Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. NAPOLETANO Giuseppe - Presidente - Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo - Consigliere - Dott. BERRINO Umberto - Consigliere - Dott. RIVERSO Roberto - rel. Consigliere - Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa - Consigliere -
sul ricorso 16928-2013 proposto da: TELECOM ITALIA S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio dell'avvocato ARTURO MARESCA, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati FRANCO RAIMONDO BOCCIA, ENZO MORRICO, ROBERTO ROMEI, giusta delega in atti; - ricorrente -
contro C.L., C.F. (OMISSIS); - intimato - nonchè da: C.L., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI VILLA GRAZIOLI 20, presso lo studio dell'avvocato GIORGIO ROMANO, rappresentato e difeso dall'avvocato LUCIANO GAROFALO, giusta delega in atti; - controricorrente e ricorrente incidentale -
contro TELECOM ITALIA S.P.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio dell'avvocato ARTURO MARESCA, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati FRANCO RAIMONDO BOCCIA, ROBERTO ROMEI, ENZO MORRICO; - controricorrente al ricorso incidentale -
avverso la sentenza n. 1206/2013 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, depositata il 10/04/2013 R.G.N. 2828/2011; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/01/2016 dal Consigliere Dott. ROBERTO RIVERSO; udito l'Avvocato GRASSI MONICA per delega orale Avvocato MARESCA ARTURO; udito l'Avvocato GAROFALO LUCIANO; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELENTANO Carmelo che ha concluso per inammissibilità o in subordine rigetto del ricorso principale e inammissibilità dell'incidentale.
Fatto
Con sentenza n. 1206/2013, pubblicata il 10.4.2013, la Corte d'Appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza pronunciata dal giudice del lavoro del tribunale locale, ha dichiarato l'illegittimità del licenziamento per giusta causa intimato da Telecom spa in data 3.5.2007 a C.L. ed ha disposto la condanna del datore a reintegrare il lavoratore ed a risarcirgli il danno. Confermava per il resto la sentenza impugnata. A fondamento della decisione, la Corte sosteneva che il licenziamento intimato al lavoratore violasse il principio di immediatezza della contestazione disciplinare posto che al C. erano stati contestati fatti (relativi a false registrazioni dell'orario di lavoro) risalenti ad oltre un anno; e di cui Telecom era venuta a conoscenza a seguito di un controllo a campione effettuato nell'anno 2007 sui dipendenti che, come il C., autocertificavano le prestazioni accessorie con il sistema RPA. Osservava, in particolare, la Corte territoriale che il tipo di infrazione contestata, relativa all'espletamento dell'orario di lavoro, non richiedesse alcuna indagine complessa essendo sufficiente allo scopo incrociare i dati contenuti nel sistema informatico collegato ai tornelli (SAP) con le attestazioni dello stesso lavoratore inserite nel sistema RPA. Aggiungeva che la complessità dell'organizzazione aziendale non potesse avere rilevanza in pregiudizio del diritto di difesa del lavoratore; e che il controllo a campione effettuato dalla società non avesse riguardato il periodo a ridosso dello stesso e limitato nel tempo, ma investisse episodi che si collocavano a distanza, rispetto alla stessa contestazione, da un anno a sei mesi; e che pregiudicavano le esigenze di difensive del lavoratore rispetto ai fatti contestati atteso che essi per loro natura richiedevano un preciso ricordo del dipendente dei propri orari di lavoro e di eventuali spostamenti dalle sedi di lavoro Telecom, del tutto impossibile considerato il lungo tempo trascorso tra i fatti addebitati e la loro contestazione.
Per la cassazione di questa sentenza, ricorre Telecom spa con un unico motivo.
Resiste C.L. con controricorso contenente ricorso incidentale in relazione all'omessa pronuncia sul motivo di appello con cui era stato richiesto il rigetto della domanda riconvenzionale in accoglimento della quale il primo giudice lo aveva condannato a restituire a Telecom spa la somma di Euro 2557,92 indebitamente percepita a titolo di lavoro straordinario.
Telecom ha replicato al ricorso incidentale con controricorso; ed ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
Diritto
1.- Con l'unico motivo di ricorso Telecom Spa solleva violazione e falsa applicazione dell'art. 41 Cost. e degli artt. 2104 e 2106 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, avendo la sentenza affermato l'illegittimità del licenziamento per violazione del principio di tempestività della contestazione.
Adduce la ricorrente, a sostegno del motivo di gravame, anzitutto che non avesse alcuna possibilità di conoscere l'abuso che si stava perpetrando ai suoi danni; e dunque era da escludere che abbia ritardato l'invio della contestazione senza motivo. Aggiunge che la Corte, invadendo un campo rientrante nell'esclusiva potestà organizzativa del datore di lavoro, avrebbe sindacato il sistema di controllo a campione adottato da Telecom, pretendendo che avvenisse in tempo reale ed ipotizzando che fosse esso a violare il principio di immediatezza; pur essendo in vigore per tutti i dipendenti indistintamente. La sentenza avrebbe perciò censurato non il ritardo nell'invio della contestazione, ma il sistema in sè che, a proprio avviso, era tale da determinare una compressione dei diritti del lavoratore. Senza considerare che ai fini della tempestività della contestazione ciò che rileva non è la astratta conoscibilità ma la conoscenza effettiva dell'illecito. Ed inoltre che il controllo fosse avvenuto in relazione ad attività immediatamente precedenti; mentre solo in seguito al risconto di una serie di irregolarità, si era esteso a giorni precedenti.
2.- Il motivo è inammissibile; e comunque infondato.
Esso, aldilà dell'astratta articolazione, tende, anzitutto, ad un riesame del fatto la cui valutazione è riservata al giudice del merito, salvo il controllo della correttezza giuridica e della coerenza logico formale delle argomentazioni svolte; che, tuttavia, non conferisce a questa Corte di legittimità il potere di procedere ad una nuova valutazione sul perchè, nei fatti, il principio di immediatezza fosse stato rispettato dal datore ricorrente (Cass. 19159/2006; 6228/2004).
2.2. In secondo luogo, il motivo è infondato perchè la sentenza non sottopone a sindacato il sistema di controllo aziendale prescelto dall'impresa nell'esercizio di prerogative discrezionali; ma censura esclusivamente l'ampiezza ed il periodo di riferimento del controllo a campione effettuato dal datore.
2.3 Si tratta di una decisione che rispetta il punto di equo contemperamento tra le contrapposte esigenze delle parti, che la giurisprudenza di questa Corte ha inteso più volte affermare in relazione all'esercizio del potere disciplinare.
2.4. Invero, da una parte va osservato che, pur comportando una indagine non complessa, per concorde ammissione delle parti, l'incrocio dei dati relativi al controllo costituiva un'attività che richiedeva una apposita operazione accertativa, perchè d'ordinario non veniva espletata da alcun ufficio. Il datore aveva inoltre diritto di attendersi l'adempimento della prestazione ed a confidare nel suo regolare espletamento. Andava considerato pure che C. era colui che avrebbe dovuto convalidare, in qualità di coordinatore, i dati relativi alla propria prestazione.
2.5. Pertanto, non poteva esistere una pretesa al controllo della prestazione in tempo reale (che però la sentenza impugnata non ha mai inteso affermare). Mentre il trascorrere di un periodo di tempo, tra l'esecuzione delle prestazioni ed il momento della loro verifica, rientra nella fisiologia dell'attività di controllo, ancor più all'interno di un organizzazione aziendale complessa. E' per questo che, secondo una risalente acquisizione giurisprudenziale di questa Corte, il principio di immediatezza deve intendersi in senso relativo, dovendosi tenere conto delle caratteristiche dell'Infrazione e della necessità di un margine temporale per il suo accertamento (Cass 1248/2016); onde la tardività della contestazione andrebbe apprezzata in relazione all'avvenuta piena conoscenza dell'infrazione.
2.6. Dall'altra parte, però, tale intervallo di tempo non può pregiudicare l'esigenza del lavoratore di difendersi rispetto agli esiti dell'indagine (e di ricostruire, nel caso di specie, le circostanze relative agli orari di lavoro osservati). Ma neppure essere tale da perpetuare incertezza sulla sorte del rapporto, in relazione all'affidamento del lavoratore rispetto alla eventuale tolleranza datoriale in ordine a comportamenti potenzialmente rilevanti sul piano disciplinare, legittimando la ragionevole presunzione dell'essere venuto meno l'interesse datoriale di recedere dal rapporto. (Cass. 14155/2006, 12141/2003, 14074/2002).
2.7. Talchè, quando il datore scelga di effettuare ex post un controllo a campione, esso non può essere prolungato fino a periodi situati a tale distanza di tempo dall'esecuzione delle prestazioni da compromettere il rispetto di tutte le esigenze prima indicate. Nè ai fini della violazione del dovere di immediatezza è necessario accertare che la condotta datoriale tenda pure al raggiungimento di una finalità scorretta o sia frutto di un ritardo doloso, trattandosi di una violazione che rileva sul piano oggettivo.
2.8. L'immediatezza della contestazione si configura infatti per il lavoratore come garanzia difensiva di tipo procedurale. Ma essa, prima ancora, costituisce, per il datore, elemento costitutivo del potere di recesso per giusta causa, la cui mancanza esclude il potere sostanziale di recedere dal rapporto (Cass. 1248/2016, 1693/2013, 15649/2010, 14155/2006, 12141/2003, 14074/2002).
3. La sentenza impugnata rispetta tutti i principi formulati da questa Corte. Avendo sostenuto che l'azienda, nell'esercizio del suo insindacabile potere organizzativo, avesse (nella circostanza) adottato "una modalità" (operativa, del controllo a campione prescelto) incompatibile con l'esigenze di certezza dei rapporti giuridici. Intendendo così affermare che nel fatti, quello concretamente effettuato, non rispettasse il principio di immediatezza in quanto non aveva riguardato il periodo a ridosso dello stesso, ma aveva investito episodi che si collocavano a lunga distanza (da un anno a sei mesi) rispetto alla contestazione. La Corte non ha mai inteso affermare che il sistema di controllo a campione fosse ontologicamente lesivo del principio di immediatezza. E dentro questi limiti va perciò intesa l'affermazione secondo cui la modalità di controllo e la stessa complessità dell'organizzazione aziendale non possa avere alcuna rilevanza in pregiudizio del diritto di difesa del lavoratore. D'altra parte è evidente che anche il controllo a campione possa essere effettuato con periodicità ed estensione tali da contemperare le diverse esigenze delle parti che il principio di immediatezza, per come declinato dalla giurisprudenza di questa Corte, mira a tutelare.
4. Il ricorso incidentale solleva violazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 5, assumendo che la sentenza sarebbe incorsa in omessa pronuncia sul motivo di appello con cui era stato richiesto il rigetto della domanda riconvenzionale in accoglimento della quale il primo giudice aveva condannato C. a restituire a Telecom spa la somma di Euro 2557,92, oltre accessori, indebitamente percepita a titolo di lavoro straordinario.
Il motivo di ricorso incidentale è inammissibile e comunque infondato. In primo luogo perchè il vizio di omessa pronuncia può essere dedotto solo ai sensi dell'art. 360, n. 4 ovvero come nullità della sentenza e non certamente come vizio di motivazione. Infatti (Cass. 11801/2013) "la decisione del giudice di secondo grado che non esamini e non decida un motivo di censura della sentenza del giudice di primo grado è impugnabile per cassazione non già per omessa o insufficiente motivazione su di un punto decisivo della controversia e neppure per motivazione "per relationem" resa in modo difforme da quello consentito, bensì per omessa pronuncia su un motivo di gravame; ne consegue che, se il vizio è denunciato ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3 o n. 5, anzichè dell'art. 360 c.p.c., n. 4, in relazione all'art. 112 c.p.c., il ricorso è inammissibile".
In secondo luogo il motivo è inammissibile ove ad essere invocato fosse il vizio di cui all'art. 360 c.p.c., n. 5 perchè esso avrebbe dovuto essere supportato dall'indicazione del fatto decisivo il cui esame sarebbe stato omesso dalla Corte territoriale, secondo la nuova formula del codice di rito.
Infine il motivo è infondato perchè la sentenza impugnata nel riformare quella di primo grado, quanto alla illegittimità del licenziamento, ha pure confermato "nel resto" la medesima pronuncia di primo grado onde la violazione dell'art. 112 c.p.c. avrebbe dovuto indicare i motivi di censura della soluzione adottata dalla sentenza di primo grado e condivisa dalla Corte d'appello.
5.- Sulla scorta dei motivi fin qui esposti occorre dunque provvedere al rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale.
L'esito del giudizio e l'alternarsi di quelli di merito consente di disporre la compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale.
Compensa le spese processuali. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale/ricorrente incidentale dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale/incidentale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2016.
Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2016