N. 02639/2010 REG.SEN.

N. 00892/2010 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA


IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia


(Sezione Terza)


ha pronunciato la presente


SENTENZA

(Numero 2639/2010)


ex art. 21 e 26 della legge 1034/71 e successive modifiche e integrazioni, Sul ricorso numero di registro generale 892 del 2010, proposto da: MARCO M., rappresentato e difeso dagli avv. Chiara Scarano e Giovanna Chiara, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Milano, corso Porta Romana n. 120;

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato ex lege in Milano, via Freguglia, 1;


per l’annullamento


previa sospensione dell’efficacia,


• del respingimento del ricorso gerarchico emesso dell’U.T.G./Prefettura di Milano in data 21.01.2010, prot. 9292/09, notificato al ricorrente il giorno 11.02.2010, in uno con il provvedimento di ammonimento emesso dal Questore di Milano ai sensi dell’art. 8 del D.L. 23.02.2009 notificato il 20.10.2009 ed il rigetto del 14.10.2009 dell’istanza di accesso agli atti n.5002/09/Div.Ant.M.P.2, entrambi impugnati in sede gerarchica e tutti gli atti presupposti e consequenziali;


Visto il ricorso con i relativi allegati;


Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Interno;


Viste le memorie difensive;


Visti tutti gli atti della causa;


Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 giugno 2010 il dott. Dario Simeoli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


Avvisate le stesse parti ai sensi dell’art. 21 decimo comma della legge n. 1034/71, introdotto dalla legge n. 205/2000;


Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO


1. Con ricorso depositato il 27 aprile 2010, il ricorrente ha impugnato il rigetto del ricorso amministrativo proposto avverso il provvedimento con cui è stato ammonito a tenere una condotta conforme alla legge, ai sensi dell’art. 8, comma 2, D.L. 23 febbraio 2009 n. 11, in quanto identificato come autore di atti persecutori nei confronti della moglie G. K..


Il ricorrente, ha chiesto al Tribunale di disporne l’annullamento, previa sua sospensione incidentale, perché viziato da eccesso di potere e violazione di legge.


Si è costituito in giudizio il MINISTERO DELL’INTERNO, chiedendo il rigetto del ricorso.


2. Preliminarmente, ritiene il Collegio che il giudizio possa essere definito con sentenza in forma semplificata, emessa ai sensi dell’art. 26 l. 6.12.1971 n. 1034, come modificato dall’art. 9 l. 21.07.2000 n. 205, adottata in esito alla camera di consiglio per la trattazione dell’istanza cautelare, stante l’integrità del contraddittorio, l’avvenuta esaustiva trattazione delle tematiche oggetto di giudizio, nonché la mancata enunciazione di osservazioni oppositive delle parti, rese edotte dal Presidente del Collegio di tale eventualità.


3. Il ricorso è infondato.


Ritiene il Collegio che sussistano, nella specie, i presupposti per le misure amministrative introdotte dal d.l. 23 febbraio 2009 n. 11 (convertito, con modificazioni, in legge 23 aprile 2009 n. 38), al fine di assicurare una maggiore tutela della sicurezza della collettività, a fronte dell’allarmante crescita degli episodi collegati alla violenza sessuale, attraverso l’introduzione di una disciplina organica in materia di atti persecutori.


3.1. In particolare, ai sensi dell’art. 8, fino a quando non è proposta querela per il reato di atti persecutori di cui all’articolo 612-bis del codice penale (introdotto dall’articolo 7 dello stesso decreto legge), la persona offesa può esporre i fatti all’autorità di pubblica sicurezza avanzando richiesta al questore di ammonimento nei confronti dell’autore della condotta. La richiesta è trasmessa senza ritardo al questore il quale, assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata l’istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale. Copia del processo verbale è rilasciata al richiedente l’ammonimento e al soggetto ammonito. Il questore valuta anche l’eventuale adozione di provvedimenti in materia di armi e munizioni. Si prevede che la pena per il delitto di cui all’articolo 612-bis del codice penale sia aumentata se il fatto è commesso da soggetto già ammonito e che si proceda d’ufficio al suo accertamento.


3.2. La finalità dell’ammonimento è di dissuadere il persecutore dal persistere nel suo atteggiamento in una fase prodromica in cui, pur non attingendo la sua condotta la soglia della rilevanza penale, tuttavia, già si intravedono elementi di rischio di una possibile escalation criminale; ovvero ancora, per dare alla vittima, familiare del persecutore o comunque ad egli legata da vincolo affettivo, restia ad una denuncia penale per motivi di solidarietà ed affetto, la possibilità di richiamare l’aggressore ad una condotta non lesiva.


3.3. Le condotte considerate persecutorie sono quelle reiterate con cui chiunque minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.


3.4. Con riguardo ai rapporti con il procedimento penale, è stato sottolineato come il ben diverso peso delle conseguenze dell’ammonimento e dei provvedimenti del giudice penale giustificano il diverso spessore dell’attività investigativa che si richiede nelle due ipotesi. Non è necessario, ai fini dell’ammonimento, che si sia raggiunta la prova del reato, essendo sufficiente fare riferimento ad elementi dai quali è possibile desumere un comportamento persecutorio o gravemente minaccioso che ha ingenerato nella vittima un forte stato di ansia e di paura. Diversamente opinando, ovvero se si richiedesse alla vittima di fornire prove tali da poter resistere in un giudizio penale, la previsione dell’ammonimento avrebbe scarse possibilità di applicazione pratica, atteso che le condotte integranti lo stalking, per loro natura, si consumano spesso in assenza di testimoni. La disciplina normativa è infatti chiara nel delimitare i poteri-doveri del Questore in materia, prescrivendo che questi assuma “se necessario informazioni dagli organi investigativi” e senta “le persone informate dei fatti”, al fine di formarsi un prudente convincimento circa la fondatezza dell’istanza (TAR SICILIA – CATANIA, SEZ. IV – sentenza 29 aprile 2010 n. 1289).


In definitiva, il Questore deve soltanto apprezzare discrezionalmente, sulla base dei fatti esposti, degli elementi probatori forniti dal richiedente e delle altre notizie che ritenga di acquisire dagli organi investigativi e dall’audizione delle persone informate sui fatti, la fondatezza dell’istanza, raggiungendo una ragionevole certezza sulla plausibilità e verosimiglianza delle vicende ivi esposte, senza che sia necessario il compiuto riscontro dell’avvenuta lesione del bene giuridico tutelato dalla norma penale incriminatrice (nel caso in esame, la libertà morale, compromessa dallo stato di ansia e timore che impedisce alla vittima di autodeterminarsi senza condizionamenti).


3.5. Nel caso di specie, l’atteggiamento tenuto dal ricorrente è pienamente sussumibile nella fattispecie legale. Il provvedimento del Questore, confermato dal Prefetto, trova origine nell’esposto del settembre 2009, depositato in Questura dalla sig.ra G. K., moglie del ricorrente da lui separata e con lui non più convivente, nel quale (oltre a riferire di alcune fobie di cui sarebbe affetto il marito, all’uopo allegando una consulenza d’ufficio eseguita per conto del Tribunale civile di Milano) si rappresentano reiterati pedinamenti ed appostamenti effettuati dal ricorrente nelle adiacenze della abitazione della moglie e della figlia minorenne. Tali atteggiamenti tenuti dal ricorrente sono stati confermati dai sig.ri I. MARINA, xx. ANNA RITA, xxx SILVANA, xx PAOLO, xx RITA, escussi a sommarie informazioni dal personale delle forze dell’ordine. Si tratta, senza dubbio, di condotte che, per numero e modalità, sono verosimilmente suscettibili di comportare un “perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero il fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva”.


3.6. Sussistono, dunque, sia il profilo della reiterazione ossessiva di condotte vessatorie, sia l’idoneità a ingenerare il fondato timore per l’incolumità propria e del prossimo congiunto. La decisione resa su ricorso gerarchico così come il provvedimento di ammonimento, oltre che adeguatamente motivati con la sintetica descrizione delle manifestazioni vessatorie ascritte, sono del tutto coerenti con le risultanze della scrupolosa istruttoria svolta dalle Forze dell’Ordine.


3.7. Manifestamente infondati sono i sospetti di incostituzionalità sollevati dal ricorrente. La violazione degli articoli 13 e 25 Cost. È del tutto inconferente, non costituendo affatto l’ammonimento un provvedimento limitativo della libertà personale. Del pari, fuori luogo è il richiamo all’art. 24 Cost., essendo pienamente consentito il sindacato del giudice amministrativo sulla misura di prevenzione adottata dal questore, sindacato del tutto autonomo da quello svolto in sede penale. Da ultimo, irrilevante nel presente giudizio amministrativo è la censura di violazione dell’art. 3 Cost., con cui si denuncia il fatto di avere il legislatore diversamente configurato il medesimo reato, in termini di procedibilità d’ufficio ed aggravante, se proceduto da atto amministrativo.


3.8. Sotto altro profilo, la natura cautelare e di immediato presidio alle condizioni di sicurezza, peculiare al provvedimento per cui è causa, esclude, per le ragioni di celerità peculiari al procedimento, l’obbligo di preventivo avviso previsto dall’art. 7, l. n. 241 del 1990.


3.9. Con riferimento alla istanza ostensiva, osserva il Collegio che ben può l’amministrazione non fornire motivazione in caso di diniego di accesso relativo ad un documento ricompreso nelle categorie dei documenti inaccessibili indicate all’art. 3 d.m. n. 415 del 1994, relativamente: alle relazioni di servizio ed altri atti o documenti presupposti per l’adozione degli atti o provvedimenti dell’autorità nazionale e delle altre autorità di pubblica sicurezza, nonché degli ufficiali o agenti di pubblica sicurezza, ovvero inerenti all’attività di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica o di prevenzione e repressione della criminalità, salvo che si tratti di documentazione che, per disposizione di legge o di regolamento, debba essere unita a provvedimenti o atti soggetti a pubblicità (lett. a); agli atti e documenti attinenti ad informazioni fornite da fonti confidenziali, individuate od anonime, nonché da esposti informali di privati, di organizzazioni di categoria o sindacali (lett. c.). Categorie di atti riconducibili a quella più ampia contemplata nella lett. d) del comma 6 dell’art. 24 L. 241/1990 che prevede la possibilità di esclusione dall’accesso quando i documenti riguardino le strutture, i mezzi, le dotazioni, il personale e le azioni strettamente strumentali alla tutela dell’ordine pubblico, alla prevenzione e alla repressione della criminalità con particolare riferimento alle tecniche investigative, alla identità delle fonti di informazione e alla sicurezza dei beni e delle persone coinvolte, all’attività di polizia giudiziaria e di conduzione delle indagini.


Nondimeno, la materia del contendere è cessata dal momento che tale materiale è stato depositato in giudizio.


4. Le spese di lite seguono la soccombenza come di norma.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe:


• RIGETTA il ricorso avverso il respingimento del ricorso gerarchico emesso dell’U.T.G./Prefettura di Milano in data 21.01.2010, prot. 9292/09, notificato al ricorrente il giorno 11.02.2010, in uno con il provvedimento di ammonimento emesso dal Questore di Milano ai sensi dell’art. 8 del D.L. 23.02.2009 notificato il 20.10.2009;


• DICHIARA cessata la materia del contendere in relazione al rigetto del 14.10.2009 dell’istanza di accesso agli atti n.5002/09/Div.Ant.M.P.2;


• CONDANNA il ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore dell’amministrazione resistente che si liquida in € 700,00, oltre IVA e CPA come per legge.


Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.


Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 10 giugno 2010 con l’intervento dei Magistrati:




Domenico Giordano, Presidente


Dario Simeoli, Referendario, Estensore


Raffaello Gisondi, Referendario






L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA


Il 28/06/2010


(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)


IL SEGRETARIO