domenica, 16 marzo 2025

Militari contaminati da uranio impoverito durante lo svolgimento di missioni di pace: a decidere sui risarcimenti sarà il Tar di Roma

Cassazione, Sentenza 6.5.2014 n 9667

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE  

SEZIONE PRIMA PENALE 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VECCHIO Massimo - Presidente - Dott. CAIAZZO Luigi Pietro - Consigliere - Dott. CAVALLO Aldo - Consigliere - Dott. CAPOZZI Raffaele - Consigliere - Dott. MAGI Raffaello - rel. Consigliere - ha pronunciato la seguente:  sentenza sul ricorso proposto da:  A.F. N. IL (OMISSIS); avverso la sentenza n. 17/2012 CORTE MILITARE APPELLO di ROMA, del 03/05/2012; visti gli atti, la sentenza e il ricorso; udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/11/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. MAGI RAFFAELLO; Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. FLAMINI Luigi Maria, che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso; Udito il difensore Avv. PETRACHI M., che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

Fatto

1. Con sentenza emessa in data 3.5.2012 la Corte Militare di Appello di Roma, decidendo sulla impugnazione proposta da A. F. avverso la sentenza di condanna (alla pena - sospesa - di mesi 7 di reclusione militare) emessa dal Tribunale Militare di Verona il 13.10.2011, confermava il primo giudizio. L' A. era stato ritenuto responsabile del reato di diserzione aggravata di cui all'art. 148 c.p.m.p., comma 1, n. 2, per non aver fatto rientro presso il Corpo di appartenenza - senza giusto motivo- dopo una licenza ordinaria scaduta il 20 luglio 2008, sino al 3 dicembre 2008.

La decisione di primo grado così ricostruiva la condotta tenuta dall'imputato nel periodo di assenza:

- l'imputato aveva fatto pervenire al Corpo di appartenenza più certificati medici attestanti "esiti frattura polso destro" per complessivi 44 giorni continuativi, "meta tarsalgia sinistra" per giorni 91 e "tracheite" per un giorno;

- l'imputato si era sostanzialmente sottratto a verifiche sanitarie nel corso del periodo di degenza relative al suo stato di salute, pur raggiunto da un primo invito a recarsi presso strutture territoriali e da un successivo fonogramma in data 7.8.2008 con cui lo si invitava a recarsi presso l'Ospedale Militare di (OMISSIS);

- con rilevante probabilità, l'imputato si era recato durante il periodo di degenza;

- trascorso in Puglia presso l'abitazione familiare - in (OMISSIS) tra il (OMISSIS), come è desumibile dalla verifica delle celle di aggancio relative alla utenza mobile in suo possesso; - a seguito del rientro, in data 10.12.2008 veniva certificata la sua idoneità a prestare servizio militare incondizionato da parte del competente ospedale militare.

Valutando i dati istruttori emersi - ivi compresa l'analisi dei tabulati telefonici relativi all'utenza in uso all' A. nel periodo di assenza dal servizio - il Tribunale riteneva insussistente il giustificato motivo per diverse ragioni, così espresse: al termine del periodo di convalescenza non risultavano postumi invalidanti; nei nove giorni antecedenti il permesso A. aveva regolarmente prestato servizio senza palesare inconvenienti connessi alla pregressa o ad altre patologie ; le certificazioni mediche relative al periodo 21 luglio - 2 settembre attestavano "esiti di frattura polso dx" dunque postumi di una precedente frattura, già risolta e consolidata. Tale patologia, peraltro, non viene ritenuta tale da rendere "impossibile, difficoltoso o pericoloso" il viaggio di rientro nella sede di servizio, così come non furono di ostacolo a realizzare il viaggio di andata da (OMISSIS) al luogo di residenza familiare ubicato in (OMISSIS).

Analoga inidoneità a concretizzare giusto motivo di assenza viene attribuita alle certificazioni relative alla meta tarsalgia, trattandosi di "malessere notoriamente consistente in sensazione di dolore alla pianta del piede, risolvibile con idoneo plantare".

La Corte di Appello, nel condividere le argomentazioni del primo giudice, ribadiva in particolare il carattere "non invalidante" delle patologie documentate nei certificati medici trasmessi dall'imputato per giustificare l'assenza. Si soffermava, inoltre, sulla ricorrenza dell'elemento psicologico affermando che lo stesso può agevolmente desumersi dalla condotta complessivamente tenuta dall'imputato durante il periodo di assenza. In particolare, a fronte della prospettazione difensiva tesa a rappresentare una attivazione dell' A. (che si sarebbe recato presso il Distretto Militare di Lecce e successivamente a Bari senza riuscire a risolvere il problema) la Corte territoriale osserva che da un lato tale "attivazione" non risulta provata in modo certo (essendo improbabile che tali Comandi non si fossero occupati del suo caso) dall'altro che -pur ipotizzandola avvenuta- in ogni caso non vi fu una reale "messa a disposizione delle autorità sanitarie per le necessarie verifiche medico-legali".

La complessiva condotta viene ritenuta, pertanto, non indicativa di una semplice superficialità quanto di una piena consapevolezza del disvalore correlato al mancato rientro.

2. Ha proposto ricorso per cassazione A.F., a mezzo del proprio difensore. Nel ricorso vengono articolati due motivi.

Con il primo si denunzia erronea applicazione della normativa penale di riferimento e vizio di motivazione della sentenza nella parte in cui ritiene sussistente l'elemento psicologico del reato. In sintesi, il ricorrente afferma che la condotta non fu ispirata dalla volontà di sottrarsi ai doveri correlati al servizio ma al più frutto di superficialità, dovuta alla scarsa esperienza di servizio ed al fatto che l' A. reputava, perciò, sufficiente a giustificare l'assenza la trasmissione delle certificazioni mediche (attestanti non solo la patologia ma anche la necessità di riposo e cura).

Inoltre, risulta dalla deposizione del teste G. che effettivamente l' A. si recò - a fronte del primo messaggio ricevuto - presso il Distretto Militare di Lecce e presso quello di Bari allo scopo di regolarizzare la sua condizione. Tuttavia avrebbe ricevuto risposte non esaurienti, posto che a Lecce gli venne detto di recarsi a Bari (non essendovi più l'infermeria) e a Bari gli sarebbe stato riferito che nessun adempimento avrebbe dovuto svolgere in quella struttura. Da ciò l'assenza di risposta al secondo messaggio, notificatogli in agosto. Si ritiene pertanto sussistente, quantomeno, l'errore sul fatto costituente reato, rilevante ai sensi dell'art. 47 c.p., la cui ricorrenza sarebbe stata illogicamente negata dalla Corte territoriale.

Con il secondo motivo si denunzia vizio di motivazione in riferimento alla effettiva disponibilità della scheda sim i cui tabulati risultano utilizzati in giudizio. Fermo restando il ridimensionamento di tale elemento nel percorso giustificativo seguito in sede di Appello, il ricorrente censura la logicità e congruenza della motivazione sul punto, affermando che durante il periodo di malattia non si sarebbe - in realtà - allontanato dalla residenza familiare.

La scheda in questione risulta infatti intestata alla madre ed era una delle due schede indicate a fini di reperibilità. Pertanto, il riscontrato movimento dell'apparecchio verso la Lombardia durante il periodo di malattia sarebbe ascrivibile ad un viaggio posto in essere dalla madre o da altro componente del nucleo familiare.

Diritto

1. Il ricorso va dichiarato inammissibile, per le ragioni che seguono.

A fronte di un percorso motivazionale ampio e approfondito - nonchè immune da contraddizioni o vizi logici - il ricorrente tende, in realtà, a riproporre questioni valutative degli elementi di fatto, operazione non consentita nella presente sede di legittimità.

Come è stato più volte chiarito il giudizio di legittimità non si costruisce sull'esame delle possibilità rappresentative, anche plausibili, del fatto ma sulla opzione del fatto come recepita dal giudice di merito. Ciò avviene - sempre e comunque - attraverso l'analisi dello sviluppo motivazionale della decisione impugnata e della sua interna coerenza logico-giuridica, non essendo possibile compiere in sede di legittimità "nuove" attribuzioni di significato o realizzare una diversa lettura dei medesimi dati dimostrativi e ciò anche nei casi in cui si ritenga preferibile una diversa lettura, maggiormente esplicativa, e sempre che non sia rilevabile un vizio (si veda, ex multis, Sez. 6^ n. 11194 del 8.3.2012, Lupo, Rv 252178).

Ora, nel caso in esame la Corte Militare ha affrontato la ricostruzione del fatto (ivi compreso il relativo elemento psicologico) in modo del tutto aderente alle risultanze istruttorie, valorizzando in particolare gli aspetti relativi alla scarsa consistenza delle patologie in modo immune da vizi logici.

Le doglianze manifestate nel ricorso riguardano, dunque, aspetti reputati non rilevanti (gli spostamenti dall'abitazione familiare) o non congruamente dimostrati (l'attivazione presso i presidi militari di Lecce e Bari) e dunque correttamente ritenuti marginali nella economia della decisione.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende che stimasi equo determinare in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma Euro 1.000,00 a favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 5 novembre 2013.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2014.
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LaPrevidenza.it, 19/06/2014

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