Congedi parentali. Estensione del diritto a parenti entro il terzo grado
Giovanni Dami
CONGEDI PARENTALI - Estensione del diritto a parenti entro il terzo grado
Riferimenti normativi: art. 42, comma 5, D.lgs.26.3.2001 n. 151; Corte costituzionale, Sentenza 3.7.2013 n. 203; Decreto Interministeriale 21.7.2000 n. 278; Inps, circolare 15.11.2013 n. 159; Inps, Circolare 6.3.2012 n. 32
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Premessa
L'applicazione dei congedi parentali ha trovato numerose difficoltà interpretative sin dall'emanazione della sua norma istitutiva (il Decreto 151/2001) tanto è vero che il Legislatore ha dovuto farsi carico di numerosi interventi per includere e ampliare la platea dei soggetti beneficiari.
Tra questi provvedimenti è opportuno ricordare le sentenze della Consulta nn. 233/2005 e 158/2007 che oltre ad estendere il numero dei beneficiari puntualizzano come lo spirito di quella norma sia rivolto essenzialmente nel favorire l'assistenza al disabile nella sfera familiare assicurando al medesimo una continuità di cura. La Consulta è recentemente intervenuta nel merito con la pubblicazione della sentenza numero 203 del 3 luglio 2013 che, oltre ad ampliare la platea dei beneficiari dei congedi stabilisce un rigido ordine gerarchico rispetto ai soggetti che ne intendano fruire.
L'evoluzione legislativa maturata nel corso degli anni ha spinto la Corte, tra le altre cose ad evidenziare come i soggetti legittimati ad offrire tali prestazioni di assistenza, molto spesso si trovino nella impossibilità concreta di svolgere questa fondamentale funzione sociale.
Da queste considerazioni scaturisce il giudizio della suprema corte che dichiara la illegittimità costituzionale dell'articolo 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2000, n. 158 nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto, e alle condizioni ivi stabiliti, il parente o affine entro il terzo grado convivente, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave.
Alla luce della nuova interpretazione della norma l'Inps, con la circolare 15.1.2013 n. 159 ha fornito chiarimenti in ordine alla corretta applicazione dei benefici di cui al D.lgs. in precedenza richiamato stabilendone l'ordine gerarchico.
Da ciò consegue che i soggetti beneficiari sono:
Il coniuge convivente della persona disabile in situazione di gravità; Il padre la madre, anche adottivi o affidatari, della persona disabile in situazione di gravità, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie in invalidanti del coniuge convivente; Uno dei figli conviventi della persona disabile in situazione di gravità, nel caso in cui il coniuge convivente ed entrambi i genitori del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti; Uno dei fratelli o sorelle conviventi della persona disabile in situazione di gravità nel caso in cui il coniuge convivente, entrambi i genitori e figli conviventi del disabile siano mancanti deceduti o affetti da patologie invalidanti; Un parente o affine di terzo grado convivente della persona disabile in situazione di gravità nel caso in cui il coniuge convivente, entrambi i genitori, i figli conviventi e fratelli o sorelle conviventi siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti.
Patologie invalidanti
Al riguardo delle patologie invalidanti l'istituto fa specifico riferimento al decreto 21 luglio 2000 numero 78 - "Regolamento recante disposizioni di attuazione dell'articolo 4 della legge 8 marzo 2000 numero 53 concernente congedi per lente cause particolari".
In assenza di una specifica previsione normativa occorre puntualizzare quali siano le patologie gravemente invalidanti a carattere permanente indicate dall'istituto:
1. Patologie acute o croniche che determinano temporanea o permanente riduzione o perdita dell'autonomia personale, ivi incluse le affezioni croniche di natura congenita, reumatica, neoplastica, infettiva, dismetabolica, post traumatica, neurologica, neuromuscolari, psichiatrica, derivanti da dipendenze, a carattere evolutivo o soggette a riacutizzazioni periodiche; 2. Patologie acute o croniche che richiedono assistenza continuativa frequenti monitoraggi clinici, ematochimici e strumentali. 3. Patologie acute o croniche che richiedono la partecipazione attiva del familiare nel trattamento sanitario.
Il concetto di "mancanza"
Il concetto di mancanza più volte ribadito nella elencazione dei soggetti beneficiari deve essere inteso non solo come situazione di assenza naturale e giuridica (celibato stato di figlio naturale non riconosciuto), ma può comprendere qualsiasi altra condizione ad essa giuridicamente assimilabile continuativa e debitamente certificata dall'autorità giudiziaria o da altra pubblica autorità. Tra queste il divorzio e la separazione legale o l'abbandono.
Prescrizione
Quest'ultima evoluzione normativa produce effetti sia sulle domande in essere o che saranno presentate, sia per quelle già respinte dall'Istituto. In questa ultima ipotesi le sedi Inps dovranno riesaminare le istanze alla luce delle indicazioni fornite dalla Corte costituzionale.
In ogni caso il diritto alla indennità economica relativa alla fruizione dei periodi di congedo si prescrive nel termine di un anno ai sensi dell'art. 2963 del codice civile.
(Giovanni Dami)
LaPrevidenza.it, 02/12/2013