La rivoluzione normativa tra etica ed estetica
Prof. Sergio Sabetta
Hannah Arendt in “La tradizione del pensiero politico” distingue tra l’azione dell’eroe greco, degna di solitaria lode, che si risolve nel politico in un succedersi di fondazioni autonome di polis e l’esperienza di fondazione di origine romana, per cui tradizione, autorità e religione si espandono nell’universo politico in una unica trama unitaria.
La rottura delle tradizioni attraverso “rivoluzioni” di pensiero, causa ed effetto dell’evolversi degli assetti economici e relazionali, diventano origine di nuove strutture normative la cui autorità nasce da atti politici di fondazione, in un passaggio pulsante tra tradizioni espanse e nuove “fondazioni” quali atti rivoluzionari risolventi tensioni sociali non più assorbibili nella tradizione.
La normativa stessa nel suo evolversi perde unitarietà, si sfilaccia in mille rivoli pari alle molteplici possibilità dell’agire umano, la fondazione sfuma nel riprodursi dei moduli, mentre le polis si moltiplicano in un sistema economico a rete, nel quale la tecnologia aumenta la velocità della comunicazione e dello scambio e il trasferimento di risorse e degli stili di vita.
Le possibilità economiche creano possibilità culturali che si innestano nelle trame precedenti, si che l’internazionalizzazione dissolve le precedenti fondazioni attraverso il progressivo perdersi prima della tradizione, poi della autorità e della religione, nasce l’esigenza, non solo economica ma anche culturale, di una “rivoluzione” che ri-fondi i rapporti su scala più ampia, di una nuova normativa che abbia nuova tradizione e nuova autorità.
La differenziazione che questa nuova fondazione ricomprende non può portare ad una “maiuscola Verità etica”(Flores d’Arcais), ma accettare in sé “modeste verità di fatto” (Arendt) che tuttavia non devono risolversi in una inesistenza etica pena il dissolversi dell’autorità fondativa, ma anche l’impossibilità di un sistema coordinato di relazioni su un substrato culturale difeso in quanto accettato e riconosciuto, come proprio dell’uomo quale essere relazionale.
LaPrevidenza.it, 09/09/2011