venerdì, 24 gennaio 2025

Ristorazione: la ricostruzione dei ricavi può realizzarsi escludendo indicatori che sono favorevoli al contribuente

Cassazione sezione tributaria Sentenza 15.5.2013 n. 11622

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Sentenza 15.5.2013 n. 11622

Composta dagli Ill.mi Sig.ri Magistrati: Dott. GRECO Antonio - Presidente - Dott. CIRILLO Ettore - rel. Consigliere - Dott. BOTTA Raffaele - Consigliere - Dott. OLIVIERI StefanoConsigliere - Dott. CIGNA Mario - Consigliere - ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso 8948/2007 proposto da: S.C., elettivamente domiciliata in ROMA VIA GOIRAN 23, presso lo studio dell'avvocato CONTENTO GIANCARLO, rappresentata e difesa dall'avvocato BIANCO MICHELE giusta delega a margine; - ricorrente - contro AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis; - controricorrente - sul ricorso 8949/2007 proposto da: L.G., elettivamente domiciliata in ROMA VIA GOIRAN 23, presso lo studio dell'avvocato CONTENTO GIANCARLO, rappresentata e difesa dall'avvocato BIANCO MICHELE giusta delega a margine; - ricorrente - contro AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis; - controricorrente - sul ricorso 8950/2007 proposto da: RISTORANTE SPADA REALE DI STEFANINI CARLOTTA & C. SNC in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA GOIRAN 23, presso lo studio dell'avvocato CONTENTO GIANCARLO, rappresentato e difeso dall'avvocato BIANCO MICHELE giusta delega a margine; - ricorrente - contro AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis; - controricorrente - avverso le sentenze n. 42/2005, n. 43/2005, 44/2005 della COMM. TRIB. REG. di TORINO, depositate il 01/02/2006; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/12/2012 dal Consigliere Dott. ETTORE CIRILLO; udito per i ricorrenti l'Avvocato BIANCO che ha chiesto l'accoglimento; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso per l'accoglimento dei ricorsi per quanto di ragione.

Fatto

A. Con tre sentenze similari, tutte in data 1 febbraio 2006, la CTR - Piemonte accoglie gli appelli proposti dall'Agenzia delle entrate nei confronti della s.n.c. Ristorante xxx xxx e delle socie S.C. e L.G., riformando tre sentenze favorevoli alle contribuenti e confermando gli avvisi di accertamento per maggiori ricavi societari, a fini IRAP e IVA (1998), e per correlati maggiori redditi da partecipazione sociale, a fini IRPEF/SSN (1998); il contenzioso per il terzo socio è, invece, definito con condono.

B. Il giudice d'appello motiva le decisioni, ritenendo che la ricostruzione induttiva dei maggiori ricavi, operata da fisco sulla scorta dei consumi di caffè e di acqua minerale, sia legittima stante la plausibilità dei dati di riferimento che portano a conclusioni favorevoli alla parte contribuente, atteso che non tutti i commensali consumano caffè e acqua minerale, e il dato oggettivamente riduttivo, rispetto alla realtà, assorbe anche il rilievo dell'eventuale consumo diretto (soci, camerieri, cuochi).

Aggiunge che, a fronte di tali presunzioni, gl'interessati non hanno offerto prove contrarie, se non il dato equivoco di talune fatture per il lavaggio di tovaglioli.

C. La s.n.c. Ristorante Spada Reale di Stefanini Carlotta & C. e le socie S.C. e L.G. propongono separati ricorsi per cassazione, affidati ciascuno ai medesimi due motivi.

L'Agenzia delle entrate resiste con controricorsi. Le parti private replicano con memorie.

Diritto

D. Preliminarmente va data continuità al principio secondo cui:

"L'IRAP è imposta assimilabile all'ILOR, in quanto essa ha carattere reale, non è deducibile dalle imposte sui redditi ed è proporzionale, potendosi, altresì, trarre profili comuni alle due imposte dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 17, comma 1, e art. 44. Ne consegue che, essendo l'IRAP imputata per trasparenza ai soci, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5, sussiste il litisconsorzio necessario dei soci medesimi nel giudizio di accertamento dell'IRAP dovuta dalla società". (Sez. U, Sentenza n. 10145 del 20/06/2012, Rv. 622713).

E. Però, la mancata integrazione del contraddittorio nel litisconsorzio tributario non comporta la declaratoria di nullità del processo e la conseguente automatica rimessione della causa al primo giudice se a tale pronuncia consegue un dispendio di energie processuali non suscettibile di meglio garantire le esigenze della difesa e di partecipazione delle parti al processo (cfr. Sez.5, Sentenza n.3830 del 18/02/2010, Rv. 611765). Perciò, va data continuità al principio secondo cui: "Nel processo di cassazione, in presenza di cause decise separatamente nel merito e relative, rispettivamente, alla rettifica del reddito di una società di persone ed alla conseguente automatica imputazione dei redditi stessi a ciascun socio, non va dichiarata la nullità per essere stati i giudizi celebrati senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari (società e soci) in violazione del principio del contraddittorio, ma va disposta la riunione quando la complessiva fattispecie, oltre che dalla piena consapevolezza di ciascuna parte processuale dell'esistenza e del contenuto dell'atto impositivo notificato alle altre parti e delle difese processuali svolte dalle stesse, sia caratterizzata da: (1) identità oggettiva quanto a "causa petendi" dei ricorsi; (2) simultanea proposizione degli stessi avverso il sostanzialmente unitario avviso di accertamento costituente il fondamento della rettifica delle dichiarazioni sia della società che di tutti i suoi soci e, quindi, identità di difese; (3) simultanea trattazione degli afferenti processi innanzi ad entrambi i giudici del merito; (4) identità sostanziale delle decisioni adottate da tali giudici" (ult. cit.).

F. All'applicazione dei suddetti principi, nella specie, non osta la presenza, assieme al contenzioso in tema d'imposte dirette, anche il contestuale contenzioso in materia di IVA societaria, atteso che possono talvolta ravvisarsi margini d'interferenza tra le due parallele imposizioni (Sez. 5, Ordinanza n.12236 del 19/05/2010, Rv.613071). Peraltro, l'istituto del "simultaneus processus" (art. 274 c.p.c.), in quanto volto a garantire l'economia ed il minor costo dei giudizi, oltre alla certezza del diritto, risulta applicabile anche in sede di legittimità, in relazione a ricorsi proposti contro sentenze diverse pronunciate in separati giudizi, in ossequio al precetto costituzionale della ragionevole durata del processo, cui è funzionale ogni opzione semplificatoria ed acceleratoria delle situazioni processuali che conducono alla risposta finale sulla domanda di giustizia, ed in conformità dal ruolo istituzionale della Corte di cassazione, che, quale organo supremo di giustizia, è preposta proprio ad assicurare l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge, nonchè l'unità del diritto oggettivo nazionale (Sez. U, Sentenza n.18125 del 13/09/2005 e Ordinanza n.18050 del 04/08/2010; conf Sez.5, Sentenza n.3830 del 18/02/2010).

G. Pertanto i tre ricorsi della s.n.c. Ristorante Spada Reale di Stefanini Carlotta & C. e delle socie S.C. e L. G. possono essere riuniti e ciò soddisfa anche le esigenze del litisconsorzio tributario nella tassazione per trasparenza.

Invece, a nulla rileva la posizione estranea del terzo socio, essendo pacifico tra le parti che egli abbia autonomamente definito ogni sua pendenza nei, confronti del fisco con condono, il che esclude in radice qualsivoglia interesse processuale alla sua partecipazione ai giudizi ancora in corso tra il fisco, la società e le altre due socie (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 17716 del 30/07/2009, Rv.609359).

H. Passando all'esame dei ricorsi riuniti, con il primo motivo, le contribuenti denunciano vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.

Esse lamentano che il giudice d'appello, pur essendo disponibili altri indicatori di consumo più confacenti all'attività di ristorazione nonchè quelli obiettivi relativi al lavaggio dei tovaglioli, abbia dato credito a indicatori, quali il consumo di caffè e acqua minerale, più confacente all'attività di bar che a quella di ristorante e comunque ritenuti nelle stessa sentenza non esaustivi. Aggiungono che il giudice di appello ha trascurato i conteggi offerti che, operando alcune necessarie correzioni (autoconsumo; deperimenti; consumo in cucina), portano a 26.781/26.474 il numero presuntivo dei coperti annuali in luogo dei 38.118 accertati e, comunque, del tutto eccessivi a fronte delle sole 25.748 unità risultanti dal numero dei tovaglioli fatti lavare.

Concludono che, pur assumendo il prezzo/coperto stimato dall'Ufficio (L. 39.090) in luogo di quello indicato dagli interessati (L. 38.653), i totali ottenibili sulla scorta dei dati relativi ai tovaglioli o di quelli corretti dalle difese delle ricorrenti annullano, in ogni caso, la ripresa a tassazione del fisco.

I. Con il secondo motivo, denunciando violazione di legge (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1 - lett. d); art. 2727 c.c. e segg.), le ricorrenti lamentano che il fisco fonda le maggiori pretese fiscali, accolte dal giudice d'appello, su illegittime presunzioni a catena, senza che sentenza dia conto del dato decisivamente probante del numero dei tovaglioli che, se rapportato al prezzo/coperto stimato dall'Ufficio, porta a un ammontare di ricavi (L. 1.006.489.320) addirittura inferiore a quello dichiarato (L. 1.035.819.000).

J. I due motivi, correlati tra loro, vanno esaminati congiuntamente ed entrambi disattesi. Si è ritenuto da questa Corte che l'apprezzamento dei fatti e delle prove sia attribuzione esclusiva del giudice del merito, cui spetta il potere d'individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova. Tale giudizio, poi, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5, è censurabile, come vizio di motivazione, solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile una obiettiva deficienza del criterio logico che lo ha condotto alla formazione del proprio convincimento, in guisa da non consentire l'individuazione della "ratio decidendi", ossia l'identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione adottata.

K. Nel caso di specie, le censure proposte dalle ricorrenti rivelano solo il loro dissenso rispetto all'accertamento estimativo compiuto dal giudice di merito sul numero annuale dei coperti: le doglianze, quindi, si risolvono nell'irrilevante esposizione del convincimento proprio delle contribuenti su tale accertamento che, invece, non si rivela in alcun modo viziato.

L. Di contro, nella vasta casistica dei principi regolativi in materia, si è ritenuto da questa Corte che nell'accertamento tributario, sia presuntivo del reddito d'impresa (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett.d)), sia induttivo in materia di IVA (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 55), è legittima la ricostruzione dei ricavi di un'impresa di ristorazione anche sulla base del solo consumo di acqua minerale, costituendo lo stesso un ingrediente fondamentale, se non addirittura indispensabile, nelle consumazioni effettuate (Sez. 5, Sentenza n. 17408 del 23/07/2010, Rv. 614681).

M. Inoltre, si è ritenuto, riguardo alla ricostruzione giudiziale di ricavi e redditi in base al consumo di caffè contrapposta a quella basata sul c.d. "tovagliometro", che una tale rivalutazione in sede di legittimità realizzerebbe un'inammissibile rivisitazione del merito fondata sulla mera enunciazione di dati diversi a fronte di quelli che sono ritenuti idonei, con valutazione appunto di merito, dal giudice d'appello (Sez.5, Sentenza n.15397 del 2008, in motiv.).

N. Invero, non può dirsi che, riguardo al settore della ristorazione, vi sia un indicatore "principe" per la ricostruzione presuntiva dei ricavi, ben potendo gli indici rivelatori variare da caso a caso ed essendo compito del fisco, prima, e del giudice tributario di merito, poi, quello di cogliere i peculiari nessi inferenziali che siano adeguati alla singola fattispecie concreta.

O. Nè si può sostenere che, nella specie, il giudice d'appello si sia discostato dall'art. 2727 c.c. e segg.. Sul punto va ricordato che nella prova per presunzioni, il giudice di merito deve esercitare la sua discrezionalità nell'apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti in modo da rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto a base della selezione delle risultanze probatorie e del proprio convincimento. Occorre, prima, una valutazione analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria. Occorre, poi, una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida presunzione semplice, nel senso che ognuno rafforzi e tragga vigore dall'altro in rapporto di vicendevole completamento (Sez.5, Sentenza n.9108 del 06/06/2012, Rv. 622995).

P. E' ciò che ha fatto, nella specie, il giudice di appello che: (a) ha scartato i dati sul consumo unitario dei tovaglioli risultanti dalla fatturazione dei lavaggi preferendo altro dato obiettivo ossia quello del consumo di acqua minerale, il cui legittimo utilizzo estimativo è confermato dalla giurisprudenza di questa Corte; (b) ha, inoltre, trovato ulteriore riscontro al proprio convincimento nella relazione tra unità di pasto e consumo di caffè; (c) indi, ha riscontrato che, ben potendo i consumi di acqua minerale e caffè essere inferiori all'effettivo numero dei pasti a seconda delle preferenze dei clienti in tema di bevande, il risultato finale è approssimato per difetto ed è, dunque, più che favorevole per le parti contribuenti e tale da coprire anche l'incidenza dell'autoconsumo (soci; personale di sala e di cucina). Q. Non v'è nulla d'illogico nella ricostruzione del giudice d'appello, che, a parte alcune infelici e limitate sconnessioni linguistiche (pag. 4, penult. cpv.), si è chiaramente servito di una sequenza d'inferenze tali da individuare quella relazione tra fatto noto (consumi) e fatto ignoto (ricavi), che, senza avere i caratteri della necessarietà, è sufficiente a dimostrare il nesso di derivazione secondo canoni di ragionevole probabilità. Sicchè si è al cospetto di un'unica presunzione, sia pure articolata su autonome circostanze di fatto.

R. Il risultato finale, essendo approssimato per difetto è in grado di coprire anche ipotesi riduttive (autoconsumo, sfrido etc.; cfr.

gli abbattimenti di cui al p.v.c. richiamato nell'accertamento e nelle difese erariali di merito), dovendosi ricordare che il deperimento non ha senso per le acque minerali ed è poco verosimile per un elemento di continuo consumo come il caffè, mentre l'invocato utilizzo in cucina nelle preparazioni ha scarso senso per l'acqua minerale mentre manca qualsiasi riferimento, finanche grafico, a non consuete preparazioni (es. di pasticceria) a base di caffè.

S. Infine, quanto ai dati sulla fatturazione del lavaggio dei tovaglioli, essi forniscono nello specifico caso in esame conclusioni illogiche, perchè, tali dati, anche se rapportati al prezzo/coperto stimato dall'Ufficio, portano, per espressa indicazione delle ricorrenti, addirittura a un ammontare di ricavi (L. 1.006.489.320) inverosimilmente inferiore a quello dichiarato (L. 1.035.819.000), il che costituisce indubbio indice rivelatore della inattendibilità dei dati medesimi, scartati dal giudice di merito e additati a sospetto dalla controricorrente (perchè inficiato dal possibile ricorso a prestazioni non fatturate, ad es. perchè effettuate in proprio).

T. Il rigetto dei ricorsi nei confronti dell'Agenzia delle entrate comporta la condanna delle ricorrenti alle spese del giudizio di legittimità (v. SU 17405/12).

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi della s.n.c. Ristorante Spada Reale di Stefanini Carlotta & C. (8950/07) e delle socie S.C. (8948/07) e L.G. (8949/07), li rigetta e condanna le ricorrenti alle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.300,00 per compensi, oltre alla spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2012.

Depositato in Cancelleria il 15 maggio 2013

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