello della pattuizione del contratto. Ciò significa che se un tasso
era lecito al momento della stipula, non può diventare usurario in un
momento successivo per effetto di variazioni del tasso soglia. Le
Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24675 del 19
ottobre 2017, hanno confermato questo orientamento, escludendo la
configurabilità dell'usura sopravvenuta e ribadendo che la
qualificazione di un tasso come usurario è legata esclusivamente al
momento della pattuizione. La Corte ha sottolineato che il divieto
dell'usura è contenuto nell'Art. 644 c.p., e le altre disposizioni della
Legge 108/1996 si limitano a definire il meccanismo per la
determinazione del tasso soglia, ma non formulano un divieto autonomo
che possa operare in modo sopravvenuto.
Conseguenze della Nullità delle
Clausole Usurarie.
L'Art. 1815, comma 2, c.c., nella sua formulazione
post-1996, stabilisce che "Se sono convenuti interessi usurari, la
clausola è nulla e non sono dovuti interessi". Questa disposizione
introduce la sanzione della gratuità del mutuo. A differenza della
previgente normativa, che prevedeva la riduzione degli interessi alla
misura legale, la Legge 108/1996 ha optato per una sanzione più severa,
volta a disincentivare in modo più incisivo la pratica dell'usura. Il
debitore, in presenza di una clausola usuraria, può eccepire la nullità
della stessa e pretendere la restituzione del solo capitale, senza
essere obbligato a corrispondere alcun interesse. Questa nullità ha
carattere parziale e deroga alla disciplina generale dell'Art. 1419
c.c., che prevederebbe l'estensione della nullità all'intero contratto
se la clausola fosse essenziale. Nel caso dell'usura, la nullità si
limita alla clausola sugli interessi, preservando la validità del
contratto di mutuo per il capitale.
La giurisprudenza ha
riconosciuto che il giudice ha il potere di rilevare d'ufficio la
nullità della clausola relativa agli interessi usurari, anche se la
pattuizione è antecedente alla Legge 108/1996, purché l'obbligazione
degli interessi non sia ancora estinta. La questione dell'applicabilità
dell'Art. 1815, comma 2, c.c. agli interessi di mora è stata, come
discusso, risolta dalle Sezioni Unite della Cassazione (Sentenza n.
19597/2020). Sebbene la clausola che prevede interessi di mora usurari
sia nulla, la Corte ha temperato la conseguenza della gratuità totale,
stabilendo che in tal caso gli interessi di mora sono dovuti nella
misura degli interessi corrispettivi lecitamente convenuti.
Questo orientamento mira a preservare il "prezzo del denaro" e a non
penalizzare eccessivamente il creditore per il rischio di inadempimento,
pur mantenendo un deterrente contro l'applicazione di tassi moratori
eccessivi.
Trasparenza e Tutela del Debitore nelle Operazioni
Bancarie
La trasparenza nelle operazioni bancarie e la tutela del
debitore, in particolare del consumatore, sono pilastri fondamentali del
diritto bancario italiano, rafforzati da normative nazionali ed
europee. L'obiettivo è garantire che il cliente sia pienamente
consapevole dei costi e delle condizioni del credito.
Obblighi di
Trasparenza e Informazione Precontrattuale
La disciplina sulla
trasparenza è volta a ridurre l'asimmetria informativa tra banche e
clienti, consentendo a questi ultimi di prendere decisioni informate. Le
banche e gli intermediari finanziari sono soggetti a stringenti
obblighi di informazione, sia nella fase precontrattuale che durante
lo svolgimento del rapporto. A livello europeo, la Direttiva (UE)
2023/2225 (che abroga la Direttiva 2008/48/CE) sui contratti di credito
ai consumatori stabilisce norme chiare in materia. Questa direttiva si
applica ai contratti di credito per l'acquisto di beni e servizi, con
alcune esclusioni (ad esempio, crediti garantiti da mutuo immobiliare o
superiori a 100.000 euro).
Tra gli obblighi principali si annoverano:
- Pubblicità e commercializzazione : Tutte le comunicazioni devono
essere corrette, chiare e non fuorvianti. Le pubblicità devono
includere avvertenze come: «Attenzione! Prendere in prestito
denaro costa denaro». È vietata la pubblicità ingannevole che
suggerisca miglioramenti finanziari o falsi aumenti di risorse.
Gli Stati membri possono vietare pubblicità che enfatizzino la
facilità o velocità del credito o condizionino sconti
all'accensione di un credito.
- Informazioni pubblicitarie standard : Devono essere facilmente leggibili e specificare chiaramente il
tasso di prestito (inclusi gli oneri), l'importo totale del credito, il
Tasso Annuo Effettivo Globale (TAEG/ISC), la durata del
contratto e l'importo delle rate.
- Informazioni generali e
precontrattuali : Devono essere chiare, comprensibili e disponibili
su carta o supporto durevole. Devono includere l'identità del
fornitore, gli scopi del credito, la durata, i costi aggiuntivi,
le opzioni di rimborso, le condizioni per il rimborso anticipato e
il diritto di recesso. Le informazioni precontrattuali devono essere
fornite "in tempo utile" con spiegazioni adeguate per
permettere al consumatore di confrontare le offerte e prendere
una decisione informata.
L'importanza del TAEG (Tasso Annuo Effettivo
Globale), o ISC (Indicatore Sintetico di Costo), è centrale per la
trasparenza. Il TAEG fornisce ai consumatori una misura standardizzata
del costo totale del credito, permettendo loro di confrontare diverse
offerte e prendere decisioni informate. La sua corretta determinazione e
comunicazione sono essenziali per la tutela del debitore.
Tuttavia, l'applicazione della formula dell'interesse composto nel
calcolo del TAEG, come previsto dalle direttive europee, ha sollevato
critiche in dottrina per la sua potenziale inconciliabilità con la trasparenza,
impedendo al consumatore una comparabilità diacronica e un reale
apprezzamento dei rischi.
Valutazione del Merito Creditizio e Tutela del
Consumatore
La Direttiva (UE) 2023/2225 impone ai creditori di
valutare e verificare accuratamente il merito creditizio del
consumatore. Gli Stati membri devono garantire l'accesso dei creditori
di altri Stati membri alle banche dati utilizzate per la valutazione del
merito creditizio, senza discriminazioni. I contratti di credito devono
contenere informazioni dettagliate, simili a quelle precontrattuali, e
i creditori sono tenuti a informare i consumatori su modifiche dei
termini, variazioni dei tassi debitori e dettagli finanziari di
eventuali sconfinamenti. La tutela del consumatore si estende anche al
diritto di recesso da un accordo entro 14 giorni senza motivazione e al
diritto di effettuare un rimborso anticipato in qualsiasi momento, con
un indennizzo equo per il creditore. Gli Stati membri sono inoltre
chiamati a prevenire abusi e tassi debitori eccessivamente elevati, a
richiedere ai creditori di agire in modo onesto e professionale, a
fissare requisiti minimi di competenza e a promuovere l'educazione
finanziaria. È previsto anche l'accesso a procedure adeguate di
risoluzione extragiudiziale delle controversie.
In Italia, il sistema di
tutela dell'aderente nei contratti bancari è stato a lungo ritenuto
inadeguato, spingendo il legislatore a interventi specifici oltre gli
artt. 1341 e 1342 c.c.. La giurisprudenza ha affermato la necessità
della specifica approvazione per iscritto delle clausole vessatorie
anche quando l'aderente è il contraente più forte. La particolare
"curvatura della regola giuridica nei confronti del consumatore" implica
che la sua qualità di consumatore può determinare la presunzione di
sussistenza dell'elemento soggettivo, una volta provato quello oggettivo
dell'usura.
Conclusioni
L'analisi della disciplina degli interessi
usurari nel diritto italiano rivela un sistema giuridico in costante
evoluzione, che cerca un equilibrio dinamico tra la libertà
contrattuale, l'efficienza del mercato e la tutela dei soggetti più
vulnerabili. La transizione da un approccio soggettivo a uno oggettivo
nella definizione dell'usura, culminata con la Legge 108/1996, ha
rappresentato un cambiamento paradigmatico, spostando il rischio e la
responsabilità di conformità verso gli intermediari finanziari e
rendendo l'accertamento dell'usura più oggettivo e meno
discrezionale. Questo ha trasformato l'usura in un fenomeno più
assimilabile a un "white-collar crime," con implicazioni significative
per la regolazione e la vigilanza del settore bancario.
La complessità
nella determinazione del Tasso Effettivo Globale Medio (TEGM) e del
tasso soglia, e la continua revisione delle metodologie di calcolo da
parte della Banca d'Italia, illustrano una dinamica di adattamento
normativo. Questa dinamica è una risposta alle pratiche di mercato
che possono tentare di eludere i limiti anti-usura attraverso la
strutturazione dei costi. Il sistema è chiamato a identificare e
includere tutti i costi effettivi del credito, sottolineando che la
trasparenza è un obiettivo in continuo divenire, che richiede
monitoraggio e reattività normativa.
La risoluzione del dibattito
sull'inclusione degli interessi di mora nel calcolo dell'usura da
parte delle Sezioni Unite della Cassazione evidenzia il ruolo cruciale
della giurisprudenza nel colmare le lacune legislative e nell'adattare i
principi generali a casistiche complesse. Questa decisione,
pur sanzionando l'usura, ha cercato di bilanciare la protezione del
debitore con la necessità di non penalizzare eccessivamente il creditore
per il rischio di inadempimento, mantenendo un "prezzo del denaro"
lecito.
Infine, la crescente enfasi sulla trasparenza e sulla tutela del
debitore, in particolare nelle operazioni bancarie e nel credito al
consumo, riflette un impegno costante verso un mercato finanziario
più equo. Le normative, sia nazionali che europee, impongono obblighi
stringenti di informazione precontrattuale e pubblicitaria, con
il TAEG/ISC che funge da indicatore chiave per la comparabilità delle
offerte. Questo quadro normativo mira a ridurre l'asimmetria informativa
e a rafforzare la capacità dei consumatori di prendere decisioni
informate, contribuendo a prevenire lo sfruttamento e a promuovere la
correttezza nei rapporti di credito. In sintesi, la disciplina degli
interessi usurari nel diritto italiano è un campo in perenne evoluzione,
che riflette le sfide poste da un'economia complessa e la costante
ricerca di un equilibrio tra la libertà economica e la necessità di
proteggere i cittadini più vulnerabili.
Profilo autore
(Vincenzo Mennea)
LaPrevidenza.it, 21/07/2025