luned́, 11 dicembre 2023

Permessi per assistenza ai sensi della legge 104/92. Gli emolumenti da essi derivati vanno considerati nel calcolo della tredicesima e quattordicesime mensilità

Cassazione civile sez. lavoro, sentenza 7.7.2014 n. 15435

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. LAMORGESE Antonio - Presidente - Dott. BANDINI Gianfranco - Consigliere - Dott. D'ANTONIO Enrica - Consigliere - Dott. TRIA Lucia - Consigliere - Dott. GHINOY Paola - rel. Consigliere - ha pronunciato la seguente:  sentenza sul ricorso 11065-2008 proposto da: POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo studio dell'avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;  - ricorrente -  contro  I.S.;  - intimata - avverso la sentenza n. 898/2007 della CORTE D'APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 29/12/2007 R.G.N. 193/2004; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/03/2014 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY; udito l'Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega FIORILLO LUIGI; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

Fatto

Con la sentenza n. 898/2007 la Corte d'Appello di Reggio Calabria, riformando la sentenza del locale Tribunale, condannava Poste italiane s.p.a. corrispondere a I.S. la somma di Euro 303,52, oltre accessori, a titolo di quota di tredicesima e quattordicesima mensilità relativa ai permessi usufruiti della L. n. 104 del 1992, ex art. 33, comma 3 in qualità di lavoratrice madre di minore portatore di handicap nei mesi di febbraio, marzo e aprile del 1999.

La Corte argomentava che la non computabilità di detti permessi ai fini della tredicesima mensilità, prevista dal comma 4 del citato art. 33 mediante il rinvio alla L. n. 1204 del 1971, art. 7 opera solo nel caso in cui essi si cumulino con i congedi parentali previsti dall'art. 7 medesimo, circostanza che nel caso non si era verificata. Aggiungeva che nessuna limitazione è prevista nella norma con riferimento all'incidenza dei permessi sulla quattordicesima mensilità.

Poste italiane s.p.a. ha proposto ricorso per la cassazione di tale sentenza, affidato a un solo motivo. I.S. è rimasta intimata.

Diritto

1. La parte ricorrente prospetta come unico motivo la "Violazione e falsa applicazione della L. n. 104 del 1992, art. 33, comma 4".

Sostiene che, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte di merito, la disposizione richiamata prevede l'esclusione del computo dei permessi previsti dalla L. n. 104, commi 2 e 3 ai fini della tredicesima mensilità in ogni caso, e non solo in quello in cui essi si cumulino con i permessi previsti alla L. n. 1204 del 1971, art. 7.

2. Il ricorso non è fondato.

2.1. Deve rilevarsi preliminarmente che Poste italiane s.p.a. non muove nessuna censura nei confronti dell'affermazione della Corte di merito secondo la quale detti permessi sono computabili ai fini della quattordicesima mensilità, sicchè l'oggetto del presente giudizio attiene esclusivamente alla loro incidenza sulla tredicesima mensilità o gratifica natalizia.

2.2. la L. n. 104 del 1992, art. 33, comma 3 e successive modifiche, nel primo periodo prevede il diritto per determinati congiunti che prestano assistenza a persona con handicap in situazione di gravità di fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa. Il successivo comma 4 prevede poi che "Ai permessi di cui ai commi 2 e 3, che si cumulano con quelli previsti alla citata L. n. 1204 del 1971, art. 7, si applicano le disposizioni di cui alla L. n. 1204 del 1971, medesimo art. 7, u.c., nonchè quelle contenute nella L. 9 dicembre 1977, n. 903, artt. 7 e 8".

Anche per tali permessi quindi - in virtù del richiamo fatto alla L. n. 903 del 1977, art. 8 (abrogato dal D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 86, che ne ha recepito le previsioni all'art. 43) - è dovuta dall'ente previdenziale un'indennità pari all'intero ammontare della retribuzione, che viene anticipata dal datore di lavoro ed è poi portata a conguaglio con gli importi contributivi dovuti.

Si tratta qui di interpretare la portata del richiamo effettuato dal sopra trascritto art. 33, comma 4 alla L. n. 1204 del 1971, ar. 7, u.c. (abrogato dal D.lgs. 151 del 2001, che ne ha recepito il contenuto negli artt. 34 e 51) a mente del quale i congedi parentali costituiti dall'astensione facoltativa e dai permessi per le malattie del bambino sono computati nell'anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia. Occorre in sostanza valutare se il mancato computo dei permessi ex art. 33 ai fini della tredicesima mensilità o gratifica natalizia e delle ferie operi in ogni caso, oppure se operi solo quando essi in concreto si cumulino con i congedi parentali di cui alla L. n. 1204, art. 7.

2.3. L'adozione del criterio letterale imposta dall'art. 12 preleggi nell'interpretazione dell'inciso "che si cumulano con quelli previsti alla citata L. n. 1204 del 1971, art. 7," non fornisce una soluzione univoca. Si deve infatti osservare, da un lato, che l'adozione del pronome relativo "che" - in luogo di "qualora", "nel caso che" o simili - parrebbe introdurre la disciplina generale di tali permessi nel senso della loro cumulabilità con i congedi parentali, senza limitare l'operatività del richiamo alla L. n. 1204, art. 7, u.c..

E' vero però in senso contrario che tale cumulabilità non richiedeva una previsione espressa - non essendo posta in dubbio da altre disposizioni e risultando senza margini di incertezza dai diversi (anche se sovrapponibili) presupposti legittimanti la fruizione nelle due ipotesi, ovvero l'età del bambino e la situazione di handicap grave - sicchè il richiamo ai congedi parentali trova una giustificazione nel fine di individuare l'operatività della previsione limitativa dell'incidenza sulla tredicesima e sulle ferie.

2.4. Una lettura sistematica delle disposizioni richiamate e coerente con la finalità e la disciplina generale della normativa di tutela per le situazioni di handicap convince tuttavia dell'incidenza della limitazione in questione nella sola circoscritta fattispecie - che non ricorre nel caso in esame - in cui i permessi si cumulino effettivamente con il congedo parentale ordinario e con il congedo per la malattia del figlio. 2.5. All'estensione ai permessi previsti dall'art. 33 della disciplina riduttiva dettata per i congedi parentali osta in primo luogo la loro diversa natura ed il diverso regime economico delle due tipologie di astensione dal lavoro.

Il congedo parentale può essere richiesto infatti per un periodo di durata tale da determinare una significativa sospensione della prestazione lavorativa, a differenza dei permessi previsti dall'art. 33, commi 2 e 3, che incidono sempre in misura limitata.

Inoltre, nel caso dell'astensione facoltativa spetta un'indennità inferiore alla normale retribuzione, mentre per i permessi per coloro che prestano assistenza ai portatori di handicap grave l'indennità è commisurata all'intera retribuzione (v. sull'aspetto dell'integralità delle voci di calcolo Sez. L, Sentenza n. 688 del 15/01/2014), sicchè non si comprenderebbe la motivazione della mancata incidenza sul solo istituto della tredicesima mensilità. Se è vero poi che il diritto alle ferie assicurato dall'art. 36, u.c. garantisce il ristoro delle energie a fronte della prestazione lavorativa svolta, tale ristoro si rende nei fatti necessario anche a fronte dell'assistenza ad un invalido, che comporta un aggravio in termini di dispendio di risorse fisiche e psichiche.

2.6. Sotto il profilo sistematico, determinante è la considerazione che i permessi per l'assistenza ai portatori di handicap poggiano sulla tutela dei disabili predisposta dalla normativa interna - ed in primis dagli artt. 2, 3, 38 Cost. - ed internazionale - quali sono la Direttiva 2000/78/CE del Consiglio del 27 novembre 2000 e la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità ratificata e resa esecutiva in Italia con L. 3 marzo 2009, n. 18.

Significativamente, la Convenzione ONU prevede il sostegno e la protezione da parte della società e degli Stati non solo per i disabili, ma anche per le loro famiglie, ritenute strumento indispensabile per contribuire al pieno ed uguale godimento dei diritti delle persone con disabilità (v. in particolare il punto x del preambolo e l'art. 19, punto b, art. 23, comma 3, art. 28, comma 1 e comma 2, lett. c).

Ragioni di coerenza con la funzione dei permessi e con i principi indicati impongono quindi l'interpretazione della disposizione maggiormente idonea ad evitare che l'incidenza sull'ammontare della retribuzione possa fungere da aggravio della situazione economica dei congiunti del portatore di handicap e disincentivare l'utilizzazione del permesso stesso. Conforta tale soluzione il parere n. 3389 del 9/11/2005 del Consiglio di Stato, richiamato dalla Corte d'appello.

3. La materia dei permessi per i figli con handicap grave è oggi disciplinata anche dal D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 42 recante il Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, che ha frammentato la L. n. 104, art. 33, comma 4 della in due parti, l'art. 42, comma 4 e l'art. 43, comma 2. La lettura di tali previsioni non rileva però nella fattispecie in esame, in quanto il Testo Unico - anche a prescindere dalla sua limitata capacità abrogativa - è intervenuto successivamente ai fatti di causa, considerato che la signora I. fruì dei permessi L. n. 104 nell'anno 1999, ex art. 33.

4. Per tutte le ragioni esposte il ricorso dev'essere rigettato.

Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, considerato che I. S. non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, nelle Camere di consiglio, il 13 marzo 2014 e il 20 maggio 2014.
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LaPrevidenza.it, 05/09/2014

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