LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. LA TERZA Maura -
Presidente - Dott. CURZIO Pietro - Consigliere - Dott. FILABOZZI
Antonio - Consigliere - Dott. FERNANDES Giulio - Consigliere - Dott.
GARRI Fabrizia - rel. Consigliere - ha pronunciato la seguente:
ordinanza sul ricorso 3205/2012 proposto da: INPS - ISTITUTO NAZIONALE
DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS) in persona del Presidente e legale
rappresentante prò tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DELLA FREZZA 17, presso l'AWOCATURA CENTRALE DELL'ISTITUTO,
rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO RICCI, CLEMENTINA PULLI,
EMANUELA CAPANNOLO, giusta procura speciale in calce al ricorso;
- ricorrente - contro M.N., MINISTERO DEGLI INTERNI
(OMISSIS), MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE (OMISSIS); -
intimati - avverso la sentenza n. 1053/2011 della CORTE D'APPELLO di
MESSINA del 6.10.2011, depositata il 10/11/2011; udita la relazione
della causa svolta nella camera di consiglio del 24/10/2013 dal
Consigliere Relatore Dott. FABRIZIA GARRI; udito per il ricorrente
l'Avvocato Emanuela Capannolo che si riporta agli scritti; E' presente
il Procuratore Generale in persona del Dott. GIULIO ROMANO che si
riporta alla relazione scritta.
Fatto
1- Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Messina, riformando
la sentenza del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, ha accolto la
domanda proposta da M.N. nei confronti dell'Inps ed ha riconosciuto il
diritto dell'invalida a percepire la pensione di inabilità a decorrere
dal dicembre 2006 rilevando che la ricorrente, oltre ad essere
totalmente inabile era altresì in possesso del necessario requisito
reddituale, non dovendovi computare nell'accertamento dello stesso i
redditi percepiti dal coniuge.
2- Avverso detta sentenza l'Istituto soccombente ricorre con un unico
articolato motivo. Si lamenta in ricorso che il limite reddituale non
sia stato ritenuto comprensivo dei redditi del coniuge, ritenendosi
rilevante solo il reddito individuale.
La M. è rimasta intimata così come il Ministero dell'Economia e delle
Finanze ed il Ministero dell'Interno. 3- Tanto premesso va rammentato
che come è stato ricordato nella relazione redatta ai sensi dell' art.
375 c.p.c., questa Corte (cfr.
Cass. n. 5003 del 01/03/2011 seguita da molte altre conformi tra le
quali recentemente ord. n. 10658/2012 e sent. n. 25000/2013 v. anche
circolare Inps 28.12.2012 n. 149 che a tale orientamento si è adeguata
dal 1.1.2013), rimeditando un suo precedente orientamento (cfr. Cass.
n. 7259 del 2009, n. 20426 del 2010 e n. 18825 del 2008 e già Cass. n.
16363 del 2002, n. 16311 del 2002, 12266 del 2003, 14126 del 2006, n.
13261 del 2007), ha ritenuto che "Ai fini dell'accertamento della
sussistenza del requisito reddituale per l'assegnazione della pensione
di inabilità agli invalidi civili assoluti, di cui alla L. n. 118 del
1971, art. 12, assume rilievo non solamente il reddito personale
dell'invalido, ma anche quello (eventuale) del coniuge del medesimo,
onde il beneficio va negato quando l'importo di tali redditi,
complessivamente considerati, superi il limite determinato con i
criteri indicati dalla norma suindicata".
4- Nel pervenire a tale conclusione si è considerato che la stessa
risulta in linea "con i generali criteri del sistema di sicurezza
sociale, che riconoscono alla solidarietà familiare una funzione
integrativa dell'intervento assistenziale pubblico, non potendo invece
trovare applicazione la regola - stabilita dal successivo comma 5 dello
stesso art. 14 septies solo per l'assegno mensile di cui alla L. n. 118
del 1971 citata - della esclusione dal computo dei redditi percepiti da
altri componenti del nucleo familiare dell'interessato". Le ragioni di
tale affermazione sono state ravvisate nel fatto che l'intervento
attuato dal legislatore con l'art. 14 septies, comma 5 è chiaramente un
intervento inteso a riequilibrare le posizioni dei mutilati e invalidi
civili, a seguito dell'innalzamento del limite reddituale previsto,
però, esclusivamente per gli invalidi civili assoluti - dalla L. n. 29
del 1977. Significativo di tale intento è stato ritenuto il fatto che
mentre per l'attribuzione dell'assegno è, preso a riferimento il solo
reddito individuale dell'assistito, per converso l'importo da non
superare per la pensione di inabilità (comma 4) corrisponde a più del
doppio di quello stabilito per l'assegno (L. 5.200.000 annue a fronte
di L. 2.500.000 annue ed attualmente la divaricazione si è notevolmente
ampliata in quanto, secondo le tabelle INPS, il limite reddituale
stabilito per la pensione agli invalidi civili totali è di quasi tre
volte superiore a quello indicato per l'assegno mensile agli invalidi
civili parziali). In sostanza si è ritenuto che la norma rappresentasse
una deroga all'orientamento generale della legislazione in tema di
pensioni di invalidità e di pensione sociale, in base al quale il
limite reddituale va determinato tenendosi conto del cumulo del reddito
dei coniugi (vedi Corte cost.
sent. n. 769 del 1988 e n. 75 del 1991; vedi anche Corte cost. n. 454
del 1992, in tema di insorgenza dello stato di invalidità dopo il
compimento del 65 anno) e, di conseguenza, non esprimesse un principio
generale con il quale dovrebbero essere coerenti disposizioni
particolari. A ciò si è aggiunto che la stessa formulazione letterale,
che fa menzione del solo assegno - che fino ad allora era equiparato
alla pensione di inabilità quanto alla regola del cumulo con i redditi
del coniuge - non poteva che far concludere nel senso che la
prestazione prevista per gli invalidi civili assoluti fosse rimasta
assoggettata a questa regola. Il ragionamento sin qui esposto trovava,
poi, ulteriore conferma nella considerazione che, anche
successivamente, la L. 30 dicembre 1991, n. 412, art. 12 (dal titolo
"requisiti reddituali delle prestazioni ai minorati civili") mantiene
integra la distinzione tra le due prestazioni e dispone che dal 1
gennaio 1992 ai fini dell'accertamento, da parte del Ministero
dell'Interno della condizione reddituale per la concessione delle
pensioni assistenziali agli invalidi civili si applica il limite di
reddito individuale stabilito per la pensione sociale, con esclusione,
tuttavia, degli invalidi totali. Nè era ravvisabile alcun vizio di
costituzionalità della norma posto che la stessa Corte Costituzionale
(cfr. in particolare le sent. n. 769/88, n. 75/91 già citate) ha, in
più occasioni, affermato che il realizzare l'omogeneizzazione tra i
livelli reddituali idonei ad individuare lo stato di bisogno di
soggetti aventi diritto a prestazioni assistenziali a carico della
collettività, così come il por mano all'opportuno adeguamento dei
livelli di prestazione appartiene alla discrezionalità del legislatore.
Ugualmente, poi, non si era possibile fare ricorso al paradigma del
principio di uguaglianza quando le disposizioni della legge ordinaria,
dalle quali si pretendeva di trarre il tertium comparationis, si
rivelassero derogatorie rispetto alla regola desumibile dal sistema
normativo e perciò insuscettibili di estensione ad altri casi, pena
l'aggravamento, anzichè l'eliminazione, dei difetti di coerenza con
esso.
Sempre sul piano del sistema costituzionale era stato rilevato come
l'attribuzione al reddito del coniuge (e dei vari componenti il nucleo
familiare tenuti all'assistenza dell'invalido) di un rilievo preclusivo
dell'intervento di sostegno a carico della collettività discendeva dal
riconoscimento, nel vigente sistema di sicurezza sociale, di meccanismi
di solidarietà particolari, concorrenti con quello pubblico e
ugualmente intesi alla tutela dell'uguaglianza e della libertà dal
bisogno, in attuazione dell'art. 3 Cost., comma 2.
Nè erano state ritenute in contrasto con tale interpretazione le
affermazioni contenute nella motivazione di alcune sentenze della Corte
costituzionale ( in particolare Corte cost. n. 88 del 1992 e n. 400 del
1999 richiamate dal diverso orientamento giurisprudenziale inteso a
valorizzare il solo reddito personale dell'invalido), secondo le quali
gli interventi legislativi succedutisi nel tempo avrebbero equiparato
le condizioni reddituali richieste per la pensione di inabilità e per
l'assegno mensile, eliminando, per entrambe, la capacità ostativa del
reddito del coniuge (quale che ne fosse il livello). Si osservava
infatti che si trattava di affermazioni fatte incidentalmente in
sentenze riguardanti il requisito reddituale di accesso dell'ultra
sessantacinquenne alla pensione sociale (ovvero all'assegno sociale
prima della L. n. 335 del 1995, ex art. 3, comma 6), ossia una
questione del tutto diversa da quella oggetto di esame che, d'altronde,
presuppongono proprio il cumulo dei redditi, tanto da sollecitare il
legislatore alla creazione (sempre per la pensione sociale) di un
meccanismo differenziato in considerazione delle differenti esigenze di
assistenza dell'invalido e della necessità, pertanto, di una
valutazione differenziata del ragionevole punto di equilibrio circa il
concorso tra la solidarietà coniugale e quella collettiva.
5 - Su questo quadro normativo e giurisprudenziale si innesta il
recente intervento del legislatore che con il D.L. 28 giugno 2013, n.
76, recante "Primi interventi urgenti per la promozione
dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale,
nonchè in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA.) e altre misure
finanziarie urgenti all'art. 10, comma 5, ha inserito dopo il D.L. 30
dicembre 1979, n. 663, art. 14 septies, comma 6, convertito, con
modificazioni, dalla L. 29 febbraio 1980, n. 33, una ulteriore
disposizione con la quale si specifica che "Il limite di reddito per il
diritto alla pensione di inabilità in favore dei mutilati e degli
invalidi civili, di cui alla L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 12, è
calcolato con riferimento al reddito agli effetti dell'IRPEF con
esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo
familiare di cui il soggetto interessato fa parte".
La nuova norma interviene a chiare lettere ed individua quindi, anche
per la pensione di inabilità, nel solo reddito dell'invalido il
parametro in base al quale verificare l'esistenza del diritto alla
prestazione assistenziale.
La disposizione dell'art. 10, comma 5, si completa con quanto disposto
al successivo comma 6, della stessa norma dove si prescrive che "La
disposizione del D.L. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 14 septies, comma
7, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 febbraio 1980, n. 33,
introdotta dal comma 5, si applica anche alle domande di pensione di
inabilità in relazione alle quali non sia intervenuto provvedimento
definitivo e ai procedimenti giurisdizionali non conclusi con sentenza
definitiva alla data di entrata in vigore della presente disposizione,
limitatamente al riconoscimento del diritto a pensione a decorrere
dalla medesima data, senza il pagamento di importi arretrati. Non si fa
comunque luogo al recupero degli importi erogati prima della data di
entrata in vigore della presente disposizione, laddove conformi con i
criteri di cui al comma 5".
Così facendo il legislatore ha inteso definire un nuovo regime
reddituale senza, tuttavia, pregiudicare le posizioni di tutti quei
soggetti che avendo presentato domanda nella vigenza della precedente
normativa (da interpretarsi nei termini più sopra riportati) non
avessero ancora visto la definizione in sede amministrativa del
procedimento ovvero fossero parti di un procedimento giudiziario ancora
sub iudice. Quasi a ribadire il suo carattere innovativo, poi, la norma
precisa che il diritto alla pensione, sulla base dei nuovi requisiti
stabiliti, decorrerà solo dalla data di entrata in vigore della nuova
disposizione (28.6.2013) e soggiunge che non possono essere pagati
importi arretrali sulle prestazioni riconosciute precisando quindi che,
ove tale pagamento sia già intervenuto, le somme erogate non sono
comunque recuperabili purchè il loro riconoscimento sia intervenuto
prima della data di entrata in vigore del nuovo requisito reddituale e
risulti comunque rispettoso dello stesso.
6- Sebbene l'intervento del legislatore presenti qualche ambiguità,
tuttavia ritiene la Corte che dallo stesso possano tirarsi i seguenti
principi che indirizzano sia l'attività amministrativa che quella
giudiziaria, anche con riguardo ai giudizi già in corso alla data di
entrata in vigore del D.L. n. 76 del 2013, più volte richiamato.
Ed infatti in esito all'entrata in vigore delle citate disposizioni, dal 28 giugno 2013, si deve ritenere che:
- il riconoscimento del diritto alla pensione di inabilità sia
condizionato oltre che dalla totale invalidità anche dal possesso di un
reddito personale dell'invalido non superiore, per l'anno in corso ad
Euro 16.127,30. - la disposizione si applica anche alle domande
amministrative presentate prima del 28 giugno 2013 ed a tutte le
domande giudiziarie non ancora definite.
- ove l'Istituto, anteriormente a tale data, abbia erogato ratei di
prestazione, sia in via amministrativa che in esecuzione di un
provvedimento giudiziario, le somme non sono ripetibili a condizione
che il reddito personale dell'invalido fosse inferiore al limite
annualmente previsto.
7- In conclusione, ed in applicazione dei detti principi al caso in
esame, il ricorso dell'Inps deve essere accolto e la sentenza deve
essere cassata con rinvio alla Corte d'appello di Messina in diversa
composizione che provvederà ad accertare il possesso dei requisiti
reddituali nei termini sopra esposti in relazione al periodo
antecedente e successivo al 28 giugno 2013. La Corte del rinvio
provvederà altresì sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla
Corte d'appello di Messina in diversa composizione che provvederà anche
sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2013.
Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2013