Anche il coniuge ha diritto al congedo straordinario per assistere il disabile
Corte Costituzionale, 8 maggio 2007, n. 158 - Gesuele Bellini
E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 nella parte in cui non prevede che anche il coniuge convivente con «soggetto con handicap in situazione di gravità», e in via prioritaria, possa avere il diritto a fruire del congedo straordinario previsto nella stessa norma.
Cos’ si è espressa la Corte Costituzionale nella sentenza 8 maggio 2007 n. 158.
Il caso scaturisce da un dipendente pubblico, con contratto a tempo determinato, che al fine di assistere la moglie in situazione di grave disabilità, riconosciuta ai sensi dell’art. 3, commi 1 e 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), aveva chiesto alla propria amministrazione di fruire del congedo straordinario retribuito previsto dall’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001.
L’amministrazione respinge la domanda di congedo in questione, nonostante l’interessato risultasse essere l’unico soggetto in grado di assistere la moglie, con la motivazione che il citato art. 42, comma 5, non include il coniuge del disabile nel novero degli aventi diritto a tale tipo di beneficio.
L’interessato propone allora ricorso al giudice del lavoro, che analizzato il caso ritiene di sollevare la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 2, 3, 29 e 32 della Costituzione, dell’art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 «nella parte in cui non prevede il diritto del coniuge di soggetto con handicap in situazione di gravità a fruire del congedo ivi indicato».
La Corte, esaminando la ratio legis dell’istituto del congedo straordinario retribuito, alla luce dei suoi presupposti e delle vicende legislative che lo hanno caratterizzato, fa rilevare che l’interesse primario cui è preposta la norma censurata è quello di assicurare in via prioritaria la continuità nelle cure e nell’assistenza del disabile che si realizzino in ambito familiare, indipendentemente dall’età e dalla condizione di figlio dell’assistito, riconoscendo la centralità del ruolo della famiglia nell’assistenza dello stesso e, in particolare, nel soddisfacimento dell’esigenza di socializzazione quale fondamentale fattore di sviluppo della personalità e idoneo strumento di tutela della salute del disabile intesa nella sua accezione più ampia.
Con queste considerazioni la Corte ritiene che la norma censurata, attribuendo un trattamento deteriore del coniuge del disabile, rispetto ai componenti della famiglia di origine, sia lesiva degli artt. 2, 3, 29 e 32 della Costituzione, in quanto omette di considerare quelle situazioni di compromissione delle capacità fisiche, psichiche e sensoriali tali da «rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione» così realizzando un inammissibile impedimento all’effettività dell’assistenza e dell’integrazione del disabile nell’ambito di un nucleo familiare in cui ricorrono le medesime esigenze che l’istituto in questione è deputato a soddisfare.
In base a tali premesse, conclude, dunque, dichiarando “l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), nella parte in cui non prevede, in via prioritaria rispetto agli altri congiunti indicati dalla norma, anche per il coniuge convivente con «soggetto con handicap in situazione di gravità», il diritto a fruire del congedo ivi indicato”.
Gesuele Bellini
LaPrevidenza.it, 14/05/2007