Omosessualità variante naturale dell’espressione affettiva e sessuale? Il parere della scienza

(Dott.ssa Cesira Cruciani)


Nella storia della psichiatria non si è mai verificato che un eterosessuale funzionante sia entrato in cura per attuare la sua conversione in omosessuale, al contrario, sono in aumento gli omosessuali che si sottopongono ad una terapia di conversione sessuale e guariscono.

Sono in crescita, anche i movimenti di base di ex gay, che aiutano altri ad uscire da questa condizione, in modo analogo agli ex alcolisti ed ex tossicodipendenti.


Medici, biologi e psichiatri dopo aver effettuato molti studi statistici dal 1973 al 2003 considerano l’omosessualità come “disordine del comportamento”, unanimi nel ritenere l’omosessualità “disturbo funzionale”, un “disordine curabile”, purché lo si voglia.


Oggi le potenti Lobby Gay attraverso il sostegno di potenti organizzazioni internazionali, non ultimo anche il fatto che i più noti “gay” provengono da ceti benestanti e influenti nella società, reclamano un ostentato “orgoglio gay”, la “legalizzazione dei matrimoni gay”, le “adozioni gay” e soprattutto la “genitorialità gay”.


Le cause della omosessualità non sono genetiche, non si è trovato il gene dell’omosessualità, gli stessi attivisti gay non parlano più di basi biologiche o genetiche perché nessuno studio lo ha finora dimostrato offrendo un simile riscontro.


Sono, secondo gli studi psichiatrici, molto più evidenti le cause familiari e ambientali, tutte condizioni che comunque risalgono a fattori comportamentali perfettamente correggibili.

Anche Freud, pur sostenendo i diritti dei gay, considerava l’omosessualità come un “disordine dello sviluppo”, condizione pertanto soggetta a trattamento, almeno per coloro che desideravano veramente cambiare.


Ogni anno un numero sempre maggiore di individui che soffrono per la loro situazione di gay e di lesbiche, chiede di essere sottoposto a terapia con risultati davvero soddisfacenti: molti di loro adesso sono felicemente sposati con bambini mentre era stato martellato loro in testa lo slogan che, avendo il “gene dell’omosessualità” dovevano accettare di convivere con quello, anzi esserne addirittura fieri e orgogliosi e farsi promotori di queste nobili battaglie.


Queste persone hanno avuto il coraggio di andare a fondo nelle cause emotive risalenti alla loro infanzia, a qualche trauma subito più o meno coscientemente o simile, e quando hanno avuto il coraggio di riconoscere questo, subito è iniziato a diminuire il loro desiderio di voler cambiare.


Si vuol far credere che molte delle sofferenze degli omosessuali o lesbiche siano dovute alla “omofobia sociale” cioè al rifiuto della società nei loro confronti, con tutti i problemi personali e familiari che una società individualistica come la nostra ha da risolvere quotidianamente.


Le sofferenze degli omosessuali derivano dalla loro stessa condizione contraria alla vera natura, per questo molti studi mostrano che gli omosessuali sono più infelici, depressi, predisposti a tentativi di suicidio, hanno relazioni povere, comportamenti autolesionistici e disadattati. Questo non si può attribuire alla omofobia della società. Io credo che la maggior parte della sofferenza sia dovuta alla natura disordinata della stessa omosessualità perché contrasta con la natura umana.

Si vorrebbero accreditare come normali determinati comportamenti antropologici che si dovrebbero invece definire “aberranti”, quali i “matrimoni tra omosessuali e lesbiche”.


Le relazioni omosessuali sono di breve durata, caratterizzate da tensioni, gelosia, dipendenza adolescenziale, fenomeni nevrotici di attrazione-repulsione ecc. L’enorme promiscuità sessuale incrementa le infezioni da HIV, come si può affidare un bambino a coppie così varie, intercambiabili e instabili? Le tensioni tra “genitori” omosessuali, in una relazione psicologicamente impossibile, l’instabilità emotiva e il loro egocentrismo, si ripercuotono senza dubbio sul bambino con effetti, a dir poco, nevrotizzanti.


Non possiamo assistere impotenti al tenace programma da parte dell’Unione Europea e delle Nazioni Unite teso allo stravolgimento delle concezioni in materia di sessualità umana. Quando certe scelte hanno un risvolto sociale e pubblico, addirittura un riconoscimento ufficiale, bisogna avere il coraggio di difendere anche la nostra libertà e la nostra civiltà da sopprusi e strumentalizzazioni, a maggior ragione quando certe pretese rischiano di stravolgere l’ordine della natura e della società.


(Dott.ssa Cesira Cruciani)