sabato, 15 novembre 2025

Gli interessi usurari nel diritto italiano

Il Fenomeno dell'Usura nel Diritto Italiano

 

Il fenomeno dell'usura rappresenta, nella storia giuridica ed economica italiana, un fenomeno di persistente rilevanza, le cui manifestazioni e la cui percezione legale si sono evolute in stretta relazione con i contesti economici e sociali. Tradizionalmente, l'usura era considerata un delitto lesivo principalmente del patrimonio del singolo individuo. Tuttavia, la dottrina più recente ha ampliato questa prospettiva, riconoscendo che l'usura lede anche il bene dell'economia pubblica e la libertà di autodeterminazione contrattuale. Questa espansione della tutela giuridica riflette una crescente consapevolezza delle implicazioni sistemiche del fenomeno. La rilevanza dell'usura è particolarmente acuta in periodi di difficoltà economica, quando il ricorso a forme di credito non convenzionali può aumentare significativamente il rischio di sfruttamento per i soggetti più vulnerabili.

L'evoluzione della materia ha portato all'introduzione di un nuovo reato di usura, spesso definito "usura bancaria," che si concretizza nell'attività di concessione del credito da parte di banche e intermediari finanziari. Questa specificità sottolinea come il reato di usura, in un contesto moderno, sia ascrivibile alla categoria dei reati cosiddetti "artificiali" o "convenzionali" (mala quia vetita). La loro esistenza non deriva da un disvalore intrinseco universalmente riconosciuto, ma è frutto di scelte legislative che riflettono specifiche politiche economiche e sociali. 

Contesto Storico e Rilevanza Attuale

La traiettoria storica della legislazione sull'usura in Italia è caratterizzata da un'alternanza tra periodi di deregolamentazione e fasi di reintroduzione e inasprimento delle sanzioni. Questa dinamica rivela una tensione fondamentale tra gli ideali di libertà economica e la necessità di protezione sociale e stabilità del mercato. 

Nel Regno di Sardegna, la legge del 5 luglio 1857 abolì la disciplina penale dell'usura, basandosi sul principio che la determinazione dell'interesse fosse prerogativa dei contraenti. Questo orientamento liberista fu poi recepito nel Codice Civile del 1865, che all'Art. 1831, comma 3, prevedeva la libertà contrattuale nella fissazione degli interessi, senza alcun limite legale massimo. Successivamente, il Codice Zanardelli del 1889 depenalizzò completamente l'usura, non prevedendo sanzioni né sul piano civilistico né su quello penalistico. L'esperienza di questa deregolamentazione ebbe conseguenze significative per la società italiana, portando a un aumento esponenziale dei tassi di interesse, soprattutto in contesti economici critici. 

Le difficoltà derivanti da tale scenario misero in luce che la "libertà dei privati nella determinazione degli interessi" poteva generare effetti socialmente dannosi, compromettendo l'equità dei rapporti contrattuali e la stabilità economica. Questa consapevolezza storica fu la causa diretta della "necessità di emanare una legislazione più restrittiva in materia di prestito ad interesse ed usura". Di conseguenza, nel 1931, con l'entrata in vigore del Codice Rocco, fu reintrodotto il delitto di usura, disciplinato dall'Art. 644 c.p.. 

Negli anni Novanta, in un contesto di andamento negativo del ciclo economico e di problemi di risanamento del deficit pubblico, si assistette a una recrudescenza del fenomeno usurario, che acquisì caratteri inediti. Ciò portò a un ulteriore inasprimento delle pene e all'introduzione di nuovi criteri oggettivi con la Legge n. 108 del 7 marzo 1996. Questa evoluzione normativa non è stata un mero strumento punitivo, ma ha rappresentato una ricerca continua di un equilibrio dinamico tra l'efficienza del mercato e la giustizia sociale. Essa evidenzia come il diritto sia chiamato a rispondere alle disfunzioni economiche e alle esigenze di tutela dei soggetti più deboli, anche a costo di limitare la libertà contrattuale. La configurazione del reato di usura, in questo senso, è una scelta di politica legislativa e sociale, piuttosto che un'imposizione morale intrinseca.

Definizione e Evoluzione Normativa dell'Usura

La disciplina dell'usura nel diritto italiano ha subito trasformazioni profonde, in particolare con l'avvento della Legge n. 108 del 1996, che ha ridefinito i criteri di qualificazione e le conseguenze legali degli interessi usurari. 

L'Usura prima della Legge 7 marzo 1996, n. 108 

Prima dell'entrata in vigore della Legge n. 108 del 1996, la definizione del reato di usura, ai sensi dell'Art. 644 del Codice Penale, era principalmente incentrata su elementi soggettivi e oggettivi la cui valutazione era rimessa alla discrezionalità del giudice. Un elemento costitutivo fondamentale era l'approfittamento dello "stato di bisogno" o di "difficoltà economica o finanziaria" della vittima da parte del creditore. Lo stato di bisogno non implicava necessariamente un'assoluta indigenza o una totale incapacità patrimoniale; poteva consistere anche in una semplice difficoltà economica o una contingente carenza di liquidità. La prova di tale stato poteva essere desunta anche dalla sola misura degli interessi, qualora questi fossero di entità tale da far ragionevolmente presumere che solo un soggetto in quella condizione potesse contrarre un prestito a condizioni così inique e onerose. Accanto allo stato di bisogno, un altro elemento chiave era la "sproporzione degli interessi pattuiti rispetto alle concrete modalità del fatto". Tuttavia, in assenza di precisi tassi soglia, la determinazione di tale sproporzione era lasciata alla valutazione del giudice. 

Sul fronte civilistico, l'Art. 1815, comma 2, del Codice Civile, nella sua formulazione previgente, stabiliva che se fossero stati convenuti interessi usurari, la clausola relativa sarebbe stata nulla, ma gli interessi sarebbero stati dovuti nella misura legale. Questa conseguenza civilistica, sebbene prevedesse una sanzione, era meno severa rispetto alla disciplina che sarebbe stata introdotta successivamente. 

La Riforma introdotta dalla Legge 7 marzo 1996, n. 108 

La Legge 7 marzo 1996, n. 108, entrata in vigore il 24 marzo 1996, ha segnato un punto di svolta nella disciplina dell'usura in Italia. La riforma ha introdotto criteri oggettivi per la quantificazione del tasso usurario, il cosiddetto "tasso soglia," superato il quale gli interessi sono considerati "sempre usurari". Le modifiche all'Art. 644 del Codice Penale hanno delineato due distinte fattispecie di usura penale: 

- Usura presunta o oggettiva: Questa è la novità più significativa. Si configura con il mero  superamento del tasso soglia stabilito dalla legge, rendendo irrilevante l'accertamento dello  stato di bisogno del debitore per la configurazione del reato.

- Usura concreta o soggettiva: Questa fattispecie mantiene una continuità con la normativa  previgente. Ricorre qualora gli interessi o i vantaggi pattuiti, pur essendo inferiori al tasso  soglia, risultino comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o altra utilità, e  l'agente abbia approfittato dello stato di difficoltà economica o finanziaria della vittima. In  questo contesto, lo stato di bisogno non è più un elemento costitutivo del reato, ma assume  la funzione di circostanza aggravante. 

Parallelamente, la Legge 108/1996 ha profondamente modificato l'Art. 1815, comma 2, del Codice Civile. La nuova formulazione stabilisce che "Se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi". Questa disposizione ha introdotto il principio del "mutuo gratuito," una sanzione civilistica di gran lunga più severa rispetto alla precedente riduzione degli interessi al tasso legale, poiché priva il creditore di qualsiasi remunerazione sul capitale. La riforma ha anche comportato un inasprimento delle sanzioni penali per il reato di usura, con l'obiettivo di rafforzare la deterrenza contro tale fenomeno. 

Interventi Normativi Successivi alla L. 108/1996 

Dopo la Legge 108/1996, il legislatore è intervenuto con ulteriori disposizioni per chiarire e affinare la disciplina anti-usura, in particolare per affrontare questioni interpretative emerse nella prassi. Un intervento cruciale è stato il Decreto Legge 29 dicembre 2000, n. 394, convertito con modificazioni nella Legge 28 febbraio 2001, n. 24. Questa norma ha fornito un'interpretazione autentica dell'Art. 644 c.p. e dell'Art. 1815, comma 2, c.c., stabilendo che "ai fini dell'applicazione dell'art. 644 c.p. e dell'art. 1815, comma 2, cc, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono stati promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento". Questa disposizione è stata dirimente per la questione dell' "usura sopravvenuta," chiarendo che il momento rilevante per la valutazione dell'usura è quello della pattuizione del contratto, non quello del pagamento o delle successive variazioni del tasso soglia. 

Un altro significativo intervento è stato il Decreto Legge 13 maggio 2011, n. 70 (il cosiddetto "decreto sviluppo"), convertito nella Legge 12 luglio 2011, n. 106. Questo decreto ha modificato la modalità di calcolo del tasso soglia di cui all'Art. 2, comma 4, della Legge 108/1996. Il precedente criterio, che prevedeva l'aumento del Tasso Effettivo Globale Medio (TEGM) della metà, è stato sostituito con un aumento di un quarto (25%), cui si aggiungono ulteriori quattro punti percentuali. È stata inoltre introdotta una clausola di salvaguardia, secondo cui la differenza tra il tasso soglia così calcolato e il tasso medio non può essere superiore a otto punti percentuali. L'obiettivo di questa modifica era innalzare i tassi soglia, in particolare per i mutui ipotecari, e rendere il sistema più flessibile, favorendo l'erogazione del credito in un contesto di aumento del costo del denaro. 

Trasferimento del Rischio e Ruolo degli Intermediari Finanziari

La transizione da un approccio soggettivo a uno oggettivo nella definizione dell'usura, culminata con la Legge 108/1996 e i successivi interventi legislativi, ha comportato un significativo trasferimento del rischio e della responsabilità di conformità dal debitore agli intermediari finanziari. Prima della Legge 108/1996, la prova dell'usura era complessa e onerosa per la vittima, poiché richiedeva la dimostrazione dello "stato di bisogno" e dell'approfittamento da parte del creditore. Questo rendeva difficile per i debitori ottenere tutela, e l'onere della prova ricadeva pesantemente su di essi. 

Con l'introduzione del tasso soglia oggettivo, la situazione è mutata radicalmente. Il superamento di questa soglia rende gli interessi "sempre usurari" per definizione, indipendentemente dalla condizione di vulnerabilità del debitore. Questo cambiamento ha reso l'accertamento dell'usura più semplice e meno discrezionale, poiché si basa su un dato numerico oggettivo. Di conseguenza, gli operatori professionali, come banche e intermediari finanziari, sono stati maggiormente esposti al rischio di incorrere nel reato di usura o nelle severe sanzioni civilistiche, in quanto la violazione della soglia è un fatto accertabile matematicamente. 

Questa evoluzione ha trasformato l'usura da un fenomeno prevalentemente "socio-criminale" a un "white-collar crime". Il focus si è spostato dall'intenzione predatoria del singolo usuraio alla mera violazione di un parametro oggettivo da parte di operatori che agiscono in contesti istituzionali. L'eliminazione della necessità di provare lo stato di bisogno come elemento costitutivo del reato ha semplificato l'accertamento, rendendo il sistema più efficace nella protezione dei debitori. Questo cambiamento normativo riflette una profonda evoluzione nella filosofia giuridica italiana. Si è passati da un modello che richiedeva la prova di un intento specifico e di una particolare vulnerabilità della vittima, a uno che impone una responsabilità oggettiva sui prestatori professionali di denaro. Tale impostazione mira a promuovere una maggiore trasparenza e correttezza nel mercato del credito, riducendo l'asimmetria informativa e di potere che spesso caratterizza i rapporti tra banche e clienti. In questo modo, il diritto penale e civile agiscono come strumenti di regolazione economica, non solo di repressione del dolo individuale, contribuendo a un mercato finanziario più equo e protettivo per i consumatori. 

Criteri Oggettivi per la Qualificazione dell'Usura.

La Legge 108/1996 ha introdotto un sistema basato su criteri oggettivi per la qualificazione dell'usura, incentrato sul concetto di "tasso soglia". Questo approccio ha reso la determinazione dell'usurarietà più trasparente e meno dipendente da valutazioni soggettive. 

Il Tasso Effettivo Globale Medio (TEGM) e il Tasso Soglia. 

Il tasso soglia rappresenta il limite legale oltre il quale gli interessi sono considerati usurari per definizione, configurando la cosiddetta usura presunta o oggettiva. La sua determinazione si basa sul Tasso Effettivo Globale Medio (TEGM), che è la media dei tassi effettivi globali applicati dalle banche e dagli intermediari finanziari a specifiche categorie omogenee di operazioni creditizie. Il TEGM è calcolato includendo "commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate all'erogazione del credito". Questa inclusione di tutti i costi è fondamentale per garantire che la valutazione dell'usura tenga conto dell'onere complessivo effettivo che grava sul debitore, promuovendo una maggiore trasparenza. 

La formula attuale per il calcolo del tasso soglia, modificata dal D.L. 70/2011, prevede che il TEGM sia aumentato di un quarto (25%) e che a questo risultato si aggiungano ulteriori quattro punti percentuali. È inoltre stabilito che la differenza tra il tasso soglia così calcolato e il tasso medio non possa superare gli otto punti percentuali. Questi parametri sono rilevati trimestralmente dalla Banca d'Italia e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale tramite decreti ministeriali, fornendo un riferimento chiaro e aggiornato per tutti gli operatori e i consumatori. 

Metodologia di Calcolo del TEGM e Ruolo della Banca d'Italia (Istruzioni) 

La Banca d'Italia svolge un ruolo centrale nella definizione e nel monitoraggio dei tassi di usura, emanando le "Istruzioni per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi". Queste istruzioni forniscono le regole tecniche dettagliate che banche e intermediari finanziari devono seguire per la segnalazione periodica dei TEGM. Tali istruzioni sono vincolanti per gli operatori e fungono da riferimento essenziale per l'accertamento dell'usura. Le istruzioni specificano quali voci di costo devono essere incluse nel calcolo del Tasso Effettivo Globale (TEG) di una singola operazione (e, di conseguenza, nel TEGM aggregato). Tra queste, figurano interessi, commissioni e spese connesse all'erogazione del credito, con l'esclusione di imposte e tasse.

La metodologia di calcolo del TEGM e del tasso soglia è stata oggetto di continue revisioni, riflettendo una costante dinamica tra i regolatori e gli operatori finanziari. Inizialmente, voci di costo come la "commissione di massimo scoperto" (CMS) e alcuni premi assicurativi erano esclusi dal calcolo del TEGM. Tuttavia, a seguito di modifiche normative e giurisprudenziali, la CMS è stata inclusa nel calcolo del TEG a partire dalla Legge n. 2 del 2009. Analogamente, i premi assicurativi sono ora generalmente inclusi se l'assicurazione è contestuale all'erogazione del finanziamento o obbligatoria per ottenerlo. Questa evoluzione nell'inclusione dei costi è stata guidata dalla necessità di garantire che il TEGM rifletta l'onere economico effettivo gravante sul debitore, catturando tutti i "costi occulti" o le "remunerazioni a qualsiasi titolo" che possono essere imposti.

La complessità e la continua revisione della metodologia di calcolo del TEGM e del tasso soglia da parte della Banca d'Italia dimostrano una costante ricerca di equilibrio. Gli operatori finanziari, in un mercato competitivo e regolamentato, possono essere incentivati a strutturare i costi del credito in modi che possano eludere i limiti anti-usura. Questa "ingegneria finanziaria" è la causa diretta della necessità per la Banca d'Italia e il legislatore di aggiornare e rendere più stringenti le "Istruzioni" e le normative, assicurando che il TEGM rappresenti il costo complessivo del credito. Le controversie legali che ne derivano sono un sintomo di questa tensione e fungono da catalizzatore per i cambiamenti normativi. Ciò evidenzia che la trasparenza nel settore finanziario non è un obiettivo statico, ma un processo dinamico che richiede un monitoraggio continuo e un'adattabilità normativa per prevenire nuove forme di sfruttamento. 

Inclusione degli Interessi di Mora nel Calcolo dell'Usura : Dibattito e Orientamenti Giurisprudenziali

Per un lungo periodo, ha caratterizzato il panorama giuridico italiano un acceso dibattito sull'inclusione degli interessi di mora nel calcolo dell'usura. Le tesi per l'esclusione argomentavano che gli interessi di mora avessero una funzione risarcitoria, volta a compensare il creditore per il ritardo nell'adempimento, e non una funzione remunerativa per il godimento del denaro, distinguendoli così dagli interessi corrispettivi. Si sottolineava inoltre che la Banca d'Italia, nelle sue rilevazioni del TEGM, escludeva gli interessi di mora. Un'ulteriore preoccupazione era che l'inclusione potesse portare a una forma di "usura legale" in presenza di tassi moratori stabiliti per legge che potessero superare la soglia di usura. 

Al contrario, le tesi per l'inclusione sostenevano che sia gli interessi corrispettivi che quelli di mora rappresentano un "costo del finanziamento" per il debitore. Si richiamava la normativa antiusura, che si applica a qualsiasi interesse "a qualunque titolo" promesso o convenuto. Il contrasto è stato risolto dalla Sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 19597 del 18 settembre 2020. 

Questa pronuncia ha stabilito principi fondamentali:

- La disciplina antiusura si applica sia agli interessi corrispettivi che a quelli di mora.  
- La "ratio" del divieto di usura e le sue finalità protettive sono state indicate come il criterio  guida per questa interpretazione.  
- L'usurarietà degli interessi di mora si configura se gli interessi effettivamente richiesti e  addebitati superano il tasso soglia, e non solo in astratto al momento della pattuizione.  Questo principio mira a sanzionare l'effettiva applicazione di tassi usurari.  
- In caso di accertata usurarietà degli interessi di mora, la clausola è nulla ai sensi dell'Art.  1815, comma 2, c.c., ma con un'interpretazione che "preservi il prezzo del denaro". Di  conseguenza, gli interessi di mora sono dovuti nella misura degli interessi corrispettivi  lecitamente convenuti, e non si verifica la gratuità totale del mutuo. 

La risoluzione di questo dibattito da parte delle Sezioni Unite della Cassazione evidenzia il ruolo fondamentale della giurisprudenza di legittimità nel colmare le lacune normative e nell'adattare i principi generali a casistiche complesse. L'assenza di una chiara indicazione legislativa sull'inclusione degli interessi di mora e la loro iniziale esclusione dalle rilevazioni della Banca d'Italia hanno creato un'incertezza giuridica che ha richiesto l'intervento della Suprema Corte. Questo intervento è stato necessario per garantire l'uniformità interpretativa e per assicurare che la finalità protettiva della normativa antiusura fosse pienamente realizzata. La decisione ha cercato un equilibrio tra la protezione del debitore, garantendo che non sia soggetto a oneri eccessivi anche in caso di inadempimento, e la necessità di non penalizzare eccessivamente il creditore per il rischio di mancato pagamento. Questo processo dimostra come il sistema legale sia dinamico, costantemente impegnato a interpretare e applicare le norme in modo da garantire equità e coerenza, adattandosi alle mutevoli realtà economiche e alle pratiche di mercato. 

Applicabilità della Normativa nel Tempo e Conseguenze della Nullità. 

L'applicazione della normativa anti-usura nel tempo, soprattutto in relazione ai contratti stipulati prima dell'entrata in vigore della Legge 108/1996, ha rappresentato un campo di intenso dibattito giurisprudenziale e dottrinale. Le conseguenze della nullità delle clausole usurarie, in particolare l'Art. 1815, comma 2, c.c., sono state oggetto di diverse interpretazioni. 

Usura Originaria e Usura Sopravvenuta 

La distinzione tra usura originaria e usura sopravvenuta è cruciale per comprendere l'applicabilità della normativa nel tempo.

- Usura originaria: Si verifica quando il tasso di interesse pattuito nel contratto è già usurario  al momento della stipula, superando il tasso soglia vigente in quel momento. In questo caso,  la clausola è nulla fin dall'inizio.  
- Usura sopravvenuta: Si riferisce all'ipotesi in cui un tasso di interesse, inizialmente lecito  al momento della pattuizione, divenga usurario in un momento successivo a causa di  variazioni del tasso soglia (ad esempio, per un abbassamento del tasso soglia o un aumento  degli interessi applicati). 

La Legge 108/1996, pur non avendo carattere retroattivo in senso stretto, è stata ritenuta applicabile agli effetti dei rapporti ancora in corso alla data della sua entrata in vigore, limitatamente alla frazione temporale successiva. Tuttavia, la questione dell'usura sopravvenuta è stata definitivamente risolta dal D.L. 29 dicembre 2000, n. 394, convertito nella Legge 28 febbraio 2001, n. 24, con una norma di interpretazione autentica. Questa legge ha chiarito che "ai fini dell'applicazione dell'art. 644 c.p. e dell'art. 1815, comma 2, c.c., si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono stati promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento". Questa interpretazione autentica ha avuto un impatto dirimente: il momento rilevante per valutare l'usurarietà è quello della pattuizione del contratto. Ciò significa che se un tasso era lecito al momento della stipula, non può diventare usurario in un momento successivo per effetto di variazioni del tasso soglia. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24675 del 19 ottobre 2017, hanno confermato questo orientamento, escludendo la configurabilità dell'usura sopravvenuta e ribadendo che la qualificazione di un tasso come usurario è legata esclusivamente al momento della pattuizione. La Corte ha sottolineato che il divieto dell'usura è contenuto nell'Art. 644 c.p., e le altre disposizioni della Legge 108/1996 si limitano a definire il meccanismo per la determinazione del tasso soglia, ma non formulano un divieto autonomo che possa operare in modo sopravvenuto. 

Conseguenze della Nullità delle Clausole Usurarie. 

L'Art. 1815, comma 2, c.c., nella sua formulazione post-1996, stabilisce che "Se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi". Questa disposizione introduce la sanzione della gratuità del mutuo. A differenza della previgente normativa, che prevedeva la riduzione degli interessi alla misura legale, la Legge 108/1996 ha optato per una sanzione più severa, volta a disincentivare in modo più incisivo la pratica dell'usura. Il debitore, in presenza di una clausola usuraria, può eccepire la nullità della stessa e pretendere la restituzione del solo capitale, senza essere obbligato a corrispondere alcun interesse. Questa nullità ha carattere parziale e deroga alla disciplina generale dell'Art. 1419 c.c., che prevederebbe l'estensione della nullità all'intero contratto se la clausola fosse essenziale. Nel caso dell'usura, la nullità si limita alla clausola sugli interessi, preservando la validità del contratto di mutuo per il capitale.

La giurisprudenza ha riconosciuto che il giudice ha il potere di rilevare d'ufficio la nullità della clausola relativa agli interessi usurari, anche se la pattuizione è antecedente alla Legge 108/1996, purché l'obbligazione degli interessi non sia ancora estinta. La questione dell'applicabilità dell'Art. 1815, comma 2, c.c. agli interessi di mora è stata, come discusso, risolta dalle Sezioni Unite della Cassazione (Sentenza n. 19597/2020). Sebbene la clausola che prevede interessi di mora usurari sia nulla, la Corte ha temperato la conseguenza della gratuità totale, stabilendo che in tal caso gli interessi di mora sono dovuti nella misura degli interessi corrispettivi lecitamente convenuti. Questo orientamento mira a preservare il "prezzo del denaro" e a non penalizzare eccessivamente il creditore per il rischio di inadempimento, pur mantenendo un deterrente contro l'applicazione di tassi moratori eccessivi. 

Trasparenza e Tutela del Debitore nelle Operazioni Bancarie

La trasparenza nelle operazioni bancarie e la tutela del debitore, in particolare del consumatore, sono pilastri fondamentali del diritto bancario italiano, rafforzati da normative nazionali ed europee. L'obiettivo è garantire che il cliente sia pienamente consapevole dei costi e delle condizioni del credito. 

Obblighi di Trasparenza e Informazione Precontrattuale

La disciplina sulla trasparenza è volta a ridurre l'asimmetria informativa tra banche e clienti, consentendo a questi ultimi di prendere decisioni informate. Le banche e gli intermediari finanziari sono soggetti a stringenti obblighi di informazione, sia nella fase precontrattuale che durante lo svolgimento del rapporto. A livello europeo, la Direttiva (UE) 2023/2225 (che abroga la Direttiva 2008/48/CE) sui contratti di credito ai consumatori stabilisce norme chiare in materia. Questa direttiva si applica ai contratti di credito per l'acquisto di beni e servizi, con alcune esclusioni (ad esempio, crediti garantiti da mutuo immobiliare o superiori a 100.000 euro). 

Tra gli obblighi principali si annoverano:

- Pubblicità e commercializzazione : Tutte le comunicazioni devono essere corrette, chiare e  non fuorvianti. Le pubblicità devono includere avvertenze come: «Attenzione! Prendere in  prestito denaro costa denaro». È vietata la pubblicità ingannevole che suggerisca  miglioramenti finanziari o falsi aumenti di risorse. Gli Stati membri possono vietare  pubblicità che enfatizzino la facilità o velocità del credito o condizionino sconti  all'accensione di un credito.  

- Informazioni pubblicitarie standard : Devono essere facilmente leggibili e specificare  chiaramente il tasso di prestito (inclusi gli oneri), l'importo totale del credito, il Tasso Annuo  Effettivo Globale (TAEG/ISC), la durata del contratto e l'importo delle rate.  

- Informazioni generali e precontrattuali : Devono essere chiare, comprensibili e disponibili  su carta o supporto durevole. Devono includere l'identità del fornitore, gli scopi del credito,  la durata, i costi aggiuntivi, le opzioni di rimborso, le condizioni per il rimborso anticipato e  il diritto di recesso. Le informazioni precontrattuali devono essere fornite "in tempo utile"  con spiegazioni adeguate per permettere al consumatore di confrontare le offerte e prendere  una decisione informata. 

L'importanza del TAEG (Tasso Annuo Effettivo Globale), o ISC (Indicatore Sintetico di Costo), è centrale per la trasparenza. Il TAEG fornisce ai consumatori una misura standardizzata del costo totale del credito, permettendo loro di confrontare diverse offerte e prendere decisioni informate. La sua corretta determinazione e comunicazione sono essenziali per la tutela del debitore. Tuttavia, l'applicazione della formula dell'interesse composto nel calcolo del TAEG, come previsto dalle direttive europee, ha sollevato critiche in dottrina per la sua potenziale inconciliabilità con la trasparenza, impedendo al consumatore una comparabilità diacronica e un reale apprezzamento dei rischi. 

Valutazione del Merito Creditizio e Tutela del Consumatore

La Direttiva (UE) 2023/2225 impone ai creditori di valutare e verificare accuratamente il merito creditizio del consumatore. Gli Stati membri devono garantire l'accesso dei creditori di altri Stati membri alle banche dati utilizzate per la valutazione del merito creditizio, senza discriminazioni. I contratti di credito devono contenere informazioni dettagliate, simili a quelle precontrattuali, e i creditori sono tenuti a informare i consumatori su modifiche dei termini, variazioni dei tassi debitori e dettagli finanziari di eventuali sconfinamenti. La tutela del consumatore si estende anche al diritto di recesso da un accordo entro 14 giorni senza motivazione e al diritto di effettuare un rimborso anticipato in qualsiasi momento, con un indennizzo equo per il creditore. Gli Stati membri sono inoltre chiamati a prevenire abusi e tassi debitori eccessivamente elevati, a richiedere ai creditori di agire in modo onesto e professionale, a fissare requisiti minimi di competenza e a promuovere l'educazione finanziaria. È previsto anche l'accesso a procedure adeguate di risoluzione extragiudiziale delle controversie. 

In Italia, il sistema di tutela dell'aderente nei contratti bancari è stato a lungo ritenuto inadeguato, spingendo il legislatore a interventi specifici oltre gli artt. 1341 e 1342 c.c.. La giurisprudenza ha affermato la necessità della specifica approvazione per iscritto delle clausole vessatorie anche quando l'aderente è il contraente più forte. La particolare "curvatura della regola giuridica nei confronti del consumatore" implica che la sua qualità di consumatore può determinare la presunzione di sussistenza dell'elemento soggettivo, una volta provato quello oggettivo dell'usura. 

Conclusioni 

L'analisi della disciplina degli interessi usurari nel diritto italiano rivela un sistema giuridico in costante evoluzione, che cerca un equilibrio dinamico tra la libertà contrattuale, l'efficienza del mercato e la tutela dei soggetti più vulnerabili. La transizione da un approccio soggettivo a uno oggettivo nella definizione dell'usura, culminata con la Legge 108/1996, ha rappresentato un cambiamento paradigmatico, spostando il rischio e la responsabilità di conformità verso gli intermediari finanziari e rendendo l'accertamento dell'usura più oggettivo e meno discrezionale. Questo ha trasformato l'usura in un fenomeno più assimilabile a un "white-collar crime," con implicazioni significative per la regolazione e la vigilanza del settore bancario. 

La complessità nella determinazione del Tasso Effettivo Globale Medio (TEGM) e del tasso soglia, e la continua revisione delle metodologie di calcolo da parte della Banca d'Italia, illustrano una dinamica di adattamento normativo. Questa dinamica è una risposta alle pratiche di mercato che possono tentare di eludere i limiti anti-usura attraverso la strutturazione dei costi. Il sistema è chiamato a identificare e includere tutti i costi effettivi del credito, sottolineando che la trasparenza è un obiettivo in continuo divenire, che richiede monitoraggio e reattività normativa.

La risoluzione del dibattito sull'inclusione degli interessi di mora nel calcolo dell'usura da parte delle Sezioni Unite della Cassazione evidenzia il ruolo cruciale della giurisprudenza nel colmare le lacune legislative e nell'adattare i principi generali a casistiche complesse. Questa decisione, pur sanzionando l'usura, ha cercato di bilanciare la protezione del debitore con la necessità di non penalizzare eccessivamente il creditore per il rischio di inadempimento, mantenendo un "prezzo del denaro" lecito. 

Infine, la crescente enfasi sulla trasparenza e sulla tutela del debitore, in particolare nelle operazioni bancarie e nel credito al consumo, riflette un impegno costante verso un mercato finanziario più equo. Le normative, sia nazionali che europee, impongono obblighi stringenti di informazione precontrattuale e pubblicitaria, con il TAEG/ISC che funge da indicatore chiave per la comparabilità delle offerte. Questo quadro normativo mira a ridurre l'asimmetria informativa e a rafforzare la capacità dei consumatori di prendere decisioni informate, contribuendo a prevenire lo sfruttamento e a promuovere la correttezza nei rapporti di credito. In sintesi, la disciplina degli interessi usurari nel diritto italiano è un campo in perenne evoluzione, che riflette le sfide poste da un'economia complessa e la costante ricerca di un equilibrio tra la libertà economica e la necessità di proteggere i cittadini più vulnerabili. 

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(Vincenzo Mennea)

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LaPrevidenza.it, 21/07/2025

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