Intervento chirurgico, assenza di consenso informato del paziente , esito fausto, concetto di malattia ed alterazioni anatomiche.    Avv. Valter Marchetti, Foro di Savona

Cassazione penale, Sezioni Unite, Sentenza 21 gennaio 2009, n.2437

Fatto.

Una signora ricoverata nel reparto di ginecologia di un ospedale viene sottoposta ad un intervento di laparoscopia operativa , senza soluzione di continuità, a salpingectomia che determina l’asportazione della tuba sinistra della paziente.

Tesi accusatoria.

Secondo l’accusa la scelta di effettuare l’intervento di salpingectomia è stata posta in essere dal professionista sanitario senza il necessario consenso validamente prestato dalla paziente, la quale era stata informata soltanto dell’intervento di laparoscopia.

Giudici di merito.

Secondo la ricostruzione operata dai giudici di merito, l’intervento demolitorio di salpingectomia è risultato essere stato una scelta corretta e obbligata, eseguita nel rispetto della lex artis e con competenza superiore alla media.

In particolare i giudici di merito, già in fase di programmazione della laparoscopia erano prevedibili l’evoluzione di tale intervento in operativo e l’elevata probabilità di asportazione della salpinge, la non opportunità dell’interruzione dell’intervento e la mancanza del pericolo di vita e, quindi del presupposto dello stato di necessità ai fini  dell’acquisizione del consenso.

Art.5 Convenzione sui diritti dell’uomo e sulla biomedicina, firmata ad Oviedo il 4 aprile 1997, ratificata dall’Italia con la Legge n.145 del 2001.

Tale norma prevede che  “ un trattamento sanitario può essere praticato solo se la persona interessata abbia prestato il proprio consenso libero ed informato ”.

Art.3 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre del 2000.

Secondo tale articolo   “ ogni individuo ha il diritto alla propria integrità fisica e psichica” . Inoltre, nell’ambito della medicina e della biologia deve essere rispettato  “ il consenso libero e informato della persona interessata”, secondo le modalità definite dalla legge.

Artt.2, 13 e 32 della Costituzione.

In base a queste norme costituzionali, il consenso informato del paziente deve essere considerato un principio fondamentale in materia di tutela della salute, la cui conformazione è rimessa alla legislazione statale.

Art.30 Codice deontologico dei medici, chirurghi e odontoiatri.

In base a tale norma deontologica il medico deve fornire al paziente la più idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alternative diagnostico-terapeutiche  e sulle prevedibili conseguenze delle scelte operate.

 

 

Art.32 Codice deontologico dei medici, chirurghi e odontoiatri

L’art.32  prevede che nessuna attività diagnostica o terapeutica può essere intrapresa dal medico senza l’acquisizione del consenso informato  del paziente.

Art.34 Codice deontologico dei medici, chirurghi e odontoiatri

Secondo le disposizioni di tale norma, il medico deve attenersi, nel rispetto della dignità, della libertà e dell’indipendenza professionale, alla volontà di curarsi, liberamente espressa dal paziente.

Ipotesi controversa de qua.

E’ vero che nel caso  in esame ci troviamo in assenza di consenso espresso dalla paziente allo specifico trattamento praticato; ma è altresì vero che, nella situazione de qua, il risultato del trattamento sanitario praticato ha prodotto un beneficio per la salute della stessa paziente.

Concetto di malattia e mere alterazioni anatomiche.

Intendendo la malattia come un processo patologico evolutivo necessariamente accompagnato da una più o meno rilevante  compromissione dell’assetto funzionale dell’organismo, ne deriva che le mere alterazioni anatomiche che non interferiscano in alcun modo con il profilo funzionale della persona non possono integrare la nozione di  “malattia” appena evidenziata e correttamente intesa dalla giurisprudenza.

Conclusioni delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

Una condotta   “istituzionalmente”  rivolta a curare e quindi a rimuovere un male non può essere messa sullo stesso piano di una condotta destinata a cagionare quel male; il consenso informato caratterizza caratterizza  proprio l’istituzionalità  della condotta strumentale del chirurgo il quale è costretto a  “ledere”  per  “curare” il paziente.

Se il medico sottopone il paziente ad un intervento chirurgico diverso da quello in relazione al quale il paziente medesimo aveva prestato il proprio consenso, e tale intervento, eseguito secondo le regole dell’arte medica, si sia concluso con esito fausto,  “ nel senso che dall’intervento stesso è derivato un apprezzabile miglioramento delle condizioni di salute, in riferimento, anche alle eventuali alternative ipotizzabili”  e senza che vi fossero delle indicazioni contrarie da parte del paziente medesimo, tale condotta, osservano  i giudici delle Sezioni Unite, deve considerarsi priva di rilevanza penale.

Avv. Valter Marchetti, Foro di Savona