Le prestazioni creditizie a favore dei dipendenti pubblici

(Articolo del Dott. Antonello Podda – Funzionario INPDAP)


I dipendenti pubblici godono, praticamente da sempre, di una condizione privilegiata, rispetto agli omologhi del settore privato. Uno dei modi in cui si è estrinsecato questo trattamento particolare è relativo alla possibilità di ottenere prestiti agevolati dalle casse previdenziali di appartenenza, con pagamento delle rate di ammortamento a valere sul proprio stipendio.

La prima normativa organica riguardante questo settore è il D.P.R. 5-1-1950 n. 180 rubricato “Approvazione del testo unico delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti dalle Pubbliche Amministrazioni”. Questa norma è per la gran parte ancora in vigore, e ancora nel 2007 su di essa si sono incardinate alcune novità di largo impatto. C’è da precisare che fino alla costituzione dell’INPDAP (Istituto Nazionale Previdenza Dipendenti dell’Amministrazione Pubblica)1, l’erogazione diretta delle prestazioni era per la gran parte riservata ai dipendenti statali, mentre erano quasi esclusi i dipendenti delle regioni, degli enti locali e della sanità, salvo alcuni istituti particolari.

Andiamo con ordine; cosa prevedeva di originale il D.P.R. 180, nella parte riguardante i prestiti ai dipendenti pubblici ? All’art.5, già nella sua stesura originale potevamo leggere che “gli impiegati e salariati dipendenti dallo Stato e dagli altri enti, aziende ed imprese indicati nell'art. 1 possono contrarre prestiti da estinguersi con cessione di quote dello stipendio o del salario fino al quinto dell'ammontare di tali emolumenti valutato al netto di ritenute e per periodi non superiori a dieci anni, secondo le disposizioni stabilite dai titoli II e III del presente testo unico”. Rientravano, in sostanza tutti i dipendenti pubblici, a patto che “siano in attività di servizio, abbiano stabilità nel rapporto di impiego o di lavoro, siano provvisti di stipendio o salario fisso e continuativo ed abbiano diritto a conseguire un qualsiasi trattamento di quiescenza”. Il riferimento all’attività di servizio è importante, perché soltanto oggi – nel 2007 – questa regola è stata modificata, estendendo la possibilità anche a favore dei pensionati ex dipendenti pubblici2. Il prestito poteva essere di cinque o dieci anni, e da questo punto di vista poco è cambiato. Requisito minimo per la contrazione del prestito, oltrechè lo stipendio fisso e continuativo, il diritto a conseguire un qualsiasi trattamento di quiescenza3 con almeno quattro anni di servizio alle spalle4, ridotto a due anni per gli invalidi per causa di lavoro. Per i dipendenti a tempo determinato il prestito – ai sensi dell’art.13 del citato Decreto – il prestito è concedibile solo se l’ammortamento dello stesso è “coperto” dal contratto, ossia la cessione non può eccedere il periodo di tempo che, a contare dal momento dell'erogazione, deve ancora trascorrere per la scadenza del contratto in corso.

L’equiparazione di tutti i dipendenti pubblici sotto uno stesso regime è rimasta anche quando, all’inizio degli anni ’90, si è proceduto alla contrattualizzazione della maggior parte dei rapporti di pubblico impiego, ormai regolati integralmente dal diritto privato. Non opera quindi, nell’ottica che stiamo considerando, la divisione operata dal D.Lgs. 29 del 1993 e le sue successive modificazioni fino al D.Lgs.165/2001, che prevedeva un trattamento differenziato per i dipendenti con contratto regolato dal codice civile, e coloro che invece rimanevano nell’alveo del rapporto di lavoro pubblico (es. magistrati – prefetti – personale della forze dell’ordine – etc..)5. Va tenuto presente che la stragrande maggioranza dei dipendenti pubblici – contrattualizzati e non, ha mantenuto un unico ente previdenziale – l’I.N.P.D.A.P. – mentre solo una minima parte è rimasto o è transitato a gestioni diverse, in particolare all’INPS. Peraltro, di recente, con la legge finanziaria per l’anno 20066 e il successivo Decreto del Ministero dell’Economia n.45 del 2007, la possibilità per i dipendenti pubblici di avere prestiti con cessione del quinto dello stipendio è stata estesa anche a tutti i dipendenti pubblici iscritti a gestioni previdenziali diverse dall’INPDAP, e a tutti i pensionati ex dipendenti pubblici, a qualunque gestione previdenziale siano iscritti.

Si tratta di una particolare agevolazione, e consiste nella possibilità di contrarre prestiti di varia natura a tassi d’interesse di assoluto favore, estinguendo gli stessi con rate sullo stipendio o sulla pensione.

Negli anni ’70 e ’80, i prestiti concessi dai diversi enti previdenziali erano a tassi così bassi – specie in relazione all’alta inflazione di quegli anni – che praticamente l’indebitamento dei dipendenti pubblici era a costo zero.

Il Fondo (denominato Fondo Credito) con il quale oggi l’INPDAP provvede al finanziamento dei prestiti era stato previsto dal DPR 180/1950, ed è stato successivamente soppresso nel 1957 quando è stata operata una prima riforma del settore con Legge n.1139, che ha trasferito le competenze all’ENPAS (Ente Nazionale Previdenza e Assistenza dipendenti Statali)7, anche qui però operando sostanzialmente solo per i dipendenti statali, iscritti a questa gestione previdenziale e assistenziale, mentre l’altra grande fetta (dipendenti degli enti locali e della sanità) rimanevano esclusi perché iscritti ad altra gestione (CPDEL). Questo è accaduto fino a circa la metà degli anni ’80 quando per dipendenti degli enti locali e del comparto sanità, è stata prevista una cessione del quinto sotto il nome di sovvenzione. Ma al Fondo Credito, così come lo stiamo descrivendo, rimanevano iscritti solo i dipendenti dello Stato o di Amministrazioni statali8.

La contribuzione obbligatoria al Fondo Credito è stata istituita con L.1139/57 e ribadita successivamente con l’art.37 del D.P.R. 1032/73; erano stabilite in queste norme una quota a carico dell’Ente e un contributo degli iscritti pari allo 0,50% (sull’80% della retribuzione lorda)9.

Il Fondo Credito, come ora costituito presso l’INPDAP, viene alimentato, dal 1996, dai versamenti degli iscritti allo stesso Fondo, nella misura dello 0,35% delle retribuzioni contributive e pensionabili per i dipendenti in servizio, e lo 0,15 % della pensione lorda per i collocati a riposo. Per i pensionati sotto 600 euro lordi mensili non è dovuto alcun contributo ma è comunque garantita la facoltà d’iscrizione10. Sono all’attualità esclusi i titolari di pensioni indirette e di reversibilità. Contribuiscono oggi al Fondo, e quindi possono fruire delle prestazioni creditizie, tutti i dipendenti pubblici iscritti all’INPDAP (circa il 90% del totale) senza distinzione di comparto.

Una sostanziale differenza tra gli aderenti al Fondo la cogliamo, all’attualità, nella obbligatorietà o meno dell’iscrizione al Fondo Credito; infatti i dipendenti in servizio iscritti alla gestione pensionistica INPDAP non possono scegliere se avere o meno la trattenuta, perché essa, ai sensi delle richiamate norme, e da ultimo della L.662/9611, è obbligatoria, mentre è facoltativa per tutti gli altri12. Il Governo ha quindi scelto di offrire a dipendenti e pensionati non iscritti all’INPDAP l’opportunità di iscriversi al Fondo Credito senza vincolo; in un primo momento l’adesione è avvenuta tramite silenzio assenso, ma già in fase di approvazione della legge Finanziaria per il 2008, questo metodo è stato modificato in modo che sia esplicita la volontà di aderire al Fondo Credito e quindi consapevole il versamento del relativo contributo.

Le prestazioni offerte dall’INPDAP, che istituzionalmente gestisce il Fondo, sono variegate e comprendono prestiti personali fino a 48 mesi, prestiti pluriennali con cessione del quinto e mutui ipotecari per acquisto casa.

Da un punto di vista generale, e quindi senza avvalersi delle risorse del Fondo Credito ma seguendo le regole del DPR 180/1950 e ss.mm., i soggetti abilitati a concedere prestiti ai dipendenti pubblici – con trattenuta della rata alla fonte – sono soltanto gli istituti di credito e di previdenza costituiti fra impiegati e salariati delle pubbliche amministrazioni, l'Istituto nazionale delle assicurazioni, le società di assicurazioni legalmente esercenti, gli istituti e le società esercenti il credito13. Nel tempo e soprattutto negli ultimi anni, il numero di soggetti abilitati è cresciuto a dismisura, soprattutto da quando si è diffusa la cultura dell’indebitamento anche per piccole spese.

Una delle caratteristiche del citato Fondo Credito è che agisce anche come assicurazione a garanzia del prestito stipulato; infatti, sia l’INPDAP che gli altri soggetti creditori che abbiano stipulato idonea garanzia a valere sul Fondo, saranno rimborsati dal Fondo stesso dell’importo del residuo debito, in caso di alcune situazioni di insolvenza, e in particolare in caso di sospensione o riduzione dello stipendio, in caso di collocamento a riposo senza diritto a pensione o con pensione insufficiente, e in caso di decesso del debitore14; si precisa che solo il caso di morte “chiude” il prestito senza diritto di rivalsa da parte del Fondo, mentre negli altri due casi il dipendente debitore rimane comunque obbligato verso il Fondo che ha provveduto per suo conto.

Questa particolare copertura viene pagata dall’iscritto al momento della contrazione del prestito a mezzo dell’applicazione di un’aliquota (determinata dall’età del richiedente e dalla durata del prestito), calcolata sul prestito lordo.

Condizione per l’erogazione del prestito a fronte di cessione del quinto dello stipendio è la sana costituzione fisica, che viene comprovata da certificato medico rilasciato dal Medico di Igiene Pubblica, mentre non rappresenta più un ostacolo il collocamento a riposo durante l’ammortamento; in precedenza infatti, in base al disposto dell’art.23 del DPR 180/50, l’estinzione del prestito doveva avvenire integralmente entro il collocamento a riposo, mentre adesso, con l’approvazione del D.M. 45/2007, è consentita l’erogazione dei prestiti con cessione del quinto anche ai pensionati, e quindi a maggior ragione è consentito loro di proseguire il pagamento di un debito contratto durante l’attività di servizio.

Il prestito viene estinto a mezzo di versamenti effettuati dall’amministrazione pubblica che eroga lo stipendio al dipendente o dall’ente di previdenza che eroga la pensione all’iscritto al Fondo. Tali versamenti hanno natura obbligatoria e non possono essere revocati se non per esplicita richiesta del soggetto che ha erogato il prestito, ovvero per adempimento dell’obbligazione. Interessante a questo riguardo il fatto che quando, per cessazione o interruzione del servizio o per qualsiasi altra causa, l'ammortamento di un prestito non può essere eseguito nelle condizioni prestabilite, il Fondo per il credito ai dipendenti dello Stato che abbia concesso il prestito direttamente o lo abbia riscattato da altri istituti, può ricuperare il suo credito con privilegio sugli emolumenti comunque spettanti al debitore, anche se dichiarati insequestrabili, impignorabili od incedibili da leggi speciali, salva la facoltà di procedere sugli altri beni del debitore15.

Per quanto riguarda le ritenute sulle pensioni, e quindi anche le rate dei prestiti, possono essere applicate fino al quinto dell'ammontare del trattamento pensionistico, al netto delle ritenute Irpef; rimane fermo il principio, già contenuto nel DPR 180, che l'indennità integrativa speciale, nei casi di corresponsione come emolumento a sé stante, è insequestrabile, impignorabile e incedibile.

Per concludere è giusto dare un ordine di misura di quanto denaro viene investito in queste operazioni di finanziamento agevolato e quante siano le persone coinvolte. Si tratta di circa 3 miliardi di euro per finanziamento di prestiti, di cui circa 1,8 miliardi finanziati in disavanzo da parte dell’INPDAP; infatti gli introiti del contributo obbligatorio sono di circa 500 milioni di euro, e circa 700 milioni provengono da interessi sui prestiti concessi16. Alla fine del 2007 – includendo anche i pensionati – gli iscritti saranno da 6,5 a 7 milioni, quindi una discreta fetta degli italiani.

1 L’istituzione dell’INPDAP è avvenuta con D.l.vo. 30 giugno 1994 n. 479, e ha riguardato la fusione di alcuni enti previdenziali e casse pensionistiche dei pubblici dipendenti (ENPAS – CPDEL – ENPDEP – CPS – INADEL – CTPS – CPUG)

2 Cfr. D.M. 7 marzo 2007 n.45, Regolamento di attuazione dell’articolo 1, comma 347 della legge 23 dicembre 2005, n.266, in materia di accesso alle prestazioni creditizie agevolate erogate dall’INPDAP; Circolare INPDAP n.27 del 04.10.2007

3 cfr.D.P.R. n.180/1950 art.6

4 cfr.D.P.R. n.180/1950 art.7

5 cfr. D.Lgs. 29/1993 art.2 e D.Lgs.165/2001 artt. 2 e 3

6 cfr. L.266/2005 art.1 comma 347 e . D.M. 7 marzo 2007 n.45

7 cfr. L.1139/57 art.1

8 cfr D.P.R. 1032/1973 art.39; questo Decreto regolamenta disposizioni contenute nella L.775/70

9cfr D.P.R. 1032/1973 art.37

10 Cfr. D.M. 7 marzo 2007 n.45 art.3 comma 2

11 cfr . L.662/96 art.1 commi 242 e ss.

12 Cfr. D.M. 7 marzo 2007 n.45 e Circolare INPDAP n.27 del 04.10.2007

13 Cfr. D.P.R. 180/1950 art.15

14 cfr. D.P.R. 180/1950 art.32

15 cfr. D.P.R. 180/1950 art.45

16 fonte: Bilancio di previsione INPDAP per l’anno 2007 e relativo assestamento.

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