In tema di legittimità del licenziamento di dipendente - invalido civile - assunto ope legis
Cass. civ., Sez. lav., Sentenza 26 giugno 2009, n. 15049
V.F., agendo in giudizio nei confronti della Clinica omissis s.p.a., alle dipendenze della quale aveva lavorato dal 30 gennaio 1987 con mansioni di centralinista assunto in qualità di appartenente alle categorie protette come invalido civile del lavoro, impugnava il licenziamento intimatogli con raccomandata del 22 novembre 1999 per giustificato motivo oggettivo, individuato, secondo le ragioni addotte dall'azienda, nella riorganizzazione del servizio di centralino con introduzione di nuove apparecchiature e soppressione di posti di lavoro.
La domanda era rigettata dall'adito Tribunale di Napoli, e la decisione era poi confermata dalla Corte di appello della stessa sede con pronuncia del 7 luglio 2002, la quale su ricorso del lavoratore, era cassata da questa Corte con sentenza n. 9122 del 3 maggio 2005.
Il giudice di rinvio, designato nella Corte di appello di Salerno e dinanzi al quale il giudizio era tempestivamente riassunto dal F., con pronuncia depositata il 24 gennaio 2006 rigettava l'appello di costui, osservando quanto segue.
Anche se era stata accertata con autorità di giudicato la mancata copertura in azienda, alla data del licenziamento del F., di tutti i posti riservati agli invalidi in base alle aliquote della legge n. 482 del 1968, era emersa l'impossibilità di una sua diversa utilizzazione in altre posizioni lavorative con mansioni appartenenti alla medesima qualifica di inquadramento (quarto livello con qualifica di operaio), ed in altre comprese nel livello inferiore (il terzo), per il quale era richiesto il possesso di conoscenze specifiche nel rispettivo ramo di attività, acquisite attraverso corsi teorico-pratici di formazione e qualificazione ovvero esperienze di mestiere. Negli incontri svoltisi con i rappresentanti sindacali aziendali era stata raggiunta l'intesa di sistemazione di parte del personale risultato in eccedenza dal centralino, in attività promiscue di qualifica ausiliaria e di operaio, ed in effetti questa soluzione era stata adottata per l'altro dipendente G.T., adibito con il suo consenso a mansioni inferiori rispetto alla qualifica di provenienza e a quelle di centralinista in caso di necessità. Inoltre, conforme a buona fede era stato il comportamento dell'azienda, in considerazione sia del fatto che durante gli incontri con i rappresentanti sindacali, alla presenza pure del F., non era stata ravvisata altra possibilità di collocare il personale in esubero, sia della predisposizione di una graduatoria compilata in base ai criteri dell'anzianità anagrafica e dei carichi di famiglia per l'individuazione del lavoratore da licenziare. Nella clinica non lavoravano altri operai oltre quelli assegnati al centralino e al bar, e alla ristorazione non era necessario l'impiego di una ulteriore unità, ancorché l'unico addetto avesse un orario di lavoro superiore alla previsione contrattuale.
La cassazione della sentenza del giudice di rinvio è domandata dal F. con ricorso basato su quattro motivi.
La società intimata ha resistito con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale con due motivi, cui il F. ha replicato con controricorso.
Il lavoratore ha depositato pure memoria....
LaPrevidenza.it, 03/01/2010