Corte di cassazione
Sezione lavoro
Sentenza 12 settembre 2008, n. 23569
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con
sentenza del 9 novembre-2 dicembre 2004 la Corte di appello di Bari,
rigettando l'appello proposto da Concetta F. e Serena Incoronata
Lucia R., confermava la sentenza del Tribunale di Foggia che aveva
respinto la domanda delle appellanti, rispettivamente moglie e figlia
di Giovanni Leonardo R., deceduto il 24 dicembre 1998, diretta ad
ottenere dall'INPS la pensione indiretta a seguito della morte del
congiunto.
I giudici di secondo grado osservavano che il
principio di automaticità delle prestazioni, stabilito
dall'art. 2116 c.c., opera solo per i lavoratori subordinati. Nella
fattispecie in esame l'attività che si assumeva svolta dal
defunto R. era di natura autonoma; di conseguenza, poiché i
contributi per gli anni dal 1995 al 1998 per la dedotta attività
agricola (coltivatore diretto o imprenditore agricolo) o commerciale
svolta in tali anni non risultavano versati al momento della morte
del lavoratore, moglie e figlia non potevano ottenere la richiesta
pensione indiretta né potevano versare, con effetto sanante, i
contributi omessi dal congiunto.
La Corte territoriale
riteneva quindi assorbiti i motivi di appello con i quali si chiedeva
l'accertamento della attività lavorativa espletata da Giovanni
Leonardo R., l'affermazione del correlato obbligo contributivo e del
diritto delle appellanti a versare i contributi omessi avvalendosi
dei condoni previsti al momento della presentazione della domanda
amministrativa del 26 febbraio 1999.
Per la cassazione di tale
decisione ricorrono, formulando due motivi di censura, Concetta F. e
Serena Incoronata Lucia R.
L'INPS non si è costituito.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con
il primo motivo la difesa delle ricorrenti denuncia violazione e
falsa applicazione dell'art. 13 della l. 2 agosto 1990, n. 233,
dell'art. 1 della l. 26 ottobre 1957, n. 1047 e degli artt. 2 e 10
della l. 9 gennaio 1963, n. 9; nonché vizio di motivazione su
punto decisivo.
Deduce che scopo dell'art. 13 della l.
233/1990 è stato quello di garantire la tutela previdenziale
per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti a tutti i
soggetti che svolgono attività agricola autonoma, compresi
quindi gli "imprenditori agricoli a titolo principale", ed
ai loro superstiti.
Assume che anche quando è richiesta
l'iscrizione ad un albo o ad un elenco, tale iscrizione ha natura di
provvedimento dichiarativo o, al più, di accertamento
costitutivo; il relativo provvedimento costituisce quindi un atto
vincolato. Per il lavoro autonomo sarebbe rilevante, ai fini della
costituzione del rapporto previdenziale, solo l'inizio effettivo
della attività, tranne ipotesi eccezionali in cui viene
riconosciuto al soggetto la libertà di determinare o meno la
nascita del rapporto.
Osserva che per i soggetti contemplati
dalla l. n. 1047 del 26 gennaio 1957 (coltivatori diretti, mezzadri,
coloni, soccidari ecc.) non vige il principio della libertà di
adesione; tanto è vero che spesso l'INPS provvede ad iscrivere
di ufficio come coltivatori diretti lavoratori che hanno una
posizione assicurativa diversa. Cita al riguardo la circolare SCAU n.
30 del 19 marzo 1992.
Sostiene quindi che la sentenza
impugnata ha violato i principi in materia di costituzione del
rapporto previdenziale.
2. Con il secondo motivo la difesa
delle ricorrenti denuncia violazione e falsa applicazione dell'art.
2116 c.c., degli artt. 5 e 6 della l. 9 gennaio 1963, n. 9 e
dell'art. 18 del d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488; nonché vizio
di motivazione.
Deduce: a) che il diritto dei superstiti al
trattamento pensionistico indiretto costituisce un diritto autonomo
rispetto al diritto alla pensione spettante al congiunto deceduto; b)
che gli eredi sono tenuti in solido nei confronti dell'ente
previdenziale al pagamento dei contributi previdenziali omessi dal
dante causa.
Critica quindi la sentenza nella parte in cui
intende il requisito della sussistenza della contribuzione non come
oggettivo sorgere dell'obbligazione contributiva e correlato obbligo,
ma come mero versamento dei contributi.
Denuncia la non
pertinenza del principio della automaticità delle prestazioni
di cui all'art. 2116 c.c., atteso che nel caso in esame i congiunti
del lavoratore deceduto non hanno chiesto la prestazione in assenza
della contribuzione, ma esclusivamente di esercitare il diritto di
versare i contributi omessi dal R. e di ottenere la pensione
indiretta.
3. I due motivi di ricorso, che si trattano
congiuntamente per la evidente connessione, sono, nei limiti di
seguito precisati, fondati.
I giudici di appello si sono
arrestati di fronte al mancato versamento dei contributi, per gli
anni dal 1995 al 1998, all'atto della morte di Giovanni Leonardo
R.
Hanno ritenuto assorbente tale omesso versamento e quindi
superfluo accertare se il defunto avesse esercitato in quegli anni
una attività per la quale avrebbe dovuto versare i contributi
per una assicurazione obbligatoria per la vecchiaia, l'invalidità
ed i superstiti.
L'assunto è infondato.
L'obbligo
per il lavoratore autonomo di versare la contribuzione previdenziale
sorge dallo svolgimento di una determinata attività lavorativa
soggetta a contribuzione; e non è sufficiente la mancanza di
una spontanea iscrizione in un apposito albo od elenco, ove previsti
dalla legge, per esonerare il soggetto obbligato dall'obbligo di
versare la contribuzione.
Erroneamente i giudici di appello
hanno ritenuto decisivo il mancato versamento dei contributi da parte
del signor R. allorquando lo stesso era in vita.
È vero
invece, ed il principio è stato già affermato da questa
Corte con riferimento alla rivendicazione di una rendita Inail ai
superstiti (Cass., 16 giugno 2006, n. 13938), che quando un
lavoratore autonomo muoia senza avere versato i contributi, si hanno
due conseguenze per i superstiti: gli stessi, se eredi, sono tenuti a
pagare i contributi omessi secondo le norme del diritto successorio;
il loro diritto alla rendita, costituendo un diritto iure proprio e
non iure hereditatis, non può essere subordinato
all'inadempimento da parte del de cuius dell'obbligazione
contributiva: se i contributi non sono prescritti rientra nella
facoltà dei superstiti versare anche spontaneamente gli
stessi.
Lo stesso principio vale per le prestazioni ai
superstiti di lavoratori autonomi a carico dell'INPS.
Da un
lato l'Istituto può ottenere dai superstiti, se eredi, il
pagamento dei contributi omessi dal dante causa, dall'altro i
superstiti, per far valere il loro autonomo diritto alla pensione
indiretta, possono far accertare l'espletamento di attività
soggetta ad assicurazione obbligatoria da parte del dante causa e
provvedere, in caso di accertamento positivo, al pagamento dei
contributi non prescritti.
Il principio della automaticità
delle prestazioni, dettato per i lavoratori subordinati dall'art.
2116 c.c. ed escluso per i lavoratori autonomi, risulta estraneo alla
fattispecie in esame, atteso che, come sopra chiarito, non viene
invocata una prestazione in assenza del versamento dei contributi da
parte dei superstiti del lavoratore autonomo, ma si chiede di
accertare che il dante causa svolgeva una attività soggetta a
contribuzione e di versare i contributi non prescritti.
Il
Collegio ritiene così di discostarsi definitivamente
dall'opposto datato orientamento (Cass., 29 agosto 1980, n. 5019; 23
novembre 1990, n. 11283), che escludeva il versamento spontaneo dei
contributi dopo la morte dell'assicurato in favore del quale non
operava il principio dell'automatismo; non tenendo conto del fatto
che gli eredi erano comunque tenuti a rispondere dei debiti del dante
causa secondo le norme del diritto delle successioni.
I
giudici del merito non si sono attenuti a tale principio di diritto,
ritenendo il diritto dovere del lavoratore autonomo di versare i
contributi previdenziali come un diritto personalissimo, suscettibile
di condizionare negativamente l'autonomo diritto dei superstiti alla
pensione indiretta.
Per tutto quanto esposto la sentenza
impugnata va cassata e la causa va rinviata ad altro giudice di pari
grado, che si indica nella Corte di appello di Lecce, che accerterà
se il dante causa delle ricorrenti abbia svolto o meno attività
autonoma agricola o commerciale, soggetta a contribuzione
previdenziale, negli anni dal 1995 al 1998; ammettendo, in caso
affermativo, le ricorrenti al versamento dei contributi non
prescritti, avendo riguardo (non alla domanda di pensione indiretta,
ma) alla domanda con la quale è stata espressamente
manifestata la volontà di versare i contributi omessi dal
dante causa.
Al giudice di rinvio si rimette anche la
regolazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
P.T.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte di appello di Lecce.