Cumulo assegno o pensione di invalidità e trattamenti di disoccupazione e diritto di opzione
Corte cost., sentenza 19 luglio 2011 n. 234 – Avv. Daniela Carbone
Con sentenza del 19 luglio 2011 n. 234 (in G.U., 1a s.s., n. 32 del 27.07.2011), la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 6, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148 (Interventi urgenti a sostegno dell'occupazione), convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, nonché dell'articolo 1 della stessa legge n. 236 del 1993, che ha fatti salvi gli effetti prodotti da analoghe disposizioni di decreti-legge non convertiti (decreto-legge 10 marzo 1993, n. 57, decreto-legge 5 gennaio 1993, n. 1,decreto-legge 5 dicembre 1992, n. 472, decreto-legge 1° febbraio 1993, n. 26, decreto-legge 8 ottobre 1992, n. 398, decreto-legge 11 dicembre 1992, n. 478 e decreto-legge 12 febbraio 1993, n. 31), nella parte in cui dette norme non prevedono, per i lavoratori che fruiscono di assegno o pensione di invalidità, nel caso si trovino ad avere diritto ai trattamenti di disoccupazione, il diritto di optare tra tali trattamenti e quelli di invalidità, limitatamente al periodo di disoccupazione indennizzato.
La questione era stata sollevata dal Tribunale di Bologna con ordinanza del 4 maggio 2010, in riferimento agli articoli 3 e 38 della Costituzione, poiché, nella fattispecie sottoposta al suo esame, la ricorrente non aveva potuto optare per il trattamento più favorevole tra l’assegno di invalidità e l’indennità di disoccupazione (cui avrebbe avuto diritto a seguito di licenziamento), a seguito della opposta (dall’Inps) incompatibilità dell’assegno con il trattamento di disoccupazione, essendo previsto il diritto di opzione solo nel caso di concorso tra il trattamento di mobilità e l'assegno o la pensione di invalidità.
La Corte costituzionale ha ritenuto fondata la questione, limitatamente alla violazione del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., in quanto la disposizione censurata, come integrata dall'art. 2 del decreto-legge n. 299 del 1994 e dalla sentenza n. 218 del 1995, determina un'oggettiva diversità di trattamento tra il lavoratore inabile, titolare di un assegno o di una pensione di invalidità che, al momento del licenziamento, rientri nel novero dei lavoratori aventi diritto al trattamento di mobilità e quello che abbia invece diritto al solo trattamento ordinario di disoccupazione.
Mentre nel primo caso, infatti, il lavoratore che, a causa del regime di incompatibilità, non può percepire entrambi gli assegni (di invalidità e di mobilità), ha però la facoltà di scegliere tra le due prestazioni, a seconda di quale dei due trattamenti sia, in concreto, più conveniente, nel secondo caso, non ha tale possibilità di scelta e si trova, di fatto, obbligato a beneficiare di quello connesso al suo stato di invalidità.
L'impossibilità di optare per il trattamento di disoccupazione in occasione del licenziamento, determina, dunque, per i soli lavoratori inabili non aventi diritto alla mobilità, la concreta inutilizzabilità di tale tutela assicurativa.
Come già affermato dalla Corte (sentenza n. 218 del 1995), se il legislatore gode certamente della più ampia discrezionalità (e può ben valutare, quindi, come sufficiente l'attribuzione di un unico trattamento previdenziale al fine di garantire al lavoratore assicurato mezzi adeguati alle esigenze di vita sue e della sua famiglia), tuttavia, nel fare tale scelta, deve soddisfare il principio di eguaglianza e di ragionevolezza.
Nel caso in esame, ad avviso della Corte, la descritta diversità di disciplina tra indennità di disoccupazione ed indennità di mobilità non è ragionevole, perché, non essendo connessa a rilevanti differenze strutturali delle due situazioni poste a confronto, risulta irragionevolmente discriminatoria. Ciò in quanto le differenze tra i due emolumenti (che si assumono essere connesse a diversità di presupposti, entità e struttura degli stessi) sono marginali e non giustificano, per i lavoratori non aventi diritto alla mobilità, la mancata previsione del diritto di opzione, con conseguente illegittimità della normativa censurata.
Avv. Daniela Carbone
LaPrevidenza.it, 01/09/2011