Sentenza n. 16535 del 4 novembre 2003
CURE ALL'ESTERO E DIRITTO AL RIMBORSO DELLE
SPESE MEDICHE
(Sezione Lavoro - Presidente S. Senese -
Relatore G. D'Agostino)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso del 27.6.1995 A. O. conveniva in
giudizio avanti al Pretore di Lecce, in funzione di giudice del lavoro,
la USL LE/6 ed esponeva: che al proprio coniuge, M. G., affetto da
neoplasia polmonare, prima del decesso era stata consigliata una cura con
chemioterapia locoregionale a mezzo di catetere angiografico all'epoca
praticabile soltanto presso una clinica di Wiesbaden; che a tal fine era
stata richiesta l'autorizzazione per l'assistenza sanitaria all'estero
per ottenere il rimborso degli esborsi documentati; che con lettera in
data 5 giugno 1995 la convenuta comunicava il diniego di autorizzazione
del Centro Regionale di Riferimento, motivato con la presenza in Italia
di strutture idonee ad eseguire le stesse prestazioni; che il diniego di
autorizzazione era immotivato ed ingiustificato. Tanto premesso, la ricorrente
chiedeva la condanna della USL al pagamento della somma di marchi 53.934,
oltre accessori.
La USL LE/6 si costituiva e si opponeva alla
domanda.
Il Tribunale di Lecce, con sentenza del
18.10.1999 rigettava il ricorso.
L'appello proposto dalla Olivieri veniva a sua
volta respinto dalla Corte di Appello di Lecce con sentenza del 6
dicembre 2000.
In motivazione la Corte di merito osservava
che dai verbali di causa e dai documenti prodotti risultava che già dal
gennaio 1994 presso l'Ospedale (omissis) di Bologna si praticava la medesima terapia alla quale era stato
sottoposto all'estero il dott. G. e che questi avrebbe potuto sottoporsi
in Italia alla medesima terapia, alle stesse condizioni e con gli stessi
farmaci, in quanto il centro italiano poteva competere con quello
tedesco, mentre nulla poteva dedursi sui tempi di attesa da rispettare in
Italia, non essendo mai stata presentata domanda di ricovero al (omissis).
Per la cassazione di tale sentenza la Oliviero
ha proposto ricorso con tre motivi. L'intimata non si è costituita.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, denunciando insufficiente
ed erronea motivazione, la ricorrente lamenta che la Corte leccese non ha
adeguatamente valutato che la USL LE/6 con lettera del 5.12.1994, nel
comunicare al richiedente il parere sfavorevole del Centro Regionale di
Riferimento, aveva genericamente dichiarato che "la chemioterapia
locoregionale con catetere angiografico era praticabile in numerose
strutture nazionali" senza peraltro indicarne neppure una, in tal
modo non mettendo in condizioni il paziente di rivolgersi ad una
struttura idonea e mostrando di non essere a conoscenza di quali
strutture sanitarie praticassero in Italia tale terapia.
Con il secondo motivo, denunciando erronea
valutazione delle prove, la ricorrente deduce che la Corte ha dato
eccessivo ed ingiustificato rilievo a quella parte della lettera 20
gennaio 1998 con la quale il Primario dell'Ospedale (omissis) comunicava
che la medesima terapia era praticata in quella struttura sin dal 1994,
ma ha trascurato la restante parte del documento, nella quale lo
scrivente rilevava di non aver sufficienti elementi per stabilire se la
terapia ivi praticata potesse avere nella specie la stessa efficacia
curativa, così come ha trascurato di prendere in esame le lettere del
dott. A., primario della clinica di Wiesbaden, e del dott. M.
dell'Ospedale di Lecce.
Con il terzo motivo, denunciando violazione
dell'art. 2697 cod.civ. si sostiene che la ricorrente aveva assolto
pienamente all'onere di fornire la prova del fatto costitutivo, avendo
presentato richiesta di autorizzazione preventiva a fruire di prestazioni
sanitarie all'estero, avendo provato che all'epoca nessuna struttura in
Italia era in grado di praticare la terapia richiesta e avendo prodotto
documentazione relativa alle spese sostenute.
I motivi di ricorso, che è opportuno esaminare
congiuntamente per la loro stretta connessione, sono fondati nei limiti
delle considerazioni che seguono.
La legge 23 ottobre 1985 n. 595 (Norme per la programmazione
sanitaria) all'art. 3 comma 5 stabilisce che "con decreto del
Ministero della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale, previo
parere del Consiglio superiore di sanità, sono previsti i criteri di
fruizione, in forma indiretta, di prestazioni assistenziali presso centri
di altissima specializzazione all'estero in favore di cittadini italiani
residenti in Italia, per prestazioni che non siano ottenibili nel nostro
Paese tempestivamente o in forma adeguata alla particolarità del caso clinico".
In attuazione di tale norma il Ministero della
Sanità ha emanato il D.M. 3 novembre 1989 con il quale si è stabilito che
per le "prestazioni non ottenibili tempestivamente in Italia" e
per le "prestazioni non ottenibili in forma adeguata alla particolarità
del caso clinico" (art. 2) il cittadino italiano può rivolgersi a
centri di altissima specializzazione all'estero previa autorizzazione del
Centro Regionale di Riferimento che, valutata la sussistenza dei
presupposti sanitari per usufruire delle prestazioni richieste
(impossibilità di fruire tempestivamente ovvero in forma adeguata alla
particolarità del caso clinico) (art. 4) e valutata la altissima
specializzazione della struttura estera (art. 5), autorizza o meno la
prestazione dandone comunicazione alla Unità sanitaria locale competente
(art. 4), fermo restando l'esonero dalla preventiva autorizzazione
"per le prestazioni di comprovata eccezionale gravità ed
urgenza" (art. 7). Per quanto rileva nel caso specifico, va
rimarcato che è considerata "prestazione non ottenibile in forma
adeguata alla particolarità del caso clinico" la prestazione che
richiede specifiche professionalità ovvero procedure tecniche o curative
non praticate ovvero attrezzature non presenti nelle strutture italiane
pubbliche o convenzionate con il servizio sanitario nazionale (art. 2
comma 4).
Con D.M. 24 gennaio 1990 sono state indicate
"le classi di patologia e le relative prestazioni erogabili presso
centri di assistenza di altissima specializzazione all'estero" e
sono stati determinati tempi massimi di attesa trascorsi i quali la
prestazione è considerata non ottenibile tempestivamente in Italia presso
le strutture pubbliche o convenzionate con il SSN; per quanto qui
interessa il termine di attesa per i trattamenti chemioterapici di
oncologia medica è stato fissato in 30 giorni.
Il successivo decreto 13 maggio 1993 per i
casi di urgenza così ha modificato i commi 2 e 3 dell'art. 7 del
precedente decreto: "Fermo restando la sussistenza dei presupposti e
delle condizioni di cui all'art. 2 (del D.M. 3 novembre 1989) si
prescinde dalla preventiva autorizzazione per le prestazioni di
comprovata eccezionale gravità ed urgenza ivi comprese quelle usufruite
dai cittadini che si trovino già all'estero. In tali casi la valutazione
sulla sussistenza dei presupposti e condizioni ed i parere sulle spese
rimborsabili sono date dal Centro di Riferimento territorialmente
competente sentita la Regione. Le relative domande di rimborso devono
essere presentate all'unità sanitaria locale competente entro tre mesi
dall'effettuazione della relativa spesa a pena di decadenza del diritto
di rimborso".
Così determinato il quadro normativo di
riferimento, deve ritenersi che il provvedimento di rigetto della
richiesta di autorizzazione non assolve all'obbligo della motivazione
richiesto dall'art. 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241 con la generica
indicazione dell'esistenza in Italia di centri idonei a praticare la
medesima terapia richiesta dall'assistito.
Dal complesso di norme sopra indicate, e dai
generali principi costituzionali di buona andamento della pubblica
amministrazione (art. 97 Cost.) e di tutela della salute come
fondamentale diritto dell'individuo (art. 32 Cost.), compito spettante in
via principale alla medesima amministrazione,deriva che certamente fa
carico all'amministrazione sanitaria, e nella specie ai Centri Regionali
di Riferimento ed alle Aziende sanitarie locali, un obbligo di
informazione a favore del cittadino circa le strutture sanitarie di alta
o altissima specializzazione esistenti in Italia idonee a fornire, per le
patologie lamentate, le stesse prestazioni specialistiche richieste e
praticate all'estero. E' infatti compito fondamentale ed ineludibile
della stessa amministrazione indirizzare il cittadino affetto da grave
patologia, non adeguatamente curabile in sede locale, presso i centri di
alta o altissima specializzazione del settore, di cui essa è certamente a
conoscenza e con i quali è in contatto, non essendo pensabile lasciare
all'assistito il compito di attivarsi per individuare dette strutture.
Tutto ciò premesso ne consegue che la motivazione
della sentenza impugnata si rivela del tutto insufficiente per non aver
adeguatamente preso in considerazione e valutato le circostanze, che il
Centro Regionale di Riferimento, con nota n. 259 del 17.11.1994, nel
negare al dott. G. la richiesta autorizzazione sul presupposto che in
Italia esistessero diversi presidi specializzati che praticavano la
stessa terapia, abbia omesso di fornire al richiedente le necessarie informazioni
sul nome e l'ubicazione di tali strutture; che tali informazioni non
siano state fornite neppure dalla ASL competente e che nessuna di dette
strutture pubbliche si sia offerta di porre in contatto l'assistito con
le strutture specialistiche nazionali. Né ha valutato la Corte
territoriale se tale omissione, comportando per l'assistito un
allungamento dei tempi di attesa per la necessità di ricercare i predetti
ospedali e di mettersi in contatto con i medesimi, non integrasse per il
dott. G. quella situazione di "eccezionale gravità e urgenza"
che rendeva superflua la preventiva autorizzazione, visto che per comune
esperienza lo sviluppo delle neoplasie e delle metastasi non si ferma in
attesa del perfezionamento degli iter burocratici.
Le censure della ricorrente, dunque, si rivelano fondate nella parte in
cui lamentano vizi dì motivazione per l'omesso esame di un punto decisivo
della controversia.
Conseguentemente la sentenza impugnata deve essere cassata per quanto di
ragione e la causa deve essere rinviata per un nuovo esame ad altro
giudice, designato in dispositivo, che provvederà anche al regolamento
delle spese del presente giudizio di cassazione.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la sentenza
impugnata e rinvia anche per il regolamento delle spese del giudizio di
cassazione, alla Corte di Appello di Bari.
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