Accettazione del contraddittorio e intervento adesivo dipendente
Cassazione, Sezione III civile, sentenza 23.3.2017 n. 7407
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VIVALDI Roberta - Presidente - Dott. SCODITTI Enrico - Consigliere - Dott. SCRIMA Antonietta - Consigliere - Dott. ROSSETTI Marco - Consigliere - Dott. D'ARRIGO Cosimo - rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente: SENTENZA
sul ricorso 6268/2014 proposto da: AMACO SPA, in persona del Presidente, Arch. C.M., elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE BRUNO BUOZZI 49, presso lo studio dell'avvocato ALESSANDRO RICCIONI, rappresentata e difesa dall'avvocato FIORELLA PERNA giusta procura in calce al ricorso; - ricorrente - contro B.C.; - intimato - avverso la sentenza n. 1584/2013 della CORTE D'APPELLO di CATANZARO, depositata il 11/11/2013; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/01/2017 dal Consigliere Dott. COSIMO D'ARRIGO; udito l'Avvocato ANTONIO NICOLETTI per delega; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SOLDI Anna Maria, che ha concluso per il rigetto.
Fatto
Con sentenza dell'11 novembre 2013, la Corte d'appello di Catanzaro, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha condannato la A.M.A.CO. s.p.a. (succeduta per incorporazione alla Cosenza Service s.p.a.), al risarcimento del danno biologico riportato da B.C., inciampato in una catena di recinzione di un'area adibita a parcheggio e gestita dalla predetta società.
Contro tale decisione la A.M.A.CO. s.p.a. propone ricorso articolato in cinque motivi. Resiste, con controricorso, la UnipolSai Assicurazioni s.p.a., incorporante la Unipol Assicurazioni s.p.a., volontariamente intervenuta nel giudizio. Il B. non ha svolto attività difensiva.
Diritto
1. Conviene, in ordine logico, posporre l'esame del primo motivo, relativo alla posizione processuale della UnipolSai Assicurazioni s.p.a., affrontando anzitutto le censure relative alla condanna della società ricorrente per il sinistro occorso al B..
2. Con il secondo, il terzo e il quarto motivo - che, in quanto strettamente connessi, possono essere esaminati congiuntamente - la A.M.A.CO. s.p.a. si duole della violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., dell'insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio, della violazione dell'art. 2697 c.c..
3. Anzitutto, la società ricorrente censura l'affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui la catena nella quale è inciampato il B. sarebbe stata scarsamente visibile perchè occultata dalla presenza delle auto in sosta nell'area di parcheggio. Sostiene che tale affermazione è sprovvista di riscontro probatorio e costituisce un semplice convincimento personale del giudice.
La censura è infondata. Anzitutto, va rilevato che la ricostruzione dello stato dei luoghi operata dalla corte d'appello si fonda sulle allegazioni fotografiche (menzionate a pag. 7 della sentenza impugnata) e che la A.M.A.CO. s.p.a. non ha contestato che da tale documentazione emergessero quegli elementi che il giudice di merito ha ritenuto decisivi per l'affermazione della responsabilità della società che aveva in gestione il parcheggio. In ogni caso, l'elemento controverso risulterebbe suffragato dalla prova logica: essendo stato provato per via testimoniale che le catene di recinzione dell'area adibita a parcheggio erano poste a pochi centimetri da terra ed essendo circostanza non controversa che l'area recintata fosse adibita a parcheggio, l'affermazione secondo cui le autovetture parcheggiate all'interno di tale area occultavano parzialmente la lista delle catene costituisce un mero corollario logico e non un semplice convincimento personale del giudice.
4. Il terzo ed il quarto motivo, invece, non contengono censure riconducibili ad alcuno dei paradigmi di cui all'art. 360 c.p.c..
La A.M.A.CO. s.p.a., infatti, si limita a prospettare una diversa interpretazione delle risultanze istruttorie, sostenendo che l'evento dannoso si sarebbe verificato esclusivamente a causa del comportamento incauto ed imprudente del danneggiato che, ponendo in essere una condotta anomala ed atipica, ha generato da sè, con efficacia causale esclusiva, il sinistro di cui è rimasto vittima.
Tale argomentazione, tuttavia, non si pone in alcun confronto dialettico con la diversa ricostruzione e qualificazione giuridica dei fatti sviluppata dalla corte d'appello, secondo cui la recinzione dell'area di parcheggio aveva solo il fine di impedire che il traffico veicolare avvenisse da accessi diversi dall'entrata ed uscita a pagamento, ma, per la sua materiale conformazione (paletti posti a circa 2 metri di distanza l'uno dall'altro, uniti con lunghe catene pressochè rasoterra) non era finalizzata ad impedire il passaggio pedonale, talchè l'eventualità che un utente del parcheggio potesse scavalcare tale recinzione doveva essere ritenuta del tutto probabile, con conseguente obbligo della società proprietaria dell'area di adottare le opportune cautele volte a segnalare l'insidia.
In assenza di specifiche censure di legittimità riferibili a tale ratio decidendi i motivi in esame vanno dichiarati inammissibili.
5. Con il quinto motivo la A.M.A.CO. s.p.a. censura la decisione impugnata nella parte in cui ha ritenuto l'esistenza del danno biologico lamentato dal B., pur in assenza di prova e senza l'esperimento di una consulenza tecnica d'ufficio.
Anche questa censura è infondata, dacchè l'entità delle lesioni riportate dal danneggiato risulta attestata da una scheda sanitaria redatta dall'ospedale di Cosenza in data 9 giugno 2001 e da successivi esami a raggi X e TAC (menzionati a pag. 9 della sentenza di appello).
6. Venendo, infine, all'esame del primo motivo, deve premettersi che, costituendosi in primo grado, la Cosenza Service s.p.a. (poi incorporata nella A.M.A.CO. s.p.a.) chiese di essere autorizzata alla chiamata in garanzia della Unipol Assicurazioni s.p.a. (successivamente incorporata nella UnipolSai Assicurazioni s.p.a.). Tale richiesta venne respinta in quanto tardiva, ma la compagnia assicurativa si costituì volontariamente nel giudizio con comparsa depositata il 20 marzo 2002. La corte d'appello ha rilevato che nel giudizio non è stata articolata alcuna domanda nei confronti della compagnia assicurativa, poichè, per un verso, il B. era sprovvisto di azione diretta, non vertendosi nel caso speciale previsto dalla L. n. 990 del 1969, art. 18; e, per altro verso, la dante causa della A.M.A.CO. s.p.a. era stata dichiarata decaduta dalla facoltà di effettuare la chiamata in garanzia.
La A.M.A.CO. s.p.a. sostiene che tale decisione andrebbe cassata per la violazione dell'art. 105 c.p.c., in quanto, una volta spiegato intervento volontario autonomo, l'assicuratore, che ha esercitato "una difesa senza limiti", dovrebbe considerarsi a tutti gli effetti parte del processo, con conseguente possibilità di rendersi destinatario anche della condanna per manleva dell'assicurato.
Anche tale motivo di ricorso è infondato.
Nel caso in esame l'Unipol Assicurazioni s.p.a. ha effettuato un intervento adesivo dipendente che, ai sensi dell'art. 105 c.p.c., comma 2, si ha quando il terzo sostiene le ragioni di una parte senza proporre nuove domande ed ampliare il tema del contendere.
In particolare, l'interesse richiesto per la legittimazione ad intervenire ad adiuvandum nel processo in corso fra altri soggetti deve essere non di mero fatto, ma giuridico nel senso che tra adiuvante e adiuvato deve sussistere un vero e proprio rapporto giuridico sostanziale, tale che la posizione soggettiva del primo in questo rapporto possa essere - solo in via indiretta o riflessa - pregiudicata dal disconoscimento delle ragioni che il secondo sostiene contro il suo avversario in causa (Sez. 2, Sentenza n. 12758 del 23/12/1993, Rv. 484840).
Consegue che, pur ampliandosi il numero dei partecipanti, rimane invariato l'oggetto della controversia, giacchè l'intervento ad adiuvandum non introduce domande nuove, nè rende l'interventore possibile destinatario diretto delle statuizioni giudiziarie che saranno adottate all'esito del giudizio. Egli è parte del processo in senso formale, con la conseguenza che, in caso di soccombenza dell'adiuvato, potrà essere condannato al rimborso delle spese del processo in favore della parte contro cui ha sostenuto le ragioni dell'altra (Sez. 3, Sentenza n. 4213 del 23/02/2007, Rv. 595357). Ma non è portatore di un diretto interesse autonomo nel giudizio, tant'è che può aderire all'impugnazione proposta dalla parte adiuvata, ma non può proporre impugnazione autonoma, la quale deve essere dichiarata inammissibile (Sez. 2, Sentenza n. 3734 del 16/02/2009, Rv. 606825).
Pertanto, all'intervento adesivo dipendente della Unipol Assicurazioni s.p.a. non può essere accordato l'effetto dell'accettazione del contraddittorio rispetto ad una domanda proposta nei suoi confronti dallo stesso soggetto adiuvato e già dichiarata inammissibile in quanto tardivamente proposta.
Non tragga in inganno la qualificazione dell'interveniente adesivo dipendente quale litisconsorte necessario: tale "necessità" dipende dalla inscindibilità della causa, ossia dal fatto che il giudizio resta unico ed indivisibile in quanto il litisconsorte è intervenuto esclusivamente per sostenere le ragioni di una delle parti in causa, senza proporre alcuna domanda nuova (Sez. L, Sentenza n. 6760 del 26/07/1996, Rv. 498788).
Alla luce di tali considerazioni va affermato il seguente principio di diritto:
- l'intervento adesivo dipendente non implica l'effetto dell'accettazione del contraddittorio rispetto a una domanda proposta nei confronti dell'interveniente dallo stesso soggetto adiuvato (nella specie, domanda di manleva) e già dichiarata inammissibile in quanto tardivamente proposta.
Anche questo motivo, pertanto, è infondato.
7. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente, ai sensi dell'art. 385 c.p.c., comma 1, nella misura indicata nel dispositivo.
Sussistono i presupposti per l'applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte dell'impugnante soccombente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione da lui proposta, senza spazio per valutazioni discrezionali (Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550).
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento, in favore della UnipolSai Assicurazioni s.p.a., delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2011.
Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2017
LaPrevidenza.it, 10/04/2017