REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:
Dott. Ettore MERCURIO - Presidente -
Dott. Donato
FIGURELLI - Consigliere -
Dott. Pietro CUOCO - Consigliere -
Dott. Francesco Antonio MAIORANO - Rel. Consigliere -
Dott.
Giancarlo D'AGOSTINO - Consigliere -
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
C. G. L.,
elettivamente domiciliato in Roma Via R. Grazioli Lante 16, presso lo
studio dell'avvocato Domenico Bonaiuti, rappresentato e difeso
dall'avvocato Andrea Pettinali, giusta delega in atti;
-
ricorrente -
contro
Ministero dell'Economia e delle
Finanze;
- intimato -
avverso la sentenza n. 230/03
della Sezione distaccata di Corte d'Appello di Sassari, depositata il
08/09/03 - R.G.N. 85/2002;
udita la relazione della causa svolta
nella pubblica udienza del 13/11/06 dal Consigliere Dott. Francesco
Antonio Maiorano;
udito il P.M. in persona del Sostituto
Procuratore Generale Dott. Massimo Fedeli che ha concluso per il
rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con
ricorso alla Corte d'Appello di Cagliari, sezione di Sassari, C. G.
L., dipendente del Ministero del Tesoro in qualità di
direttore dell'Ufficio Provinciale di S., proponeva appello avverso
la sentenza del Tribunale di Sassari con la quale era stata rigettata
la sua domanda per l'integrale rimborso (ai sensi dell'art. 18 del DL
n. 67 del 25/3/97, convertito in L. n. 135 del 23/5/97) delle spese
di difesa da lui sopportate in un giudizio intrapreso contro di lui
per il reato di cui all'art. 323 c.p. (abuso d'ufficio) e dal quale
era stato assolto con sentenza del 14/12/1999. Precisava che
l'Amministrazione di appartenenza aveva autorizzato con nota del
18/6/2000 la rifusione della somma di £ 13.935.240, a fronte di
un totale di £ 21.586.220 da lui erogate per sostenere la
difesa, come da fatture emesse dai due avvocati, M. e C., che
l'avevano difesa nel procedimento penale e dell'avv. S. che l'aveva
assistito nel procedimento disciplinare, conclusosi con
l'archiviazione dopo l'assoluzione in sede penale.
L'Amministrazione
appellata contrastava il gravame e la Corte d'Appello lo rigettava
sulla base delle seguenti considerazioni: l'eccezione di incompetenza
della Sezione staccata di Sassari per le cause in materia di lavoro
in cui fosse parte una Amministrazione dello Stato, era infondata
trattandosi non di una questione di competenza ma di una semplice
ripartizione degli affari tra sezioni del medesimo ufficio
giudiziario e ed essendo noto l'orientamento del presidente della
Corte d'Appello di assegnare alla sezione di Sassari tutti i
provvedimenti emessi dai Tributali di Sassari, Nuoro e Tampio
Pausania.
Nel merito, il gravame era infondato: il procedimento
disciplinare non rientrava fra quelli per i quali al pubblico
dipendente spettasse il rimborso delle spese legali e comunque non
c'era la prova della relativa erogazione. Per le spese del giudizio
penale spettava il rimborso delle spese, in caso di assoluzione,
previo parere di conformità dell'Avvocatura dello Stato che
era immune da censure; il richiamo fatto dal ricorrente al parere di
congruità espresso dal Consiglio dell'ordine su richiesta
dell'avvocato non era calzante, sia perché non era
obbligatorio come nella specie (ma necessario per il professionista
che intendesse ricorrere a forme coattive di recupero del suo
credito), sia perché la valutazione dell'Avvocatura riguardava
non la conformità della parcella alle tariffe forensi ma il
rapporto fra importanza e delicatezza della causa e le somme spese
per la difesa e delle quali si chiedeva il rimborso.
Nella
specie, non poteva essere censurata la decisione del Ministero perché
lo stesso si era attenuto al parere dell'Avvocatura dello Stato, né
il parere medesimo che non era errato o fuorviante: dagli atti
prodotti emergeva infatti che il processo, per quanto delicato non
era di tale importanza da giustificare la nomina di due difensori e
quindi la spesa per la doppia difesa non era giustificata. L'imputato
era libero di nominare piú difensori ma non poteva pretendere
il rimborso delle due parcelle; tale rimborso, rifatti, non poteva
avvenire a piè di lista, ma in base alla congruità
delle stesse. La valutazione dell'Avvocatura poteva essere contestata
in sede giudiziale, dimostrando la necessità della doppia
difesa così da rendere incongrua ed ingiustificabile la
valutazione dell'avvocatura erariale e non semplicemente richiamando
il proprio diritto a nominare due difensori, come nella specie. La
sentenza quindi doveva essere confermata.
E' domandata ora la
cassazione di detta pronuncia con un solo motivo, col quale si
lamenta contraddittorietà e insufficienza della motivazione,
per non avere il giudice considerato che egli è un dirigente a
contratto, per cui un'eventuale condanna avrebbe comportato la
cessazione del rapporto di lavoro; tale eventualità è
stata scongiurata soltanto a seguito dell'assoluzione in sede penale,
perché questa ha comportato l'archiviazione del procedimento
disciplinare. Il parere dell'Avvocatura é stato espresso dopo
l'assoluzione, mentre la valutazione in ordine alla necessità
di una adeguata difesa deve essere fatta in via preventiva. La
previsione secondo cui il rimborso deve avvenire "nei limiti
riconosciuti congrui dall'Avvocatura dello Stato” si riferisce
al controllo di congruità rispetto alla tariffa, analogamente
a quanto fa il Consiglio dell'ordine nell'esprimere il suo parere.
L'intimato non si é costituito.
MOTIVI DELLA
DECISIONE
Il ricorso é infondato.
Nei giudizi
intrapresi nei confronti dei dipendenti delle Amministrazioni statali
per responsabilità civili, penali ed amministrative, in
conseguenza di fatti ed atti connessi con l'espletamento del servizio
o con l'assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con
sentenza che escluda la loro responsabilità, è previsto
il rimborso da parte della Amministrazione di appartenenza delle
spese legali, che viene effettuato ai sensi dell'art. 18 DL n. 67 del
1997, conv. in L. n. 135/97 nei "limiti riconosciuti congrui
dall'Avvocatura dello Stato”. Questa esegue una valutazione
caratterizzata essenzialmente da aspetti di discrezionalità
tecnica, in quanto riferita al parametro della tariffa penale, nonché
alla natura e alla complessità della causa ed all'importanza
delle questioni trattate, alla durata del processo, alla qualità
dell'opera professionale prestata ed al vantaggio arrecato al cliente
(cfr. TAR Veneto n. 01033 del 14/4/04). La previsione legislativa,
infatti, è di così ampia portata da giustificare
pienamente l'interpretazione del giudice d'appello, secondo cui è
fuor di luogo il richiamo al parere di congruità espresso dal
Consiglio dell'ordine su richiesta dell'avvocato che intenda agire
nei confronti del cliente per il recupero delle sue spettanza, sia
perché quel parere non é obbligatorio, come nella
specie, ma necessario, sia perché la valutazione
dell'Avvocatura riguarda non solo la conformità della parcella
alla tariffa forense (oltre la quale il rimborso sarebbe
illegittimo), ma il rapporto fra l'importanza e delicatezza della
causa e le somme spese per la difesa e delle quali si chiede il
rimborso.
Osserva in proposito la Corte che tale interpretazione
è confermata direttamente dalla ratio legis, che è
quella di tenere indenne il funzionario per le spese legali,
indispensabili ai fini della difesa da un'accusa ingiusta per fatti
inerenti ai compiti e responsabilità dell'ufficio, e
indirettamente anche dalla norma finale e di chiusura di cui all'art.
20 del medesimo D.L. secondo cui “l'attuazione delle
disposizioni di cui al presente decreto deve risultare coerente con
gli obiettivi di contenimento della spesa pubblica stabilito con la
nota di aggiornamento al documento di programmazione economico -
finanziaria per il triennio 1997-99”. In sostanza il
dipendente, ingiustamente accusato di abuso d'ufficio, ha diritto al
rimborso da parte della Amministrazione di appartenenza delle spese
sopportate per la sua difesa, ma entro il limite di quanto
strettamente necessario (trattandosi di erogazioni che gravano sulla
finanza pubblica e devono quindi essere contenute al massimo) secondo
il parere di un organo tecnico altamente qualificato per valutare sia
le necessità difensive del funzionario, in relazione alle
accuse che gli vengono mosse ed ai rischi del giudizio penale, e sia
la conformità della parcella presentata dal difensore alla
tariffa professionale.
Emerge così nettamente la
differenza fra questo parere dell'Avvocatura dello Stato, con quello
emesso dal Consiglio dell'ordine in merito alla parcella
dell'avvocato in vista del contenzioso col suo cliente privato e per
il quale deve essere controllata soltanto la conformità alla
tariffa professionale, essendo assolutamente irrilevante l'ammontare
complessivo della spesa.ù
Questa Corte pero ha
ripetutamente affermato che la discrezionalità tecnica è
variamente limitata, sia dal rispetto delle norme di comune prudenza
e diligenza, poste a tutela del principio del “neminem laedere”
(Cass. n. 1501/97, SU n. 3567/97), sia dalle esigenze di tutela dei
diritti soggettivi perfetti (Cass. SU n. 9477/97; 10737/98; 117/99);
da qui deriva la conseguenza che il parere espresso dall'Avvocatura
erariale é soggetto al vaglio del giudice ordinario per il
necessario controllo del rispetto dei principi di affidamento,
ragionevolezza e tutela effettiva dei diritti, riconosciuti dalla
Costituzione, in modo da poter escludere che la discrezionalità
tecnica si trasformi in arbitrio. Il parere dell'Avvocatura quindi é
soggetto alla valutazione di congruità da parte del giudice,
come ogni questione che influisca sui diritti soggettivi.
In
punto di fatto, tale valutazione è stata già espressa
dal giudice di merito che, attenendosi a questo principio di diritto,
ha ritenuto che tale parere non è "logicamente errato o
altrimenti fuorviante: il pressa penale, per quanto delicato e non
semplice, non era - né comunque ciò è stato
dimostrato con la produzione dei relativi atti o altrimenti - di tale
importanza da consigliare la nomina di due difensori”. Lo
stesso giudice specifica poi quale prova doveva essere data ai fini
dell'accoglimento della domanda ed aggiunge che il parere in
questione può essere contestato, non richiamando semplicemente
il diritto dell'istante a nominare due difensori, ma dimostrando che
"per la particolare natura dell'affare, per l'esigenza di
apporto specialistico di un legale versato in una branca non comune,
o per altre particolari circostanze, è opportuna (e non solo
consentita) la difesa da parte di due professionisti, sì da
rendere incongrua ed ingiustificabile la valutazione dell'Avvocatura
erariale per la liquidazione della parcella ad un solo legale".
Questa valutazione non é stata minimamente contestata e quindi
il ricorso va rigettato. Non vi é luogo a provvedere in ordine
alle spese non essendosi costituita in giudizio l'Amministrazione
intimata.
P.Q.M.
La Corte
Rigetta il ricorso e
dichiara non luogo a provvedere in ordine alle spese.
Roma 13
novembre 2006.
DEPOSITATO IN CANCELLERIA IL 23 GENNAIO 2007