in persona del giudice dott.ssa Francesca Sbarra ha pronunciato la seguente ORDINANZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. 2029 del Ruolo Generale degli Affari Contenziosi per l'anno 2019, vertente TRA N.S. (C.F.: ..), nella qualità di genitore esercente la potestà genitoriale del minore J. S. (C.F.: ..), elettivamente domiciliato in Cassino (FR), Via C., presso lo studio dell'avv. Maria Dolores Broccoli, che la rappresenta e difende con l'avv. Elena Boccanfuso e l'avv. Marco Rossini, congiuntamente e disgiuntamente, in virtù di procura in calce al ricorso ex art. 702 bis c.p.c. RICORRENTE E Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, in persona del Ministro pro tempore, (C.F. 80185250588); l'Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, (C.F. 97248840585) e l'Istituto Comprensivo Fiano, in persona del legale rappresentante pro tempore, (C.F. 97198090587), tutti rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono ex lege domiciliati in Roma, Via P. RESISTENTI AMBITO TERRITORIALE DELLA PROVINCIA DI RIETI in persona del legale rappresentante pro tempore RESISTENTE CONTUMACE CONCLUSIONI Il difensore di parte ricorrente ha concluso come da verbale di udienza di precisazione delle conclusioni del giorno 16.04.2020.
FATTO E DIRITTO
Con ricorso ex artt. 702 bis e 700 - 669 sexies c.p.c. in corso di causa, ritualmente depositato e notificato, N.S., quale genitore esercente la responsabilità genitoriale sul minore J. S., conveniva in giudizio il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, l'Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio, l'Ambito Territoriale Provinciale di Roma e l'Istituto Comprensivo Fiano di Fiano Romano, chiedendo, in via cautelare, di emettere, anche inaudita altera parte, i provvedimenti necessari e idonei a far cessare immediatamente la condotta discriminatoria nei confronti del minore portatore di handicap, con conseguente assegnazione allo stesso dell'insegnante di sostegno per ore 22 settimanali.
Nel merito, parte ricorrente concludeva perché il Tribunale, previa conferma del provvedimento cautelare, accertasse e dichiarasse la natura discriminatoria della condotta posta in essere dall'Amministrazione in danno dell'alunno disabile J. S. e, per l'effetto, le ordinasse la cessazione di tale condotta discriminatoria, integrata dal mancato riconoscimento del diritto ad usufruire del richiesto sostegno didattico, con conseguente attribuzione dell'insegnante di sostegno all'alunno per 22 ore settimanali, nonché la condannasse al risarcimento del danno non patrimoniale sofferto dalla alunno, quantificato equitativamente in misura pari ad 1.000,00 per ogni mese (con riduzione proporzionale per la frazione) di mancata attribuzione dell'insegnante di sostegno per 22 ore settimanali con decorrenza dall'inizio dell'a.s. 2019/2020.
Esponeva, tra l'altro, parte ricorrente a sostegno:
1. di essere padre di J. S., alunno di 6 anni, iscritto, nel corrente anno scolastico 2019/2020, alla classe 1^ della sezione H, del corso "comune" della Scuola Primaria, Plesso di Via T., a Fiano Romano in via T.;
2. che il minore risulta affetto da "Sindrome polimalformativa (Q 79)", come documentato dalla Asl Roma F in data 23.1.2019 ed ulteriormente accertato dall'INPS, che, in data 24.4.2018, con diagnosi di "sindrome genetica in via di accertamento con ritardo psicomotorio ed ipotonia generalizzata associata a malformazioni scheletriche in trattamento riabilitativo", riconosceva al minore la condizione di "Portatore di handicap ai sensi dell'art. 3, comma 3, L.5.2.1992, n. 104";
3. che il competente gruppo di lavoro per l'integrazione scolastica (G.L.O.H - Gruppo di lavoro operativo handicap) redigeva, in data 02.12.2019, per il corrente anno scolastico, il Piano Educativo Individualizzato (in sigla PEI) per il bambino, con espressa indicazione della necessità di un docente di sostegno per un numero di ore settimanali pari ad 22, maggiore a quello assegnato provvisoriamente per garantire l'integrazione scolastica dell'alunno (n. 7 ore settimanali);
4. che, tuttavia, il MIUR e l'Istituto Scolastico resistente, senza tenere conto delle indicazioni del gruppo di lavoro per l'integrazione scolastica, avevano assegnato allo scolaro disabile, per il corrente anno scolastico 2019/2020, soltanto 7 ore di sostegno scolastico e non le 22 ore necessarie;
5. che tale riduzione delle ore di sostegno didattico si paleserebbe assolutamente illegittima; ciò in quanto, completata la fase della predisposizione del piano educativo individualizzato nel raccordo PEI - GLHO con riferimento allo specifico studente interessato, si esaurirebbe l'ambito di discrezionalità tecnica dell'amministrazione scolastica, alla quale compete la valutazione delle esigenze del minore che si trovi in una situazione di svantaggio, con conseguente riconoscimento, in capo all'interessato, di un vero e proprio diritto soggettivo alla fruizione della misura di sostegno individuata nel P.E.I., la cui violazione integrerebbe una condotta discriminatoria ex L. 67/06, con conseguente attrazione alla giurisdizione del G.O. delle relative controversie ex art. 28 D.Lgs. n. 150/11, cui l'art. 3 L. 67/06 fa rinvio;
6. che, ai sensi dell'art. 3 D.P.C.M. n. 185 del 23.02.2006, il P.E.I. deve essere redatto entro il 30 luglio con effetti per il successivo anno scolastico al fine di consentire all'Ufficio Scolastico Regionale e al MIUR di programmare gli adempimenti ex L. 333/01, ossia per la concessione alle singole Istituzioni scolastiche dell'organico di sostegno "in deroga" ritenuto necessario a garantire l'integrazione degli alunni disabili secondo le effettive esigenze rilevate;
7. che nella vicenda in esame risulterebbero violate molteplici disposizioni normative, quali gli artt. 2,3, II co., 34, I co., 32 e 38, III e IV co. Cost., la Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà Fondamentali ratificata con L. 18/09, la L. 104/92, il principio normativo secondo cui l'assegnazione delle ore di sostegno deve essere disposta sulla base delle effettive esigenze rilevate e la L. 67/06, recante "Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni";
8. che nel caso di specie sarebbe evidente la natura discriminatoria della immotivata decurtazione delle ore di sostegno; l'Amministrazione scolastica, infatti, lungi dal confrontarsi con i risultati dell'attività istruttoria degli organi scolastici e medici, sceglieva autonomamente, e senza la debita considerazione delle condizioni psico-sanitarie della persona del minore, di assegnare all'alunno portatore di handicap un numero di ore nettamente inferiore rispetto a quello che in sede istruttoria era stato ritenuto necessario;
9. che le parti resistenti dovrebbero essere, di conseguenza, condannate a rimuovere gli effetti di tale discriminazione, mediante l'attribuzione dell'insegnante di sostegno per 22 ore, così come stabilito dal competente Gruppo di Lavoro per l'Integrazione scolastica;
10. che parte ricorrente avrebbe diritto a vedersi, altresì, riconosciuto il risarcimento dei danni non patrimoniali scaturenti dalla grave violazione posta in essere dal MIUR e consistita nella mancata attribuzione, in favore della figlia scolara del ricorrente, delle ore di sostegno individuate come necessarie dal competente gruppo di lavoro del GLOH.
Il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, l'Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio, e l'Istituto Comprensivo Fiano si costituivano come memoria del 18.03.2020, eccependo il difetto di legittimazione passiva dell'istituto scolastico, in quanto gli atti posti in essere sarebbero riferibili unicamente al Ministero competente in virtù di rapporto di immedesimazione organica. In via ancora preliminare, si rilevava l'inammissibilità della domanda cautelare ex art. 700 c.p.c., risultandone insussistenti i relativi requisiti di fumus boni iuris e periculum in mora. Nel merito, parte resistente rilevava l'infondatezza delle avverse pretese, in quanto: (i) l'Amministrazione, dunque, sarebbe tenuta nel limite di quanto concretamente possibile, alla luce delle risorse disponibili; (ii) la dimostrazione circa i presupposti del danno e la relativa quantificazione non risulterebbe resa dal ricorrente, la stessa essendo basata su un criterio equitativo riformato dalla giurisprudenza.
L'Ambito Territoriale Provincia di Roma, pur regolarmente evocato in giudizio, non si costituiva.
Il Giudice, ritenuta la non sussistenza dei presupposti per la concessione della invocata tutela inaudita altera parte, con decreto del 10.04.2020, ai sensi dell'art. 83, comma VII, lett. h) del d.l. n. 18/2020, invitava le parti a depositare telematicamente note scritte e documenti entro il 16.4.2020 ed eventuali note di replica entro il 20.4.2020; riservando all'esito la decisione sul procedimento.
Ciò posto, preliminare è la declaratoria di contumacia dell'Ambito Territoriale Provincia di Roma, non costituitosi pur essendo stato regolarmente citato in giudizio.
In via preliminare, giova premettere la piena giurisdizione del presente Giudice ordinario in merito all'oggetto del giudizio. E' appena il caso di precisare, infatti, che, sulla scorta dei recentissimi interventi delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in tema di sostegno all'alunno in situazione di handicap, la giurisdizione si radica diversamente - spettando ora al giudice ordinario ora a quello amministrativo - a seconda della doglianza formulata nei confronti della pubblica amministrazione scolastica.
In particolare, è stato definitivamente chiarito, con ampia e condivisibile motivazione da intendersi in questa sede integralmente richiamata, che "una volta approvato il "piano educativo individualizzato", definito ai sensi della L. 5 febbraio 1992, n. 104, art. 12 tale piano obbliga l'amministrazione scolastica a garantire il sostegno all'alunno in situazione di handicap per il numero di ore programmato, senza lasciare ad essa il potere discrezionale di ridurne l'entità in ragione delle risorse disponibili; conseguentemente, la condotta dell'amministrazione che non appresti il sostegno pianificato si risolve nella contrazione del diritto del disabile alla pari opportunità nella fruizione del servizio scolastico, la quale, ove non accompagnata dalla corrispondente riduzione dell'offerta formativa per gli alunni normodotati, concretizza discriminazione indiretta, la cui repressione spetta al giudice ordinario (Cass., Sez. Un., n. 25011 del 25/11/2014; Cass., Sez. Un., n. 9966 del 20/04/2017; Cass., Sez. Un., n. 25101 del 08/10/2019)" (cfr. da ultimo, Corte di Cassazione - Sez. Unite Ordinanza n. 1870 pubblicata il 28 gennaio 2020).
In altri termini, se nella fase che precede la redazione del piano educativo individualizzato sussiste ancora, in capo all'amministrazione scolastica, il potere discrezionale, espressione dell'autonomia organizzativa e didattica, di individuazione della misura più adeguata al sostegno, la successiva formalizzazione del piano suddetto determina il sorgere dell'obbligo dell'amministrazione di garantire il supporto per il numero di ore programmato ed il correlato diritto dell'alunno disabile all'istruzione come pianificata, nella sua concreta articolazione, in relazione alle specifiche necessità dell'alunno stesso (Cass., Sez. Un., n. 5060 del 28/02/2017). L'approvazione del P.E.I. determina, dunque, la consumazione del potere autoritativo dell'amministrazione e la relazione che si instaura tra l'alunno disabile e l'amministrazione va ricondotta allo schema diritto soggettivo-obbligo, con conseguente devoluzione della controversie inerenti la mancata assegnazione delle ore di sostegno corrispondenti al piano individuale al giudice ordinario, al quale spetta la repressione dei comportamenti discriminatori.
I. La domanda inerente la condotta discriminatoria.
In via preliminare, quanto alla presente domanda, deve rigettarsi l'eccezione svolta da parte resistente in ordine al difetto di legittimazione passiva dell'Istituto Comprensivo Fiano.
La sussistenza della legittimazione dell'Istituto Scolastico presso il quale risulta iscritto il minore risulta infatti fondata, da una parte, sulla immediata individuazione del luogo fisico e istituzionale in cui si è verificata la condotta discriminatoria e sulle conseguenti responsabilità del rappresentante legale del centro di imputazione giuridica ad esso ascrivibile, che, nel caso in specie, è senz'altro l'istituzione scolastica menzionata, in solido con il Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca e quindi con la sua articolazione regionale (Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio) e provinciale (Ambito Territoriale Provinciale di Roma) - i quali tutti (ad eccezione dell'Ambito Territoriale Provinciale, non costituitosi) sono del resto difesi dall'Avvocatura dello Stato - e, dall'altra, sulle competenze proprie del Dirigente scolastico nell'era dell'autonomia scolastica, il quale adotta, ex art. 25 comma 4 D.Lgs n. 165/2001, i provvedimenti di gestione delle risorse e del personale - eventualmente anche in esecuzione dell'ordine di cessazione della condotta discriminatoria disposto dal Tribunale ex art. 28 comma 5 d.lvo 150/2011 - ed è responsabile della gestione delle risorse finanziarie e dei risultati del servizio, oltre ad avere autonomi poteri di direzione, coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane (cfr. Corte appello L'Aquila sez. I, sentenza n. 27/11/2019, n.1976).
Nel merito, la domanda di accertamento della natura discriminatoria della condotta dell'Amministrazione scolastica nei confronti dell'alunna minore disabile istante in relazione all'anno scolastico 2019-2020 è fondata e merita accoglimento.
In linea generale, la necessità di assicurare a ciascun alunno affetto da disabilità i necessari e specifici interventi di sostegno è il precipitato delle disposizioni sovranazionali nazionali che disciplinano la materia, correttamente richiamate da parte ricorrente. L'art. 24 della Convenzione di New York del 13 dicembre 2006 sui diritti delle persone con disabilità (ratificata con l n. 18/2009) impone agli Stati di predisporre un sistema educativo che preveda la integrazione scolastica dei disabili a tutti i livelli. La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (cd. Carta di Nizza, divenuta parte integrante dei Trattati dell'Unione Europea attraverso il richiamo contenuto nell'art. 6 TUE) garantisce il diritto all'istruzione (art. 14), vietando all'art. 21 ogni forma di discriminazione fondata tra l'altro sulla disabilità; riconosce all'art. 26 il diritto delle persone con disabilità di beneficiare di misure intese a garantirne l'autonomia, l'inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità. L'art. 19 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea ribadisce l'esigenza di contrastare attivamente ogni forma di discriminazione, tra cui quelle nascenti dalla condizione di disabilità, così come gli artt. 2 e 3 della Costituzione impongono di superare le diseguaglianze per garantire a qualunque soggetto i diritti fondamentali della persona.
Nel solco della disciplina costituzionale e sovranazionale citata, si inserisce poi la normativa specifica in materia di tutela dei disabili, di cui alla legge 5 febbraio 1992 n. 104 (Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), diretta attuazione delle disposizioni costituzionali sul diritto all'istruzione e all'integrazione dei disabili in condizioni di eguaglianza con gli alunni normodotati. Il riferimento è, in particolare, agli artt. 2 (sulla tutela dei "diritti inviolabili dell'uomo" e sui "doveri inderogabili di solidarietà ... sociale"), 3 (sul "compito della Repubblica di rimuovere gli ostacoli di ordine sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana "), 34, primo comma (sulla apertura della scuola "a tutti") e 38, terzo comma (sul "diritto all'educazione" anche quando vi sia una disabilità).
Da ultimo, infine, la citata legge 1 marzo 2006, n. 67, finalizzata alla piena attuazione del principio di parità di trattamento e delle pari opportunità nei confronti delle persone con disabilità, definisce all'art. 2 quale condotta discriminatoria, vietata e sanzionata dall'ordinamento, ogni atto o comportamento che seppure apparentemente neutri finiscano con il produrre l'effetto di mantenere una persona con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto ad altre.
D'altronde, le recenti decisioni della Suprema Corte (cfr. sent. n. 25011/2014) hanno sul punto ribadito che "il diritto all'istruzione è parte integrante del riconoscimento e della garanzia dei diritti dei disabili, per il conseguimento di quella pari dignità sociale che consente il pieno sviluppo e l'inclusione della persona umana con disabilità", statuendo che "in tema di sostegno all'alunno in situazione di handicap, il "piano educativo individualizzato", definito ai sensi dell'art. 12 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, obbliga l'amministrazione scolastica a garantire il supporto per il numero di ore programmato, senza lasciare ad essa il potere discrezionale di ridurne l'entità in ragione delle risorse disponibili, e ciò anche nella scuola dell'infanzia, pur non facente parte della scuola dell'obbligo. Quindi, la condotta dell'amministrazione che non appresti il sostegno pianificato si risolve nella contrazione del diritto del disabile alla pari opportunità nella fruizione del servizio scolastico, la quale, ove non accompagnata dalla corrispondente riduzione dell'offerta formativa per gli alunni normodotati, concretizza discriminazione indiretta, la cui repressione spetta al giudice ordinario."
Ancora, in questo senso, la Corte Costituzionale (sent. n. 80 del 22 febbraio 2010) ha stabilito che "è costituzionalmente illegittimo, per violazione del principio di ragionevolezza, l'art. 2, comma 413, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, nella parte in cui fissa un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno. Premesso che i disabili non costituiscono un gruppo omogeneo, in quanto vi sono forme diverse di disabilità per ognuna delle quali è necessario individuare meccanismi di rimozione degli ostacoli che tengano conto della tipologia di handicap da cui risulti essere affetta in concreto una persona; che il diritto del disabile all'istruzione, oggetto di specifica tutela sia nell'ordinamento internazionale che in quello interno, si configura come diritto fondamentale; e che la discrezionalità del legislatore, nell'individuazione delle misure necessarie a tutela dei diritti delle persone disabili, trova un limite invalicabile nel rispetto di un nucleo indefettibile di garanzie per gli interessati; la scelta legislativa di stabilire un limite massimo relativamente al numero delle ore di insegnamento di sostegno non trova alcuna giustificazione nell'ordinamento e si appalesa irragionevole poiché comporta l'impossibilità di avvalersi, in deroga al rapporto tra studenti e docenti stabilito dalla normativa statale, di insegnanti specializzati che assicurino al disabile grave il miglioramento della sua situazione nell'ambito sociale e scolastico."
Per effetto di tale fondamentale sentenza, quindi, il sistema è stato ricostruito in modo tale da consentire la deroga all'organico predeterminato per legge, ritenendosi incostituzionali le disposizioni (commi 413 e 414 della l. 244 del 2007) che invece avevano fissato un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno o avevano escluso la possibilità di assumere insegnanti di sostegno con contratti a tempo determinato, in deroga al rapporto alunni-docenti stabilito per legge, tenendo conto del caso concreto e, quindi, del grado di disabilità (vedi art. 10, co. 5 del d.l. 78 del 2010, modificato, a decorrere dal 1° settembre 2019, dall' articolo 8, comma 1, lettera a), del d.lgs. 13 aprile 2017 n. 66).
Ne discende che, alla luce del quadro normativo di riferimento, ove il piano educativo individualizzato elaborato con il concorso determinante di insegnanti della scuola di accoglienza e di operatori della sanità pubblica abbia prospettato il numero delle ore necessarie per il sostegno scolastico dell'alunno che versa in situazione di handicap particolarmente grave, l'amministrazione scolastica è priva di un potere discrezionale, espressione di autonomia organizzativa e didattica, capace di rimodulare o di sacrificare in via autoritativa, in ragione della scarsità delle risorse disponibili per il servizio, la misura di quel supporto integrativo così come individuato dal piano, ma ha il dovere di assicurare l'assegnazione, in favore dell'alunno, del personale docente specializzato, anche ricorrendo - se del caso, là dove la specifica situazione di disabilità del bambino richieda interventi di sostegno continuativi e più intensi - all'attivazione di un posto di sostegno in deroga al rapporto insegnanti/alunni, per rendere possibile la fruizione effettiva del diritto, costituzionalmente protetto, dell'alunno disabile all'istruzione, all'integrazione sociale e alla crescita in un ambiente favorevole allo sviluppo della sua personalità e delle sue attitudini (cfr. in questo senso, ex multis, Consiglio di Stato con la decisione n. 2023 del 3 maggio 2017; da ultimo, TAR Campania-Napoli, sentenza n. 5668/2019).
Se ne è inferito che l'omissione o le inefficienze nell'apprestamento, da parte dell'amministrazione scolastica, di quella attività doverosa si risolvono in una sostanziale contrazione del diritto fondamentale del disabile all'attivazione, in suo favore, di un intervento corrispondente alle specifiche esigenze rilevate, condizione imprescindibile per realizzare il diritto ad avere pari opportunità nella fruizione del servizio scolastico e che l'una o l'altra sono pertanto suscettibili di concretizzare, ove non accompagnate da una corrispondente contrazione dell'offerta formativa riservata agli altri alunni normodotati, una discriminazione indiretta vietata dall'art. 2 L. n. 67/06, per tale intendendosi anche il comportamento omissivo dell'amministrazione pubblica preposta all'organizzazione del servizio scolastico che abbia l'effetto di mettere la bambina o il bambino con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto agli altri.
Ciò posto e calando tali considerazioni nella vicenda in esame, si osserva che il P.E.I. elaborato dal competente Gruppo di Lavoro per l'Integrazione Scolastica in relazione all'anno scolastico 2019/2020 specifica espressamente che ""Il team presente al GLH del 06/11/2019 riporta il parere che l'alunna, in base alla patologia certificata ai sensi della L. 104/92 art.3 comma 3, necessita ai fini dell'integrazione scolastica di un docente di sostegno in rapporto 1:1 per complessive 22 ore settimanali sia per il corrente anno scolastico sia per gli anni successivi, ai sensi dell'art. 10 comma 5 Legge 122/2010. Attualmente fruisce di 7 ore settimanali di sostegno come ripartite nel GLH del 09/10/2019 a causa delle esigue unità in organico dei docenti di sostegno inviati alla scuola dall'ATP di Roma" (si veda a pag. 2 del Piano, prodotto in atti).
Quanto sopra si traduce senza dubbio nella riscontrata necessità, da parte dei soggetti istituzionalmente chiamati a compiere tale valutazione, ai fini dell'integrazione scolastica della minore, di un docente di sostegno per complessive n. 22 ore settimanali, come evincibile dalla documentazione medica in atti.
E' altrettanto pacifico che, con riguardo all'anno scolastico in questione, l'Istituto scolastico ha in concreto attribuito all'alunno esclusivamente 7 ore di sostegno implicitamente riconoscendo, del resto, l'insufficienza delle stesse, ai fini del raggiungimento dei risultati di integrazione ed apprendimento perseguiti, in relazione a quanto risultante dal P.E.I. e dal verbale del GLH, del giorno 02.12.2019.
Ne segue che, alla luce delle sopra richiamate coordinate ermeneutiche, il MIUR e l'Istituto scolastico resistente si sono resi senz'altro responsabili di una condotta integrante gli estremi della discriminazione indiretta a danno di J. S.: l'Istituto era, infatti, nella specie privo del potere discrezionale di sindacare l'operato del GLOH e, quindi, di ridurre unilateralmente il monte ore ritenuto necessario dagli esperti per il sostegno didattico all'alunno in relazione all'anno scolastico corrente, come indicato nel PEI, cui parte resistente avrebbe dovuto dare piena e compiuta attuazione.
Dovrà, in definitiva, accertarsi e dichiararsi la natura discriminatoria della condotta posta in essere dall'Amministrazione scolastica nei confronti dell'alunno minore disabile istante per l'anno scolastico 2019-2020.
Ciò posto, l'art. 3 della richiamata legge n. 67 del 1° marzo 2006 (da leggersi in combinato disposto con l'art. 28 d.lgs. n. 150/2011 e con l'art. 44, co. da 1 a 6 e 8, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) stabilisce, quanto alle modalità di tutela avverso le condotte discriminatorie, che con il provvedimento che accoglie il ricorso il giudice, oltre a provvedere, se richiesto, al risarcimento del danno, anche non patrimoniale, ordina la cessazione del comportamento, della condotta o dell'atto discriminatorio, ove ancora sussistente, e adotta ogni altro provvedimento idoneo, secondo le circostanze, a rimuovere gli effetti della discriminazione, compresa l'adozione, entro il termine fissato nel provvedimento stesso, di un piano di rimozione delle discriminazioni accertate.
Ne discende, stante la sussistenza, per le considerazioni sopra svolte, di una condotta discriminatoria, la condanna dei resistenti - alla luce del combinato disposto degli artt. 3 legge n. 67/2006 e 28 d.lgs. n. 150/2011 - alla cessazione del comportamento pregiudizievole, mediante l'attribuzione al minore J. S., a partire dal mese di maggio 2020, di un docente di sostegno per complessive n. 22 ore settimanali per l'anno scolastico corrente e per i successivi (come stabilito nel PEI in atti e salvo eventuale diversa valutazione con riguardo alle future annualità contenuta nel successivo PEI di riferimento).
II. La domanda di risarcimento del danno.
La domanda di risarcimento dei danni non patrimoniali, avanzata da parte ricorrente, è del pari fondata e merita accoglimento.
E' appena il caso di rilevare come la responsabilità all'origine della pretesa risarcitoria de qua abbia senz'altro natura contrattuale, attenendo alla violazione degli obblighi derivanti, a carico dell'amministrazione, dal rapporto negoziale in essere con l'alunno J. S. e scaturente dalla iscrizione del medesimo presso l'istituto scolastico. Tale tutela, peraltro, è espressamente prevista, come sopra accennato, dagli artt. 3 legge n. 67/2006 e 28 d.lgs. n. 150/2011, laddove, accanto alla domanda inibitoria, è devoluta al giudice ordinario la cognizione in ordine alla domanda di risarcimento del danno anche non patrimoniale derivane dalla condotta discriminatoria riscontrata.
Al riguardo, è noto che per giurisprudenza costante il risarcimento del danno non patrimoniale, fuori delle ipotesi tassativamente previste dalla legge, è consentito solo in caso di lesione di interessi costituzionalmente protetti, facenti capo alla persona, dalla quale scaturiscano pregiudizi non suscettibili di valutazione economica (si veda, da ultimo, Cass. civ., SS.UU., n. 26978/08).
Ebbene, nella specie viene in considerazione proprio la violazione dei valori costituzionali sopra menzionati (all'istruzione, all'educazione, a non subire discriminazioni) suscettibile di provocare un danno di carattere non patrimoniale all'alunno J. S., non potendosi seriamente dubitare del fatto che il minore, per effetto della condotta posta in essere dall'amministrazione scolastica, sia stato posto nella concreta impossibilità di fruire pienamente dell'offerta scolastica in condizioni di parità con gli alunni normodotati ed abbia visto, così, pregiudicate le possibilità realizzatrici della propria persona in una fase, peraltro, cruciale della vita umana, quale è quella della crescita; pregiudizio, che costituisce l'in se del danno esistenziale tradizionalmente inteso, per l'appunto, come non facere e cioè come perdita di possibilità e di condizioni di realizzazione dell'essere umano, in conseguenza della condotta lesiva.
Né, d'altronde, la predetta prestazione può ritenersi inesigibile in virtù del richiamo, pure operato dall'amministrazione resistente, ai vincoli di bilancio ed alle concrete disponibilità finanziarie. Al riguardo, si ribadisce il pacifico principio giurisprudenziale - in precedenza riportato - secondo il quale "è la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l'equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione", laddove il nucleo dei diritti va valorizzato in termini di assolutezza, mentre l'equilibrio di bilancio, anch'esso rientrante nella tavola dei valori costituzionali, è, al contrario, da qualificarsi in termini di relatività (cfr. Corte costituzionale, sent. n. 275 del 2016). Di guisa che - come autorevolmente chiarito dal Giudice delle leggi - l'equilibrio di bilancio ed i conseguenti vincoli finanziari devono essere funzionalizzati alla tutela dei diritti fondamentali della persona, non potendo, certamente, al contrario, essere invocati quali limiti all'erogazione delle prestazione e delle tutele riconosciuti dall'ordinamento.
In definitiva, dunque, superata ogni contraria eccezione, il danno lamentato è individuabile negli effetti che la, seppur temporanea, diminuzione delle ore di sostegno subita ha provocato sulla personalità del minore, privato del supporto necessario a garantire la piena promozione dei bisogni di cura, di istruzione e di partecipazione a fasi di vita "normale" (si vedano, tra le altre, T.A.R. Sardegna 2011, n. 695 e T.A.R. Toscana, 18 aprile 2012, n. 746).
Quanto all'accertamento probatorio delle conseguenze dannose, va evidenziato che, ferma restando l'inammissibilità della categoria del c.d. danno in re ipsa, la rilevanza costituzionale dei beni lesi e la natura non materiale e concreta del danno non patrimoniale valgono a giustificare il ricorso alla prova per presunzioni semplici - ciò risultando, peraltro, in linea con l'espressa previsione di cui al co. II del menzionato art. 3 legge n. 67/2006, laddove è prevista la possibilità, per il ricorrente, di dedurre in giudizio elementi di fatto concordanti che il Giudice valuta nei limiti di cui all'art. 2729 I co. c.c..
Nel caso di specie, tenuto conto delle esigenze formative e di sostegno rilevate dalla stessa amministrazione in ragione della tipologia e del grado di disabilità dell'alunno e della notevole discrepanza tra ore di sostegno individuate nel P.E.I. e ore concretamente garantite, pari ad 1/3 circa (n. 7 ore garantite a fronte di n. 22 ore riconosciute nel PEI), si può certamente presumere che J. S. abbia subito un rilevante pregiudizio nella sua formazione ed istruzione, risultando frustrate le sue legittime esigenze di accrescimento, di apprendimento, di integrazione ed inserimento scolastico (cfr., ex multis, sulla legittimità del ricorso alla prova per presunzioni, Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 759/2018, del 06.02.2018; più di recente, nello stesso senso, Tar Campania, sent. n. 5668/2019).
Circa le modalità di determinazione del quantum del risarcimento, occorre necessariamente far riferimento al criterio equitativo, di cui all'art. 1226 c.c.. Ciò posto e tenuto conto della particolare rilevanza dei diritti lesi, della obiettiva gravità della disabilità da cui è affetto J. S., dell'età del minore, della formazione sociale in cui si è manifestata la discriminazione e della gravità della stessa (l'alunno ha sostanzialmente fruito, per oltre metà dell'anno scolastico, di 1/3 circa delle ore di sostegno che gli sarebbero spettate), si ritiene di applicare il criterio adottato dal TAR Sicilia nella decisione n. 3107/2014, resa in precedente analogo e consistente nel riconoscere 1.000,00 al mese in ipotesi di mancato riconoscimento totale dell'insegnante di sostegno nel rapporto 1/1. Da tale importo base, pertanto, va operata una riduzione in percentuale in funzione del rapporto tra ore riconosciute nel P.E.I. ed ore effettivamente assegnate.
Al riguardo, si ritiene di superare le osservazioni svolte dalla parte resistente, evidenziando che la sentenza del Consiglio Di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana n. 629/2018 richiamata, in primo luogo, espressamente riconosce "l'importanza e la serietà di questo genere di lesione, che attiene a un diritto fondamentale (il diritto all'istruzione del minore portatore di handicap) e assume speciale rilevanza in ragione dell'incisione della pienezza delle ore di sostegno". Al contrario, il Collegio esclude nella vicenda esaminata la sussistenza del diritto al risarcimento del danno ritenendo la pretesa carente tanto del requisito soggettivo della colpa quanto dell'esistenza di un'adeguata prova del danno in concreto sofferto per l'illegittima determinazione dell'Amministrazione.
In ordine al profilo relativo all'elemento soggettivo, tuttavia, ritiene questo Tribunale di richiamare, in primo luogo, quanto in precedenza evidenziato sulla natura latu sensu contrattuale del danno in questa sede lamentato nonché sulla esigibilità della condotta, anche alla luce dei vincoli di bilancio e delle concrete disponibilità finanziarie. Peraltro, si soggiunge che nel citato arresto il Collegio richiama, a sostegno della non colpevolezza dell'Amministrazione, da un lato, la novità della questione - tuttavia precisando come, con argomentazioni che trovano piena applicazione alla vicenda qui in discussione, temporalmente successiva alle condotte oggetto della decisione n. 629/2018, che "elementi quali la novità della questione e la complessità del quadro normativo, se indubbiamente riscontrabili all'epoca dei fatti qui in contestazione e come tali escludenti la colpa dell'Amministrazione, difficilmente potrebbero (e dunque potranno) essere invocati ove dovessero ripetersi in futuro comportamenti del medesimo tenore, e questo proprio alla luce della giurisprudenza che si è andata consolidando in epoca successiva quanto alla pretesa al riconoscimento delle ore di sostegno". Dall'altro lato, il Consiglio di Giustizia Amministrativa richiama la complessità del quadro normativo, le difficoltà organizzative e l'insufficienza di risorse - elementi, questi, sui quali si richiamano le valutazioni precedentemente svolte in ordine all'esigibilità della condotta.
Quanto al secondo profilo, relativo alla mancata prova concreta della lesione subita per effetto dell'illegittima determinazione dell'Amministrazione, il Tribunale ribadisce le considerazioni sopra svolte in ordine al ricorso alla prova per presunzioni - secondo un orientamento giurisprudenziale condiviso, tra l'altro, dai più recenti arresti già citati del Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 759/2018 nonché del Tar Campania, sent. n. 5668/2019.
Nel caso di specie, pertanto, considerato che per il corrente anno scolastico, ossia per n. 8 mesi sino ad ora (settembre 2019 - aprile 2020), al minore sono state riconosciute soltanto n. 7 ore settimanali di sostegno in luogo delle n. 22 previste dal piano, il risarcimento può essere quantificato equitativamente nella misura di 680,00 mensili per n. 8 mensilità e, quindi, in complessivi 5.450,00 da ritenersi già rivalutati all'attualità. Alla stregua di tale criterio appare equo, in definitiva, quantificare il danno non patrimoniale subito dall'alunno in misura pari a complessivi 5.450,00 all'attualità.
Sulla predetta somma competono, infine, gli interessi legali ex art. 1282 c.c. a far tempo dalla data della presente decisione e sino al saldo effettivo.
La somma liquidata viene posta a carico del Ministero dell'Istruzione, in quanto organo gerarchicamente sovraordinato agli uffici scolastici periferici e unico soggetto al quale può essere contabilmente imputata, in mancanza di autonomia dei singoli Uffici scolastici regionali sulle somme destinate, da bilancio, alla coperture delle spese per il sostegno scolastico (cfr. sul punto, Tar Campania, sent. n. 5668/2019).
La domanda cautelare (e le relative eccezioni svolte sul punto) restano assorbite dalla presente decisione di merito.
Le spese del presente giudizio - da distrarsi in favore dei procuratori di parte ricorrente, dichiaratisi antistatari - seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, tenuto conto dell'assenza di fase istruttoria.
P.Q.M.
Il Tribunale, ogni ulteriore istanza o eccezione disattesa o assorbita, così provvede:
dichiara la contumacia dell'Ambito Territoriale Provincia di Roma;
accerta e dichiara la natura discriminatoria della condotta posta in essere dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca - Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio e dall'Istituto Scolastico Comprensivo Fiano di Fiano Romano, in danno dell'alunno disabile J. S.;
ordina alle amministrazioni resistenti la cessazione del comportamento pregiudizievole, mediante l'attribuzione al minore J. S., a partire dal mese di maggio 2020, di un docente di sostegno per complessive n. 22 ore settimanali per l'anno scolastico corrente e per i successivi secondo quanto meglio specificato in motivazione;
accoglie per quanto di ragione la domanda di risarcimento dei danni non patrimoniali, per l'effetto condannando il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca a corrispondere a parte ricorrente, per i titoli di cui sopra, la somma di 5.450,00 all'attualità, oltre agli interessi legali a far tempo dalla data di pubblicazione della presente decisione e sino al saldo effettivo;
condanna le parti resistenti, in solido tra loro, a rifondere alla ricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in complessivi 3.235,00 a titolo di compensi professionali, oltre alle spese forfettarieex art. 2 DM n. 55/14 ed oltre ad IVA e CPA come per legge, da distrarsi in favore dei procuratori di parte ricorrente, dichiaratisi antistatari.
Rieti, 22.04.2020
Il Giudice
Dott.ssa Francesca Sbarra